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Autore: alberodellefarfalle    11/08/2015    1 recensioni
Salve a tutti. Questa è una prova. Chi mi conosce sa che pubblico solo storie originali, quindi questa è la mia prima ff. Siate clementi. Ho voluto provare e dato che Robert Pattinson mi piace molto (ho avuto la mia fase da Twilight anche io), ho deciso di cimentarmi con lui. Ovviamente è tutto di fantasia. Vi avviso che non essendo un'amante del gossip non mi sono basata su un evento particolare, ho solo immaginato come potrebbe essere Robert Pattinson (e come spero che sia) se si ritrovasse a Roma per lavoro e lì conoscesse una comunissima ragazza italiana. Titolo omaggio al film "Vacanze Romane" con Audey Hepburn e alla canzone omonima dei Mattia Bazar. Non mi resta che augurarvi buona lettura.
NB In data 7/1 ho aggiunto una piccola frase finale che chiarisce l'epilogo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vacanze Romane
 
Note magiche

Con molta delusione, la sua telefonata arrivò solo la sera dopo. “Ciao Héloïse, come stai?” “Bene.” borbottai. Potevo essere seccata perché una super star non mi aveva cercata perché, ovvio, lavorava? Si, potevo essere seccata e il motivo principale era perché il giorno prima lo avevamo passato insieme ed eravamo stati bene, molto bene, almeno io si, e questo mi aveva portato ad ammettere con Gianni che per me Robert Pattinson era molto di più di una super star, ma anche molto di più di un ragazzo conosciuto per caso, con cui passare del tempo in vacanza. Per me era Robert, senza altri nomi e cognome, che mi faceva battere tanto il cuore. L’ammissione si era fermata qui, ma l’occhiata di Gianni era stata eloquente e non potevo certo ignorare il milione di pensieri che si affollavano nella mia mente. “Scusami se ti chiamo solo ora, ma ho dovuto lavorare oggi.” Ero ufficialmente una scema, perché nonostante tutto lui mi aveva chiamata e sembrava felice di sentirmi. “Tranquillo.” Deposi l’ascia di guerra “Capisco, sei qui per lavoro, non devi assolutamente scusarti.” Ero stata proprio brava “Cosa hai fatto?” E gli raccontai il mio giro da turista per la capitale. “Tu cosa hai fatto?” Sbuffò e sentii un tonfo. Dov’era? “Sono distrutto: incontri su incontri, noiosissimi, e provini e chiacchiere. Spero almeno servano a qualcosa.” Fruscio. Era sul letto? Deglutii un groppo in gola, terribilmente caldo e pesante. “Purtroppo domani sono impegnato di nuovo, almeno fino al pomeriggio, ma domani sera ho dei biglietti per un concerto a cui sono stato invitato e … Héloïse, mi farebbe piacere che venissi con me. Ti va?” Io ad un concerto con Robert Pattinson? “Non so.” Ero ufficialmente una scema a rifiutare, ma avevo mille pensieri e stavo facendo mille ipotesi “Dai, sono bravi e ho due biglietti. Non ti va?” Sentivo le rotelline del mio cervello girare a velocità contro tutti i principi della fisica. “Oh, capisco.” Cosa? Che avevo detto? Non ero stata in silenzio? “Non vuoi farti vedere con me, con tanto di paparazzi e voci e tutto il resto.” Aveva detto una bugia il giorno prima, quando diceva di non capirmi perché quel ragazzo mi capiva eccome. Ma c’era anche dell’altro, tipo il fatto che mi piacesse troppo e io non volevo rimanere scottata e delusa, perché era il primo ragazzo che mi faceva sentire così e che sembrava interessato, ma se mi avesse preso in giro sarei rimasta terribilmente ferita. “Si, ma potremmo organizzarci.” Evviva la coerenza “Tipo?” “Tipo che ci vediamo direttamente dentro e credo che ad un concerto con luci soffuse, nessuno si accorgerà di me e quindi potremmo passare del tempo insieme.” Non era proprio un ottimo piano, perché se sapevano che c’era lui al concerto era ovvio che l’avrebbero tenuto d’occhio, ma non ero pronta a rinunciare a lui e a tutto quello che poteva offrirmi, qualunque cosa fosse. “Credi che basti?” “Basterà e se non basterà non sarà la fine del mondo. Mica sono con un serial killer o un delinquente o un uomo da reputazione compromettente. Non sei tutte queste cose, vero?” Si mise a ridere “Non sono tutte queste cose, grazie comunque per aver pensato che potessi esserlo. Ci vediamo domani sera. Un’autista ti verrà a prendere e non protestare per questo, non ti lascio venire senza protezione, tutta sola. Ci vedremo direttamente dentro. A domani sera Héloïse, buona notte.” “Robert, se …” Vai Héloïse! Perché lo avevo bloccato? Potevo chiudere con un buona notte e addio! “ … Niente. A domani, Robert. Buona notte.” “Grazie per aver accettato.”
