Libri > Il diario del vampiro
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Autore: Whiteeyes95j    11/08/2015    1 recensioni
In una notte la vita di Stefan e Bonnie cambia. Due avvenimenti tragici, due segreti che i due ragazzi non vogliono rivelare e che li porteranno alla disperazione. Non avendo nessuno con cui confidarsi cadranno in un incubo senza fine che li porterà addirittura a scappare da quella realtà troppo dolorosa che li circonda. Nel frattempo Damon, che ha intuito nei due ragazzi dei profondi cambiamenti cercherà di far luce ai loro segreti. Ma oltre a segreti, bugie, tradimenti e inganni un nuovo nemico brama vendetta e potere e farà di tutto per approfittare della situazione.
Genere: Drammatico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elena Gilbert, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore | Coppie: Bonnie McCullough/Damon Salvatore
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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No more lies, No more secrets
 
Stefan stava osservando tutto il rituale dalla terrazza e, anche senza scuore, non riusciva a guardare quell’orribile spettacolo senza intervenire. Stava già per usare la magia per fermare il rituale ma Annabelle lo bloccò per un polso, cominciando a stringerglielo in una morsa sempre più forte.
“Come fa a essere così forte ?”, pensò Stefan mentre inutilmente cercava di liberare il polso. Non sentiva il dolore, o almeno non molto, però voleva salvare Bonnie e quella disgraziata bionda glielo stava impedendo.
Annabelle ghignò, prima di stringere ancora di più il polso e alla fine slogarglielo. Stefan a malapena avvertì il dolore, ma le lanciò comunque un’occhiataccia.
 
<< Ti senti soddisfatta adesso ? >> le disse muovendo la mano per evidenziare il concetto.
 
<< No, non ancora. Sai perché ti ho portato qui ? >> gli chiese Annabelle voltandosi verso di lui.
 
<< Per torturarmi, per farmi sentire impotente e inutile mentre la mia migliore amica muore >>.
 
<< No, perché questa è semplicemente l’ultima cosa che vedrai prima di morire >>.
 
Stefan non capì e stava per chiederle cosa intendesse dire con quella frase, ma Annabelle inserì con una magia una mano nel petto e si strappò il cuore.
 
<< Lo vedi ? Vedi cosa mi ha fatto ? >> disse riferendosi al cuore che aveva in mano.
 
Stefan deglutì, comprendendo quello che la ragazza volesse dirgli. Il cuore era nero, totalmente nero, totalmente pregno di oscurità e malvagità. Stefan aveva capito che quel cuore era la conseguenza di tutte le cattive decisioni e le azioni spregevoli che Annabelle aveva compiuto dopo che lui l’aveva abbandonata. Non contava il fatto che lui non avesse voluto abbandonarla, non contava che forse non era stata tutta colpa sua, lui l’aveva abbandonata, non l’aveva riconosciuta, non aveva fatto niente. Semplicemente aveva preso una strada diversa dalla sua e quando si era voltato verso di lei credeva di poterle dare lezioni di vita. Esattamente come Elena aveva fatto con lui.
 
<< Mi dispiace >> disse, anche se ovviamente in quel momento era incapace di provare dispiacere.
 
<< Non è vero, almeno non adesso, ma non dispiacerti troppo, questo coso non è ridotto in queste condizioni solo per colpa tua. Vedi quella donna laggiù ? Ridicolmente agghindata in quell’abito pomposo, al fianco di un’altra giovane donna che è mentalmente disturbata ? Ecco, lei è un altro motivo per il quale il mio cuore è ridotto in questo stato pietoso. >>.
 
<< Che vuoi dire ? >>.
 
<< Sai cos’è davvero patetico ? Io sono stata una persona orrenda, ma non ho mai smesso di essere una brava figlia, quella che ogni madre vorrebbe avere perché non chiede mai il motivo per il quale le cose devono essere fatte, che abbassa gli occhi, si limita a inclinare la testa quando qualcosa non le piace. Sono stata una brava figlia per tutto questo tempo e non ci ho mai guadagnato nulla, ora l’ho capito. Adesso invece, perderemo qualcosa tutti e tre >> disse Annabelle mentre cominciava a stritolare il suo stesso cuore.
 
Stefan cominciò ad avvertire un forte dolore, come se qualcuno lo avesse avvolto interamente in una morsa d’acciaio e lo stesse stritolando.
 
<< Oh, stai soffrendo vero ? Tu sottovaluti la mia cattiveria Stefan, lo fate tutti. Pensavi davvero che ti avrei consegnato il cuore e lasciato libero, mettendo da parte la vendetta che disperatamente ho desiderato per tutti questi secoli ? Povero illuso ! Avrei dovuto sapere, già dalla prima volta che ti ho incontrato, che non mi avresti procurato altro che guai ! Per cui ho collegato i nostri cuori, stritolando il mio sto praticamente stritolando anche il tuo >> disse Annabelle continuando a ghignare a stringere il cuore.
 
<< Sei disposta a morire solo per una stupida vendetta ? >>.
 
<< No, caro. Qui entra in gioco mia madre. Sono stanca di essere la figlia obbediente, sono stanca di stare ai suoi ordini e alle sue regole. Soprattutto sono stanca di giocare a questa partita che dura ormai da troppo tempo. Una volta morta sarò definitivamente fuori dai giochi, ma non me ne andrò… senza la mia vendetta. >>
 
Stefan cadde in ginocchio, incapace ormai di reggersi in piedi. Annabelle gli diede un leggero bacio sulle labbra, prima che il suo cuore diventasse cenere tra le sue dita e poi entrambi chiusero gli occhi, lasciandosi andare tra le braccia della morte.
 

