Astrid si passò una mano fra i lunghi capelli corvini, annoiata a morte. Il suo professore di scienze biascicava qualcosa a proposito di sezionare rane la prossima settimana e bla bla bla… Che vergogna, essere costretta a restare così indietro nei suoi studi per tentare di essere una ragazza normale.
Non vedeva l’ora di sentire il suono della campanella per uscire da quella classe così grigia e banale e tornare a casa, lontana da altezzose e antipatiche cheerleaders masticatrici di gomme e maschi decisamente troppo sudaticci per i suoi gusti.
Finalmente l’orologio sulla parete di fronte a lei segnò le quattro, e velocemente prese lo zaino e se lo caricò in spalla dirigendosi verso l’uscita, sollevata.
Ea proposito di cheerleaders, chi non la sorpassò spintonandola se non la peggiore di tutte, Cathleen Ford?
-Scusa! - le disse la biondina con tono snob e di scherno.
Ora, Astrid non era il tipo che attaccava briga, ma quella stupida oca riusciva ad infastidirla oltre ogni limite.
Cathleen e le sue amiche si avvicinarono alla fontanella in corridoio per bere. Un’ideuzza niente male balenò in testa ad Astrid; certo sua madre le aveva proibito di usare i suoi “doni” fuori di casa, ma ciò che lei non sapeva non avrebbe danneggiato la ragazza. Con un impercettibile movimento dell’indice, appena la bocca della cheerleader fu a contatto con l’acqua, la mora congelò il getto della fontanella, e l’altra si ritrovò la lingua bloccata nel ghiaccio, strillando e mugugnando parole sconnesse fra le risate degli astanti.
Soddisfatta, Astrid uscì fuori, scavalcò con l’agilità dei suoi 16 anni il muretto che separava giardino e parcheggio e salì a bordo del suo scooter. Allacciò il casco e si buttò nel traffico vorticoso di New York.
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-Mamma, sono a casa! -
-Sono in salotto, tesoro. -
La ragazza sorrise e la raggiunse, trovandola a gambe incrociate sul pavimento, in posa da meditazione, circondata da grosse candele bianche. Aveva tirato su i capelli castani con una pinza, e un libro di incantesimi davanti a lei indicava la reale natura dell’esercizio.
-Tenti ancora di ampliare il tuo potere divinatorio? - domandò Astrid.
-Già. Le rune sono utili per le domande immediate, ma è più efficace la sfera di cristallo o uno specchio. Come quello che sta lì in soffitta a prendere polvere e basta! -
La figlia si lasciò sfuggire una risata. Era buffo, perché non le sembrava di avere una madre, ma una sorella maggiore, impressione supportata dall’aspetto di questa: dimostrava la metà dei suoi effettivi quarant’anni.
-Papà è già al lavoro, e ti aspetta per le sei. -
-Le sei? - si stupì Astrid, aiutandola ad alzarsi a causa delle gambe anchilosate.
-Sessione di allenamento speciale. Ah, com’è andata oggi a scuola? -
-Le solite cose. Noiose. - Sbuffò e andò a sedersi sul divano: - Perché ci costringiamo a questa vita monotona su Midgard? -
-Astrid Laufey-Odinson, ne abbiamo già parlato. È solo questione di tempo. -
-Ma quanto ancora dovrò aspettare? Voglio l’avventura, l’azione, voglio combattere al fianco tuo e di mio padre! -
-Comprendo la tua impazienza. - La madre le si sedette accanto: - Il problema è che non capita un super cattivo decente da anni. -
 -Tutti i migliori li avete arrestati voi e gli zii. Credo che i novellini siano terrorizzati da Mystery La Strega del Ghiaccio e Loki Il Dio degli Inganni! - scherzò Astrid.
-E presto tremeranno di fronte ad Astrid Figlia dell’Inverno. Ma per il momento ti posso solo aiutare a fare i compiti e portarti agli allenamenti. -