 
**********
Dove stavamo andando? L’autista con auto nera mandatomi da Robert non si era sbottonato, non aveva nemmeno provato a parlare. Io mi godetti il viaggio, senza troppi pensieri, almeno ci provavo. Percorremmo un viale alberato e giungemmo in un ampio cortile di fronte a una villa in tipico stile italiano dell’ottocento. La villa si trovava fuori Roma, a un’ora circa di strada, ed era una costruzione grandissima, tutta bianca, con marmi e stucchi e edera che di inerpicava sulle colonne. L’autista mi aprì lo sportello e mi guidò fino all’ingresso, dove mi lasciò  alle mani di un omino molto minuto in abito scuro, con simpatici baffetti. Mi guardai intorno, sempre con gli occhi che luccicavano alla vista di quelle alte colonne, che delimitavano un ampio ingresso dal pavimento in marmo lavorato, intervallati da specchi e mezzibusti in marmo. Sollevai leggermente la gonna e mi affrettai a seguire il mio accompagnatore dal passo veloce. Ringraziai mentalmente quel minuscolo spazio in valigia che mi aveva permesso di portare il mio unico abito lungo, color panna, con piccoli decori floreali in viola e rosa. L’uomo mi accompagnò in un’ampia sala, in penombra, per mia fortuna: non volevo che nessuno notasse che ci fosse Robert Pattinson in quel posto con una sconosciuta. E se ci fosse stato qualche giornalista? E lo vidi: in piedi, i capelli perfettamente spettinati, camicia blu con le maniche risvoltate e pantaloni chiari. Era proprio bello! Cosa avevo fatto per meritarmi tutto quello? Quando mi vide mi sorrise e io mi avvicinai. “Ciao.” Lo salutai, mentre lui si fece avanti per darmi un bacio sulla guancia, che mi fece arrossire come una ragazzina. Quanto poteva essere bello? La distanza non gli aveva reso giustizia, perché da vicino si aggiungevano altri elementi, come il colore degli occhi e il suo profumo, a stordirmi ancor di più. Le luci si spensero in quel momento, lasciandoci assoluta privacy e annunciandoci che lo spettacolo sarebbe cominciato di lì a poco, ringraziando per avermi tolto d’imbarazzo. “Passato una bella giornata?” “Si, ho fatto anche oggi la turista. Ho visitato alcuni musei, poi ho raggiunto mio cugino per il pranzo e di pomeriggio mi sono concessa un giro ai Fori, anche se vorrei tornarci. Tu invece?” “Io ho lavorato fino a poco fa.” Mi sorrise “Buone notizie?” “Forse.” E sollevò le spalle. Forse non poteva parlarne, forse non voleva, ma mi andava bene così. Mi concessi uno sguardo intono: la sala si era riempita di gente, che, come noi, aveva preso posto in eleganti e comode sedie ricoperte di stoffa e dal legno intagliato. Più o meno conteneva un centinaio di persone, suddivise in due sezioni, di fronte un palchetto illuminato, circolare come la sala, che accoglieva un pianoforte a coda nera, sei sedie con altrettanti leggii e strumenti a corda: quattro violini, una viola, un violoncello e in fine un’arpa. Opposto al pianoforte, una postazione con una chitarra classica e una elettrica, o forse un basso. Poco dopo entrarono i musicisti, accompagnati da un discreto applauso della sala, e presero posto. Il concerto cominciò e per un’ora e mezza ci deliziarono con brani di musica classica, ma anche con qualche brano pop, riarrangiato, adattato per piano o per i soli strumenti a corde. Il concerto fu molto vario, passammo dall’ascoltare un brano classico eseguito alla sola chitarra elettrica, da un musicista eccezionale, a brani di musica leggera suonati con l’arpa. Fu bellissimo.
