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Autore: camoeight    20/08/2015    2 recensioni
"Per sempre non significa niente, nemmeno per creature come noi..."\"“Buon compleanno Caroline” si sentì sussurrare all’orecchio e un brivido le attraversò la schiena. Questa è una raccolta di one-shot\drabble di vario genere. La coppia principale è Klaroline, ma non solo!
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Enzo, Katherine Pierce, Klaus, Un po' tutti
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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So che è passato un secolo dall'ultimo aggiornamento, ma l'ispirazione funziona così purtroppo :(
però questo capitolo è praticamente infinito quindi spero di essermi fatta perdonare almeno un po'...Buona lettura e se vi va lasciatemi qualche recensione per farmi sapere che ne pensate :*

 


And yet each man kills the thing he loves
-pt. II-
 



“Sei sicura di star parlando di Kol?!” chiese Rebekah sconcertata quasi strozzandosi con il suo beignet. Caroline sorrise nel bicchiere e annuì “Dovevi vedere la sua faccia quando al posto delle gemelle olandesi si è trovato nella camera di quella vecchietta, l’ha cacciato via colpendolo con un bastone, Bekah…non capita tutti i giorni di assistere a una scena come quella!” esclamò la bionda ripensando alle sue avventure col minore dei Mikaelson.  Si erano trovati casualmente durante uno dei suoi tanti viaggi in Messico, inutile dire che poche ore dopo erano completamente ubriachi. Per un secondo l’idea di ferire veramente Klaus attraversò le menti di entrambi, sarebbe stato facile. Solo che non lo era stato. Erano finiti a parlare di Hope invece e dopo altri pianti, altro dolore erano riusciti a guarirsi a vicenda, almeno un po’. Da allora era nata una fortissima amicizia che andava oltre la semplice complicità da sempre avuta col piccolo Mikealson.
Caroline avrebbe voluto portarlo con lei ogni volta che faceva ritorno in Louisiana, ma il vampiro aveva sempre rifiutato categoricamente. C’erano ancora questioni irrisolte con Klaus.
E aveva paura per Caroline.
 
“Ti farai uccidere” le aveva detto aiutandola a caricare i bagagli “e se mai dovesse accadere Nik metterebbe il mondo a ferro e fuoco”
Caroline lo guardò sorridendo amara. Una volta forse.
Ora non ne era più molto sicura.
 
Tornò in sé vedendo Rebekah irrigidirsi e fissare un punto alle sue spalle “Da non credere! Sapeva che eravamo qui e l’ha portata comunque” sibilò e Caroline dopo essersi voltata leggermente sorrise pacatamente “Rilassati, o ti verranno le rughe” scherzò facendola sbuffare.
“Signore” sentirono salutare ed entrambe si voltarono incrociando il ghigno di Klaus e una Camille piuttosto irritata.
“Klaus, Camille…che piacevole coincidenza trovarvi qui” fece Caroline fulminando Rebekah con lo sguardo a un suo commento sgarbato.
“Stiamo aspettando che si liberi un tavolo” intervenne Camille a mo’ di giustificazione.
In un attimo sentì la voce tagliente di sua cognata bionda “Sciocchezze, questo tavolo è abbastanza grande per tutti, prego- li invitò con un cenno secco della mano- unitevi a noi”  disse amabile.
Caroline la guardava con un sorriso tirato, l’avrebbe incenerita con uno sguardo se avesse potuto. Sentì gli occhi di Klaus su di sé e tornando a guardarlo notò che stava aspettando qualcosa, probabilmente il suo permesso.
SI sarebbe dovuta sorbire un brunch con la nuova fidanzatina? Perché Rebekah avrebbe dovuto-
Poi scattò l’illuminazione. Bekah, sei terribile! pensò ammorbidendo i lineamenti e annuendo sinceramente ospitale “Ci farebbe davvero piacere” aggiunse.
Se Camille sembrava indecisa su come comportarsi, lo stesso non poté dirsi di Klaus, che senza farselo ripetere scivolò con fluida eleganza nel posto accanto alla sorella.
