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Autore: Gan_HOPE326    29/01/2009    3 recensioni
Una ragazza dagli strani poteri "vegetali", un vecchio falegname scorbutico e abilissimo, un viceammiraglio della Marina piuttosto originale: sono questi, assieme alla nostra affezionatissima ciurma di Cappello di Paglia, gli ingredienti per un'avventura in puro stile One Piece. Sullo scenario dell'isola di Eden e del suo bellissimo Giardino si intrecceranno le loro storie. Molta comicità, molta azione, avventura, suspence, colpi di scena, dramma e, perche no?, anche un pochino di romanticismo.
Venite a scoprire tutto questo, quaggiù, in mezzo all'oceano più grande del mondo.
Genere: Commedia, Azione, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6 – Invasione

Capitolo 6 – Invasione

 

Il rum è una bevanda sana e ricca di sostanze nutrienti, con un potente effetto rinvigorente, che non può mancare nella dieta di ogni buon pirata che ci tenga alla propria salute. Presenta purtroppo anche alcuni spiacevoli effetti collaterali. Uno di questi è una leggera alterazione delle normali percezioni che può indurre lievi stati allucinatori. Perciò non è molto raro sentire i marinai di più lunga esperienza sproloquiare di incontri con fantomatici mostri marini lunghi cinquecento metri (quando è risaputo che, come riportato dall’Enciclopedia Universale dei Mari, anche gli esemplari più grandi non superano i trecento). Non tutto il male, comunque, viene per nuocere: questo piccolo inconveniente ha dato origine a una competizione sportiva tra le più in voga nel Grande Blu, ossia la gara a-chi-la-spara-più-grossa.

-         Era, ve lo giuro, un Re dei Mari spaventoso, con due file di denti in bocca, ogni fila almeno cento denti, ottocento denti in tutto!

-         No, scusa: in una bocca ci sono due file sopra, due file sotto, cento denti ciascuna, fa quattrocento denti, giusto?

-         Ma lui aveva due bocche!

Erano le finali dell’isola quelle che si stavano svolgendo alla taverna “Il buon diavolo”, al molo tre del porto di Eden. Con il suo racconto, Greg il Sincero aveva appena mandato a segno un colpo micidiale. Soddisfatto, si rinfrescò la gola con una sorsata di liquore.

-         Allora, Fisher? Tocca a te!

Fisher annuì e fece cenno di aspettare un momento, lasciare che raccogliesse le idee. Si scoprì a sudare freddo. La terribile verità, che tutti ignoravano, era che Fisher era perfettamente astemio. Quello nel suo boccale non era rum, ma semplice succo di mango. La sua fantasia, senza aiuti alcolici, non riusciva a sostenerlo più di tanto in quelle competizioni; ma non poteva fare brutta figura davanti ai suoi compagni di equipaggio, o tanto meno permettere che capissero come stavano davvero le cose. Disperato, in cerca di uno spunto qualsiasi, girò lo sguardo intorno a sé. Guardò il bancone, la gente, i tavoli. Guardò fuori dalla taverna, verso il mare.

-         Ricordo quella volta – disse – in cui vidi una tartaruga gigante. Era grande quasi quanto un’isola, e c’era una specie di palazzo costruito sopra, con le insegne della Marina. E dalle porte di questa casa sciamavano fuori animali di tutti i tipi, uccelli, leoni, cavalli, che si muovevano in formazione, come un piccolo esercito.

Gli altri restarono ammutoliti. Fisher sorrise imbarazzato e prese un sorso di succo di mango. Gli applausi partirono solo dopo qualche secondo, ma in un istante crebbero e diventarono un’ovazione scrosciante.

-         Bravo! Bis!

-         E’ un campione! Un vero campione!

-         Sono un impresario, ragazzo! Ho un contratto pronto per te!

Fisher fece un inchino e si godette quel trionfo senza precedenti. Non poteva però evitare di sentirsi un po’ preoccupato. Perché dalle finestre della taverna lo si vedeva ormai chiaramente, la tartaruga gigante si stava avvicinando sempre di più. E aveva davvero le insegne della Marina, che non portano mai niente di buono. E gli animali aumentavano.

“Speriamo che se ne vada senza farsi notare da nessuno, altrimenti addio vittoria” sperò Fisher.

E proprio in quel momento, a sottolineare quanto stupida fosse quella speranza, da una delle feritoie del palazzo che si ergeva sul guscio della tartaruga partì la prima cannonata.

 

Il suono della prima cannonata scosse le pareti della casa di Flea, che si svegliò di soprassalto, spaventata. Le ci volle qualche secondo per riprendere lucidità e cercare di capire cosa fosse successo.

-         Sparano? – mormorò tra sé e sé, ancora assonnata.

Come risposta, una seconda cannonata rimbombò sull’isola. Flea saltò giù dal letto e corse alla porta della stanza. Passando accanto al trespolo di Paradosso, notò che il pappagallo era sparito. Probabilmente era volato via spaventato. Chiamalo fesso.

-         Papà! – chiamò la ragazza, aprendo la porta – Papà, che succede? Stai bene?

Nessuna risposta. sì, né no, né gnarr. Madera non era in casa. Poteva essere già andato al lavoro? Ma il sole non era ancora sorto, era un po’ troppo presto per andare al cantiere. Flea ebbe una bruttissima sensazione. Prese in fretta una cintura di borracce da mettersi a tracolla e corse giù, fuori di casa, in strada. La gente arrivava da tutte le parti, tutti stavano abbandonando le abitazioni mentre continuavano a piovere cannonate. Alcuni edifici erano già crollati. Erano scoppiati degli incendi.

-         Papà! – chiamò ancora Flea, ma la sua voce si perse nel fragore delle esplosioni e nel tumulto della folla che scappava da ogni parte.

