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Autore: La Setta Aster    18/08/2015    1 recensioni
Vi è mai capitato, scrutando il cielo, di sentire dentro di voi la sensazione che altri occhi come i vostri siano puntati al firmamento in cerca di risposte? E se vi è capitato, avete provato a parlare con le stelle? Aster, una ragazza aliena di Neo Cydonia, e James, un giovane terrestre come voi, a distanza di anni luce hanno in comune un cuore sempre in fuga dal mondo, in direzione dell'universo.
Genere: Avventura, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Il sole aveva superato il mezzo dell’arco celeste ormai da un pezzo, ma la sua incontrastabile potenza rendeva asfissiante anche solo soffermarsi sotto di esso. Se Jim non avesse avuto il suo fido cappello si sarebbe ustionato la testa. Monica, dal canto suo, avendo l’abbronzatura tipica delle terre del sud, non temeva l’azione dei raggi. La vegetazione aveva da tempo abbandonato la consueta brughiera in favore delle palme e dei pini marittimi. L’aria era deliziosamente intrisa di salsedine, il mare non doveva distare molto, e con esso la loro destinazione. Ma non poteva essere così facile: non potevano giungere finalmente a un comodo letto in cui gettarsi come panni sporchi, non senza perdersi una decina di volte.

*
“te l’avevo detto che dovevi girare a destra!” “ma a destra c’era una strada dritta in mezzo ai campi, vuoi distruggere gli strumenti?” “tanto dobbiamo comunque guidare su terreni tutt’altro che lisci, quindi…” “ma se dobbiamo entrare nella pineta cosa ci andiamo a fare fra i campi di grano?” “ragazzi! Un cartello!” “è lo stesso di dieci minuti fa!”

“pare si siano persi” constatò Kibernete.

“se si perdono loro che ci abitano, su quel pianeta, capisco perché non abbiamo potuto calcolare il loro tragitto”

Aster non si stancava mai di stare in ascolto, e nemmeno levava lo sguardo dal pianeta colmo di vite che si agitavano sotto la Ziggy Stardust. Doveva mancare poco tempo, poche ore e l’astronave sarebbe entrata nell’atmosfera, protetta dalla mimetizzazione dello scafo che la rendeva invisibile. Kibernete stava già studiando una zona d’atterraggio. Ma Aster era davvero pronta per abbandonare la sicurezza della sua nuova casa errante? Sarebbe riuscita a sopravvivere da sola su un pianeta alieno? Non restava che scoprirlo.

*
Il terreno irregolare, butterato di buche e cune, faceva tremare e sobbalzare i passeggeri dei due veicoli. La preoccupazione di ognuno di loro andava agli strumenti: un’accozzaglia di chitarre, bassi, microfoni, tastiere, sassofoni, una batteria, diversi strumenti strani – fra cui per fortuna non figurava l’arpa di Alice – che si scontravano come durante una marea, col rischio di rovinarsi. Quando finalmente, con l’esaltante sottofondo di Sweet Home Alabama, varcarono le soglie del campeggio, il gruppo si mise ad urlare “finalmente!”. Probabilmente furono odiati fin da subito dai poveri turisti che tentavano di riposarsi dopo un anno di fatiche. Guardando fuori dai finestrini, i ragazzi già adocchiavano fanciulle coperte solo da costumi, mentre Alice trovava la sua parte guardando gli animatori del campeggio. Il duo di veicoli a motore – nessuno dei quali di piccola stazza – dovette trovare spazio nel parcheggio interno, per fortuna all’ombra. L’aroma di resina s’insinuò nelle narici dei ragazzi con estrema dolcezza, e il mare pareva tanto vicino da poter già sentire la schiuma sui piedi e gli schizzi sul ventre. Ma non c’era tempo per fantasticare sulle fresche acque azzurre della Maremma: quella sera stessa avrebbero avuto un concerto nell’area svago del campeggio.

