Parole: 1759
{Maybe you should ask him.}
C'era un qualcosa di strano, un'impazienza che lo prendeva ogni volta che
doveva salire sul palco.
La passione per le gare gli era venuta osservando il suo maestro. Ai tempi in
cui era diventato il suo "protetto", per così dire, il capopalestra Rodolfo
era già un affermato Capo Coordinatore, e aveva partecipato svariate volte al
Gran Festival. Osservarlo sul palco, o mentre si esercitava, era stato per
Adriano un'immensa fonte di ispirazione, un nuovo obbiettivo nell'esistenza che
andava costellandosi di tanti piccoli successi, dopo un lungo periodo passato
ad aver soltanto fallimenti.
Per quanto dovesse ancora prendere confidenza con il palcoscenico, per quanto
avesse ancora molto da imparare per poter arrivare a superare il suo maestro,
Adriano sentiva che, ogni volta che il sipario si apriva e l'esibizione aveva
inizio, tutti i problemi svanivano, e c'era solo una gioia indescrivibile nel
mostrare a tutti la bellezza di ciò che aveva creato assieme ai suoi pokémon.
Non era mai stato un gran narcisista, per quanto non avesse mai negato di esser
bello, eppure amava definirsi artista. Quando lui entrava in scena il
tempo si fermava, per qualche secondo era lui ad avere in mano la penna del
destino, lui possedeva il pennello del tempo. Ed eccolo che screziava la sua
stessa tela, sceglieva con cura i colori dalla tavolozza. In quei momenti era artefice,
non succube. In quei momenti deteneva il potere di essere al di sopra del fato.
C'erano solo due casi in cui le esibizioni diventavano fonte di nervosismo per
lui: o quando erano di alto livello e rischiavano di mettere in discussione
un'intera scalata, un po' come quando si scivola dall'ultimo gradito e si
ruzzola fino in fondo alle scale, oppure quando c'era qualcuno di particolare a
guardarlo.
E quel qualcuno, quel giorno, era veramente importante.
Seduto nel camerino, davanti allo specchio, continuava a tormentarsi indeciso i
capelli, senza dar loro un attimo di tregua. Questi non parevano molto convinti
ad aiutarlo, e puntualmente balzarono verso l'alto, ribelli ed elettrificati,
mettendo a dura prova la sua calma ferrea. Era un disastro. Era tutto un
disastro.
Il costume scenico che aveva tanto amato ora sembrava soltanto fuori posto e
fastidioso da indossare e il trucco non gli sembrava mai abbastanza da coprire
quei milioni di difetti che notava solo adesso. Da quando aveva gli zigomi
così alti? Da quando il naso così lungo e gli occhi tanto sottili?
Un gemito di frustrazione lasciò le sue labbra, Milotic raccolta in un angolo
che aveva smesso di preoccuparsi già da tempo. Quando tempo aveva ancora?
Cinque minuti? Ed era in condizioni orribili! Rocco era sugli spalti, come
minimo in prima fila affianco a Rodolfo, l'avrebbe visto per la prima volta dal
vivo. Non voleva deluderlo, accidenti!
Luvdisc, che parve molto più ben disposta rispetto alla partner dormiente, gli
si avvicinò cautamente, poggiandogli un minuscolo bacio sulla tempia, un
mugolio che seguì il movimento sinuoso del suo corpo rosa che si portava
davanti al viso del ragazzo.
«Oh, Luvdisc, lo so, è solo ...»
Abbassò lo sguardo sul tavolino con le pokéball e il trucco. Non era mai stato
tanto teso, mai aveva faticato tanto per sistemarsi come voleva. Di solito nel
giro di un paio di minuti era già a posto, pronto ad attendere il proprio
turno. A volte nemmeno si truccava, tant'era fiducioso del proprio aspetto!
Quel giorno invece si sentiva orribile e faticava a calmarsi, sapendo di non
essere sistemato a tutto punto.
Il pokémon espresse il suo dissenso scrollando il corpo in un movimento quasi
stizzito, un verso più alto del solito che si aprì nell'aria del camerino. Gli
stava dicendo di piantarla, in modo chiaro e tondo.
La decisione con cui la sua Ludvisc lo mise a tacere, solitamente gentile e
paziente, lo lasciò quasi completamente spiazzato. Al punto tale che prese
quasi un mezzo infarto quando uno degli avversari mise la testa nel camerino,
avvisandolo che fra poco sarebbe toccato a lui. E grazie al cielo che lo aveva
avvertito...
