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Autore: ellyb1611    12/08/2015    4 recensioni
Cosa accadrebbe se una rivelazione inaspettata mettesse in discussione tutta la vostra vita?
Se scopriste, tutto d’un tratto, di aver vissuto nella menzogna per gran parte della vostra esistenza?
Questo è quello che è accaduto a Jackie.
Niente indizi, solo una frase:«Trova tuo padre!»
Un vecchio ciondolo a forma di chiave, porterà Jackie a scoprire il suo passato, rivoluzionando, per sempre, il suo presente
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO 4.
 
«Biglietti prego!».
Alex sollevò lo sguardo verso il controllore che lo osservava sorridente, nella sua bella divisa blu tirata a lucido. Infilò la mano nella tasca della giacca estraendone il titolo di viaggio e consegnandolo, infine, nelle mani dell’uomo.
«Viaggio di lavoro o di piacere?», domandò il controllore ispezionando il biglietto.
«Scusi?», chiese Alex, stupito da quella domanda.
«Si reca in Italia per lavoro o per piacere?», ripeté l’uomo fissando i suoi occhi su quelli dell’artista.
Alex sospirò.
«Piacere» disse infine Alex.
L’uomo gli sorrise.
«L’Italia è uno dei paesi più belli che abbia mai visto in vita mia. Così piena di storia e … di belle donne», sussurrò avvicinandosi ad Alex.
L’artista si lasciò scappare una flebile risata mentre l’uomo di fronte a lui si ricomponeva.
«Le auguro un buon soggiorno!», affermò infine, riprendendo un tono più consono alla divisa che indossava e passando oltre.
Alex scosse la testa divertito.
Di certo non era per le “belle donne” il motivo per cui, quella mattina, aveva deciso di prendere un treno, lasciando Parigi per il Bel Paese.
Sospirò nuovamente e guardò fuori dal finestrino. Il buio era ormai calato da un pezzo e, l’unica immagine che si presentava dinanzi ai suoi occhi, era il suo stesso viso sfocato.
L’ultima volta che era stato in Italia risaliva a quei pochi giorni trascorsi con Emma. Quei giorni in cui si erano giurati amore eterno, prima che Olivier distruggesse il loro sogno tramutandolo in un vero e proprio incubo.
Socchiuse gli occhi e, come spesso gli capitava, gli parve di vederla apparire davanti a sé.
Emma, con i suoi occhi verdi nei quali si perdeva ogni volta che aveva occasione di incrociarli. Emma, che gli aveva rubato il cuore sin dalla prima volta che era comparsa nella sua vita.
Ricordava come se fosse ieri quell’incontro, invece erano già trascorsi trent’anni.


 
 