“Ti è piaciuto?” guardai Robert come se fosse un alieno proveniente da chissà quale pianeta “E me lo chiedi?” non mi trattenni più e lo abbracciai di slancio “Grazie mille. È stato bellissimo!” gli dissi ancora abbracciata a lui, praticamente addosso a lui. Ero troppo scioccata per capire cosa stava succedendo e comunque prima che me ne rendessi conto, Robert aveva ricambiato l’abbraccio, poggiando le mani sulla mia schiena e spingendomi contro di lui. Fu forse proprio in quel momento che mi resi conto di tutto: ero ad un concerto con Robert Pattinson, ero abbracciata a Robert Pattinson, ero completamente schiacciata contro Robert Pattinson, potevo perfettamente sentire la possanza dei muscoli, frutto di fatica in palestra, ma anche di un abbondante dono di madre natura, avevo le narici impregnate del suo profumo e le sue mani, le sue mani erano radicate alla mia schiena, ferme, protettive e possessive. Il cuore rischiava di uscirmi dal petto e sentivo un caldo assurdo e le guance ardere. “Devo fare una cosa.” Mi sussurrò così vicino all’orecchio, che riuscii a percepire il soffio sul mio lobo, che mi trasmise un brivido lungo la schiena. Annuii come una scema, stordita e in totale adorazione per quel viso, per quel sorriso e per quegli occhi, che per fortuna si allontanarono prontamente, prima che potessi fare qualche altra figuraccia. Approfittando dell’assenza di Mr. Pattinson, cercai di riprendere il controllo di me. La cosa si faceva seria, addirittura molto più seria di quanto credessi e di quanto lo stesso Gianni mi aveva prospettato. Gianni … avrei dovuto parlare con lui. Avevo bisogno di un appiglio con la realtà così decisi che parlare con lui in quel momento era la cosa migliore da fare. “Pronto, Héloïse. Tutto bene?” era preoccupato “Si, Gianni, tranquillo. Va tutto bene. Volevo … volevo …” che gli avrei detto, se nemmeno io sapevo io cosa avevo, come stavo? “Gianni, io …” “Ti piace Robert Pattinson.” Sospirai. Gianni era un mito, nient’altro poteva descrivere mio cugino. “E sei spaventata, perché hai paura di quello che sei tu e di quello che è lui, hai paura di soffrire e che lui ti prenda in giro.” “Già.” Non avevo molte parole da usare, non ne ero capace “Héloïse, ti dico una cosa con tutto il cuore: vivi, vivi, Héloïse, vivi i tuoi anni, vivi la tua giovinezza. Non pensare troppo, ma vivi, lasciati trasportare dal tuo cuore. Non sempre le cose vanno come vogliamo, ma per questo non possiamo rinunciare a viverle. Non ti dico di essere prudente, perché lo sei e fin troppo. Vivi, Héloïse. Goditi questi momenti, goditi queste emozioni. Io ti dico che secondo me Mr. Pattinson è una persona seria e credo ci tenga a te, non penso ti possa far soffrire e se lo farà se la dovrà vedere con il sottoscritto.” Mi feci sfuggire un risolino tremulo e pauroso. Gianni avrebbe meritato una statua colossale. Potevo distruggere il Colosseo e farci mettere una sua statua, del resto quel posto si chiamava così esattamente per questo motivo, perché prima dell’anfiteatro ospitava il Colosso, appunto di non ricordo nemmeno chi. “Grazie, Gianni. Ti voglio bene, sei un mito. Adesso devo andare. Ci vediamo più tardi. Un bacione.” “Un bacio, Héloïse, ti voglio bene anch’io.” E chiusi la telefonata. Sospirai. VIVI, HÉLOÏSE. Mi aveva detto. Decisi che avrei vissuto tutto quello che quei giorni mi avrebbero offerto, qualunque cosa fosse.