 
Bonnie ormai non riusciva più a tenere gli occhi aperti, sentiva ancora il suo sangue fluire via dal suo corpo, così come la sua vita, avvertiva che il suo cuore batteva sempre più lentamente e non riusciva quasi più a respirare. Sentiva dolore per tutto il corpo ma non voleva ancora cedere alle braccia della morte, voleva vivere solo per un altro po’ di tempo, voleva almeno sentire il pianto del bambino che sarebbe sbocciato da quel bocciolo. Non desiderava altro a quel punto, solo un dolce ricordo da portare con sé nella morte.
 
<< Ecco, si sta schiudendo !! >> esclamò Anastasia, felice come non si sentiva da tanto tempo.
 
“Meno male”, pensò Bonnie con un po’ di sollievo, non solo perché era felice che finalmente il bambino stesse nascendo ma anche perché ormai non riusciva più a sopportare tutto quel dolore, o quella brutta sensazione di sentire la vita fluire via dal suo corpo e la puzza di erba che le penetrava nel naso.
“Resisti, solo un altro po’”, pensò nella sua mente, stringendo i denti.
Anastasia, inconsapevole di aver appena perso una figlia, osservava con gioia sempre maggiore il bocciolo che si schiudeva, petalo dopo petalo, emanando una luce sempre più forte. A un certo punto il giardino s’illuminò di una luce immensa e a quel punto Bonnie lo sentì e sorrise, davvero di cuore. Il bambino era nato, poteva sentire il suo pianto.
 
<< Finalmente !! >> esclamò Anastasia con voce commossa.
 
“Finalmente”, pensò Bonnie con gioia, mentre chiudeva gli occhi e si lasciava andare tra le braccia della morte, dove tutto quel dolore non l’avrebbe seguita, portando nel suo cuore ormai spento un ricordo di pura gioia.
Anastasia, oltrepassando senza alcun riguardo, il corpo della povera ragazza, si avvicinò al bocciolo e prese il bambino, avvolgendolo in una coperta rossa.
Era un bellissimo maschietto, con la pelle chiara e qualche capello scuro sulla piccola testolina.
 
<< Sei bellissimo >> disse Anastasia baciandogli la testa, mentre delle lacrime di gioia le scendevano lungo la guancia.
 
<< Madre ? Che cosa ne dobbiamo fare di lei ? >> chiese Juliet riferendosi a Bonnie.
 
<< Non m’importa. Ormai è servita allo scopo, non ho più alcun interesse per lei >> disse Anastasia senza neanche voltarsi verso la figlia.
 
<< Come volete. Posso prenderlo in braccio ? Solo per un secondo ? >> chiese Juliet guardando intensamente il bambino.
 
Anastasia attirò inconsapevolmente il bambino ancora di più a sé, come se fosse qualcosa che solo lei aveva il diritto di toccare, qualcosa che apparteneva a lei, qualcosa che non voleva assolutamente condividere. Tuttavia quel gesto fece male al bambino, il quale cominciò a piangere, così Anastasia fu costretta ad allentare un po’ la presa. Si voltò lievemente verso Juliet, come se stesse considerando se fosse davvero una buona idea lasciarglielo prendere in braccio anche solo per un secondo. Non che non si fidasse di Juliet, ma era lei che non voleva lasciare il bambino a un’altra persona, aveva combattuto tanto per averlo e adesso non riusciva a sopportare l’idea di averlo lontano da sé.
 
<< Dai, mamma ! Voglio prenderlo in braccio solo per un secondo, te lo ridarò subito. In fondo se è nato è anche in parte merito mio ! >> insistette Juliet, come se avesse letto i pensieri che albergavano nella mente della madre.
 
Anastasia alla fine decise che in fondo, lasciarglielo per un minuto non era una cattiva idea. In fondo Juliet era sua sorella e dato che il giorno dopo non si sarebbero mai più rivisti, questa era la sua unica opportunità per prendere il fratello tra le braccia.
“Forse dopo dovrei lasciarlo prendere in braccio anche ad Albert”, pensò Anastasia, mentre lentamente si avvicinava alla figlia.
 
<< Eccolo, fai attenzione però >> disse Anastasia mentre lentamente porgeva il fagotto alla figlia.
 
<< Certo, farò molta attenzione, mamma >>.
 
Tutto avvenne così velocemente che Anastasia non riuscì a difendersi. Juliet estrasse da sotto al mantello del vestito un pugnale con delle insegne nere lungo la lama e la pugnalò dritta allo stomaco. Anastasia urlò a causa del forte dolore ma cercò di difendersi con la magia, poiché voleva comunque provare a difendersi e perché aveva capito che il suo bambino era in pericolo, ma non riusciva a usare la magia. Juliet estrasse la lama, la quale non aveva più le insegne nere su di essa.
 
<< La tua magia non funziona vero ? È questo il potere di questo pugnale. Le insegne nere sono una sorta di veleno che impedisce al potere della magia di fluire e quindi di essere utilizzato. Questo veleno però non solo ferma il flusso della magia ma anche del sangue, per cui, mammina cara, ti conviene andare a cercare l’antidoto che ho nascosto a casa e in fretta. Prima che io e questo… adorabile fagottino… abbandoniamo questo schifo di posto >> disse Juliet con un’espressione folle, mentre accarezzava la testa del bambino.
 
<< Non riuscirai a farla franca Juliet. Ho sacrificato troppo per lasciarti rovinare la mia felicità >> disse Anastasia mentre poggiava una mano sull’addome, dal quale usciva copiosamente il sangue.
 
Juliet sorrise, poi sparì con la magia, portandosi il bambino con sé. Anastasia sentì le gambe cedere e cadde a terra, poco lontano dal corpo morto di Bonnie.
“Non posso… arrendermi… ora”, pensò mentre cercava di rimettersi in piedi.
 
