Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Conodioeamore    16/08/2015    2 recensioni
Non è facile vivere in una famiglia che ti guarda ogni giorno come se fossi un pericolo. Un fratellastro talmente odioso che ti bullizza sempre. Una madre che ogni volta che posa lo sguardo su di te è per ricordarti che sei frutto di una notte passata con un angelo nero. Eppure, questa è la mia famiglia. Sono angeli dalle bianche e candide ali, hanno successo in qualsiasi cosa facciano, mentre io no. Per questo motivo, verrò sempre guardata con disprezzo da loro, perché non sarò mai quello che sono loro: un angelo bianco.
Il mio nome è Senja, che in greco antico sta a significare un'estraneo. Ed è proprio quello che sono io: un'estranea in una famiglia di angeli. In un certo senso è ironico, non siete forse d'accordo con me?
© (Copyright 2015 by Martina Carlucci)
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Apro le mie ali d'argento, rifulgono al chiarore della luna. Dono il mio corpo al vuoto, il vento guida il mio corpo, verso dove? Verso cosa? D'un tratto piove, la pioggia scivola sul mio corpo, goccia a goccia si uniscono e si scompongo, come se fossero tante vite, che muoiono e vivono, alla fine un frastuono nella testa. Un corpo riverso nella pioggia, me stesso? Lo specchio di ciò che ero e che non sarò? (ANGELO MACCHINA – DI ANGEL MACHINE) Scuola. Il mio rifugio, in un certo senso. Lì almeno potevo non pensare ad una madre che mi odia e ad un fratello che di punto in bianco era diventato inspiegabilmente geloso. Il pensiero che Mickael, uno degli angeli più potenti del Paradiso, si comportava da fratello iperprotettivo mi fece venire il voltastomaco. Dio, che schifo. Forse era per il fatto che Micka non aveva assolutamente l'aria del fratello maggiore che protegge la sua sorellina. Anche se nella scuola la maggior parte delle ragazze gli andava dietro, arrivando a fondare addirittura un fan club in suo onore. Nemmeno se fosse Lucky Blue Smith o Cameron Dallas. Ma questi sono detta. «Guarda che se continui così, la matita ti si spezza» mi fece notare Violet. Grazie alla sua voce squillante, ritornai alla realtà, sollevando immediatamente la matita dal ritratto. Il professor Faraize quel giorno non aveva niente di meglio da fare se non obbligarci a ritrarre un nostro compagno. Dio santissimo, io ero negata nel disegno a mano libera. Sbuffai ed abbassai lo sguardo, rabbuiando e chiudendomi in me stessa. «Scusa» le dissi, lasciando che la matita cadesse a terra. La guardai sfuggirmi lentamente dalla mano destra per andarsi a posare sul pavimento freddo dell'aula. Violet si alzò dallo sgabello di posa per avvicinarsi a me. «Ehi, si può sapere cosa ti prende? Stamattina sei strana.» Mi strinsi nelle spalle. Volevo dirle come mi sentivo, quello che mi tormentava. La reazione del giorno prima di mio fratello, lo studio con Gage del pomeriggio. Il mio umore era diviso a metà. Da una parte sono felice perché la mia vita ha preso una piega diversa da quando avevo conosciuto Gage, ma dall'altra parte ero così scossa e intimorita al tempo stesso, per via di Mickael. Non sapevo se dirlo a Violet oppure no. «Si tratta di Gage, vero? Non è andato bene lo studio?» Scossi il capo. «No, lo studio è andato abbastanza bene.» «E allora che cosa ti prende?» Nemmeno dare a Violet il tempo di finire la frase, che la campanella suonò. Finalmente! Raccattai il set da disegno ed uscii dall'aula senza dire una parola. Violet mi seguì a ruota, sbrigandosi ad affiancarmi. «Sen, mi spieghi che cosa ti turba?» Con la testa china sugli strumenti che avevo in mano, mi diressi in fretta al mio armadietto. Mentre facevo il cambio dei libri, mi decisi a risponderle. Altrimenti non l'avrebbe più smessa. «Ieri sera è successo qualcosa di imbarazzante con mio fratello.» Violet fece una faccia stupita. Quasi non ci credette, eppure era la verità. La verità è che facevo anche io fatica a capirci qualcosa. Potrei essermi immaginata tutto. La sera prima avevo sentito un legame con mio fratello, ed ero pronta a scommettere che anche lui aveva avvertito quello che avevo sentito io. Il problema era il chiederglielo. «Aspetta, che cosa intendi di preciso quando dici: "qualcosa di imbarazzante"?» Sbuffai. «Ho sentito come un legame, una specie di scossa.» Guardai Violet negli occhi. «Lo so, adesso credi che io sia pazza!» sbraitai. La mia amica scoppiò a ridere. «Affatto. Non penso che tu sia diventata pazza, già lo eri. In verità credo che dovresti parlarne con il padre di Micka. Magari lui saprà dirti qualcosa in più riguardo questo "legame", come lo chiami tu.» Non lo dubitavo, però c'era qualcosa che mi spingesse a non dirlo. Era come se avessi paura della reazione di Carl. E poi se lo sarebbe venuto a scoprire mia madre, non riuscivo nemmeno ad immaginare la sua reazione. Lei già mi considerava un mostro, il male fatto persona. Non volevo aggiungere altro alla sua sofferenza. Era meglio se consultare qualche volume nella biblioteca della scuola, o magari parlarne con un professore della classe speciale. «Devo andare Violet.» Presi i miei libri dall'armadietto ed andai spedita verso la classe di mio fratello. Dovevo assolutamente parlargli. Non potevo continuare così. Quando vi arrivai davanti, la porta era chiusa. Possibile che il professore fosse già arrivato? «Cerchi qualcuno?» mi domandò una voce da dietro le spalle. Mi voltai di scatto e vidi un uomo sui cinquant'anni, forse anche meno. Aveva il fisico asciutto ed una mascella volitiva. Il suo volto era privo di barba, sottolineava il suo cranio trapezoidale. «S-sì. Sto cercando una persona che si trova in questa classe.» L'uomo mi scrutò dall'alto verso il basso. «Sei forse la sorella di Mickael?» E questo come faceva a conoscere il nome di mio fratello? «Da cosa deduce che io sia sua sorella? Non ci somigliamo per niente.» L'uomo si avvicinò a me, per sussurrarmi: «Porti addosso il suo odore.» Impallidii. Come potevo avere addosso l'odore di mio fratello? Non era mai successo prima. La porta alle mie spalle si spalancò di colpo per mostrare un personaggio del tutto inaspettato. Jason. Per una volta ero felice di vederlo. Mi osservò con uno sguardo stupito. «Che succede, Sen?» «Quest'uomo mi ha chiesto di...» Feci per indicarlo, ma quando mi voltai non c'era più. Era sparito nel nulla. Si era dissolto. Puf. «Sen, non c'è nessuno qui. Sicura di stare bene?» Perfetto, adesso vengo presa anche per pazza da un angelo bianco, ci mancava solo questo. «Non sono pazza, Jason. Non m'immagino le cose. Ti dico che qui c'era un uomo.» «E che cosa voleva da te "quest'uomo"?» mi chiese con un sorriso beffardo. «Sai che ti dico, non sono affari tuoi. Sono venuta qui per parlare con mio fratello. Quindi, fammi entrare.» Scostai con forza Jason da davanti, per entrare nella Special Blanc. Quando varcai la soglia dell'aula, mi ritrovai gli sguardi dei venticinque angeli bianchi su di me. La cosa che più mi sorprese era che non avevano nessun professore in classe. Bene, mi fa piacere che questi qui battano la fiacca. E poi si lamentano di noi, solo perché abbiamo le ali nere. La coerenza se n'è andata nella tana del Bianconiglio. Tra gli studenti sparsi per tutta l'aula, cercai il volto di mio fratello. Mi si avvicinò Beatrix, con un sorriso indignato stampato sul viso. «Che cosa vuoi, diavoletto?» Odiavo quando mi chiamavano con quel nomignolo, specialmente perché me lo aveva affibbiato quando incidentalmente da piccola avevo dato fuoco ad una delle sue bambole di porcellana. Quel giorno, è stato uno dei più dolorosi della mia infanzia. Ruppi definitivamente i rapporti con mio fratello. Le nostre mani era come se fossero legate da un filo. Perché, anche se non sembrava, non abbiamo sempre litigato. C'era un tempo in cui andavamo molto d'accordo. Giocavamo insieme, ci divertivamo. Lui era il mio cavaliere ed io la sua principessa. Da quel giorno noi due non corrispondemmo più. E tutta colpa di Beatrix. Il pensiero del litigio con Mickael mi fece rabbuiare. «Sono qui per parlare con mio fratello.» Ci tenei particolarmente a marcare l'aggettivo possessivo "mio". Perché un tempo mi apparteneva. Poi, da quando conobbe lei, cambiò tutto. Divenne come una macchina. «Che cosa vuoi?» mi domandò una voce dal fondo dell'aula. proprio lì, seduto sul banco con un libro in mano, c'era il mio angelo macchina.
   
 
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