Parigi anni ‘70
Pioveva così forte che Place du Tertre era completamente deserta.
“Oggi non guadagnerò neppure un franco”, pensò Alex chiudendo il suo album.
Si mise le mani in tasca alla ricerca di qualche moneta, come se si trattasse di una vera e propria caccia al tesoro. Erano giorni ormai che non guadagnava più nulla.
I turisti, ai quali poter spillare qualche spicciolo, in quel periodo dell’anno erano calati vertiginosamente e, Alex, aveva speso i pochi franchi rimasti per acquistare dei nuovi colori.
Scosse la testa e si diresse al piccolo locale del suo “vecchio amico” Guillaume. Era certo che lì, non gli sarebbe stato negato un pasto caldo.
Attraversò correndo la piazza entrando, poco dopo, nella taverna.
Guillaume, dietro al bancone, era intento ad asciugare meticolosamente alcuni bicchieri. Sollevò lo sguardo verso Alex e, scuotendo la testa, gli fece cenno di sedersi. Il giovane artista ringraziò senza parlare e si andò a sedere al piccolo tavolo tondo, in fondo alla sala.
Quel posto piaceva davvero molto ad Alex. Con quello stile vagamente retrò, gli ricordava uno di quegli ambienti bohémien ritratti dagli artisti nei primi anni del secolo.
Respirava aria di casa, in quel luogo, forse perché aveva adottato in pieno gli ideali di quel movimento. Vita squattrinata compresa.
«Che cosa posso portarti?», chiese sorridendo Matilde, la nuova cameriera.
Alex si protese sul piccolo tavolo di legno.
«Tu cosa mi consigli?», domandò poi con voce suadente.
Matilde arrossì.
Alex era ben consapevole del suo fascino e dell’effetto che sortiva sulle donne; un continuo gioco di seduzione al quale non potevano resistere.
«Abbiamo un’ottima zuppa», balbettò la giovane donna abbassando lo sguardo.
«E zuppa sia!», esclamò Alex mal celando un sorriso malizioso.
Matilde ricambiò timidamente e si allontanò da lui velocemente per non far vedere all’uomo il rossore delle sue gote.
Alex sapeva che, con un po’ di fortuna, la ragazza, quella notte stessa, sarebbe finita nel suo letto. Non che provasse qualcosa per lei, ma la trovava sufficientemente carina per trascorrere insieme quale ora piacevole. Continuava a osservarla mentre, con mani esperte, sistemava i bicchieri appena ripuliti da Guillaume. I fianchi morbidi ondeggiavano sinuosamente e lui non poté fare a meno d’immaginare, quegli stessi fianchi, stretti tra le sue mani.
Matilde ogni tanto sollevava lo sguardo verso di lui, abbassandolo prontamente non appena si accorgeva che la stava osservando.
Bene, pensò, quella notte avrebbe avuto un posto in cui dormire.
Poi, improvvisamente, la porta si spalancò e in quello stesso istante il cuore di Alex perse un battito, forse qualcuno di più. Di fronte a lui si era materializzata la creatura più bella che mai avesse visto; I lunghi capelli le ricadevano, gocciolanti, sulle spalle incorniciandole quel viso tanto perfetto. La donna occupò posto a un tavolo poco distante dal suo e per un attimo i loro occhi s’incrociarono. Le sensazioni che provò Alex in quel momento erano qualcosa che mai aveva provato prima.
«Alex la zuppa!», sibilò Matilde destandolo dal mondo in cui si era rifugiato. Alex sollevò lo sguardo verso di lei senza capire.
«Spero che sia di tuo gradimento!», esclamò infine sbattendo il piatto di fronte a lui e girandogli le spalle.
Poco importava se Matilde si era offesa.
Aveva appena trovato la donna dei suoi sogni.
 
Uno squillo fastidioso lo riportò alla realtà. Frugò nell’interno della giacca e lesse il nome di chi lo stava cercando: Matilde.
Scuotendo la testa premette il tasto rosso e spense il telefono. Proprio non gli andava di parlarle. Aveva bisogno di tempo e aveva necessità di tornare in Toscana. Lì avrebbe capito cosa doveva fare con Mathieu, lì era il luogo dove aveva sempre capito molte cose.
 
                                                                                       
 