“forza, signorine, è ora di sbarcare gli strumenti!” ringhiò Edoardo, come fosse un sergente istruttore.

“e fate in fretta! Se credete che la prof di ginnastica del liceo di Gallarate sia crudele non mi avete conosciuto quando qualcuno mi fa fare tardi ad un concerto!” scherzò Andrea.

“questo perché di norma tu arrivi in ritardo da solo” gli rispose Alice a tono.

“calmi, ragazzi, incasinarci in giro con gli strumenti è una pessima idea, quindi questo è il piano:” James prese le redini “io e Gra prendiamo una chitarra e un basso e andiamo alla ricerca dei nostri bungalow, prendiamo le chiavi, e poi guidiamo tutte le spedizioni fino alla base, mentre Monica e Giovanni – che hanno gli strumenti più ingombranti – aspettano qui e fanno la guardia”

“va bene, ma perché portarsi dietro basso e chitarra se poi dovete fare altri viaggi con noi?” domandò Paolo.

“ma è ovvio, mio caro: per far colpo sulle donne” rispose Graziano.

Così dicendo, caricarono sulle spalle i loro strumenti e partirono alla volta della reception. Dei cartelli di legno a forma di freccia fungevano da indicazioni, sebbene fossero pochi e la loro ricerca difficoltosa. Fu un’impresa anche solo trovare il loro primo obiettivo. Chiesero immediatamente le chiavi per i bungalow corrispondenti alla loro prenotazione, e anche le direzioni. Non persero tempo a guardarsi in giro: seguirono alla lettera la strada che gli era stata descritta, ma senza un minimo di successo. Si persero almeno cinque o sei volte, e ricevettero chiamate iraconde dai loro compagni.

“cominciamo bene” commentò James “isteria già al primo giorno”.

Dopo una mezz’ora buona riuscirono a venire a capo della matassa di vie incastrate fra le case mobili, le tende, le roulotte, i camper, e, tutti felici, trovarono la loro meta. La casa era immersa nella pineta, in mezzo a tante altre, abbastanza distanziate da far godere agli inquilini un delizioso riposo in silenzio. Un grazioso scoiattolo si sfamava sopra il tetto di uno dei due bungalow che avrebbero accolto i ragazzi. Subito, una volta dentro, Jim e Gra si liberarono dei pesi alle spalle, osservarono compiaciuti la loro abitazione, sorridendo. Fu un’altra telefonata a risvegliarli. Richiusero a chiave le porte e corsero al punto di raduno.

“perché ci avete messo tanto?” si lamentò Alice.

“questo posto è un labirinto!” si difese Graziano.

“ci sono pure i cartelli” fece presente Monica.

“non sono chiari, che cavolo!” rispose James.

Concluso un veloce e per nulla aggressivo battibecco, iniziarono a caricarsi in spalla quanti più strumenti possibile, mentre Monica e Giovanni, come promesso, rimasero a fare la guardia, in attesa del proprio turno. Quando il silenzio tornò a regnare, e gli unici altri rumori appartenevano alla natura, Monica trasse un gran respiro profumato.

“è così idilliaco, qui, un vero e proprio locus amoenus

“Monica, basta latino, ti prego!”

“hai ragione, ma guardati intorno: la pace più assoluta”

“sì, sì, la pace, il mare, e i bikini!”

Monica scoppiò a ridere. “sì, anche quelli”

“però hai ragione, venire in questi posti, in mezzo alla natura, ti allontana dai problemi”

“e immagina essere immersi davvero nella natura! Voglio dire, immagina di avere una casa in Canada, in riva ad un lago, lontano mille miglia da ogni centro abitato”

“nah, io sono un tipo da città, folla, casino… insomma qualunque cosa pur di non rimanere solo la notte”

Monica non era affatto come lui, ma in quel gruppo ognuno di loro era diverso, e tutti si apprezzavano nelle loro diversità, nei loro pregi e nei loro difetti. Ben presto i compagni furono di ritorno per la seconda ondata, il secondo viaggio per finire di trasportare gli strumenti, dopodiché avrebbe seguito la manutenzione, e poi, se fosse rimasto del tempo, avrebbero anche visto la spiaggia.