Nel frattempo, Albert De Verdant aveva osservato tutta la scena dalla finestra con un’espressione impassibile, senza fare nulla né per impedire alla figlia di pugnalare Anastasia, né per aiutare la moglie che a malapena riusciva a stare in piedi a causa degli effetti del veleno.
“Io avevo cercato di avvertirla”, pensò Albert continuando a osservare la scena dalla finestra.
 
<< Perché stai facendo tutto questo ? >> chiese Albert alla figlia che era appena comparsa dietro di lui.
 
<< Perché sono davvero una persona spregevole, avreste dovuto crescermi meglio >> disse Juliet continuando a stringere il bambino tra le braccia.
 
<< Tu credi che io ti aiuterò in questa follia ? >> chiese Albert guardando la figlia con un’espressione gelida.
 
<< Sinceramente non credo che avrò bisogno del tuo aiuto. Non ho mai avuto bisogno né di te, né della mamma, infatti voi non siete neanche mezza tessera del puzzle che io ho in mente. >>.
 
<< Qualunque puzzle malato e contorto che tu hai in mente non funzionerà, anzi, ti porterà solo dispiaceri. >>.
 
<< Papà, ho un valido alleato, perciò non preoccuparti per me, non l’hai mai fatto, perché cominciare adesso ? >> disse Juliet prima di sparire.
 
Albert sospirò si diresse velocemente in giardino da Anastasia, sperando di riuscire a salvarla in tempo. Villa de Verdant era grande ma conosceva abbastanza bene sua figlia Juliet e credeva che non sarebbe stato molto difficile indovinare il nascondiglio dell’antidoto. Doveva ammettere che sua figlia aveva saputo ingannarlo davvero bene quella volta, altrimenti mai le avrebbe permesso di fare una cosa del genere, ma in fondo, quanto era appena accaduto era anche colpa sua, soprattutto colpa sua. Era sempre stato consapevole, fin dalla prima volta che aveva preso Juliet tra le sue braccia, che lei soffriva di gravi disturbi mentali e che niente l’avrebbe mai potuta aiutare. Tuttavia da padre ingenuo, si era convinto che, prima o poi, sarebbe riuscito a trovare una cura che potesse aiutarla a stare meglio, ma si era solo illuso.  Avrebbe dovuto dire sin da subito la verità ad Anastasia, ma non l’aveva mai fatto, perché sapeva che sua moglie non avrebbe esitato ad uccidere Juliet se avesse scoperto quanto gravemente disturbata lei fosse e scoprirlo per lei sarebbe stato anche devastante, anche se mai quanto lo era stato per lui.
 
INIZIO FLASHBACK
 
Anastasia piangeva disperatamente, seduta in giardino con al suo fianco sua figlia Annabelle quindicenne che le accarezzava dolcemente i capelli. Quel giorno Anastasia aveva perso suo figlio, Sylvia Mccullough era morta prima del previsto, il bocciolo quindi era appassito e così anche la vita del suo bambino e lei adesso si sentiva a pezzi.
 
<< Com’è potuto succedere ? Nessuna strega sacrificale è mai morta prima dello sbocciare del bocciolo, com’è possibile che sia capitato proprio a me ? Perché ? >> chiese Anastasia tra le lacrime.
 
Annabelle continuava a restare in silenzio, abbracciando sua madre sperando che si calmasse. Lei purtroppo non riusciva a capire quello che sua madre stesse provando, poiché non aveva il suo cuore nel petto e forse era meglio così. Se fossero state entrambe distrutte dal dolore, come lo era sua madre in quel momento, probabilmente nessuna delle due avrebbe avuto la forza di prendersi cura dell’altra. Albert stava osservando la scena in giardino, senza tuttavia prendervi parte direttamente, quello non era il suo posto e n’era consapevole. 
“Juliet ?! Chissà lei come sta ?”, pensò Albert mentre si dirigeva verso la sua camera. Anche Juliet aveva assistito al rituale, nonostante Albert non fosse stato tanto d’accordo visto che aveva solo nove anni e una scena simile avrebbe potuto sconvolgerla a vita, ma Anastasia non aveva voluto sentire ragioni. Secondo lei Juliet doveva essere preparata anche agli aspetti macabri della vita, indipendentemente dalla sua età e Albert sapeva quanto fosse testarda, per cui qualsiasi opposizione da parte sua sarebbe stata bellamente ignorata. Quel giorno allora aveva vestito Juliet con un vestitino blu scuro, con delle calze e degli stivaletti color crema e mentre le legava i ricci scuri in due trecce, le aveva detto che non doveva guardare per forza ogni cosa, anche se la madre le aveva detto di farlo. Juliet aveva annuito, ma Albert l’aveva osservata durante tutto lo svolgimento di quel disastroso rituale e aveva visto che non aveva mai distolto lo sguardo, anzi, forse si sbagliava, ma l’aveva vista sorridere in una maniera un po’ inquietante, anche se in quella circostanza aveva deciso di non farci caso, probabilmente si era sbagliato. Era arrivato davanti alla porta della sua camera e vide che la porta era socchiusa. Stava quasi per aprirla quando sentì la voce di sua figlia parlare con qualcuno.
 
<< Lo sai cos’ho fatto vero ? Lo sai ? Sono stata io ad ucciderlo, lo sai ? >> chiedeva sua figlia.
 
“Con chi sta parlando ? E chi ha ucciso”, pensò Albert mentre lentamente e silenziosamente apriva un po’ la porta e sbirciare un po’.
All’interno della cameretta di Juliet non c’era nessuno oltre a lei e poi vide la sua bambina seduta davanti a un grande specchio, con una mano poggiata sul vetro e guardava il suo riflesso con sguardo inquietante.
 