Caroline ne approfittò per scambiare un’occhiata di intesa con Rebekah. Che i giochi abbiano inizio.
Camille rimase in piedi ancora titubante, ma Klaus mormorò qualcosa  di incoraggiante indicandole il posto vuoto accanto a Caroline. Totalmente delusa dalla piega della giornata la ragazza cedette e si accomodò accanto alla vampira.
“Ti trovo raggiante oggi mia cara” disse quest’ultima con tono estremamente affabile guadagnandosi  un grazie grugnito.
Klaus la studiava dall’altra parte del tavolo, espressione scettica e sopracciglio inarcato. 
“Allora Klaus, come vanno le cose nel tuo regno?” domandò Caroline facendogli l’occhiolino e mescolando lentamente il suo cappuccino. L’ibridò si appoggiò allo schienale della sedia sorridendo tronfio “Puoi vedere tu stessa love” fece aprendo teatralmente le braccia “I licantropi sono rispettati, i vampiri obbediscono e le streghe –beh sono streghe- ma diciamo che apprezzano i nuovi equilibri” spiegò soddisfatto e Caroline non riuscì a sopprimere una smorfia.
“Qualcosa da ridire love?” le domandò mantenendo l’espressione arrogante, ma c’era una traccia di irritazione nel suo sguardo e la bionda fece spallucce “Non avrai mai l’obbedienza delle streghe Klaus, per il semplice fatto che non puoi comandarle. Se provassi a chiedere il loro aiuto invece di estorcerlo le cose sarebbero diverse…ma è un discorso che abbiamo già affrontato diverse volte” si voltò verso Camille “Che ci vuoi fare? È testardo! Oh ma lo saprai sicuramente” sorrise complice.
Vide la ragazza muoversi nervosamente sulla sedia.
Era forse a disagio? Meglio rimediare.
“E tu Camille, di cosa ti occupi?” domandò allora interessata focalizzando la sua totale attenzione sulla giovane.
“Beh, c’è il mio bar-il Rousseau” iniziò incerta-    “Posto incantevole Caroline, dovremmo andare ogni tanto” intervenne Rebekah con tono eccessivamente entusiasta.
Camille guardò Klaus in cerca d’aiuto e l’ibrido si schiarì la voce “Camille vorrebbe diventare psicologa, sta finendo in questi giorni la specializzazione” disse prendendole una mano e ricevendo uno sguardo pieno di gratitudine.
“Oh beh con Klaus il materiale di certo non ti manca giusto?” ridacchiò Caroline venendo immediatamente fulminata da un’occhiata dell’ibrido. Lo guardò innocente, come a dire che c’è?
Rebekah decise di intervenire “Sai Camille, Caroline ha preso diverse lauree nel corso del tempo…Psicologia era la quarta giusto? O la quinta?” chiese arricciando le labbra e Caroline scosse la testa “No Becks quella era psichiatria, psicologia è stata la nona” precisò prima di voltarsi “Non che tenga il conto” aggiunse facendole l’occhiolino. L’originaria sbuffò prima di continuare “Quello che intendevo era che Camille potrebbe imparare molto da t-”
“Sai, love, non ricordo quanto hai detto che ti tratterrai in città…” chiese Klaus a bruciapelo, l’atmosfera cominciava a scaldarsi e Caroline non poteva che esultare dentro di sé. Aveva notato l’atteggiamento completamente diverso dell’ibrido, era piuttosto arrabbiato, anche se cercava di mantenere un tono pacato e cordiale.
Caroline sorrise raggiante “Oh questo perché effettivamente non l’ho detto” rispose vaga e sorseggiò il suo cappuccino senza distogliere lo sguardo vittorioso da quello furente dell’ibrido. Volavano scariche di tensione. Non si capiva se si sarebbero saltati addosso per sbranarsi o per-
Il tintinnio di un cucchiaino caduto ruppe lo scambio di sguardi “Scusate” esclamò Camille che non sembrava per niente dispiaciuta.
