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Autore: alberodellefarfalle    18/08/2015    1 recensioni
Salve a tutti. Questa è una prova. Chi mi conosce sa che pubblico solo storie originali, quindi questa è la mia prima ff. Siate clementi. Ho voluto provare e dato che Robert Pattinson mi piace molto (ho avuto la mia fase da Twilight anche io), ho deciso di cimentarmi con lui. Ovviamente è tutto di fantasia. Vi avviso che non essendo un'amante del gossip non mi sono basata su un evento particolare, ho solo immaginato come potrebbe essere Robert Pattinson (e come spero che sia) se si ritrovasse a Roma per lavoro e lì conoscesse una comunissima ragazza italiana. Titolo omaggio al film "Vacanze Romane" con Audey Hepburn e alla canzone omonima dei Mattia Bazar. Non mi resta che augurarvi buona lettura.
NB In data 7/1 ho aggiunto una piccola frase finale che chiarisce l'epilogo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vacanze Romane
 
Conoscersi
 
Avevo fatto la spesa, avevo sistemato casa e stavo cominciando a cucinare, quando qualcuno suonò alla porta. “Ciao.” Fece il suo ingresso, splendente come il sole, Robert Pattinson. “Ciao.” Dissi timida io. Ci eravamo baciati e ora non riuscivo nemmeno a guardarlo negli occhi. Ed ero in condizioni pessime, non mi aspettavo si presentasse a casa così presto, erano solo le undici. Avevo programmato di finire di sistemare e poi mi sarei fatta una doccia e indossato qualcosa di più carino rispetto a un paio di pantaloncini e una canotta. Progetto andato in fumo. “Accomodati.” Gli presi la bottiglia di vino dalle mani e gli feci segno di sedersi sul divano di fronte la cucina. Casa di Gianni era piccolissima: una sala che faceva da ingresso, salottino e cucina, divisa da una penisola che era anche l’unico piano dove mangiare, la camera da letto e il bagno. “Gianni è a lavoro, arriva verso le due. Spero non ti sia dispiaciuto, ma sto passando così poco tempo con lui in questi giorni e questo pranzo era una promessa.” “Non mi dispiace per niente e poi non potevo perdermi la tua pasta. Posso darti una mano?” Annuii e, dopo essersi lavato le mani, gli passai un grembiule. Era estremamente affascinante. “Prima bisogna occuparsi delle zucchine …” e andammo avanti nella preparazione, scherzando e ridendo, canticchiando le musiche che passavano alla radio.
Quando il condimento era pronto, mancavano ancora quasi due ore all’arrivo di Gianni. “Bene, complimenti al mio aiuto cuoco: te la cavi piuttosto bene.” “Grazie, Chef. È stato un piacere cucinare con te. Non vedo l’ora di assaggiare questa pasta, ho già l’acquolina in bocca.” “Per rimediare, ti offro un aperitivo.” E presi del formaggio e miele dal frigo, con noci e mandorle, e stappammo il vino portato da lui “Gianni non si offenderà se noi abbiamo già assaggiato il tuo regalo.” Poggiai tutto sulla penisola e rimasi da una parte, lui dall’altra. Fino a che eravamo impegnati in cucina avevamo scherzato, avevamo giocato e io avevo fatto finta che tutto andasse bene, ma in quel momento mi sentivo addosso il peso dell’imbarazzo. Come mi sarei dovuta comportare? Cosa avrei dovuto fare? “Suppongo che la chitarra all’angolo sia di tuo cugino.” “Eh?” mi diedi una botta in testa virtuale. Stava cercando di sbloccare la situazione. Era evidente che dopo il bacio della sera prima il nostro rapporto era diventato ancora più confuso di prima e né io né lui sapevamo come comportarci in quel campo minato: io perché ero inesperta in campo amoroso e non potevo dimenticare chi avevo di fronte, lui perché sapeva esattamente chi aveva di fronte a sé e cioè una studentessa italiana, molto simile a quello che si può definire come fan, conosciuta per caso durante un viaggio di lavoro. Ma era lì di fronte a me e questo avrebbe dovuto bastarmi per convincermi che comunque a me un poco ci teneva. Sbuffai e cercai di allontanare quei contorti pensieri. “Si è di Gianni, lui ha imparato da piccolo a suonare, ma ora credo la tenga più per bellezza che per usarla.” Stavo parlando della chitarra classica, che faceva bella mostra di sé in un angolo del salottino. Robert afferrò una manciata di noci e cominciò a sgranocchiarle, studiando la suddetta chitarra. Poi tornò a studiare me, prima di versare un po’ di vino nei bicchieri, che presto scomparve. Sorrisi tremula e Robert mi lasciò una fugace carezza sulla guancia poi si allontanò in fretta. Prese la chitarra e si accomodò sullo sgabello di fronte a me, come poco prima. Accordò la chitarra e cominciò a strimpellare qualche nota. Io ero affascinata dalle sue lunghe dita che si muovevano fluenti sulle corde, ero affascinata dai muscoli del suo braccio rispondere in base alla tensione scatenata. Mi sorrise, prese un pezzetto di formaggio e un altro sorso di vino e riprese a pizzicare delicato le corde. Una familiare melodia si diffuse nell’aria