<< Sono stata io ad avvelenare prima il boccio e poi a impregnare la lama di veleno, così la ragazza sarebbe morta più in fretta e il bambino non sarebbe mai nato. Hai capito vero ? Li ho uccisi >> esclamò Juliet con gioia sinistra.
 
Albert sentì il sangue gelarsi. Aveva davvero sentito quello che aveva sentito ? Juliet, la sua piccola bambina, aveva davvero ucciso il tuo fratellino.
 
<< Non guardarmi così. La mamma ci avrebbe lasciato se il bambino fosse nato. Adesso invece la mamma resterà con me e sarà costretta a fingere di volermi bene. Sarà costretta a restare qui, con me e quando poi sarà abbastanza forte, le farò pentire di non avermi voluto bene. >>.
 
“Oh mio Dio”, pensò Albert. Alla fine tutti i suoi peggiori timori si erano avverati. In genere il Rituale riusciva, soprattutto grazie al cuore di un vampiro, ad impedire che i bambini nati da sangue incestuoso nascessero con delle anomalie sia del corpo che della mente, ma sapeva anche che neanche il Rituale era così perfetto e infatti c’era il 4,6% di possibilità che talvolta i bambini nascessero con delle imperfezioni. Studiando gli appunti di Frederick De Verdant aveva scoperto che queste anomalie erano dovute essenzialmente al tipo di cuore di vampiro che si sceglieva, ovvero se il vampiro beveva sangue umano, o di animale, o entrambi, o se era un cuore nero, rosso o di entrambi i colori.
Fu in quel momento che Albert rammentò che quando lui e Anastasia stavano scegliendo i cuori di alcuni vampiri per il sortilegio, entrambi avevano concordato su un cuore che emanava una luce molto rossa e che batteva con la giusta regolarità, o almeno così credevano. Poche ore prima del sortilegio, Albert aveva notato che su uno dei lati del cuore, si era formato un piccolo puntino nero, segno che il proprietario del cuore stava lentamente passando al lato oscuro. Il Rituale era ormai quasi completato e Albert sapeva che sua moglie non lo avrebbe ascoltato, inoltre era solo un misero puntino, non avrebbe mai immaginato che al momento del rituale sarebbe diventato quasi totalmente nero. Quando Juliet era nata, Anastasia, la quale non sapeva che un cuore di un vampiro influenzasse così tanto il Rituale, poiché non si era mai presa il disturbo di studiare a fondo gli appunti del padre, non ci aveva fatto molto caso e dopo un giorno aveva già dimenticato il tutto. Lui no e a quanto pare aveva fatto bene. Sua figlia era nata da un cuore malvagio, con un solo punto rosso in mezzo a un mare di oscurità e quindi doveva essere tenuta sotto controllo. Non avrebbe detto niente ad Anastasia, lui si sarebbe preso cura di sua figlia e ce l’avrebbe fatta. A quanto pare si sbagliava.
 
FINE FLASHBACK
 
Albert aveva preso Anastasia tra le braccia e poi aveva portato entrambi nella Stanza Rossa, appoggiando delicatamente la donna sul pavimento.
 
<< Andrà tutto bene Ana, tutto bene >> disse anche se sapeva che non era vero.
 
D’altronde lui lo aveva visto e sapeva che non sarebbe andata a finire bene.
 
<< Albert… tu lo sapevi vero ? Avevi cercato di avvertirmi ma io non ascolto quasi mai… mi dispiace >>.
 
Albert non le rispose, si limitò a passarle un panno per tamponare la ferita e poi cominciò a girovagare per i cassetti della Stanza Rossa, precisamente dove c’erano i cuori dei vampiri. Se conosceva bene Juliet, aveva sicuramente nascosto la cura per il male, dove esso aveva avuto origine. La malvagità di Juliet aveva avuto origine a causa di un vampiro e quindi era quasi del tutto certo che avrebbe trovato lì l’antidoto.
 
<< Albert… basta bugie… ti prego. >>.
 
Albert sospirò, ma continuò a cercare nei vari cassetti dove vi erano i cuori pulsanti.
 
<< Va bene, tanto non hai niente da fare. Ascoltare per una volta potrebbe farti bene >> disse Albert.
 

 
“Sono morta, devo esserlo, sono morta.”, pensò Bonnie aprendo gli occhi color cioccolato ma chiudendoli quasi subito a causa di una luce accecante, proveniente dal luogo che la circondava.
 
“Cos’è tutta questa luce ?”, pensò Bonnie coprendosi gli occhi con una mano, mentre provava a mettere a fuoco il luogo intorno a sé.
“Dove sono ? È così il Paradiso ?”, pensò quando riuscì finalmente a tenere gli occhi aperti per più di tre secondi. Bonnie si mise a sedere e cominciò a guardarsi intorno. Era in una stanza davvero strana, il pavimento era a quadri celeste chiaro e bianchi, le pareti erano azzurrine chiaro con delle tende legate con delle luminose corde dorate, anche se Bonnie non ne vedeva l’utilità visto che non c’erano finestre in quel posto. Le pareti avevano anche delle belle decorazioni argentate che brillavano come le stelle. Sul soffitto pendeva un candelabro argentato con delle pietre di diamanti che riflettevano la luce delle decorazioni argentate sulle pareti. Bonnie si alzò in piedi, contenta del fatto che non provasse più alcun dolore o fatica nel muoversi e che riuscisse a restare in piedi per più di due secondi. Si guardò un po’ intorno e vide che dall’altra parte della stanza c’era un’enorme porta azzurra.
“Chissà dove mi porterà ?”, chiese Bonnie cominciando a camminare nella sua direzione.
 