“Prima che arrivaste Caroline mi stava raccontando delle sue avventure in giro per il mondo, certe storie sono così divertenti Nik!” cinguettò Rebekah “Sai che in India ha conosciuto il tris-bis-qualcosa-nipote dell’inventore del Kamasutra, non è affascinante? Vero Care?” stava provocando entrambi spudoratamente e, se da una parte Caroline avrebbe voluto strozzare l’originaria, il lampo di fastidio negli occhi di Klaus la fece ricredere. Così annuì assumendo un’innocente espressione imbarazzata “Becks, non serve dirlo a tutto il mondo!” finse di riprenderla e l’altra fece spallucce.
Camille aveva l’aria di chi avrebbe voluto trovarsi in ogni posto tranne che lì, i suoi occhi sembravano quelli di un topolino intrappolato nella colla.
Klaus invece voleva la battaglia, gli si leggeva chiaro in faccia. Alzò un sopracciglio scettico “Non capisco l’eccitazione. Non è una novità che tutti si vantino di aver inventato il Kamasutra in India. Un impostore come tanti altri…” fece accompagnando la sua espressione annoiata con un gesto della mano.
Caroline guardò i suoi pancakes “Oh non saprei…” fece allungando l’indice nel cioccolato “…il ragazzo sembrava sapere il fatto suo” insinuò sorniona portandoselo alle labbra con un sonoro pop e gustandosi lo sguardo letale dell’ibrido “Ma basta parlare di me” fece voltandosi verso Camille “…dimmi un po’…da quanto vi frequentate?” chiese e notò che probabilmente la ragazza avrebbe iniziato volentieri un monologo sulla loro avvincente storia d’amore. Si preparò psicologicamente alla tortura.
“Io e Camille ci siamo conosciuti un anno fa” tagliò corto lui inaspettatamente senza curarsi particolarmente della sua compagna.
Aveva uno sguardo di sfida, notò Caroline. Era uno di quegli sguardi, accompagnato da sorriso, che preannunciavano uno scontro. Il bastardo voleva litigare.
Oh no, non ti darò la soddisfazione!
“Un anno!” esclamò la bionda ignorandolo palesemente e continuando a rivolgersi a Camille, sgranò gli occhi fingendo ammirazione “Finalmente una ragazza che è riuscita a metterlo in riga!” rise complimentandosi e la vide accennare un sorriso tirato che però non raggiunse gli occhi. Era completamente a disagio.
L’atmosfera si fece tesissima.
“E che dire di te love? Il tema amore è sempre stato un po’ delicato in passato giusto?” chiese Klaus meschino guadagnandosi un’espressione di puro sdegno di Rebekah –Nik!-  “Ho sentito parlare di qualche amante passeggero, ma nulla di serio a giudicare dai tuoi tempi di consolazione…davvero sweetheart, sei proprio una ragazzaccia!” esclamò con tono velenosamente scherzoso, ma Caroline fece spallucce “Mi conosci Klaus. Sono incontentabile” mormorò con tono malizioso “In questi anni ho provato ogni genere di esperienza, ho vissuto di bellezza genuina, ho ispirato i migliori artisti del mondo, ho ballato con l’astro nascente dell’Opéra, ho scalato vette finora sconosciute, mi sono scontrata con licantropi, ho vissuto con le più antiche congreghe del mondo…e magari hai ragione tu, love, sono volubile e le mie liason sono state brevi- incatenò lo sguardo buio con quello di Klaus- ma posso garantirti che ogni singolo uomo nella mia vita mi ha amata, anche se a modo suo…” concluse leggermente più emotiva di quanto avrebbe desiderato essere.
Rebekah sorrise “Chi potrebbe non amarti Care? Sei adorabile” fece e l’altra ricambiò grata.
“Mi scusi signora” mormorò la giovane cameriera riferendosi a Caroline “Questo è per lei” disse porgendole un fiore.
Caroline lo prese incuriosita. Aveva il gambo lungo ma sembrava chiuso.
Alzò lo sguardo sulla donna che le indicò un punto alle sue spalle “Lo manda il ragazzo seduto al bancone” spiegò prima di allontanarsi.