La sala si era praticamente svuotata e io ero seduta sola a guardarmi intorno e non sapevo cosa fare. Dove era finito Robert? Forse mi aspettava fuori e lo aveva fatto per non farsi vedere ed esaudire il mio desiderio di non farmi beccare con lui. Ero … ero delusa, come una stupida. Glielo avevo chiesto io e ora non mi andava bene, avevo la sensazione che si vergognasse di me. Ero una vera scema, perché lui mi aveva semplicemente accontentato. “Héloïse.” Mi sentii chiamare. Era Robert che mi si era avvicinato e mia aveva preso per mano, per guidarmi accanto al piano. “Scusami se sono scomparso per tutto questo tempo, lasciandoti sola, ma dovevo chiedere un favore all’organizzatore del concerto.” e prese posto al piano. Le note si diffusero per la stanza, note che io conoscevo bene, perché appartenevano alla colonna sonora di Twiligth, River Flows in You. Mi sorpresi non poco alla sua scelta, ma era un regalo bellissimo. Significava tanto per lui, quanto per me, ma questo lui non poteva saperlo. Mentre suonava le sue mani si muovevano leggere sui tasti, era un bravo musicista, potevo confermare quanto letto, e di tanto in tanto sbirciava la mia reazione. Io ero semplicemente in adorazione e mai una volta mi sottrassi al suo sguardo. Altro che vergogna! Robert mi stava facendo un regalo ancora più grande del concerto ascoltato, mi stava regalando se stesso, una parte importante della sua vita, una sfaccettatura fondamentale del suo essere.
Rimasi imbambolata a guardarlo alzarsi, quando ormai le ultime note si erano disperse in quella magnifica sala rimasta in penombra, in un silenzio spezzato ormai solo dai nostri respiri. Si passò imbarazzato una mano tra i capelli e mi si avvicinò. Fu in quel momento che mi sbloccai, lasciando sfuggire una lacrima e dandogli un bacio sulla guancia, mormorando un tremolante “Grazie.” Mi sorrise e mi passò un braccio sulle spalle. “Andiamo.” Mi sussurrò e così, stretti l’uno all’altra, abbandonammo la villa che fino a quel momento ci aveva ospitati. Giunti al cortile ci aspettava lo stesso autista che quella sera mi era venuto a prendere. Per qualche minuto restammo in silenzio. Io avevo bisogno di assimilare quanto era successo, mi sembrava tutto così irreale, tutto così magico, mi sentivo in un sogno. “Héloïse?” ero totalmente imbambolata “Robert …” e mi fiondai su di lui per abbracciarlo. Era merito suo se avevo vissuto tutto quel sogno. Non mi scostai, lasciai che rispondesse al mio abbraccio, che poggiasse le mani sulla mia schiena e respirasse tra i miei capelli. “Grazie per la bellissima serata, non puoi capire quanto sia stato bello per me.” gli dissi con gli occhi offuscati dalle lacrime. Lui mi baciò sulla fronte, mandando in tilt il mio cuore, e mi attirò a sé, lasciandomi poggiare a lui e stringendo la mia mano. Passammo il resto del viaggiò così: stretti l’uno all’altro, le dita intrecciate, a sussurrarci le sensazioni provate quella sera, le impressioni, le opinioni. Arrivammo così sotto casa di mio cugino. Io feci molta fatica a