*
“appena cala la notte su questo versante della Terra, giovane Aster, prendi la navetta e scendi sulla superficie del pianeta” spiegava Kibernete “ho impostato la rotta verso il mare, poco distante dalla costa più vicina al punto in cui gli obiettivi si sono fermati. Utilizzerai la tuta subacquea per raggiungere la terraferma, poi ti addentrerai nella selva e cercherai con la mente il tuo interlocutore, non dovrebbe essere difficile trovarlo”

“ho capito, Kibernete, grazie” rispose Aster, traendo un profondo sospiro angosciato.

“hai paura, piccola?”

La ragazza non rispose subito. Lei stessa dubitava di quella che sarebbe stata la risposta. Annuì, ma senza fiatare.

“è comprensibile, stai per cadere su un pianeta alieno che non hai mai esplorato, entrerai in contatto con una razza sconosciuta, non devi vergognarti”

“ma è quello che ho sempre voluto, capisci? Ho paura, ma la manderò a farsi fottere e realizzerò i miei sogni, in culo a tutti quelli che dicevano il contrario!” emise un risolino isterico.

“se non altro sei pronta a comunicare con loro”

“beh, il contatto mentale dovrebbe rendermi conscia della sua lingua, ma lo stile devo impararlo il prima possibile”

Guardava incessantemente la Terra, senza sosta, in continuazione, studiava le sue venature con cura maniacale, come se stesse disegnando nella sua mente una mappa di quel pianeta.

Che immensi oceani! Pensava ci saranno immerse creature magnifiche e titaniche come sul mio mondo?

Ascoltava le conversazioni dei ragazzi per telefono. Parevano persi di nuovo, e tentavano di ritrovarsi all’interno del campeggio. Hanno un pessimo senso dell’orientamento, devo convenire.

*
“e anche l’ultimo strumento è in casa!” esclamò Monica, sistemando la grancassa in un angolo.

“fatti forza, Kentucky Woman, e pensa che stasera già ci aspetta una sfacchinata fino all’area feste” disse Edoardo.

“ma scusa, Jim, perché cavolo non abbiamo portato già là gli strumenti?” domandò Giovanni.

“io non lascio una strumentazione da centinaia di euro alla mercé di chiunque”

“ma chi vuoi che rubi una batteria” intervenne di nuovo Edoardo.

“io concordo comunque con Jim, così abbiamo il tempo di rilassarci un po’ e stare tranquilli” rispose Monica, sostenuta anche da Paolo e Andrea.

Adesso era giunto il momento di smistarsi nelle case. James, Graziano, Andrea, Paolo ed Edoardo avrebbero occupato uno dei due bungalow, il resto del gruppo prese residenza in quello accanto. Nel primo, si apriva una veranda, affiancata da due braccia dell’abitazione formando una ‘L’, che avrebbe ospitato grandi partite a carte e birre ghiacciate dopo i concerti, fra le parole della notte. Una porta conduceva in un locale che fungeva da cucina e sala da pranzo, munito anche di divano e televisore. A sinistra della veranda, invece, una grossa finestra era incastonata nel muro, e tradiva la presenza della stanza matrimoniale. Il braccio opposto, invece, ospitava un letto a castello e uno singolo. Per quanto riguarda il secondo edificio, era di fronte, assolutamente identico, evidentemente pensato e montato apposta per i campeggi. Pareva uscito da una catena di montaggio. Comunque, in quell’edificio ci sarebbero stati in quattro, e lo spazio era un poco più disponibile, tanto che fu ceduto a loro il compito di tenere la batteria di Monica. Ma le case erano una mera formalità, sicché si sarebbero scambiati i letti praticamente ogni notte, e probabilmente avrebbero dormito per terra, pur di non stare separati dopo l’eccitazione di gruppo delle serate sul palco.