Sentì un fischio più vicino dei precedenti, l’esplosione invece non riuscì a sentirla, perché fu così vicina che le tolse l’udito per qualche istante. Si vide solo circondata da una nuvola di luce, si sentì spinta da una mano invisibile, ebbe l’impressione di stare cadendo, cadendo verso una sagoma umana, nera, che tendeva le braccia verso di lei.

 

Il suono della prima cannonata arrivò leggermente smorzato attraverso le pareti di legno della Going Merry, ma era comunque inconfondibile per degli esperti pirati.

-         Mi suonano come guai. – disse Zoro.

-         Mi sa che qualcuno sta attaccando l’isola. Chissà di chi si tratta! – sospirò Nami.

-         E’ un cannone della Marina. – fece Usopp, concentrato, con gli occhi chiusi – Calibro 250 mm. Fusto in bronzo, lungo tre metri e venti centimetri. Bombarde in piombo. Caricato con due etti di polvere da sparo. Montato su un carrello con sei ruote, ma quella anteriore destra cigola un po’. Il colore della vernice, purtroppo, non sono riuscito a capirlo.

I suoi due compagni lo guardarono con gli occhi sgranati, incapaci di spiccicare parola.

-         Che c’è? – ribatté piccato il cecchino – Mica posso sapere proprio tutto!

-         Sappiamo abbastanza. – affermò Zoro – Se si tratta della Marina, dobbiamo stare in guardia. Vado a dare un’occhiata fuori.

Lo spadaccino uscì. Nami e Usopp restarono in attesa. Dopo qualche istante, dal ponte esterno si udì un gran chiasso. Ruggiti, ringhi, soffi e sibili di spade.

-         Si direbbe – osservò Usopp, impassibile – che Zoro sia stato attaccato da un leone.

-         Già, hai proprio ragione, deve essere un leone. – confermò Nami, serena.

-         Povera bestia.

-         Davvero.

Un attimo dopo, Zoro rientrò. Aveva una delle sue katane in mano ed era coperto di sangue e peli di felino.

-         Ehi! – gridò – Qua fuori c’è una torma di animali selvaggi! Sbrigatevi ad uscire! Prendono d’assalto la nave!

Nami e Usopp scattarono in piedi e corsero fuori. Scavalcarono con prudenza la carcassa del leone ormai pronto per la dispensa e si affacciarono al parapetto.

-         Mio Dio. – mormorò la ragazza – Al confronto, la vecchia fattoria di zio Tobia non è niente.

Davanti a loro si stendeva una folla infinita di animali di ogni razza, che avevano occupato l’intera pianura desertica a perdita d’occhio. Nella luce ancora pallida dell’alba era difficile distinguerli tutti bene, ma certamente diventavano sempre di più. Ne arrivavano continuamente di nuovi, in colonne, da un punto imprecisato vicino al villaggio. Manifestavano anche degli strani comportamenti, osservò Usopp. Come gli elefanti che salivano in equilibrio sui colli delle giraffe per raggiungere il ponte della Going Merry.

-         Attento! – gridò Zoro.

Scattò in avanti e con un fendente fulmineo tagliò la proboscide ad un pachiderma che stava per aggredire il cecchino. Alla vista di un naso tanto lungo accorciato così bruscamente, Usopp ebebe un brivido.

-         Anche qui! – urlò Nami.

Gli elefanti si erano organizzati, e si appoggiavano con le zampe anteriori contro lo scafo della Merry, spingendo per rovesciarla. Il legno cigolava. La nave non sarebbe resistita a lungo.

-         Saltiamo giù! – propose ZoroFacciamoci seguire e combattiamo lontano da qui, altrimenti questa bagnarola finirà in pezzi!

Gli altri due annuirono e, tutti insieme, si lanciarono dal parapetto. Cominciarono a fuggire verso l’entroterra, inseguiti dagli elefanti, che erano innaturalmente veloci, per la loro stazza. Cercarono di approfittare del buio e della confusione per seminarli, ma sembrava che l’unica cosa che gli riuscisse di fare fosse attirare altri inseguitori. Adesso avevano alle calcagna tigri, struzzi, cavalli, pipistrelli, coccodrilli e un paio di ornitorinchi. I pirati provarono a scappare secondo traiettorie insolite, a infilarsi tra i rinoceronti, a passare tra le zampe delle giraffe; inutilmente, perché gli animali continuavano a individuarli senza errore.

-         Ma si può sapere come fanno a seguirci così bene? – gridò Zoro.

-         I pipistrelli. – mormorò Usopp – I pipistrelli ci possono localizzare con gli ultrasuoni.

Continuarono a scappare. Ma erano circondati, la costa era affollata di animali ostili, e quindi vennero spinti sempre di più verso l’unica via di fuga, verso l’entroterra, lontano dalla nave.

 

Il suono della prima cannonata venne amplificato fino a divenire un fragore intollerabile dentro la piccola cella di agalmatolite.

-         Bene, direi che siamo sbarcati di sicuro. – disse Nico Robin.

-         Davvero? – fece Luffy – E come fai a esserne certa?

-         Non ricordi? Magia.

-         Ah, già.

Il capitano stette a pensare per un po’.

-         Ehi! – esclamò poi – Ma questo significa che è il momento per il nostro piano!

-         Sì. – mormorò Robin, rassegnata – E’ proprio quel momento.

Sospirò e tese le braccia, pronta a fare la propria parte, eroicamente, con sacrificio.

 

Il suono della prima cannonata causò un brusco spostamento d’aria; l’onda di pressione si infilò tra i vicoli, perdendo via via potenza man mano che si allontanava dalla propria origine. A qualche centinaio di metri di distanza era già abbastanza debole da non fare niente di più che sollevare gonne e scompigliare capelli; a circa un chilometro, era appena sufficiente a spegnere un fiammifero.