staccarmi da lui, ma dovevo. Lui scese con me, accompagnandomi fino al portone, con le mani nelle tasche dei pantaloni. Lo guardai, era così bello. “Ti ringrazio di tutto, Robert, è stato tutto bellissimo. Mi hai fatto un grande regalo portandomi a questo concerto. Grazie. Ma soprattutto è stato bello passare questo tempo con te, provare queste emozioni con te e …” tentennai “E sentirti suonare è stato … è stato bellissimo, così emozionante. Il regalo più bello di tutta la serata.” “Solo per te.” E mi baciò. Fu un bacio delicato, labbra contro labbra, ma fu la cosa migliore di tutta la serata. Poi si allontanò e salì in macchina, mentre io restavo a guardare l’auto che scompariva all’orizzonte. Sentivo le gambe tremolanti e il cuore impazzito e il respiro corto. Con fatica raggiunsi casa di mio cugino, mi tremavano le mani e inserire la chiave non fu per niente facile. “Héloïse.” Lo trovai sul divano a guardare la tv, forse era rientrato da poco pure lui. Probabilmente vide qualcosa di sconvolgente sul mio viso perché si precipitò da me tutto preoccupato. “Che succede?” mi avvolse le spalle con un braccio, come per sorreggermi. Io mi portai le dita alle labbra e sussurrai “Mi ha baciata.” Gianni mi studiò e mi sorrise e io risposi con un risolino tremulo “Mi ha baciata.” Dissi più sicura e il telefono vibrò in borsa. Era lui. “Pronto?” risposi incerta e tremante “Avrei voluto farlo quella sera alla festa, quando ti ho vista sulla terrazza a guardare Roma, eri Bellissima.” Ebbi come un flashback, quel BELLISSIMA che avevo sentito pronunciare da uno sconosciuto era stato detto da lui e non sapevo fino a che punto fosse rivolto a me o a Roma. “Héloïse, ci vediamo domani. Ti va?” annuii ma un’occhiata di Gianni mi fece capire che lui, Mr. Pattinson, che aveva baciato la sottoscritta, non avrebbe potuto vedermi dall’altro capo del telefono. “Si.” Dissi semplicemente, ancora troppo sconvolta per mettere insieme delle parole in fila di senso compiuto “Pranziamo insieme?” “Si.” Poi mi ricordai che avevo promesso a Gianni di mangiare con lui “Robert, avrei voluto pranzare con Gianni, Bob, domani.” Gianni mi faceva di no con la testa “Ti va di venire a pranzo da noi? Ti preparo quella pasta che ti ho promesso.” “Va bene, non vedo l’ora.” “Puoi venire quando vuoi, io sono a casa.” “Ok, a domani, Héloïse.” “A domani, Robert, buona notte.” “Buona notte … e, Héloïse?” “Si?” “Niente, Buona notte, Héloïse.” E chiuse la telefonata.

*La storia è totalmente inventata e con questa non voglio recare offesa a nessuno.


AUTRICE: Salve a tutti ... so che sono in ritardo però non ho potuto fare altrimenti, in compenso, oltre che aver scritto il capitolo, ho controllato quello successivo, che quindi arriverà tra pochissimo.
Oggi è un giorno moooolto speciale (è il mio compleanno ... e anche il mio onomastico) e quindi ci voleva un capitolo speciale, quello del primo bacio *.* Che ne pensate? Fatemi sapere, vi prego. Ringrazio tutti. Un bacio e a presto.
  
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