Caroline incrociò il sorriso del giovane. Sembrava uscito dalla copertina di un giornale. I riccioli scuri incorniciavano un viso spigoloso e facevano risaltare i bellissimi occhi verdi che la scrutavano divertiti. Sorridendo di rimando alzò il fiore come a volerlo ringraziare nonostante la stranezza, ma l’uomo le fece cenno di guardare meglio.
“Caroline guarda” esclamò Rebekah estasiata.
Il fiore che inizialmente era chiuso su se stesso stava cominciando ad aprirsi, fino a sbocciare in uno straordinario girasole dai colori brillanti.
“Davvero molto bello” sussurrò Camille sinceramente colpita.
“Maghi” sentirono Klaus borbottare infastidito. La vampira sentì un colpetto alla gamba e Rebekah le fece cenno con la testa “Dovresti andare a ringraziarlo” la esortò divertita.
Caroline sorrise timidamente e si alzò avvicinandosi al giovane che la guardava cercando di mostrare una sicurezza che non aveva.
“È stato davvero un bel pensiero, grazie” disse accennando al fiore ancora tra le sue mani “-…io sono Caroline”. Ora poteva vedere da vicino il suo volto, la pelle ambrata, le labbra piene e l’aria esotica che lo rendeva davvero molto interessante.
“Djogo” rispose semplicemente lui continuando a guardarla adorante. Era così giovane, pensò la vampira.
“Dovresti stare più attento Djogo” fece poi con una scintilla maliziosa nello sguardo “…è pericoloso praticare la magia fuori dal Quartiere” sussurrò come fosse un segreto guadagnandosi una risata “Per un sorriso come il tuo ne è valsa la pena” mormorò poi e qualcosa nei suoi occhi rispecchiò quelli di Caroline.
La vampira si voltò verso il tavolo. Rebekah cercava di intrattenere un discorso con Camille, che tuttavia guardava l’uomo di fronte a lei con aria preoccupata.
Non le servì spostare lo sguardo su di lui per capire che la stava fissando. Poteva sentire il suo sguardo bucarle la nuca. Sorrise di nuovo.
“Dammi un momento”
 
Klaus la vide sorridere al ragazzo e sussurrargli qualcosa. Si impose di restare immobile, ripetendosi che era solo una provocazione diretta a lui.
Ma non poteva fare a meno di fissare quei due, di ascoltare. Il vampiro diceva di lasciar perdere, ma il lupo dentro di lui si stava agitando.
Sapeva che Caroline aveva avuto altri uomini e il solo pensiero lo faceva stare male, ma averla lì, civettuola davanti ai suoi occhi.
Era troppo.
La vide avvicinarsi, un leggero rossore ad ingraziarle il viso “Vogliate scusarmi, ma devo lasciarvi” disse recuperando con eleganza la pochette intrecciata e indossando gli occhiali da sole “Dovremmo rifarlo qualche volta” e senza dire altro fece per uscire seguita a ruota dal ragazzo del bancone.
Rebekah scosse la testa divertita “Non si può dire che se ne stia con le mani in mano!” esclamò subito prima di sentire il pugno scagliarsi sul tavolo distruggendolo “Nik! Che diavolo-” gridò alzandosi e controllando che la sua nuova Gucci fosse asciutta.
Lo sguardo di Klaus la bloccò. Aveva il fiatone e con tutte le forze stava cercando di controllarsi, ma l’originaria notò lo scintillio dorato andare e venire un paio di volte. Subito dopo sentì il rumore di una sedia “Mi è passato l’appetito” disse Camille marciando verso l’uscita. Klaus si alzò poco dopo, ma andò nella direzione opposta a lei.
Come se nulla fosse accaduto Rebekah si sedette di nuovo, scansando con un piede ciò che restava del tavolino e fece cenno al cameriere di portarle un altro bicchiere.
 
 
“Sei splendida” le sussurrò l’uomo baciandole il collo e lei roteò gli occhi. Una signora della sua età desidera un po’ più di fantasia.