-         Merda. E adesso che succede?

O una sigaretta.

Sanji si tolse dalle labbra il mozzicone spento. Guardò i tre Giardinieri che rantolavano distesi a terra, ormai pronti per la rottamazione, poi sollevò lo sguardo nella direzione da cui era provenuta l’esplosione. Una colonna di fumo si alzava tra le case; c’erano voci confuse, qualcuno gridava.

-         Notte piena di avvenimenti, questa. – commentò con un mezzo sorriso.

Seconda esplosione, stavolta più vicina. La gente cominciò ad uscire in strada e a infilarsi ovunque, in fuga, spingendo e dimenandosi per le strette vie del villaggio. Un fiume di gente si riversò anche nel vicolo dove si trovava Sanji, e il cuoco fu costretto a seguirne il flusso, trascinato dalla massa. Cercò con lo sguardo i corpi inerti dei Giardinieri, ma non li trovò. Quei disgraziati dovevano avere la pelle dura, si erano rialzati e se ne erano andati. O forse erano ancora lì, mescolati alla folla, ma sarebbe stato impossibile vederli, la confusione era troppa. Senza nemmeno capire come, Sanji si ritrovò in una piazza, in cui finalmente la massa di persone in fuga si diradò un poco grazie al maggior spazio disponibile. Le esplosioni continuavano, c’era fumo dappertutto. Poi accadde tutto in un istante assurdamente lungo. Lo scoppio fu vicinissimo, mancò poco che Sanji perdesse i sensi; nella luce vide una sagoma che correva e poi cadeva abbandonata a stessa come una bambola di pezza; si gettò in avanti, tese le braccia, la raccolse. Il tempo ricominciò a scorrere normalmente.

-         Flea! – gridò, scuotendo la ragazza, che aveva l’espressione inebetita e il volto coperto di fuliggine – Flea, stai bene?

-         Io sì. – disse lei, sorridendo e osservando il proprio salvatore, e in particolare le sue sopracciglia, con sguardo vacuo – Sto bene. Grazie per avermelo chiesto, Coniglietto Spiralino!

-         Coniglietto… Spi…? - balbettò Sanji.

Evidentemente la ragazza era ancora un po’ intontita. Normalmente un’onta simile si sarebbe dovuta lavare col sangue, ma visto che lei era così adorabile, con quel visino un po’ smarrito dovuto allo shock post-traumatico, Sanji accettò di buon grado di passarci sopra. Strinse la ragazza per essere sicuro che non potesse cadere a terra e cominciò a scappare, sperando di portarla al sicuro. Le esplosioni continuavano ovunque, illuminavano a giorno l’intera scena.

-         Dobbiamo andarcene da qui. – disse Sanji a denti stretti – Di questo passo, il villaggio finirà raso al suolo.

-         Guarda, caro Coniglietto! – esclamò Flea, ridendo estasiata e abbandonando la testa al dondolio della corsa – Ci sono le tue amiche paperelle!

-         Sì, certo, le mie amiche paper

Si fermò. Le paperelle, scoprì con una rapida occhiata, c’erano davvero; era sul fatto che fossero amiche che si potevano avere dei legittimi dubbi. Si presentavano come pennuti assetati di sangue che avevano becchi e ali decorati con teschi e altri simboli minacciosi. Cinque di loro si lanciarono, in formazione, contro Sanji, che dovette saltare di lato per scansarli. Tre degli assalitori riuscirono a cambiare rotta all’ultimo minuto riprendendo il volo, mentre gli ultimi due, trascinati dal proprio impeto, si schiantarono al suolo, sfracellandosi, con un misero “quack!”, in un tripudio di piume bianche.

-         Ma a che razza di deficiente può mai passare per la testa di addestrare delle oche kamikaze? – si chiese Sanji, riavutosi dalla sorpresa.

La risposta non tardò molto ad arrivare. Oltre alle papere, molte altre specie di animali popolavano ormai le vie del villaggio, che avevano perso ogni parvenza di normalità. Tra macerie, esplosioni, scene di panico, crolli, urla e giraffe con indosso caldi maglioni a collo alto, Eden era diventata l’apoteosi del caos. In mezzo a questo inferno, Sanji scorse qualcuno che avanzava lungo la strada circondato da un piccolo corteo. Un uomo su una portantina sostenuta da due ippopotami con tanto di cappellino da baseball. Accanto alla portantina, una squadra di oranghi in tenuta da banditori reggeva grossi megafoni che ripetevano in continuazione un messaggio registrato:

-         NON FATEVI PRENDERE DAL PANICO! QUESTA E’ UNA SEMPLICE OPERAZIONE DI POLIZIA! STIAMO DANDO LA CACCIA A DEI PERICOLOSI PIRATI! GLI ABITANTI SONO PREGATI DI RADUNARSI ENTRO UN’ORA NELLA PIAZZA PRINCIPALE DEL VILLAGGIO, DOVE VERRA’ DISCUSSA LA SITUAZIONE. GRAZIE PER L’ATTENZIONE. NON FATEVI PRENDERE DAL…

La parola “panico” si perse in un nuovo rumore di crolli. A poca distanza dalla portantina, una piccola casa a due piani stava bruciando, e un balcone era appena precipitato, in fiamme, davanti all’ingresso.

-         Il mio bambino! – gridava disperata una donna – Aiuto! Aiutatemi!

La portantina si avvicinò e l’uomo scese, informandosi premuroso:

-         Signora, che succede? Mi dica!

-         Il mio bambino! – ripeté quella, piangendo – E’ appena rientrato in casa! Eravamo riusciti a fuggire, ma lui insisteva a voler salvare il suo gattino, e mi è scappato di mano, e adesso…

La donna non riuscì a proseguire, sopraffatta dalle lacrime. L’uomo le poggiò una mano sulla spalla:

-         Signora, non si preoccupi. Noi siamo qui solo per proteggere la pace e l’ordine. La aiuterò.

