Nelle  due settimane successive, Illumi e Nemes continuano a vedersi e spesso il ragazzo si ferma a cenare a casa di lei.
Tutto ciò insospettisce non poco il maia... ehm, Milluki, che non fa altro che chiedersi perché suo fratello esca sempre la mattina e torni sempre la sera, abituato com'era a restare tutto il giorno dentro casa e a uscire solo per compiere qualche omicidio su commissione.
La signora Kikyou, invece, che, come madre, sapeva tutto, non era molto preoccupata ma, piuttosto, infastidita dalle continue domande che il grass... cioè, il robusto figliolo le faceva.
Più volte Milluki ha tentato di origliare quello che diceva al telefono il fratello, avendo gli apparecchi collegati sulla stessa linea, e ogni volta, poiché un “bip” avverte l'interlocutore se qualcuno ha alzato la cornetta, riceveva un sonoro “Va a quel paese!” accompagnato da un poco gentile “Attacca immediatamente quel dannato telefono o te ne pentirai amaramente!”, e così il povero diciottenne obeso non è mai riuscito a sentire quello che Illumi e il Misterioso Interlocutore si dicevano.

Una sera, Illumi è seduto sul letto della sua stanza a pensare a Nemes: i suoi bellissimi capelli turchesi, i luminosi occhi blu, quel suo corpo minuto ma tanto attraente, le sue labbra morbide... già, quelle labbra che tutte le sere gli danno un dolce bacio sulla guancia, in seguito al quale il suo viso diventava di un rosso acceso. E ripensandoci la sua pelle, normalmente nivea, riprende quel colore.
Illumi si lascia cadere all'indietro sul letto, i lunghi capelli corvini sparsi armoniosamente sulla candida coperta.
“Perché ogni volta che penso a lei mi viene un caldo tremendo? Proprio non capisco.”, pensa, coprendosi i grandi occhi con il braccio.
“Mi sento così strano... ho caldo e il cuore mi batte fortissimo. Forse sto male, o forse è qualcos'altro?”