“e ora che abbiamo sistemato anche le valigie, tutti al mare!” strillò Alice.

“prima crema!” obiettò Paolo.

“scordatelo, noi ragazze ce la mettiamo da sole! Voi maschi spalmatevela fra di voi”

“ma che maliziosa!” scherzò il compagno.

Per raggiungere il mare dovettero noleggiare alcune biciclette, in quanto per raggiungere la spiaggia avrebbero dovuto affrontare una lunga marcia nella tenerezza della pineta, in mezzo ai profumi dell’estate, per poi attraversare il paese. Il sottobosco scricchiolava sotto gli pneumatici delle mountain bike, fragrante come il pane appena sfornato, un tappeto di aghi di pino. Il tragitto fu piacevolmente turbolento: ogni buca, ogni radice che faceva sobbalzare i ragazzi non faceva altro che risvegliare i loro sensi dal torpore di nove mesi di studio. Anche incastrarsi nella sabbia e dover proseguire a piedi mentre gli altri, agitando la mano, correvano verso il mare, fu gradevole. In quel caso il povero compagno lasciato indietro – anche se poi l’intero branco si fermò ad aspettarlo – era Giovanni. Attraversarono il piccolo paesino marittimo, dove le bancarelle spuntavano come funghi in ogni dove, nonostante non fosse una grande città. James adocchiò un negozio di dischi, Monica una libreria, Edoardo invece si fece una mappa locale dei ristoranti “stasera si mangia qui, prima del concerto!” disse. Graziano propose, dunque, di mangiare per le sette di sera, alle otto avrebbero preparato il palco e alle nove e un quarto avrebbero aperto la serata con Whole Lotta Love. Ben presto iniziarono a fare bella mostra del proprio corpo le schiere di ragazzi e ragazze di ritorno o in viaggio per le sabbie e gli ombrelloni. L’emozione di sentire l’acqua fresca lavar loro di dosso la calura si faceva forte come il sole che picchiava. Ognuno dei ragazzi portava, incastrato nello zaino, un piccolo ombrellone. Solo James pensò bene di portarne uno grande, e dovette tenerlo fra le bretelle della sacca e la sua schiena. Era decisamente scomodo. Ecco che una distesa gialla come scorza di limone iniziò a mostrarsi, sempre più vicina. Una volta legate le bici ad un palo, i ragazzi presero il via in una corsa folle verso un luogo, in mezzo a quella spiaggia, in cui prendere residenza, posare gli zaini, e piazzare gli ombrelloni che avrebbero raffreddato la sabbia rovente. I piedi bruciavano, ma non importava a nessuno. A velocità disumana, erano già tutti in acqua meno Paolo e Andrea, che leggevano tranquilli all’ombra, sdraiati a petto nudo su un paio di teli da mare, occhiali da sole indosso. James stava passeggiando sul bagnasciuga, osservando l’immensità del mare, e immaginando quali incredibili meraviglie potesse nascondere. Gli venne voglia di rubare una barca nel vicino porto del paese e prendere il largo. Mentre imprimeva le sue impronte nella sabbia bagnata, i suoi amici lo distolsero dalle sue fantasie prendendolo di forza, sollevandolo, e gettandolo in acqua. All’inizio fu una sensazione fastidiosa, quella del freddo sulla pelle calda, ma poi iniziò a non farci più caso, tanto era preso a schizzare i suoi compagni per una divertita ripicca. Monica e Alice prendevano il sole su due materassi gonfiabili, ma nemmeno per loro durò molto, quell’attimo di pace e tranquillità. Occhialini indosso, Giovanni era andato ad esplorare le acque un po’ più profonde, e presto fu seguito anche da Jim. Mentre i due ragazzi rimasti a guardia dell’accampamento erano persi fra le parole l’uno del Deserto dei Tartari, l’altro de Il Trono di Spade, si fece vivo l’immancabile ‘cocco bello’, che percorreva la spiaggia gridando, appunto “cocco bello!” e sventolando una fetta della noce, fresca, bianca e zuccherina. Andrea non si fece scappare l’occasione.