Lo afferrò per la nuca e accarezzò la sua mascella con la punta del naso inspirando “Mmm” mormorò chiudendo gli occhi e accarezzandogli il petto, prima di tirarlo a sé per un bacio. Lo spinse contro il muro, ma lui invertì le posizioni e Caroline sentì la schiena sfregare contro la parete.
Sentì i passi in lontananza e sorrise nell’intimo abbraccio del suo partner scostandosi leggermente e guardandolo negli occhi “Mi dispiace” sussurrò accarezzandogli dolcemente il viso. Notò lo sguardo confuso dell’altro e aggiunse “Niente di personale, sei quel che si dice un danno collaterale” il ragazzo non ebbe tempo di rispondere e la vampira lo vide sgranare gli occhi, la bocca semiaperta in un grido muto, e stramazzare al suolo.
Dietro di lui Klaus la guardava con gli occhi iniettati di sangue, il cuore del giovane stregone stretto nella mano destra.
Caroline schioccò la lingua incrociando le braccia irritata “Era necessario?” chiese facendo cenno con la testa al corpo riverso a terra.
L’ibrido come ridestatosi dalla furia gettò a terra l’organo e in un batter d’occhio afferrò la bionda per il collo spingendola di nuovo contro il muro alle sue spalle. Caroline notò che la stretta non era così ferma.
“Cosa credi di fare?” sibilò Klaus a pochi millimetri da lei. La vampira sorrise “Non era ovvio?” fece derisoria e sentì la pressione aumentare “Levami le mani di dosso Klaus, ora” aggiunse glaciale “Non ti permetterò di umiliarmi Caroline!” le ringhiò in faccia lasciandola tuttavia libera. La bionda lo scansò superandolo “Non darmi tutti i meriti tesoro, stai facendo un buon lavoro anche senza di me” ribatté velenosa “Sfoggiare il tuo animaletto a pranzo -banale!- col tempo stai diventando prevedibile” lo vide fare un passo verso di lei “Si tratta di Camille? È per lei che stai facendo tutto questo?” domandò più pacato, quasi ghignando arrogante, facendole perdere le staffe “Oh andiamo Klaus! È una ragazzina! Di cosa parlate quando siete insieme? Di arte? Letteratura forse? O di com’era la vita prima degli smartphone?!” sbuffò “Vuoi sapere come andranno le cose? Arriverai al punto in cui ti renderai conto che questa è solo una banale crisi di mezza età -o peggio una ripicca!- e la lascerai…la poveretta non si renderà neppure conto di quanto è fortunata…” aggiunse piano “Perché amarti è una maledizione Klaus” neanche il tempo di finire la frase e si ritrovò a schivare un cassonetto. Lui era lì, il fiato corto, le labbra arricciate che mostravano i canini pronunciati.
Caroline si aspettava quel tipo di reazione, era quel che voleva. Portarlo al limite. Con Klaus era il modo più veloce per capire cosa gli passasse per la testa.
“Che significa questo per te?” chiese la donna indicando il corpo dell’uomo e l’ibrido distolse lo sguardo.
“Klaus guardami! Perché l’hai fatto?” ma all’ennesimo silenzio gli afferrò il viso con la mano costringendolo a guardarla “Dimmi perché l’hai fatto?” gli ordinò.
Klaus sembrava un animale selvatico messo alle strette, il respiro era irregolare, gli occhi frenetici “Cosa vuoi sentirti dire Caroline?” ringhiò tra i denti “Che mi fa impazzire vederti con qualcuno? È così!” esclamò scostandola bruscamente, marciando verso l’uscita del vicolo.
Non voltarmi le spalle Klaus!” tuonò la vampira e lo vide fermarsi. Il silenzio era interrotto solo dai loro respiri irregolari.