<< Non ti conviene avvicinarti oltre >> disse una voce maschile dietro di lei.
 
Bonnie urlò dalla paura e sentì il battito del suo cuore accelerare e questo, se possibile, la spaventò ancora di più. Bonnie si voltò dietro di sé e vide che c’era Stefan, che la guardava con un’espressione felice, calda, affettuosa, come ne vedeva più una sul suo viso da molto tempo e sentì nuovamente il suo cuore battere per la gioia.
“Battito ? Perché il mio cuore batte ancora ? Sto diventando matta ?”.
 
<< Non stai impazzendo, il tuo cuore batte ancora perché non sei ancora morta >> disse questa volta una voce femminile.
 
Bonnie si voltò e vide che dall’altra parte della stanza c’erano sua madre e sua nonna che le sorridevano e accanto a loro c’erano Sapphire, con i suoi bellissimi capelli blu e una donna che non aveva mai visto, con i capelli scuri e gli occhi verdi. Tuttavia, dalla somiglianza, Bonnie pensò che lei doveva essere la madre di Stefan. Erano tutte e quattro vestite in modo molto elegante, sua madre indossava un abito lungo, semplice e bianco ma che le andava un aspetto più raffinato, facendo sembrare il suo corpo più snello e più alto (visto che anche lei, come la figlia, non era particolarmente alta. Sua nonna invece indossava un abito lungo poco sotto il ginocchio viola scuro, con delle calze scure e uno scialle bianco che dava un po’ di luce al suo look. Sapphire era bellissima, ancora di più di quanto Bonnie ricordasse, indossava un lungo abito blu scuro, con una spallina, decorata con una lunga fila di zaffiri e diamanti che decoravano anche il corpetto. I lunghi capelli blu erano stati alzati al lato della spallina e dall’altro i suoi lunghi ricci scendevano lungo la vita e al collo aveva una bellissima collana sempre fatta di zaffiri e diamanti. Bonnie ne avrebbe voluta una uguale, anche se dubitava che gli sarebbe stata altrettanto bene. Anna invece indossava un vestito verde chiaro, con la gonna ampia, i guanti lunghi fino al gomito e i capelli legati in uno chignon, con poche ciocche di capelli che le scendevano sulla spalla, in perfetto stile di donna del suo tempo.
 
<< Mamma ? Nonna ? >> esclamò Bonnie con le lacrime agli occhi, mentre cominciava ad avvicinarsi a loro.
 
<< No, Bonnie !! Non avvicinarti, non potresti comunque ! >> disse sua madre.
 
<< Perché ? >> chiese Bonnie senza capire.
 
<< C’è uno specchio che divide la stanza a metà. >> spiegò Sapphire poggiava la mano sullo specchio che aveva appena citato, mostrando così a Bonnie che stava dicendo il vero.
 
<< A che serve questo specchio ? >> chiese Bonnie.
 
<< Quello specchio rappresenta due cose, Bonnie, il muro e il passaggio tra la vita e la morte. È un muro per coloro che arrivano qui grazie a dei portali e che non possono quindi accedere all’altra parte perché non sono in punto di morte. Nel nostro caso è un passaggio, sta a noi decidere se attraversarlo o meno >> le spiegò Stefan avvicinandosi a lei.
 
<< Ma noi siamo morti, Stefan ! Non so cosa sia successo a te, ma il mio cuore è diventato cenere >> ribatté Bonnie.
 
<< Ne sei proprio sicura Bonnie ?! Allora perché tutti qua dentro sentiamo battere il tuo cuore ? >> le chiese sua nonna.
 
Bonnie non riuscì a rispondere, arrossendo leggermente per l’imbarazzo, poiché credeva di aver fatto davvero una brutta figura. Stefan le poggiò una mano sulla spalla e le sorrise incoraggiante, facendole capire che non doveva sentirsi in imbarazzo di nulla.
 
<< Perché anche tu sei qui Stefan ? >> gli chiese, sentendosi un po’ in colpa per non averglielo domandato prima.
 
<< Annabelle ha collegato i nostri cuori con un incantesimo e nel momento in cui ha deciso di ridurre in cenere il suo, di conseguenza ha reso cenere anche il mio, uccidendomi. In questa dimensione però ho riavuto il mio cuore, nel petto, anche se non senza conseguenze >> rispose Stefan con un po’ di malinconia.
 
<< Che vuoi dire ? Che ti è successo ? >> chiese Bonnie con voce preoccupata.
 
Stefan abbassò la lampo della felpa nera che indossava, una volta aperta afferrò i lembi delle maglia e la sollevò fino al petto, dove, al lato del cuore, c’era una grande cicatrice nera. Bonnie la guardò orripilata domandandosi come avesse fatto a procurarsela.
 
<< Quello Bonnie è il risultato di tutte le sue decisioni sbagliate. Stefan aveva cominciato a incamminarsi sulla strada del male e per questo il suo cuore era diventato nero per metà. Nel momento in cui il suo cuore è tornato nel suo petto, il corpo, che non era abituato a tutta quell’oscurità, ha combattuto per eliminarla e ce l’ha fatta, ma quella cicatrice rimarrà per sempre, come monito per la prossima volta che avrà la tentazione di abbandonarsi nuovamente all’oscurità. >> le spiegò Sapphire.
 
<< Mi dispiace tanto >> disse Stefan guardando con occhi dispiaciuti sua madre e sua zia.
 
Sapphire e Anna gli sorrisero con profondo affetto.
 
<< Non hai nulla di cui scusarti, figlio mio >> disse Anna << La colpa è nostra. >>.
 