 
“La Ville lumiere”. Jackie non aveva mai capito perché Parigi fosse etichettata con quell’epiteto.
Non l’aveva mai capito, fino a quel momento.
La giovane donna era abbagliata da tutte quelle luci che facevano risplendere Pace cu Tetre, nel centro di Montmartre. A ogni angolo poteva scorgere un giovane uomo decantare una delle sue poesie, un pittore rendere viva una delle sue tele. La musica di un violino usciva da uno dei ristoranti e gli sguardi dei commensali sembravano rapiti da quella melodia celeste.
«Hai fame?», chiese improvvisamente Mathieu rivolgendosi alla ragazza.
Jackie, ancora rapita da quella magica atmosfera, lo guardò senza parlare.
«È una cosa così complicata? Hai bisogno di un po’ di tempo per elaborare una risposta?», continuò il giovane osservandola ghignando.
«Si grazie!», rispose Jackie sbuffando. Non sopportava quando quel ragazzo si comportava in quel modo.
«Sì, è una risposta complicata o sì hai fame?», continuò Mathieu con lo stesso tono.
«Sì, ho fame!», esclamò stizzita Jackie allungando il passo. Una cosa era certa quel ragazzo l’avrebbe portata all’esasperazione.
Mathieu le sorrise abbassando il capo. Non sapeva ancora perché gli piaceva tanto farla arrabbiare, ma proprio non riusciva a desistere.
«Siamo arrivati!», esclamò il giovane giungendo davanti alla taverna. Aprì la porta ed entrò lasciando che Jackie lo seguisse.
«Gentiluomo come sempre», sbuffò Jackie dietro le sue spalle.  
«Non devo conquistarti.», puntualizzò Mathieu, mentre con un cenno del capo salutò l’oste.
Ecco un’altra delle cose che odiava di Mathieu. Con lui non riusciva mai ad avere l’ultima parola. Trovava sempre qualcosa per cui non riusciva a controbattere.
Sospirando seguì il ragazzo al tavolo.
Il locale non era molto grande e sembrava fosse sospeso in un’altra epoca. Gli arredi non avevano niente a che fare con i locali moderni cui era abituata nella sua città; sembrava che tutto, in quel luogo, si fosse fermato all’inizio del secolo scorso.
Chissà se sua madre e Alex erano mai stati qui, si domandò.
«Questo è uno dei locali preferiti da Alex.», disse Mathieu rompendo nuovamente il silenzio.
«Carino …», sentenziò Jackie senza guardarlo negli occhi. Era ancora scocciata per il suo atteggiamento e voleva che se ne rendesse conto.
«Va bene Jackie Lambert …», pronunciò l’uomo alzando le mani, «… prometto che d’ora in poi mi comporterò da perfetto gentiluomo», continuò mettendosi la mano sul cuore.
«D’accordo Mathieu Martin!», esclamò Jackie posando il menù sul tavolo e tendendogli la mano.
Il ragazzo sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi e sigillò il patto mentre l’oste si avvicinò al loro tavolo.
 Era un uomo magrolino di circa sessant’anni e avanzava trascinandosi stancamente le gambe.
«Mathieu …», salutò guardando il giovane, «… qualche notizia?», continuò alludendo sicuramente ad Alex.
Mathieu scosse il capo.
«Guillaume, lei è la mia amica americana Jackie. È qui per cercare Alex!», comunicò il giovane.
«Benvenuta nel club!», ghignò l’oste volgendo lo sguardo alla donna.
«Non ha idea di dove potremo trovarlo?», domandò Jackie
«No, mi dispiace Signorina. Abbiamo provato in tutti i luoghi in cui poteva essere, ma di lui nessuna traccia. Sembra essere sparito nel nulla.», rispose l’uomo stancamente.
«Ma forse qualcuno …», continuò la donna.
«Signorina, Alex è in grado di badare a se stesso.», la interruppe Guillaume, «Se fossi in lei, non mi preoccuperei troppo. Vedrà che quando meno se lo aspetta sarà di ritorno», tagliò corto l’uomo. «Se posso consigliarvi …», continuò, «… questa sera abbiamo una succulenta bistecca e dell’ottimo vino per accompagnare», concluse l’uomo.
«Ottimo!», esclamò Mathieu porgendo i menù a Guillaume che si allontanò dal loro tavolo per far ritorno nelle cucine.
Jackie sbuffò.
«Credevo fossimo qui per cercare informazioni su Alex», blaterò la giovane donna lasciandosi cadere sulla sedia.
«Devi solo avere pazienza, sono sicuro che a breve arriverà la persona che stiamo cercando», la confortò, «ma ora non pensiamoci e cogliamo l’occasione per conoscerci un po’ meglio», disse strizzandole l’occhio.
Jackie doveva fidarsi di lui, con la fretta non avrebbe ottenuto nulla. E poi, se sua madre non l’aveva trovato in trent’anni, come poteva pretendere lei di farlo in ventiquattro ore?
«D’accordo …», accettò la giovane donna, «… forse hai ragione!».
Il ragazzo versò il vino, appena portato da Guillaume, nel bicchiere di Jackie e, subito dopo, fece lo stesso con il suo.
«Allora Jackie Lambert, oltre essere alla ricerca di tuo padre che altro fai nella vita?», domandò il ragazzo fissando i suoi occhi in quelli della giovane donna.
«Sono una fioraia.», dichiarò la ragazza portandosi il calice alle labbra.
«Una fioraia?», chiese stupito mentre Jackie lo osservava in attesa di assalirlo verbalmente.
«La cosa ti disturba?», domandò la donna ormai sul piede di guerra.
«Avanti Jackie, la mia era solo una domanda innocua! Non volevo offenderti … è solo che t’immaginavo essere una studentessa di chissà quale strana facoltà, tutto qui.», confessò il giovane.
«Mi dispiace deluderti allora», proferì Jackie.
«Al contrario!», la corresse Mathieu, «Direi più una piacevole scoperta.», asserì.
«Ti metti a fare il galante ora Mathieu Martin?», ammiccò Jackie portandosi nuovamente il calice alle labbra.
«Niente affatto!», esclamò l’uomo, «Se avessi voluto fare il galante a quest’ora, saremmo già rientrati in appartamento a … beh hai capito».
Jackie sollevò gli occhi al cielo. Davvero quel ragazzo aveva un ego spropositato.
«Non mi stupirei se le tue opere raffigurassero solo la tua persona», lo punzecchiò la ragazza.
Mathieu prese dalla sacca un album e, sporgendosi verso la ragazza, glielo porse.
Jackie aprì titubante il raccoglitore e rimase stupita da ciò che si trovò davanti agli occhi. Decine di fotografie artistiche raffiguranti posti incantevoli, scorci di città, persone mentre svolgevano le proprie attività quotidiane.
«Mi dispiace deluderti Jackie Lambert», sussurrò il ragazzo.
Jackie sorrise.
«Al contrario … direi più una piacevole scoperta», annunciò infine, ricordando le parole del compagno di qualche attimo prima.
«Vedi che almeno una cosa in comune l’abbiamo Jackie Lambert», pronunciò Mathieu sorseggiando il suo vino.
«Sì, ma adesso non montarti troppo la testa!», asserì la ragazza senza nascondere un nuovo sorriso.
 