-         Davvero? Oh, grazie, grazie! – disse la donna, illuminata dalla speranza – Ma lei chi è?

-         Sono un ufficiale della Marina, signora. Viceammiraglio Whip, al suo servizio. Rullo! – chiamò poi, con tono autoritario, rivolgendosi a uno degli oranghi del suo seguito – Pensaci tu!

La scimmia scattò sull’attenti e, con un’agilità formidabile, saltò su un palo di legno, quindi su un cornicione e infine dentro una finestra della casa in fiamme. La madre in lacrime restò per pochi, lunghissimi secondi a fissare l’ingresso, dove non si vedeva nulla, ancora nulla, poi un’ombra, una sagoma che si stagliava sulle fiamme, che teneva qualcosa in braccio…

-         Ce l’ha fatta! – gridò felice.

L’orango Rullo uscì dalla casa, illeso e sorridente, contento di aver salvato una vita e compiuto la propria missione.

Tra le braccia teneva il gattino.

-         Bravo, Rullo! Ben fatto! – si complimentò Whip.

-         E il mio… bambino… ? – balbettò la donna, accanto a lui.

In quel momento, qualcosa scappò fuori da una delle finestre del piano terra. Il piccolo, un po’ sporco di fuliggine, tossendo e sfregandosi gli occhi corse in lacrime dalla mamma, che finalmente sollevata lo abbracciò. Quanto a Whip, aveva occhi solo per il gattino.

-         Che magnifico animale! Come si chiama, signora? – domandò, carezzandolo deliziato.

-         SEI UN MOSTRO! MIO FIGLIO SAREBBE POTUTO MORIRE!

-         Eh? Accidenti, che permalosa. Era una semplice domanda. Bella gratitudine, per aver salvato il suo gatto.

Il viceammiraglio scosse la testa e si allontanò, pensando che certe volte la gente era davvero strana. Purtroppo, doveva constatare, gli capitava spesso di non essere ben accolto nei posti che visitava. Quest’isola non faceva eccezione. Adesso, per esempio, la sua portantina era stata circondata e bloccata da una decina di abitanti dal comportamento ambiguo: avevano espressioni furibonde ma continuavano a urlargli lusinghe e complimenti, chiamandolo “bestia”, “cane” o anche “maiale”.

-         Stronzo! – gridò uno dei facinorosi.

Va bene, questo non era un complimento.

-         Vi prego, ricomponetevi. Esponetemi le vostre rimostranze in modo il più possibile civile. – disse Whip, cercando di calmare i bollenti spiriti. Non ci riuscì.

-         Civili? Tu sei quello che ci sta bombardando le case! Stai radendo al suolo il nostro villaggio, e noi dovremmo essere CIVILI?  DICCI IL PERCHE’ DI TUTTO QUESTO! BASTARDO!

Whip ebbe un moto di sdegno. Come si permettevano, quei bifolchi, di offenderlo a quel modo? Fece cenno ai propri ippopotami di avanzare. I due bestioni spinsero e sfondarono il muro umano, mandando a gambe all’aria gli oppositori, la cui resistenza fu del tutto inutile.

-         Prima di tutto – ribatté Whip, mentre la sua portantina si allontanava – il mio pedigree è immacolato, e vi sfido a provare il contrario. Secondo, se desiderate saperne di più sulle ragioni del mio arrivo qui, vi invito a presentarvi come tutti all’incontro che si terrà tra un’ora nella piazza centrale. Lì vi spiegherò ogni cosa. Terzo, e con questo chiudo il discorso, io non vi sto bombardando le case. Temiamo la presenza di pirati in questo villaggio e i miei cannonieri stanno colpendo solo, e sottolineo solo, gli obiettivi strategici chiave. I civili non subiranno alcun danno. Addio, signori.

 

Bonga e Conga erano due scimpanzè cannonieri incaricati della manovra del pezzo di artiglieria numero 15 della Turtle-o-pia. Bonga era incaricata della carica, Conga del puntamento.

-         Uwaahwahwaah?!?

(Traduzione: Conga, perché hai appena fatto saltare quell’asilo nido?)

-         Owaah! Wahgah, rahha? Waah!

(Traduzione: Era segnato sulla mappa degli obiettivi strategici chiave, vedi? Proprio qui!)

-         Mugaaah! Ahw – ah! Yaahgahwahhah!

(Traduzione: Quella non è la mappa degli obiettivi strategici chiave! Quello è il mio sedere!)

Scuotendo la testa con disapprovazione, Bonga raccolse un altro proiettile di piombo e lo fece rotolare nella canna del pezzo. Pestò tutto per bene con lo scovolino. Conga aveva cominciato a ruotare il dispositivo di mira quando si sentì un fragore sordo, diverso da quello delle cannonate. Sembrava più il suono di una porta di agalmatolite che viene sfondata da un uomo di gomma.

-         Ugaaah! Wahwahmeeh?

(Traduzione: Bonga, e questo cosa è stato?)

-         Gaahgagh! Gah! Gah!

(Traduzione: Zitto e pensa a sparare, cretino!)

 

-         Attenzione a destra! Rondini assassine!

Luffy scartò bruscamente di lato, scansando i pennuti che saettavano con incredibile agilità, puntandolo con becchi cui era stata aggiunta una punta di metallo. Robin correva accanto a lui, ma sembrava affannarsi di meno. Era come se quella fuga la divertisse sottilmente.

-         A sinistra, Luffy! – avvisò – Talpe cecchino!

Partirono tre spari, che colpirono rispettivamente la parete del corridoio, una luce sul soffitto e una delle rondini di prima. Luffy e Robin passarono oltre senza problemi, mentre le talpe si scambiavano versi perplessi cercando di capire come avessero fatto a sbagliare.