<< Non nostra, Anna, ma mia. Avrei dovuto dirgli la verità sin dall’inizio ma ho preferito aspettare perché non lo credevo pronto. La verità era che… ho raccolto il frutto quando era già appassito e non quando era maturo. Mi dispiace tanto Stefan >> disse Sapphire.
 
<< Ecco perché siamo qui >> disse la madre di Bonnie << Per dirvi finalmente tutta la verità. Non ci saranno più né segreti, né bugie, solo la verità >>.
 
<< Sedetevi >> disse loro la nonna di Bonnie.
 
Bonnie e Stefan si guardarono per un secondo, poi videro che dietro di loro erano appena comparse due sedie argentate.
“Che posto pazzesco”, pensarono entrambi mentre si sedevano. Ne avevano visti di posti strani, ma quello li batteva probabilmente tutti. Tuttavia sarebbero rimasti in quel luogo per tutta la vita se questo avesse significato passare altro tempo con i loro cari. L’ultimo ricordo che Bonnie aveva di sua madre, anzi del suo cadavere, era orribile, ma non era l’unica cosa che le faceva ancora male. Sua madre era morta e lei non era stata al suo fianco per difenderla e inoltre aveva così tante domande da farle, domande che per troppo tempo erano rimaste senza risposta e che adesso sua madre poteva finalmente darle. I pensieri di Stefan non erano tanto diversi da quelli della sua amica, anche lui non aveva davvero un bel ricordo di sua zia. L’ultima immagine che aveva di lei era il suo corpo morente tra le braccia mentre lo incitava a fare pace con Damon.
“Damon”, quel nome fu un’altra stilettata al suo stomaco. Doveva delle scuse anche a lui, soprattutto per quello che aveva fatto a Bonnie.
A proposito, Bonnie ?!.
 
<< Prima che voi iniziate il raccontino per il quale ho atteso quasi cinquecento anni e per il quale sono disposto ad aspettare un altro minuto, vorrei sapere se la mia… si, la mia… pozione ha ancora degli effetti sul… sul cuore di Bonnie >> disse Stefan evitando accuratamente d’incrociare il volto dell’amica.
 
<< In realtà no e quando Bonnie si risveglierà potrà liberamente prenderti a pugni >> rispose Sapphire con voce dura.
 
<< Perché ? Che cos’hai combinato al mio cuore ? >> chiese Bonnie voltandosi verso di lui visibilmente preoccupata e arrabbiata.
 
<< Volevo vendicarmi di Damon e poi non volevo che tu morissi, ma sapevo che se tu fossi sopravvissuta ti saresti messa in mezzo e allora avrei dovuto cercare un incentivo per eliminarti e… >> cominciò a spiegare Stefan un po’ a disagio.
 
<< Stefan, non sto capendo nulla di quello che stai dicendo. Spiegati meglio >> gli ordinò Bonnie incrociando le braccia al petto e guardandolo con un’espressione severa.
 
<< Quello che mio figlio sta cercando, alquanto goffamente, di spiegarti, Bonnie, è che lui ha avuto l’idea geniale di preparare una pozione che avrebbe dovuto trasformarti in un vampiro, infatti quando ti sveglierai non sarai più una strega. >> le spiegò Anna.
 
<< Perché mi hai trasformata in un vampiro ? Perché non riportarmi semplicemente in vita ? >> chiese Bonnie.
 
<< Perché temeva che tu ti saresti frapposta tra lui e Damon, perché tu ami entrambi anche se in modo diverso. Stefan è il fratello che non hai mai avuto e Damon è l’uomo che ami più della tua vita, inoltre il tuo “fratellino” credeva di sapere da che parte tu ti saresti schierata e a quel punto avrebbe dovuto eliminarti, ma sapeva che non avrebbe mai potuto ucciderti, non da strega. Da quando ha scoperto che sua sorella è stata uccisa da un vampiro ha coltivato un grande odio contro di loro e se tu fossi stata una vampira, ai suoi occhi non saresti diversa da chiunque altro della loro specie e avrebbe potuto ucciderti, ottenendo così la sua vendetta >> spiegò Sapphire con sguardo triste.
 
Bonnie non riusciva a credere a quanto aveva appena sentito. Davvero Stefan era stato capace di farle una cosa del genere, solo per amor di vendetta ? Il suo migliore amico era cambiato così tanto da non rendersene neanche conto ? Stefan la guardava con occhi tristi, dispiaciuti e pieni di vergogna e Bonnie sapeva che era davvero dispiaciuto per quello che le aveva fatto, ma si ripromise che ne avrebbero riparlato. Anche loro due avevano bisogno di chiarire molte cose. Inoltre Bonnie non se la sentiva arrabbiarsi con lui, anche lei a un certo punto si era lasciata sopraffare dalla sua rabbia e dalla sua voglia di vendetta e il suo duello con Sylvia n’era la prova evidente, per cui lo capiva benissimo.
 
<< Ne parleremo un’altra volta, Stefan, ma ne riparleremo >> disse Bonnie stringendogli la mano.
 
<< Ragazzi, quella che vi racconteremo non è una bella storia e so che molto probabilmente non apprezzerete le nostre scelte, ma ormai siamo quasi alla fine dei giochi e voi dovete conoscere la verità, per sapere come affrontare un’ultima importante partita >> disse Sapphire.
 
“Continua a paragonare la vita a un gioco da tavolo”, pensò Stefan con una certa tenerezza.  Aveva sempre trovato piuttosto bizzarro e divertente il suo mondo di vivere la vita come una partita di un gioco, anche se a volte si erano cacciati nei guai proprio per questo suo modo stravagante di affrontare i suoi problemi.
 