“Ero lì” sussurrò soltanto e Caroline corrugò la fronte “Come?” chiese e lo sentì sospirare “Città del Messico, la terza volta che te ne sei andata. Quella sera eri bellissima. Ti ho vista ballare con Kol e quel gruppo di ragazzi, ridere con loro e ho capito” la bionda cambiò completamente espressione “Kla-” ma lui la interruppe “Non eri così con me, non più, e ho capito che non sarei stato mai capace di renderti felice. È stato quando ho capito che era finita” lo vide rigido, teso e fece un passo verso di lui “Non hai mai capito nulla di me” mormorò triste e lo sentì ridere stancamente “Forse no” poi però si voltò “Ma tu conosci me, sai che sono un uomo egoista e senza cuore. Sappi che, finché sarai nella mia città, questo è quello che accade” fece indicando il cadavere “se qualcuno decide di usare i miei giocattoli” sorrise in modo inquietante “Chiaro?” domandò.
Caroline non poteva crederci. Quell’uomo e la sua arroganza!
In meno di un secondo si trovò di fianco a lui. Le posizioni invertite rispetto a poco prima, era lei che se ne sarebbe andata pensò serrando la mascella “Non sai quanto vorrei conficcarti quel paletto dritto nel cuore Klaus. Lo vorrei così tanto…” disse a denti stretti di fronte al sorriso forzato di lui. Lo odiava. Odiava quel sorriso, quell’espressione che conosceva fin troppo bene. Sapeva che Klaus aveva incassato il colpo e che tuttavia non sarebbe andato al tappeto facilmente. “Allora sweetheart non capisco davvero cosa tu stia facendo qui” fece lui scuotendo la testa “Cosa ti ha spinta a tornare dopo tanto tempo?” la fissò per qualche secondo e la vampira sentì un brivido lungo la schiena “Scommetto che ti fa impazzire…” sussurrò ancora lui facendo un passo avanti e oltrepassando pericolosamente quello che Caroline definiva il suo spazio “…l’idea che qualcuna possa prendere il tuo posto, che un’altra persona possa farmi provare quello che ho provato con te…” Caroline sentì gli occhi pizzicare “…che ancora una volta tu possa essere seconda a qualc-” il suono secco dello schiaffo durò un attimo, ma fu sufficiente a fermare il tempo.
 
Caroline respirava affannosamente, la mano era ancora a mezz’aria e il viso era rigato dalle lacrime. Come poteva quell’uomo –quel mostro!- essere suo marito?
Sapeva che con quelle parole avrebbe colpito il bersaglio.
Le aveva davvero spezzato il cuore.
Klaus non si era mosso, non aveva parlato.
“Che me ne vada, che ti lasci per sempre…è questo che vuoi?” chiese Caroline con un filo di voce, ma non ricevendo risposta sentì di nuovo la rabbia montare “RISPONDIMI DANNAZIONE! È QUESTO CHE VUOI?” ruggì spintonandolo.
Silenzio.
Klaus era rimasto immobile con lo sguardo puntato verso il basso.
La vampira si morse il labbro tremante e annuì a se stessa “Hai vinto” le uscì come un singhiozzo, poi prese un respiro profondo e con postura più ferma “Non ci saranno discorsi romantici, né regali costosi, non guarderò più indietro Klaus, una volta andata mi perderai per sempre” lo avvisò e le sembrò di vedere qualcosa attraversare lo sguardo dell’ibrido. Sperò che Klaus realizzasse quanto fosse seria. Quello che avevano non era sano, era un gioco crudele e qualcuno ci sarebbe presto andato di mezzo. E non sarebbe stata lei.
“Sono tornata qui per ritrovare mio marito” precisò addolcendo il tono di voce rispondendo alla sua domanda e finalmente i loro sguardi si incrociarono di nuovo “…ma se questa è l’unica parte di lui che mi resta, credo che non ci sia altro da fare” concluse scacciando l’ennesima lacrima col dorso della mano.
Ora stava a lui, era il suo turno.
 
 
 
Klaus conosceva ottocentoquarantasette lingue, ancor più dialetti, ma per la prima volta nella sua lunga esistenza non c’era nulla che potesse descrivere ciò che provava.
Potevano riavere tutto? Sarebbe stato capace di dimenticare? Non ne aveva idea. E Caroline era lì, davanti a lui, con il cuore in mano. E voleva una risposta che neppure lui conosceva.