Si alzò in piedi, traendo un profondo respiro. Doveva darsi un contegno. Era
una gara estremamente importante, sia dal punto di vista di prestigiosità, sia
per la presenza di Rocco. Non poteva permettersi di congetturare al punto da
entrare sul palcoscenico mal conciato e totalmente privo di tattica.
Fu rapido nel passarsi una mano fra i capelli, voltando il capo verso il
piccolo schermo su cui ogni concorrente poteva seguire le esibizioni degli
avversari. L'Ambipom di una ragazza vestita di viola concluse la propria
performance con un Centripugno, prima di ricadere sul terreno di gara con un gran
sorriso, affiancando la sua allenatrice.
Era giunto il momento.
Luvdisc rientrò praticamente da sola nella pokéball, mentre l'allenatore si
apprestava a salutare Milotic con un'affettuosa carezza, dopo che lei gli si fu
avvicinata.
«Farò del mio meglio. Tu fa' il tifo per me.»
Il pokémon avversario cadde, esausto, sul terreno di gioco. Più o meno nello
stesso istante il cronometro del tempo a disposizione dei due sfidanti trillò
il raggiungimento dello 0, sancendo la fine di
quella gara.
Alla fine c'era riuscito. Aveva superato non solo la prima fase, incantando il
pubblico assieme al proprio pokémon, ma si era aggiudicato anche le seguenti,
quelle basate principalmente sulla lotta in bellezza, fino al testa a testa
finale, da cui ora usciva vincitore.
Gyarados si dimenò vittorioso, nell'aria, piombandogli addosso a mo' di macigno con
un ruggito di contentezza. Non potè fare a meno di ridere, mentre stringeva
come riusciva l'enorme bestione, carezzandolo sulle squame. Avevano vinto! Un
nuovo fiocco si aggiungeva ai precedenti, un nuovo gradino verso la vetta
finale: Il gran festival!
Venne premiato poco dopo, con i soliti complimenti dei giudici e una brevissima
dichiarazione da lasciare alla stampa in diretta. Era sempre un po' strano
pensare che tutta la regione poteva vederlo...
«Beh, un'altra vittoria schiacciante, Adriano, e che calma placida!»
L'affermazione lo fece quasi scoppiare a ridere per la sua improbabilità. E
dire che fino a pochi secondi prima della gara era un fascio di nervi
intrattabile...!
«Vorresti dedicarla a qualcuno in particolare, quest'oggi?»
Il microfono che gli comparve all'improvviso davanti alle labbra lo spiazzò
discretamente, lasciandolo lì come uno stoccafisso a fissare la telecamera. Fu
questione però di una manciata di istanti, che subito il suo viso si dispiegò
in un sorriso scenico degno di nota. Anche se non ebbe nemmeno una nota di
falsità.
«Certo. La dedico a Rocco.»
La confusione in cui aveva gettato gli spettatori e la stessa giornalista
l'avrebbe fatto gongolare per settimane intere. Era stato divertente osservarli
aggrottare le sopracciglia chiedendo spiegazioni che non avrebbero ottenuto,
mentre lui prendeva il proprio congedo dal palcoscenico, infilandosi dietro
alle quinte.
All'epoca l'odierno campione non era ancora così conosciuto e rinomato, era
solo uno dei tanti ragazzini che stava cercando di districarsi fra le palestre
fino a sfociare nella sfida con la Lega Pokémon, che di solito finiva male per
il giovinetto di turno. Nemmeno diciott'anni. Eppure Adriano già lo vedeva a
sfidare il Campione.
Fu una sorpresa trovarlo già lì, al suo ritorno, il viso rosso e le braccia
incrociate come le teneva sempre quando pensava o era a disagio. A giudicare
dall'espressione che aveva in viso doveva essere avvampato giusto qualche
secondo prima, mentre seguiva l'intervista dal piccolo schermo.
Stava per aprir la bocca e chiedergli qualcosa, anche una sciocchezza, forse
una conferma della propria bravura, che dovette spalancare appena gli occhi
dalla sorpresa, quando si ritrovò di colpo le sue labbra contro alle proprie, le braccia attorno ai fianchi.
Fu però questione di un secondo, tuttavia, che posò le mani sulle sue spalle,
affondandole poco dopo fra i suoi capelli chiarissimi.