<< Penso che sia futile raccontare la storia che collega la nostra famiglia ai De Verdant, penso che ormai sappiate che la storia comincia con tre fratelli maghi e che la famiglia del terzo fratello è quella che ha dato inizio alla dinastia dei De Verdant. Penso che sia più saggio partire direttamente dalla maledizione che unì le nostre famiglie tanti anni fa >> disse la madre di Bonnie.
 
<< Tanto tempo fa, le nostra famiglie furono maledette e furono tenute insieme da una maledizione. Una maledizione che in un certo senso spinge le nostre famiglie, generazione dopo generazione, a combattere l’una contro l’altra, senza tregua, senza pietà, ma coloro che furono colpiti per primi eravamo io, Anastasia e Cole Mccullough. Ci eravamo appena scontrati in un violento duello e con noi, quella notte, c’erano anche Anna, Annabelle e Leon Mccullough i quali furono gravemente feriti e a quel punto la natura decise che era stanca dei nostri continui conflitti >> disse Sapphire.
 
<< Saremmo stati costretti a combattere fin quando non ci saremmo completamente annientati a vicenda, oppure fin quando non avremmo deciso di fare pace e porre fine alla guerra, ma fino ad adesso nessuno di noi ha mai avuto la volontà necessaria per porre fine al conflitto e in questo modo abbiamo solo causato dolore e sofferenza e ai nostri figli >> disse la madre di Bonnie.
 
<< Bonnie, Stefan… voi, Annabelle, Sylvia, Juliet… siete state vittime di disgrazie causate dalle nostre scelte sbagliate e non dal capriccio del fato e di questo ne siamo rammaricati, tutti. >> disse la nonna di Bonnie.
 
<< Che cosa volete dire ? >> chiese Bonnie.
 
<< Bonnie… la tua malattia, la sofferenza di Stefan, la cattura di Rosalie, la malattia di Sylvia, l’indole malvagia di Juliet, tutte le morti di Annabelle e tutte le sventure che hanno fatto incrociare i nostri cammini sono delle punizioni per le nostre scelte sbagliate. Voi non avete colpa di niente >> le spiegò Anna.
 
<< Perché avete aspettato la nostra morte prima di dirci la verità ? Perché solo adesso ? >> chiese Stefan.
 
<< Un po’ per vergogna, un po’ per timore, un po’ perché speravamo di tenervi lontano da tutta questa dolorosa vicenda >> rispose Sapphire.
 
<< Così però vi abbiamo messo solo di più in pericolo, perché non eravate preparati a quello che vi sarebbe accaduto. >> disse la nonna di Bonnie.
 
<< Ora che sapete la verità, dovete tornare indietro e porre fine a questo conflitto o Stella, il bambino di Anastasia e Claire saranno coinvolti a loro volta nel conflitto, quando raggiungeranno l’età adulta, esattamente come voi >> disse Sapphire.
 
<< Zia, Claire è morta come potreb… Oh mio Dio !! >> esclamò Stefan con sorpesa.
 
<< Cosa ? Stefan che ti prende ? >> chiese Bonnie voltandosi verso di lei.
 
<< Ah ecco… Io ho davvero molte cose da dirti e tra queste c’è anche Elena. >>.
 
<< Elena ? Che le hai fatto ? >> chiese Bonnie, la quale si beccò un’occhiataccia da Stefan che stava per “Perché ora dai per scontato che sia sempre io a fare le cose?”.
 
<< Non preoccuparti Bonnie, Stefan non ha fatto nulla di male a Elena. Quello che Stefan sta cercando di dirti è che Elena è incinta e la bambina che porta in grembo è Claire. >> le spiegò Anna con un sorriso materno.
 
Stefan credette di sentire il tonfo causato dalla mascella di Bonnie che si spalancava e formava un foro profondo sul pavimento. Ovviamente quella era davvero una notizia scioccante per lei, ma non era quello il momento di discuterne.
 
<< Ti spiegherò anche questo più tardi, te lo prometto, ma ora abbiamo altro su cui concentrarci >> le disse stringendole la mano.
 
Bonnie annuì, anche se era ancora un po’ scioccata. Non perché fosse pregiudiziosa, per carità, ma non riusciva proprio a immaginare Elena nelle vesti di madre, era qualcosa che andava al di là della sua comprensione.
 
<< Va bene, ma c’è una domanda che vorrei fare mia madre e a mia nonna, voglio sapere perché non mi avete mai parlato di Sylvia, perché non hanno lasciato che crescesse insieme a me e a Mary, perché l’avete nascosta a tutti, perché ? >>.
 
<< Hai ragione, Bonnie, a essere delusa e arrabbiata con noi, sappiamo che lo sai e non devi sentirti in colpa per questo. Noi abbiamo trattato Sylvia alla stregua di un animale, ma lo abbiamo fatto con le migliori intenzioni. Sylvia è nata con una grave malattia ai polmoni, una malattia che credevamo di riuscire a guarire ma ogni tentativo si rivelava fallimentare, inoltre la sua magia era molto potente e questo aggravava solo di più la sua salute. Allontanarla è stata una decisione sofferta ma all’epoca era anche quella che a me e a tua nonna sembrò più giusta. Inoltre non volevamo dare a te e a Mary il dispiacere di perdere una sorella. La nostra intenzione era quella di proteggere tutti, invece vi abbiamo messo tutti in pericolo e la nostra famiglia ne ha pagato le conseguenze. Sylvia, nonostante la malattia, era una ragazza dotata di uno spirito forte e di una grande voglia di vivere e in fondo sapevamo che non si sarebbe arresa >> disse sua madre con un’espressione triste e malinconica.
 
<< Bonnie, se e quando deciderai di tornare in vita, perdona Sylvia per il male che ha fatto, accoglila nella tua vita e amala come noi non siamo state in grado di fare. >> disse sua nonna mentre una lacrima scendeva lungo la sua guancia.
 