*
“il corpo umano che utilizzerai è quasi pronto, Aster, ancora qualche ora di perfezionamento, ma quali indumenti indosserai?”

Aster rimase perplessa: non ci aveva mai pensato. Non poteva certo presentarsi con indumenti Cydonensi al cospetto di un altro pianeta.

“non puoi creare alcuni degli indumenti più utilizzati dai giovani della Terra?” chiese a Kibernete.

“ma certo, ti farò avere una lista al più presto”.

Così fu: vi erano canottiere, pantaloncini che scoprivano persino le cosce, strani calzari formati da una pianta e un supporto che si andava ad incastrare fra l’alluce e l’indice. Comunque, per quella stagione, l’estate, i vestiti erano all’insegna della pelle; capi d’abbigliamento molto scoprenti, per favorire una temperatura corporea il più fresca possibile. Ma non solo: l’estate era la stagione più calda, e il calore spinge a desiderare l’accoppiamento, o almeno qualche avventura amorosa, e lo scopo di quei vestiti era, appunto, attirare il sesso opposto. Aster scelse una camicetta senza maniche, leggera, di lino, d’un giallo canarino quasi trasparente. Un paio di jeans piuttosto corti le avrebbero coperto le gambe quel tanto bastava. Ma per i piedi optò per scarpe da ginnastica. Ora poteva dar mostra di un corpo nuovo, che lei stessa aveva progettato, e non voleva risparmiarsi; il suo obiettivo era ricominciare da capo sulla Terra, diventare amata, desiderata, e trovare persone che, come lei, sognavano, sognavano, senza mai fermarsi.

*
I ragazzi erano tutti sdraiati ad asciugarsi. Jim si sforzava di non fare fantasie su Monica, mentre su Alice non ne aveva nemmeno la tentazione, tanto erano legati come amici. Riprese a guardare il mare, attraverso le lenti scure di un paio di occhiali da sole tondi nello stile di John Lennon. Era così immensamente puro, inviolato, casto. I suoi abissi erano il regno dell’ignoto, nessun occhio umano aveva ancora classificato tutta la flora e tutta la fauna, anzi, nemmeno un decimo. I misteri che si celavano sotto quella coperta colorata di tutte le tonalità del blu affascinavano Jim almeno quanto quelli che si perdevano fra le stelle. Se solo fosse nato con la vocazione per il mare, avrebbe imparato a navigare e avrebbe solcato gli oceani, e così avrebbe viaggiato per il mondo intero, attraverso le acque. Un marinaio con la passione per l’avventura.

“allora, Jim, come ti sembra la spiaggia?” gli chiese Paolo.

“beh, sai com’è, troppo turistica, per i miei gusti…”

“eccolo, il lupo solitario” commentò qualcuno.

“e poi non c’è niente, solo sabbia e acqua. Io amo le spiagge sperdute, ricolme di scoglie che nascondono meraviglie, dovunque, e magari una barriera corallina.

Insomma, quelle spiagge dove gli occhi possono godere di tutti gli incanti che la costa marittima può dare”

“Jim, qui puoi godere di tutti gli incanti che un paio di natiche possono dare” scherzò Edoardo.

“ma siete fissati, voi maschi!” si lamentò Alice.

“per quanto siano belle le ragazze che passano davanti a me, io continuo a desiderare una bella nuotata fra i pesci, i ricci di mare, gli anemoni, i coralli, le vongole, le cozze, le ostriche…”

“insomma, hai voglia di un fritto misto”  rise Andrea.

“no, sono serio. Ho voglia di mare, in tutti i suoi aspetti”

“beh, ci sei, amico” disse Graziano.