Gli anni trascorsi insieme come una vera famiglia erano stati un’illusione. Persino la sua adorata bambina alla fine aveva preferito la morte a un’eternità con lui. Perché Caroline avrebbe dovuto fare altrimenti?
Era solo questione di tempo si era detto, prima che anche lei lo abbandonasse. E così era stato.
O almeno così aveva creduto. E la sofferenza era stata indicibile.
Ora la sola idea di ricominciare e rischiare di perdere tutto, di nuovo, lo paralizzava.
Forse sapere che Caroline lo odiava in qualche modo rendeva tutto più sicuro. Non c’erano speranze, non c’era illusione.
Chiuse gli occhi, come fisicamente colpito, prima di parlare.
“Quello che cerchi non c’è più Caroline” avrebbe voluto che la sua voce fosse più ferma, arida, non così soffocata, agonizzante.
C’era solo un’ultima cosa da fare.
 
Caroline sussultò quando lo vide porgerle qualcosa che riconobbe immediatamente.
La sua fede.
Si sentiva male. Senza pensarci colpì il palmo aperto della sua mano facendo volare l’anello a metri di distanza.
“Secoli fa ho scelto di stare con te, di amare te, la creatura più forte del pianeta. Credevo che nulla mi avrebbe più ferita…” si lasciò sfuggire una risata amara pensando ai primi tempi insieme. Si era sentita invincibile, intoccabile. La piccola Caroline Forbes, torturata, abusata, manipolata.
La sciocca reginetta dal bel visino e nient’altro, la maniaca del controllo.
E guardatela adesso, al fianco dell’essere più spietato, capace non solo di tenergli testa ma di lasciarlo senza parole. Aveva pensato di essere forte, forse era stata così arrogante da credere di esserlo più di lui in questi secoli.
“Povera sciocca! Chi l’avrebbe mai detto che alla fine saresti stato proprio tu a distruggermi?” lo guardò un’ultima volta senza trovare i suoi occhi, troppo codardo perfino per questo.
“Addio Klaus…Mi chiedo solo se il tuo inferno sarà peggiore del mio…” sibilò prima di sparire lasciandolo solo.
A nessuno importa più niente di te, ragazzo.
 
 
Camille si guardò allo specchio. Gli occhi rossi e il tremolio del labbro inferiore lasciavano trasparire la sua sofferenza. Si era sentita umiliata, derisa e offesa. Il modo in cui Caroline e Rebekah si erano comportate non l’avrebbe ferita a tal punto se Klaus non avesse reagito in quella maniera. Non c’era solo gelosia nei suoi occhi, c’era dolore, rabbia, angoscia.
C’era amore.
Sbattè con violenza le mani sul lavandino respirando profondamente. Aveva fatto un errore di calcolo. Aveva scioccamente creduto che ciò che Caroline provava fosse a senso unico e se così fosse stato non sarebbe stato impossibile cancellarla dalle loro vite. Ma se Klaus si sentiva ancora legato- se ancora quella passione lo divorava…allora le cose erano completamente diverse.
No, si disse prendendo la borsa, non poteva permetterlo.
Mentre era diretta a casa dell’ibrido pensò a tutte le speranze di un’eternità insieme. Non che Klaus le avesse promesso nulla, ma Camille era intenzionata a diventare vampiro ad ogni costo.
Arrivata alla porta d’ingresso entrò con la chiave di scorta che sapeva essere tra lo scanso di due mattoni. Sentì le voci concitate di Rebekah e Klaus al piano di sopra e pensò fosse una discussione molto seria se nessuno dei due aveva avvertito la sua presenza.
 
“Che significa finita Nik?!” chiese Rebekah incredula guardando suo fratello accasciato sulla poltrona, l’aria devastata.
“Esattamente quello che vuol dire” mormorò chiudendo gli occhi e cercando di mascherare lo sguardo lucido. Rebekah non avrebbe lasciato correre, si preparò mentalmente per la sfuriata.
“Non può essere. Voi due vi amate! Lo sappiamo tutti, Caroline lo sa!” esclamò spalancando le braccia cercando di entrare nel campo visivo dell’ibrido.