<< Stefan, io non sono stata una madre per te, ma devi sapere che io ti ho amato tanto, tantissimo e che ho sofferto terribilmente, perché penso sempre di non aver combattuto abbastanza per te >> disse Anna mentre lacrime di dolore le scendevano lungo le guance.
 
Stefan avrebbe voluto alzarsi e andare ad abbracciarla, ma sapeva che lo specchio glielo avrebbe impedito, per cui si limitò a distogliere lo sguardo, poiché vedere sua madre piangere gli provocava dolore al cuore.    
 
<< Figliolo guardami. Sei così bello, così gentile… >> disse Anna mentre si asciugava le guance.
 
<< Non sono più così gentile, mamma >> disse Stefan con voce triste, riferendosi chiaramente alla sua cicatrice sul petto.
 
<< Non è vero Stefan, ti sei smarrito ma sono sicura che da adesso riprenderai in mano la tua vita e farai la cosa giusta, come hai sempre fatto. Perdona Damon, prenditi cura di Claire, di Bonnie, di Elena e di tutte le persone che ami. Sii sempre gentile, amorevole e sincero. Sii sempre te stesso e non dimenticare mai quanto tu sia speciale >> disse Anna guardando il figlio con gli occhi verdi pieni di amore.
 
<< Ti voglio tanto bene, mamma e anche te, zia >> disse Stefan mentre una lacrima scendeva lentamente sulla sua guancia.
 
Anna e Sapphire sorrisero e insieme a loro anche la mamma e la nonna di Bonnie. Quest’ultima cominciò a piangere per la commozione e strinse ancora più forte la mano del suo amico, come per ricevere conforto. Stefan le strinse la mano a sua volta, anche lui bisognoso del conforto della sua migliore amica.
A un certo punto, dietro di loro, comparve la porta blu riflessa nello specchio e a quel punto capirono che per loro era arrivato il momento di tornare indietro.
 
<< Ormai il tempo è scaduto. Per cui vogliamo darvi un ultimo avviso, convincete Annabelle a porre fine al conflitto, tra lei e Juliet, lei è l’unica che potrebbe essere favorevole a concludere la guerra tra le nostre famiglie >> disse Sapphire.
 
<< Ma anche Annabelle è… >> cominciò a dire Stefan.
 
<< No, anche Annabelle tornerà. Conosce troppo bene gli incantesimi di reincarnazione per non riuscire a tornare in vita. Quella ragazza è astuta come una volpe, sadica, crudele ma è anche molto saggia, più di sua madre e vedrete che accetterà, per amore di suo fratello, di porre fine al conflitto >> disse Anna.
 
Bonnie e Stefan annuirono, poi, a malincuore, si voltarono verso la porta azzurra, sempre tenendosi per mano, pronti finalmente per lasciarsi alle spalle il dolore, la sofferenza e l’odio che li aveva accompagnati in quei mesi e che li avevano trasformati in ciò che non erano. Finalmente erano tornati ad essere Bonnie e Stefan, pronti come non mai a mettere in salvo le persone che amavano, a perdonare coloro che li avevano feriti, a farsi perdonare da coloro che avevano ferito a loro volta, a porre rimedio agli sbagli dei loro genitori e ai propri e a porre fine a quella faida da famiglia che non aveva fatto altro che portare dolore e sofferenza nelle loro vite.
 
<< Sei pronta ? >> chiese Stefan voltandosi verso la ragazza.
 
<< Si, ora lo sono >> rispose Bonnie senza alcuna incertezza nella sua voce.
 
Stefan abbassò una maniglia e a quel punto una luce intensa li avvolse.
 

 
Albert ormai aveva messo a soqquadro l’intera Stanza Rossa ma non era riuscito a trovare l’antidoto e ormai mancava poco tempo. Aveva appena raccontato tutta la verità ad Anastasia, ma lei non si era né arrabbiata né disperata. Era rimasta ad ascoltare in silenzio, come se ormai non avesse più la forza di combattere, con un’arrendevolezza che era decisamente estraneo al suo carattere combattivo.
 
<< Albert, arrenditi, ormai è tardi. Ti prego, smettila di distruggere la stanza e siediti un po’ vicino a me. Sono morta da sola così tante volte… non voglio morire sola un’altra volta >> disse Anastasia tendendo una mano verso Albert.
 
<< Oh mamma, ma non morirai sola questa volta. Papino morirà con te >> disse Juliet comparendo nella stanza Rossa, con in mano un cuore pulsante.
 
<< Oh no… >> sussurrò Albert.
 
<< Non avrei mai voluto farti del male papà, ma tu non avresti mai dovuto scegliere lei invece di me. Mi dispiace tanto, non potrai mai avere dalla mamma quello che volevi… il suo amore, e adesso non hai più neanche il mio >> disse Juliet incenerendo il suo cuore.
 
Albert morì, mentre stringeva tra le braccia sua moglie. Juliet, si avvicinò alla madre e strappò il cuore dal petto anche a lei.
 
<< Avresti dovuto amarmi, essere una madre per me… ma non lo sei mai stata e a questo punto tu non mi sei più di alcuna utilità. Non temere mamma, mi prenderò io cura del tuo bambino… lo ucciderò, esattamente come ho ucciso l’altro bambino, come ho ucciso Sylvia Mccullough, come ho ucciso papà e come ucciderò te >>.
 
<< Juliet, ti prego… >>.
 
Juliet però non mostrò pietà alcuna neanche per la madre. Senza alcuna esitazione ridusse il suo cuore in cenere e poi, con una sfera di fuoco, incendio i corpi dei suoi genitori, illudendosi di aver appena vinto la guerra. In realtà, era appena iniziata.
 
 
 
 
 
  
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