Era vero: e la certezza che il mare sarebbe stato lì, senza muoversi, lo rincuorava. Gli avrebbe fatto visita ogni giorno, magari andando a cercare in auto qualche spiaggia come quelle che piacevano a lui. E lo avrebbe visto di notte, con la luna che ci si specchiava vanitosa.

Ma adesso era il momento di tornare, farsi una bella doccia, riposarsi dalle fatiche del viaggio, e attendere giocando a Uno – il famoso gioco di carte – che le ragazze fossero pronte per andare a cenare nel ristorante adocchiato da Edoardo. Il che richiedeva di solito almeno un’ora, se non novanta minuti. Durante la pedalata di ritorno, James si sentì sollevato come se stesse respirando elio, sapendo di aver lavato via le sue ansie nel mare. Ora era libero dalle angosce, almeno fino a settembre.

*
Orbita Terrestre, ore 23.49, 11.49pm

Kibernete svegliò Aster con un allarme generale che risuonò per tutta la nave. La ragazza si gettò fuori dal morbido letto, chiedendo spiegazioni.

“qualcosa sta tentando di bloccare i miei sistemi, e non ci è più possibile intercettare le trasmissioni provenienti dal pianeta”

“siamo tagliati fuori? Sono gli umani?”

“escluso, loro non possiedono una tale tecnologia”

“e allora chi?”

“ritengo che tu conosca la risposta”

Qualcuno, con la tecnologia di chi viaggia per la galassia, stava cercando di allontanare la Ziggy Stardust dalla Terra. Ma perché? E chi? Aster formulò, nella sua mente, l’ipotesi che si trattasse della polizia extraplanetaria di Neo Cydonia, arrivata fino a Kibernete, inviata dalla madre. O forse qualcosa di molto più oscuro: i potenti della galassia stavano nascondendo la Terra. E Aster ne avrebbe scoperto il motivo.

“quanto tempo ho?”

“per ora sono stabile”

La ragazza corse verso il laboratorio, un locale saturo di un’aria pesante, e caratterizzato da un numero spropositato di ampolle, provette, alambicchi, terminali, gabbie vuote, scatole trasparenti da esperimento, e altri oggetti ad uso scientifico. In un angolo vi erano due vasche poste in diagonale, chiuse da una vetrata curva. Aster si spogliò ed entrò in una di esse. “avvia il trasferimento!” ordinò. Nell’altra vasca la attendeva il suo corpo umano. Tutt’intorno a lei iniziò ad aleggiare una specie di vapore luminescente. Questo si saturò dell’energia vitale di Aster, di quella che gli umani chiamano ‘anima’. Man mano che il vapore si prendeva ciò che lei era, si sentiva sempre più debole, come se stesse morendo. Era una sensazione terribile, ma sapeva che di lì a poco sarebbe finita. Un istinto latente la costringeva a tenersi sveglia, a fuggire quel sonno malsano, ma alla fine cedette. Riaprì gli occhi da umana. Quando la vetrata si spalancò, il nuovo corpo di Aster cadde sul pavimento, fradicio di sudore. Vomitò una prima volta, poi una seconda, rischiando di soffocare.

“devi respirare, Aster!” la intimò Kibernete.

Si sforzò di caricare l’aria dentro di se, ma fu subito presa da forti spasmi di tosse. I suoi polmoni erano come svuotati, e gonfiarli così in fretta le recò una fitta ai bronchi che la fece piegare su se stessa.

“piano!”