-         Questa nave non finisce mai! – si lamentò Luffy – Ma quando ne usciamo?

-         Dovrebbe mancare poco. Attento ai topi paracadutisti!

Uno squadrone di sorci scavezzacollo si lanciò sui fuggiaschi da una presa d’aria del soffitto. Le mani di Robin sbucarono dal tetto e ne acciuffarono i paracadute, lasciandoli a penzolare e a squittire miseramente.

-         Questo posto è uno spasso! – esclamò Luffy, ridendo – Voglio proprio vedere chi ci si parerà davanti adesso!

Aveva appena finito di parlare che si trovò costretto a inchiodare i piedi a terra per frenare; la figura che era appena emersa da dietro l’angolo era molto più grossa di quella degli animali che li avevano attaccati fino ad allora. Era, inoltre, quasi umana. Un grosso omaccione peloso e pieno di muscoli, con in testa un familiare cappello rosa. Robin si mise sulla difensiva. Luffy deglutì.

-         Chopper… - mormorò.

La renna, lentamente, si avvicinava.

 

La piazza centrale di Eden era gremita quando Whip arrivò, seguito dal suo bravo corteo di bestiole assortite, per tenere il proprio discorso. Il villaggio non era nella sua forma migliore, ma, dopo che il cannoneggiamento era cessato, gli incendi erano stati spenti, i feriti portati in ospedali provvisori e si era fatta una conta degli abitanti trovando che tutti erano, più o meno, vivi. Certo, la gente radunata in piazza non era nel proprio umore migliore. Essere costretti ad alzarsi alle sette del mattino per partecipare a una riunione d’emergenza all’aperto già non è il massimo della vita; quando poi la sveglia arriva a suon di cannonate e versi di animali selvaggi mai sentiti prima, l’umore precipita drasticamente. Quindi, molte persone non si erano presentate in piazza col proposito di ascoltare e comprendere le ragioni del viceammiraglio Whip. Piuttosto l’avevano fatto pensando che sarebbe stata un’esperienza eccitante partecipare a un vero linciaggio.

-         E’ lui?

Flea indicò la curiosa figura del viceammiraglio, stringendosi a Sanji per un braccio. Era ancora un po’ indebolita, ma quanto meno aveva recuperato le proprie facoltà mentali. I due si erano messi in un angolo al limite della piazza, dove c’era un po’ più d’aria e un muro a cui la ragazza poteva appoggiarsi in caso di mancamenti.

-         Sì, è quel tipo. – confermò Sanji – Quello della Marina.

Intuendo il malcontento del suo pubblico, Whip aveva avuto la prudenza di portarsi dietro una buona scorta. Al suo fianco aveva Sylvia, la tigre dai denti a sciabola, i suoi due gorilla e qualche grosso felino, per ogni evenienza. La folla assetata di giustizia, meglio se sommaria, dovette rassegnarsi ad attendere migliore occasione e limitarsi, al momento, ad ascoltare.

-         Buongiorno a tutti, abitanti di Eden! – cominciò il viceammiraglio – Come già saprete, io sono il viceammiraglio Whip. Sono arrivato qui con l’incarico preciso, datomi dal Quartier Generale della Marina, di indagare sull’incresciosa vicenda dell’arrembaggio alla nave trasporto “Walrus Pride”. Alcuni giorni fa questo vascello, di proprietà del Governo Mondiale, è stato assaltato e depredato di tutto il suo carico da ignoti pirati. Abbiamo ragione di sospettare che alcuni di questi criminali possano trovarsi su quest’isola, perciò ho ricevuto il permesso di assumere formalmente il governo di Eden finché le indagini non saranno portate a termine. Quindi d’ora in poi io sono il vostro nuovo padrone! Siete contenti?

Il silenzio che seguì fu più eloquente di qualsiasi risposta. Da qualche parte, nascosto tra la folla, doveva esserci anche il sindaco Lopez, perché a un certo punto lo si sentì esclamare “I miei elettori non saranno affatto d’accordo!”. Whip cercò di assumere un’aria sorridente e cordiale:

-         Sentite, non dobbiamo cominciare così il nostro rapporto. Vedrete che vi tratterò benissimo, non avrete di che lamentarvi! Intanto vi aiuterò a sostituire queste case malridotte…

-         Sei tu che ce le hai ridotte male, STRONZO! – gridò qualcuno.

-         …queste case malridotte, dicevo, con ottime cucce ergonomiche. Avrete tutti i comfort. La pappa sarà alle dodici e alle otto di sera. E mi dedicherò anche alla vostra preparazione e al divertimento. Vi insegnerò dei bellissimi giochetti! Imparerete a riportare i bastoncini e a saltare il cerchio. Per quanto riguarda la riproduzione, poi, sceglierò gli esemplari migliori e organizzerò gli accoppiamenti in modo che…

C’era un gelo crescente nella piazza. Gli abitanti già sospettavano di avere a che fare con un tiranno, un idiota o un incapace; ora si rendevano conto di essersi imbattuti in un pazzo. E legittimato dal Governo, per di più. Quando la Marina si fosse decisa a introdurre dei test psicoattitudinali tra i moduli per il reclutamento sarebbe stato sempre troppo tardi.

-         Ma come fai a essere sicuro che i pirati che cerchi siano proprio qui? – chiese una voce, guidata dalla folle speranza di dirottare quella sciagura umana su qualche altra isola.

-         Oh, molto semplice. – rispose Whip – Me lo ha detto un uccellino…

-         CHE COSA? – ruggì un omaccione in prima fila – Vuoi dire che c’è un traditore tra noi? Una spia?