 
                                                                                         


Matilde rimase a osservare il display del suo telefono che le comunicava che la chiamata era stata rifiutata.
«Davvero credevi che ti avrebbe risposto?», si domandò ad alta voce mentre, stizzita, lanciò il cellulare sul divano.
Matilde sapeva che Alex non si sarebbe fatto sentire per qualche giorno, ma non le piaceva come si erano lasciati, o meglio, non sopportava l’idea di non poterlo più sentire. Sì, perché Alex aveva ragione. Nonostante tutto lei non poteva fare a meno di lui. Sebbene in trent’anni lui non le avesse dato mai nulla più che un’amicizia, lei continuava a sperare che un giorno, finalmente, il suo sogno d’amore diventasse realtà e che lui dimenticasse per sempre Emma, che non aveva fatto altro che farlo soffrire.
Ripensò a quel giorno di dieci anni prima. Se Alex lo avesse saputo, non le avrebbe più rivolto la parola, ne era certa. Fortunatamente non l’avrebbe mai scoperto. Era stata abbastanza convincente, di questo era sicura.
Inspirò tutta l’aria possibile.
Lasciagli qualche giorno, poi tornerà da te per un consiglio, pensò la donna infilandosi il cappotto.
Erano già le nove e Guillaume di certo si stava chiedendo dove diavolo fosse finita.
Fortunatamente casa sua non era distante dal locale. Prese l’auto parcheggiata vicino al Parc de la Villete e si trovò a guardare con ammirazione la Geode che troneggiava all’interno di esso. Nonostante fosse affezionata alla vecchia Parigi, quello scorcio di modernità la faceva sentire in pace con se stessa. Alex aveva sempre disprezzato quell’edificio, diceva che faceva perdere fascino all’intera città; lei non aveva mai osato contraddirlo, ma in cuor suo quella sfera le provocava delle sensazioni opposte. A volte, dal terrazzo del suo appartamento, le piaceva allungare la mano verso di essa e per un attimo le sembrava di riuscire ad avere il mondo tra le proprie mani. Le sembrava, per una volta tanto nella sua vita, di riuscire a raggiungere qualcosa.
Scosse la testa. Non aveva tempo per pensare ad Alex, era in ritardo per il lavoro e Guillaume aveva bisogno di lei.
                                               