Ci riprovò, calmandosi e regolando una respirazione rilassata. Fece fare pratica ai suoi nuovi organi respiratori. L’apparato circolatorio era già funzionante, ma Aster si sentiva intorpidita, come se il suo corpo stesse ancora dormendo, e pian piano stesse riacquistando sensibilità. Vomitò un’ultima volta, e poi si diresse verso il bagno. Là si lasciò cadere per qualche minuto l’acqua addosso, per ripulirsi. La pelle era collosa, e anche se perse minuti preziosi, Aster sapeva che una doccia rapida era la soluzione migliore. Conclusa quella, però tornò nel laboratorio, e aprì una piccola scatola argentata, dentro alla quale si erano già formati i vestiti da lei scelti. Non cera tempo per preparare una valigia. Li indossò in fretta, sacrificando la muta nautica, e prese il suo orologio, insieme all’amuleto di suo padre, ora adibito a ciondolo. Con gambe da cervo si fece strada fino alla stiva, dove, attraverso un procedimento simile a quello che aveva utilizzato per uscire nello spazio, avrebbe raggiunto l’esterno a bordo di una navetta. Quest’ultima l’aspettava parcheggiata in fila insieme ad altre tre uguali, nella piccola stiva. Lo scafo, a forma di goccia, era color grafite, e vedeva incastonata nel rigonfiamento, una sfera di hyle. Aster aprì quella sfera tramite un portello sulla parte superiore. Una volta entrata, il portello si richiuse, e il materiale si fuse, facendo sparire ogni traccia d’apertura. I terminali che Aster stava imparando a conoscere a scuola di volo non tardarono a comparire.

“i sistemi di volo delle navette sono disattivati, dovrò guidarti da qui” avvisò Kibernete.

“e tu che farai?”

“tenterò di portare giù la nave, durante la tarda notte, e affonderò nelle acque al largo della costa dove sei diretta. Non appena avrò debellato la minaccia ti contatterò tramite il tuo orologio”

“Kib…”

“cosa, giovane Aster?”

La ragazza sospirò un attimo, capendo che non aveva ancora realizzato di essere nel pieno di un’emergenza. “fa’ attenzione, va bene?”

“ne ho passate di peggiori. Molto peggiori” rispose sicura “e ora va’!” così dicendo, aprì tutti i portelloni, disattivò l’attracco magnetico che fissava la navetta all’interno della stiva, e la scaraventò fuori bordo. La nave avrebbe tentato di resistere fino a notte fonda, quando era stato prefissato l’atterraggio, per poi precipitare, frenata dai motori ausiliari d’emergenza che avrebbero evitato di trasformarla in una cometa, e favorita dal sistema di occultamento che la rendeva invisibile agli occhi, nascondendo l’impatto con le ombre della notte.

Aster vide il suo amato sogno avvicinarsi a lei a una velocità vertiginosa. La navetta iniziò a vibrare leggermente – era progettata apposta per gli sbarchi – ma il materiale di cui era fatta, insieme all’invisibilità, le consentirono una discesa lontana dagli occhi indiscreti degli umani, senza che potessero vedere lo scafo né la scia infuocata che avrebbe invece lasciato dietro di se come traccia una qualsiasi astronave umana. Il mare si avvicinava. Sempre di più. Sempre di più. Ed ecco che la punta andò ad infilzare per rima le acque, nel punto che Kibernete aveva programmato: né troppo vicino alla costa da rischiare di impattare col fondale nella caduta, né troppo lontano, per evitare ad Aster una lunga e stancante nuotata in un mare alieno. Ora, lei e la navetta erano immerse nel pianeta Terra.

Angolo degli Autori:
Non siamo morti, nossignore! Siamo solo lenti come la lebbra, lo sappiamo... Ma finalmente Aster è sulla Terra, il suo viaggio nello spazio l'ha portata a destinazione, e ora comincia la sua avventura terrestre! 
Avvisiamo che è in stesura una seconda versione di Aster, che verrà pubblicata, una volta finita, separatamente, ma ora proseguiremo nella pubblicazione di questa versione, fino alla conclusione (quanti -one! XD), starà a voi, se avrete voglia di imbarcarvi anche in quell'avventura, decidere quale versione sarà meglio! ;-) 
_ La Setta Krypteia 
  
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