La tensione si tagliava con il coltello. Era un momento delicatissimo. Nella piazza si intrecciavano sguardi e sospetti, tutti dubitavano di tutti. Solo Whip avrebbe potuto, con una risposta accorta e ponderata, smorzare la tensione e scongiurare lo scoppio di una colossale rissa.

-         Beh, sì. – disse il viceammiraglio, sorridendo ingenuamente – E’ proprio quello che intendo.

Ci fu un rombo, ci fu un’esplosione di collera, insulti e rabbia, ci furono cazzotti che volavano da ogni parte, polvere sollevata, sangue e denti rotti, nel giro di pochi secondi. La piazza si trasformò in un’arena gladiatoria. Sanji e Flea, appena fuori dalla mischia, si videro costretti a un po’ di acrobazie per schivare i corpi dei primi sconfitti, che volavano via dal mucchio andando a schiantarsi contro il muro.

-         ORA BASTA! GNARR!

Con il suo brusco intervento, Madera portò istantaneamente la calma. Tutti gli occhi erano puntati su di lui quando si fece avanti, andando a piantarsi proprio davanti a Whip, che lo osservava curioso.

-         Lascia in pace questa gente e vattene dall’isola, gnarr. – disse il vecchio – Il colpevole che cerchi sono io.

-         Papà! No! – gridò Flea slanciandosi in avanti, ma venne trattenuta da Sanji, che le coprì la bocca con una mano e la tirò indietro.

-         Flea – le bisbigliò all’orecchio – è vero, è stato lui. Sono tutti pirati, sia lui che i Giardinieri.

-         Ma che accidenti dici? – mormorò la ragazza, piangendo – Anche tu sei un pirata! Lasciami!

-         Flea, loro volevano ucciderti. Oggi.

-         Cosa? No, ti stai sbagliando, no, no! Loro mi vogliono bene!

-         Li ho sentiti, stanotte. Complottavano in un vicolo con quella palla di lardo di sindaco. Hanno arrembato loro la “Walrus Pride”. Parlavano di fare qualcosa che ti riguardava, che doveva essere fatta per oggi. Dicevano che non dovevi sospettare nulla.

-         Sanjidisse Flea, liberandosi dalla stretta dell’uomo – oggi è il mio compleanno.

Scappò via, e Sanji non poté fare altro che restare, inebetito, a fissarla mentre si allontanava. Tutto ciò che aveva sentito cambiava di significato. Ma Madera aveva anche detto che gli sarebbe dispiaciuto non vederla più. Quello che significava?

-         Papà!

-         Flea, gnarr, stattene lontana! – gridò Madera, e poi, rivolto a Whip – Lei non c’entra, gnarr! Non provare a torcerle un capello!

-         Non mi è mai passato per la testa. La prego, continui il suo discorso.

Madera prese un profondo respiro.

-         Sono stato io a derubare la “Walrus Pride”. Solo io. Gli altri erano… mercenari che ho assunto qua e là, gnarr, non so più dove siano. Se vuoi una prova ti dirò una cosa che solo il colpevole può sapere, gnarr. Il carico della “Pride” non è stato reso pubblico: ma io so, gnarr, che si trattava di duemila lingotti di agalmatolite marina destinati alla costruzione di celle ad Impel Down. Visto? Sono stato io, gnarr! Voi l’agalmatolite la usate come nulla fosse, ma noi ne avevamo bisogno! Senza quella, gnarr, il desalinatore non avrebbe mai potuto funzionare! Voi del Governo ne avete a mucchi, gnarr, e noi qui a crepare di sete perché non possiamo pagarcela! Gnarr! Perciò l’ho rubata! Contento? Sei contento? EH? GNARR?!?

Tutti gli abitanti di Eden restarono paralizzati a sentire quelle parole. Non avrebbero mai sospettato fino a che punto Madera avesse rischiato di persona per il bene dell’isola; ed ora ecco che si sacrificava ancora per il bene di tutti. Whip, intanto, ascoltava con un’espressione di vivo interesse.

-         Dunque, c’era dell’agalmatolite sulla “Walrus Pride”? – chiese.

Madera restò interdetto.

-         Razza di imbecille, gnarr! – sbottò – Vieni qua ad indagare, gnarr, e non sai nemmeno questo?

-         Per niente. Trovo estremamente noioso leggere tutti i dossier prima di una missione.

-         Allora! – gridò il vecchio, furibondo – Allora, gnarr, vorrai sapere almeno questo! Riprenditi il bottino e vattene da questo posto! L’agalmatolite è nascosta nel…

-         Eh no, basta così! – esclamò il vice ammiraglio, facendo un rapido gesto.

Un orango scattò alle spalle di Madera e gli coprì la bocca con una mano. Il vecchio si dimenava e urlava ancora, ma riusciva a produrre solo suoni inintelligibili.

-         Mi dispiace, ma sarebbe poco conveniente per me se lei proseguisse questa frase. Vede, io non ho alcun interesse nel sapere dove si trova la merce rubata.

-         Che diavolo intendi, pazzo criminale? – gridò un uomo nella folla, esprimendo i sentimenti di tutti.

-         Quello che ho detto. In realtà, l’unica ragione per cui ho accettato questa missione era che volevo l’occasione di lavorare per un po’ su questa meravigliosa isola. Diciamo che la faccenda della “Walrus Pride” è stata un ottimo pretesto. Certo, dovrò risolvere il caso, o ne andrebbe del mio prestigio presso il Quartier Generale, ma non voglio farlo troppo in fretta. Il mio vero interesse è puramente scientifico, e riguarda il vostro bellissimo Giardino e la nascita ventennale del Frutto del Diavolo. Proprio in questo momento, la mia spia lo avrà certamente già localizzato e presto me ne comunicherà la posizione. Quando lo avrò, potrò condurre i miei esperimenti.