    


Jackie e Mathieu ormai avevano raggiunto una tregua o meglio, Mathieu aveva iniziato a essere meno spaccone e Jackie si era rilassata in sua compagnia. Doveva ammettere che, nonostante la prima impressione non fosse per nulla positiva, ora iniziava a trovarlo a tratti anche simpatico. Le aveva raccontato della sua passione per le fotografie e di ciò che voleva rappresentare con esse e Jackie aveva fatto altrettanto parlando delle sue piante e dei suoi fiori. Non avevano accennato a niente di personale e, questo, fu per Jackie qualcosa di veramente liberatorio.
Gli ultimi giorni erano stati per lei davvero pesanti. Aveva scoperto di avere un padre e aveva, per così dire, riallacciato i rapporti con la madre; le aveva promesso di trovare un uomo, che forse non voleva più neppure avere a che fare con lei ed era partita per Parigi senza un piano o un progetto.
Guardò Mathieu mentre lentamente si alzava dal posto. Non sapeva ancora se quel ragazzo le piaceva o no, ma di sicuro quella serata era andata ben oltre le sue aspettative.
Dismessi i panni dell’amatore, il giovane le aveva mostrato un lato di sé che mai si sarebbe aspettata.
 Le sue foto parlavano per lui. Quello che riusciva a trasmettere attraverso l’obiettivo denotava senza dubbio un animo profondo.
«Vieni ti presento un’amica di Alex», disse Mathieu riportandola con i piedi per terra, «Matilde!», chiamò.
Una donna dai capelli rossi e dal viso di porcellana alzò lo sguardo verso di lui e si avvicinò sorridendo.
«Mathieu … tesoro», salutò la donna baciandolo, come nella tradizione francese, sulla guancia.
«Alex si è fatto vivo?», chiese il ragazzo.
La rossa scosse il capo.
«Mi dispiace tesoro … sai che saresti il primo cui lo direi», lo confortò accarezzandogli il braccio.
«Ma lei è sua amica,vero? Non ha idea di dove possa essersi cacciato?», domandò Jackie intromettendosi.
Matilde volse lo sguardo verso di lei e la guardò con aria indispettita.
«Non credo ci abbiano presentato Signorina …», disse aspettando che Jackie completasse la frase.
«Mi scusi …», si difese la ragazza, «… sono Jackie, Jackie Lambert».
Matilde rimase impietrita. Non poteva essere, ma quel nome e quel viso erano troppo familiari. Deglutì.
«Scusala Matilde …», disse Mathieu rivolgendo uno sguardo di rimprovero alla giovane, «... ma Jackie è qui per cercare Alex e sta investigando con tutti quelli che hanno a che fare con lui.», la informò.
Matilde deglutì di nuovo mentre osservava la ragazza con più attenzione. Da un lato non voleva credere al suo istinto ma, dall’altro, troppe erano le coincidenze.
Lambert.
Il cognome di quella giovane donna di fronte a lei era troppo simile a quello di Emma. L’aveva pronunciato all’inglese, ma qualcosa in lei le ricordava troppo la sua rivale d’amore.
Sospirò cercando di recitare la parte che ormai era solita interpretare.
«Mi spiace Signorina Lambert ma Alexandre è un artista e come tale è solito a colpi di testa simili. Se gli fosse capitato qualcosa, di certo ci avrebbero già avvisato.», disse Matilde con tono pacato.
«Capisco, ma ho davvero bisogno di avere un’idea di dove trovarlo, è … è una questione molto importante!», esclamò Jackie rattristandosi.
Matilde sorrise lievemente.
«Se dovessi sentirlo, avviserò subito Mathieu, ve lo prometto!», affermò la donna iniziando a sgomberare il tavolo.
«Grazie Matilde. Siamo fortunati ad averti», dichiarò il ragazzo lasciandole un bacio sulla guancia.
La rossa gli accarezzò la guancia con fare materno.
«Signorina Lambert …», disse Matilde rivolgendosi alla ragazza.
«Jackie, la prego», puntualizzò la giovane.
«Jackie …», sorrise, «… è mai stata a Parigi prima d’ora?», chiese infine.
«No …», rispose titubante la ragazza senza capire il motivo di quella domanda, «… mio nonno era francese ma oltre a qualche vecchia foto non ho visto altro di questa città», aggiunse alzando le spalle.
«Allora Mathieu le potrà fare da guida. È una città che merita», ammiccò, «Si goda il soggiorno a Parigi Jackie», disse infine dando loro le spalle.
Jackie annuì senza aggiungere altro. C’era qualcosa in quella donna che non la convinceva. Era convinta che non avesse detto loro tutta la verità.
«Che c’è?», domandò Mathieu una volta usciti dal locale.
«Non so …», rispose titubante la ragazza, «… ho come l’impressione che Matilde ci stia nascondendo qualcosa», costatò infine.
«Credi che sappia dove si trovi Alex?», domandò ancora.
Jackie annuì.
Mathieu sospirò. Ripensandoci la rossa aveva avuto un’espressione quasi di stupore dopo aver sentito il nome della compagna. Forse era stata solo un’impressione, ma di certo qualcosa l’aveva turbata. L’indomani avrebbe indagato maggiormente. Oggi non ne avrebbe cavato nulla.
«Senti cosa faremo.», proferì Mathieu prendendo sottobraccio la ragazza, «Domani torneremo al locale e indagheremo, ma ora voglio seguire il suo consiglio.».
Jackie lo guardò con aria interrogativa.
«Non crederai che la serata sia finita, vero? disse strizzando l’occhio
L’espressione di Jackie passò dallo stupito allo sconvolto. Cosa si era messo in testa?
«Non pensare male Jackie Lambert … ho solo intenzione di portarti nel miglior pub di Parigi!», dichiarò il ragazzo ridendo di sottecchi.
Jackie scosse la testa e sorridendo si affidò a lui.
 