Questo sì che era un premio valido.
Lo sguardo che il ragazzo gli rivolse al separarsi dalla sua bocca fu di
una dolcezza indescrivibile. Avrebbe dovuto abituarsici, ormai, ma ancora gli
faceva un certo effetto. Così come a entrambi si scurivano le guance, quando le
loro labbra si toccavano in un bacio.
«È stato ... incredibile. Sei stato stupendo, Adriano.»
Il complimento non potè fare a meno di metterlo lievemente a disagio, mentre
scoppiava a ridere come a schermarsi dall'imbarazzo.
«Beh, sono stato bravo, però...»
«Ssht.»
Stava parlando, ma ecco che Rocco portò un dito contro alla sua bocca,
invitandolo gentilmente al silenzio. Doveva ancora prender confidenza con la
differenza d'altezza che si era creata fra di loro nel giro di nemmeno un anno.
Era così piccolo, adesso, che doveva alzare il viso per guardarlo.
La baciò, quella falange, in un moto di dolcezza. Sì, la sua presenza era
decisamente la ricompensa ideale, quella che avrebbe voluto avere al termine di
ogni gara. Così come il piccolo corpo che si strinse contro al proprio, il viso
del compagno che affondò di colpo nel proprio petto.
__
«Dunque, Adriano, da tempo le nostra fans si domandano una cosa, e io stessa
sono abbastanza trepidante all'idea di saperlo! Ebbene, ecco la domanda: cosa
c'è fra te e Rocco, il giovane campione della Lega Pokémon?»
Un talk show. Alla fine lo avevano invitato in un talk show, a un anno e poco
più di distanza da quella vittoria dedicata al suo uomo. Il tempo era corso
come un pazzo, ne erano successe tante. Rocco, soprattutto, era diventato il
Campione. Il migliore di tutta Hoenn.
L'insidiosa domanda gli veniva posta per vie traverse già da diverso tempo, e
il suo hobby preferito era quello di sviarla, danzarci il valzer, per poi
lasciarla cadere nel bel mezzo di una giravolta e dedicarsi ad un'altra dama.
Quel giorno fu il primo in cui la cronista fu diretta, fu il primo in cui gli
piazzò la domanda fatta e finita davanti al naso. Inutile giocare come al
solito, avrebbe solo reso la situazione
peggiore. Avevano forse un'altra ora in cui discutere e non aveva troppa voglia
di sprecar tutto quel tempo per esser punzecchiato sullo stesso argomento.
Fu quindi con fermezza che puntò gli occhi dritti nella telecamera, spostandoli
poi su quelli azzurri della donna, che parve avvampare all'improvviso contatto
visivo.
«Ebbene, eccovi la verità. Io lo amo.»
Un mormorio sommesso si sollevò dagli spettatori della sala, che gli
ascoltatori a casa non potevano vedere, ma solo sentire in occasioni di risate
o simili. Non volle tuttavia smentirsi, il giovane coordinatore dai capelli
turchesi, afferrando un ciuffo che sfuggiva dal cappello bianco per rigirarselo
pensoso fra le dita.
«Ma chissà se anche per lui è lo stesso. Forse dovreste chiederglielo, non vi
pare?»
E giurò che proprio lì, in prima fila, avesse visto una testa argentea fremere
di colpo, mentre il suo viso si tingeva di un profondo rosso.
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{Post Scriptum:
Ad essere sincera non so bene come questa storia mi sia uscita. È nata da un'idea fornitami dall'utente Seshiiru, mia cara amica, che mi ha passato questa dolcissima immagine (Crediti all'autrice Suiraitei).
Non essendo tanto convinta, non mi resta che sperare che convinca più voi che me.
Piccolo appunto da citare: I riferimenti utilizzati per le gare pokémon e il loro svolgimento sono basate sull'anime, non sul videogioco. Esse, come penso si sia capito, si basano su uno smistamento generale a seguito di un'esibizione singola in cui viene messo in mostra scenicamente il proprio pokémon, arrivando poi a una serie di lotte fra gli sfidanti rimasti in cui avanzano solo i vincitori, come in un torneo. La parte finale della gara è il testa a testa fra i due finalisti; solitamente questi duelli hanno un tempo limite di svolgimento e una sorta di punti che ogni sfidante perde quando viene colpito da una mossa avversaria. Alla fine dell'incontro vince lo sfidante a cui restano più punti