La folla fu scossa da un brivido a sentire quelle parole, vedendo il fantasma di altri vent’anni di miseria nel proprio futuro. Flea fu l’unica a restare smarrita. Lei non sapeva nulla di Frutti del Diavolo nel Giardino. Cos’era quella storia?

-         Chi è questo traditore? – urlò qualcuno – Che razza di uomo può essere tanto infame?

-         Temo che lei si stia sbagliando, signore… - cominciò Whip.

Da qualche parte si sentì un frullare di ali.

-         …io non ho mai detto che fosse un uomo.

Un grande uccello verde volò sulla piazza. Flea alzò lo sguardo e sentì una stretta al cuore.

-         Paradosso… – mormorò.

-         Buondì, capo! – starnazzò l’uccello – Ci si rivede! Che sollievo tornare a parlare normalmente!

Whip lo salutò con ampi gesti.

-         Paradosso, vecchio mio, mi sei mancato! Vieni qui!

Il pappagallo atterrò con precisione sulla spalla del viceammiraglio.

-         Allora, capo, come procede?

-         Tutto bene. Se tu hai trovato il Frutto…

-         Ho visto dov’è! Ti ci posso portare anche subito. E’ un po’ lontano, però.

-         Nessun problema. Ci muoviamo subito, stabilirò la mia base nel Giardino. Piuttosto, dimmi…

Whip e Paradosso continuarono a chiacchierare amabilmente. Nel frattempo, Flea era distrutta. Quanto era stata ingenua, quanto era stata stupida, pensava, stringendo i pugni. Aveva accolto in casa quella spia di un uccellaccio, l’aveva introdotto proprio nei luoghi in cui voleva arrivare. Al cantiere, nel Giardino. Per forza quel pennuto se ne andava sempre per i fatti propri, faceva le sue ricognizioni! Nessuno avrebbe potuto immaginare una cosa del genere trovando un uccello un po’ spennacchiato davanti alla propria casa, ma questo non aiutava la ragazza a sentirsi meno in colpa.

Un nuovo essere apparve sulla scena, all’improvviso, troncando il filo dei suoi pensieri e attirando l’attenzione dei presenti. Un omaccione peloso e nerboruto con un curioso cappello calcato in testa spuntò da una viuzza e corse al fianco di Whip. Un’apparizione che sorprese tutti, nella piazza, tranne una persona, che quell’essere lo conosceva bene.

-         Chopper! – esclamò SanjiSei vivo!

La renna non gli prestò la minima attenzione. Invece si mise sull’attenti e batté i tacchi (anche se scarpe, a dire il vero, non ne aveva) davanti al viceammiraglio.

-         A rapporto, signore! Le cavie sono fuggite!

-         Fuggite, dici? – fece Whip, sorpreso – E come hanno fatto?

-         L’uomo di gomma ha sfondato la porta della cella, signore. Hanno messo KO molte delle nostre truppe speciali. Ho cercato di fermarli, ma la donna dalle molte braccia mi ha immobilizzato e sono riusciti a scappare.

Sanji era corso vicino per sentire meglio, ma quello che sentiva non gi piaceva per niente.

-         Chopper! – gridò – Che stai dicendo? Parli di Luffy e Robin? Sono vivi anche loro? Se fai finta di essere così obbediente per paura di quel pazzo e delle sue bestiacce sta’ tranquillo, ci penso io a stenderlo!

Lo sguardo di Chopper era vuoto. Rispose con voce piatta:

-         Non so chi lei sia, ma la prego di non intralciarci. Questa è un’operazione di polizia.

-         Chopper…

Lo sguardo di Sanji passò dalla renna a Whip.

-         BASTARDO! – gridò, saltando contro l’uomo a gamba tesa, dritto contro il suo volto – CHE COSA GLI HAI FATTO?

Whip restò immobile al proprio posto, tranquillo. Dalle pieghe del suo ampio mantello di pelliccia guizzò fuori qualcosa che puntò dritto alla gamba di Sanji. Il pirata gridò di dolore e mandò il suo calcio a vuoto, per poi rotolare a terra, stringendosi il polpaccio tra le mani. Un serpentello minuscolo guizzò via e tornò ad annidarsi tra le vesti di Whip.

-         Brava, Lilly. – disse lui, sorridendo – Brava ragazza.

-         Stronzo… – balbettò Sanji, che già perdeva le forze a causa del veleno.

Conosceva quell’animale, il serpente giallo del deserto. Ricordava che, ai tempi di Alabasta, Bibi li aveva messi in guardia contro quei rettili. Diceva che erano la cosa più pericolosa che avrebbero incontrato nel suo paese, dopo le tempeste di sabbia, il sole cocente, gli scorpioni giganti, i coccodrilli banana, un altro centinaio di animali dotati di veleno, zanne o entrambe le cose, gli scagnozzi della Baroque Works e ovviamente Crocodile stesso. Comunque, come ciascuna delle cose sopra citate, anche il morso di quel serpente poteva essere mortale.

-         Le cavie sono scappate, eh? – fece Whip, pensieroso – E adesso che faccio?

-         Prendi quella ragazza, capo! – esclamò Paradosso, accennando con un’ala a Flea – Anche lei andrà benone. Fidati.

-         Paradosso! – gridò Flea, incredula a quel nuovo tradimento.

-         Davvero? Bene, signorina, venga con me, allora. Suvvia.

-         Neanche per sogno, MOSTRO! – gridò Flea, e corse, in lacrime, da suo padre Madera, ancora tenuto immobile dall’orango di prima.

-         Oh. E’ un problema. Come posso fare a convincerla? Ah, ecco! Signorina, la prego di seguirmi, o sarò costretto ad abbattere il vecchietto a cui sembra affezionata. Che ne dice?