e io rimasi totalmente scioccata a guardarlo. Stava suonando per me, stava suonando “Someone like you” di Adele, accompagnandola alla sua voce. Aveva una voce roca, bassa, suadente. Trattenni a stento un sospiro. Robert mi stava concedendo un altro regalo, un bellissimo regalo e  decisi che era arrivato il momento di farglielo io un regalo. “Torno subito.” Dissi quando finì. Stavo facendo una cosa importante per me e sperai con tutto il cuore che lui potesse apprezzare e si rendesse conto di come mi stavo esponendo. Ritornai con il mio computer tra le mani. Robert mi guardava curioso. Aspettammo in silenzio fino a che io non aprii una pagina di Word. Deglutii con fatica. “Lo traduco per te, perché è scritto in italiano. Si clemente.” Non potevo certo dirgli che dopo averne parlato con lui avevo provato a tradurlo, era come ammettere ad alta voce che fin dall’inizio avevo pensato di farglielo leggere. Poggiò la chitarra e si fece attento, così io mi schiarii la voce e iniziai: “Percorro una strada che non so dove …” Cercai le parole migliori per rendere l’idea, non lo guardai mai negli occhi, fino alla fine. Mi mancava il respiro e avevo la gola secca, sollevai piano lo sguardo su di lui. Mi sorrideva e aveva gli occhi così luminosi come mai li avevo visti. Non disse niente, si alzò, si avvicinò, chiuse il portatile e si sporse su di me e mi baciò. “Mi hai emozionato.” Disse sulle mie labbra, prima di rifarle sue. Questa volta non si scostò, rimase lì a giocherellare con la mia bocca, lasciando che a poco a poco io potessi sciogliermi e rispondere al suo bacio, come se fosse una cosa semplice. Eppure lui non si arrese e riuscì nel suo intento, perché qualche secondo dopo l’unica cosa che percepivo erano lo sfarfallio del mio cuore e le sue labbra sulle mie e tanto bastava per sentirmi felice, per buttargli le braccia al collo e affondare le dita tra i suoi capelli, come avevo tanto desiderato da tempo, molto tempo, ancora prima di conoscerlo. Incoraggiato dai miei movimenti si avvicinò di più a me e mi trascinò giù dallo sgabello per poi abbracciarmi per la vita e portarmi completamente contro di sé. Un tossicchiare poco vicino ci fece sobbalzare e allontanarci. Gianni era rientrato “Sono tornato prima.” Disse semplicemente e si precipitò in camera per darci il tempo di ricomporci. Io avevo il cuore che batteva a una frequenza inumana e sentivo le guance in fiamme. Guardai da sotto in su Robert, che non era messo tanto meglio: aveva le gote rosse, i capelli scombinati e uno sguardo perso. Pensai milioni di cose in quell’istante, ma quando si voltò e mi sorrise un poco imbarazzato, passandosi una mano tra i capelli, io mi sciolsi e in punta di piedi gli diedi un bacio a stampo, giusto in tempo prima che Gianni ci beccasse di nuovo ad amoreggiare. “Oh, vedo che avete spolverato la mia chitarra. Ciao Robert.” Disse dandogli una pacca, mentre io mettevo la pentola sul fuoco. “Ciao, cuginetta.” Mi sussurrò e mi diede un bacio sulla guancia che non era ancora tornata alla sua temperatura naturale e mi fece l’occhiolino. Sapevo cosa significava: poi avremmo parlato e niente e nessuno avrebbe potuto risparmiarmi un interrogatorio con i fiocchi. “Spero non ti dispiaccia, ma l’ho vista sola in quell’angolo e mi è venuta voglia di suonarla.” “No, anzi mi fa piacere, spero solo che mia cugina non ti abbia fatto assurde richieste.” “Che vuoi dire?” chiesi allarmata io “Oh, è risaputo che hai gusti musicali assurdi.” “Non ho gusti musicali assurdi, ma molto vari.” Gli dissi, dandogli una pacca sulla spalla. “Adesso sono curioso.” “Non mi dire che non ti ha deliziato con la sua playlist!” “Gianni, la smetti di prendere in giro me e la mia musica? Ho gusti variegati e quindi?” “Niente, scusa, ma devi ammettere che si ritrova di tutto e spesso in sequenza senza senso.” “Non avranno senso per te ma per me si.” Sbuffai, preferendo occuparmi della pasta. “Non hai intenzione di soddisfare la mia curiosità, vero?” mi chiese Robert e io scossi la testa. In pochi minuti ci mettemmo a tavola e Robert non finì di complimentarsi per la pasta. “Guarda che è anche merito tuo.” “Vero.” E scoppiammo a ridere. Fu un pranzo tranquillo, allegro, che però finì troppo in fretta, con Gianni che dovette ritornare a lavoro, seguito poco dopo da Robert, che mi lasciò con un bacio in fronte e un “Ti chiamo dopo.” 

*La storia è totalmente inventate e con questo non voglio recare offesa a nessuno.

AUTRICE: Salve a tutti. Passati bene questi giorni di festa? Io ho già ripreso a studiare :( che tristezza. Comunque, veniamo a noi: il capitolo è piccolino, ma ho già scritto il successivo ... quindi forza e coraggio che arriverà presto. Ringrazio chi ha recensito il precedente e chi ha letto. Fatemi sapere che ve ne pare di questo. A presto ... baci.
  
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