                                               

Il cuore di Matilde stava battendo all’impazzata. Davvero non riusciva a non pensare che quella ragazza fosse …
Si tolse il grembiule gettandolo sul bancone, sotto lo sguardo inquisitorio di Guillaume.
«Torno presto promesso!», enunciò la rossa imboccando di corsa la porta del locale.
«Matilde, che diavolo succede?», sbraitò l’uomo senza capire.
La donna si fermò poi si rivolse all’amico con più calma.
«Ti prometto che tornerò presto, ma ora devo trovare Alex.», dichiarò Matilde sorridendo e uscendo dal locale mentre Guillaume non accennò a fermarla.
Si guardò attorno poi, salendo in macchina, pensò a tutti i luoghi in cui potesse essersi rifugiato Alex.
Sgommò via diretta verso casa, lì avrebbe trovato di certo qualche indizio.
 
 
 
Eccomi ritornata dopo una lunga pausa. Scusate l’assenza ma tra lavoro, casa e tutto il resto, il tempo da dedicare a questa storia era pressoché inesistente. Per fortuna sono riuscita a completare questo capitolo che ormai era sul mio PC da una vita, sepolto sotto una montagna di ragnatele.
Ho voluto introdurvi maggiormente il personaggio di Alex e svelare qualcosa in più di lui e della sua storia con Emma. L’idea è di fare una sorta di Storia nella storia con riferimenti al passato che saranno utili per capire il presente della storia … speriamo bene!
Per il resto grazie a chi passerà a dare un’occhiata e a chi vorrà lasciare un proprio parere al nuovo capitolo.
Spero che l’attesa ne sia valsa la pena.
A presto, questa volta per davvero!
Baci Elly
 
  
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