L’orango che stringeva Madera si portò una mano alla gola e fece un gesto molto eloquente. Flea, incredula, chinò la testa e acconsentì a seguire Whip senza più dire una parola.

-         Col cazzo che ti lascio portar via anche lei, stronzo!

Sanji, furibondo, saltò contro il viceammiraglio con le sue ultime forze, ma venne aggredito e azzannato dalla tigre Sylvia. In condizioni normali si sarebbe sbarazzato di lei facilmente, ma il veleno gli stava togliendo tutte le forze. Altri animali gli saltarono addosso, sempre di più.

-         Flea! – gridò – FLEA!

-         Bravi, ragazzi, continuate così. – disse compiaciuto Whip – Tenetelo buono.

-         Sai, capo, - cominciò Paradosso – mi stupisce sempre vedere quanto tu possa essere crudele con la gente. Con noi sei molto gentile e comprensivo.

Il viceammiraglio rise cordialmente.

-         Beh, mi sembra ovvio! – rispose – In fondo sono solo esseri umani.

Il suo piccolo corteo si allontanò, con Chopper, Madera e Flea. Sanji continuò inutilmente per qualche minuto a lottare contro la massa di animali che tentava di sopraffarlo, poi le ultime forze lo abbandonarono e lui cedette. Smise di resistere al dolore e perse conoscenza.

 

-         Uh? Devo solo mangiare questo… coso?

In uno dei terrazzi più alti del Giardino, un’incredula Flea era stata messa di fronte a una scelta curiosa. Mangiare un buffo frutto con la buccia a ghirigori o lasciare che suo padre venisse ucciso. Beh, non credeva che salvarlo sarebbe stato così facile.

-         Lo faccio subito. – disse – Poi tu però lascerai andare mio padre, vero?

-         Naturalmente, signorina. – annuì Whip – Per un ufficiale, ogni promessa è debito.

Flea si accinse ad addentare il frutto. Insomma, pensava, perché aveva dovuto costringerla con quelle maniere a fare una cosa tanto semplice? Sicuramente, mangiare un semplice frutto non poteva comportare alcun rischio. Il fatto che Whip l’avesse coperta di elettrodi e misteriosi strumenti di misura e che fosse immediatamente corso al riparo non appena lei aveva accennato a dare il primo morso non scuoteva questa sua solida convinzione.

-         Non farlo, Flea! – gridò improvvisamente Madera. Dimenandosi furiosamente, era riuscito a inciampare trascinandosi dietro il suo orango carceriere, e quindi si era temporaneamente liberato – Quello è un, gnarr, Frutto del Diavolo!

-         Vuol dire che se lo mangio acquisterò dei poteri speciali? – disse Flea, squadrando il frutto – Forte!

-         No, Flea! Gnarr! Non devi mangiarlo! Chi ha già mangiato un Frutto esplode se ne mangia un altro, gnarr!

-         Stia zitto, razza di… vecchiaccio! – intervenne Whip, allarmato.

-         Beh, che vuol dire? – fece Flea – Io mi trasformo in albero, è vero, ma sono sicura di non aver mai mangiato un Frutto del Diavolo, quindi…

-         TU HAI MANGIATO UN FRUTTO DEL DIAVOLO, GNARR, RAZZA DI CRETINA! COM’E’ CHE HAI VENTIDUE ANNI E ANCORA NON L’HAI CAPITO, GNARR?

Flea restò sbigottita e lasciò cadere il Frutto. Più della morte orribile che aveva appena sfiorato la lasciava di stucco quella rivelazione del tutto inaspettata.

-         Io… cosa…? – mormorò – Papà, perché non me lo hai mai…

-         E’ una lunga storia, gnarr. – sospirò Madera, sfinito – Tu hai mangiato il Frutto di Woo Woo, che permette, gnarr, di trasformarsi in albero. E’ successo vent’anni fa… gnarr

L’orango che stava per afferrare Madera e tappargli nuovamente la bocca si fermò senza una ragione precisa. Anche Whip, stranamente, non disse più nulla. Mentre il vecchio cominciava a raccontare, il bordo delle vignette si fece nero e partì il solito, immancabile, flashback.

 

 

 

 

 

 

 

 

Spero di non essere stato troppo sbrigativo in questo capitolo – c’erano un sacco di fatti da raccontare e il limite del concorso mi imponeva di non superare le dieci pagine, che ho raggiunto proprio giuste giuste. Quindi qua e là ho dovuto sintetizzare. Grazie, come al solito, a chi ha letto e a chi ha commentato!

 

X Smemo92: le tue ipotesi non le confermo né le smentisco, scoprirai tutto nel prossimo capitolo che, come penso sia ormai chiaro, svelerà tutti i retroscena e la vera storia di Madera. Notate le tre frasi, eh XD? Oda si diverte sempre a giocare con le parole, e spesso si tratta di giochi purtroppo intraducibili; ho voluto fare qualcosa di simile anch’io.

 

X lale16: bentornata e grazie moltissime dei complimenti. Il dialogo con la sigaretta era un pezzo da veri intenditori XD. Sinceramente, quello che mi è piaciuto di più scrivere nel quinto capitolo. Mentre in questo sesto mi sono divertito praticamente con tutto. Comunque, buona fortuna col campionato… di qualunque cosa si tratti… XD

 

E torna l’angolo della pubblicità: sono online una drabble su Naruto (a proposito, Senboo, se leggi, grazie per i tuoi commenti alle mie drabbles. Se fai il cosplay annunciato, mandami una foto XD), comica, dal titolo “La vera ragione – Pain’s version”, seguito ideale de “La vera ragione”, pubblicata più di un anno fa, e soprattutto le prime due poesie della raccolta (sempre dedicata a Naruto) “Ma il silenzio urla sempre più forte”, raccolta ispirata addirittura alla “Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters. Ciao a tutti, alla prossima!

  
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