Klaus sorrise ma non c’era traccia di divertimento nei suoi occhi “Caroline è stata piuttosto chiara sui suoi sentimenti per me. Non mi stupirebbe se adesso stesse pensando di mettere in pratica le sue minacce-”
“…minacciarti?! Caroline? Andiamo Nik non dire sciocchezze, quella donna ti ama con tutta se stessa! Non ti farebbe mai del male…” disse l’originaria scuotendo la testa e guardandolo come fosse impazzito.
Klaus fissava un punto indistinto ai suoi piedi “L’ha detto Bekah, te lo posso assicurare e dopo tutto quello che è accaduto…non credo la potrei biasimare se lo facesse” mormorò, l’emozione evidente nel tono di voce.
Rebekah fece qualche passo verso di lui “Anche fosse non ne avrebbe la possibilità” obiettò ragionevole e l’ibrido rise amaro “Ti sbagli” e ad uno sguardo sconcertato dell’altra continuò “Dopo la morte di Hope…ho chiesto a una congrega di ricreare un unico paletto. Uno solo, per me. Nessun altro sarebbe stato capace di farlo, ma quello sciamano mi doveva la vita di suo fratello e ha sacrificato l’intera congrega per quel debito” spiegò riluttante.
Rebekah lo guardava atterrita “Ma…Nik…come hai potuto?” chiese sull’orlo delle lacrime e l’ibrido sorrise triste “Avevo perso Hope, volevo una via di fuga nel caso avessi perso anche voi…” rispose.
L’originaria non sapeva cosa dire. Si chiese come avesse potuto, soffocata nel suo stesso dolore, non accorgersi di nulla “E Caroline?” domandò, già immaginandosi la reazione di sua cognata. Avrebbe fatto una bella chiacchierata con la sua “migliore amica”.
Klaus sospirò passandosi una mano tra i capelli “Inutile dire che non appena ha scoperto dell’esistenza del paletto è andata su tutte le furie. L’ha considerato come una mancanza di fiducia, come se avessi rotto le promesse che ci siamo fatti quel giorno…non ha fatto altro che allontanarla di più” spiegò Klaus finendo il suo bourbon “Appena ne ha avuto la possibilità me l’ha sottratto e ancora oggi non ho mai saputo dove lo nasconda” sospirò, poi sentendo la mano minuta di Rebekah sulla spalla sorrise impercettibilmente.
“Nik, ma tu la ami?” chiese la vampira in un sussurro e Klaus rise “…è cambiato tutto Bekah” ma l’altra insistette “Amare qualcuno va bene Nik, soffrire va bene…” lui si voltò, non volendo sentire oltre.
Il singhiozzo di sua sorella lo scosse “Hope ha lasciato un vuoto immenso, fratello, incolmabile…ma non è giusto perdere anche te con lei, non è giusto” pianse finalmente sfogando tutto quello che aveva cercato di nascondere per il bene dell’ibrido.
Klaus aveva sempre odiato sentirla piangere. Anche quando erano piccoli e Mikael lo picchiava alla fine era sempre lei a piangere. La strinse forte tra le braccia e sentendola calmarsi le posò le mani su entrambe le spalle “Certo che la amo, Rebekah…Non potrei fare altrimenti” mormorò prima di sentire la stretta familiare e accogliente dell’originaria.
“Devi parlarle” disse Rebekah dopo qualche secondo “Prima che le cose diventino irreparabili” vide Klaus allontanarsi e appoggiare le mani contro la scrivania “L’ho lasciata andare Bekah, credo di essere irrimediabilmente rotto e non è giusto che lei provi invano a ripararmi” le ultime parole uscirono tremanti e sentì sua sorella fare un verso spazientito “Nik! Cosa ti fa pensare che lei ti voglia aggiustare?” chiese sbattendo un piede con fare infantile.
Non ricevendo risposta continuò più pacata “Forse anche lei è rotta...” e vide qualcosa cambiare nella postura di suo fratello. Che cominciasse a capire?
“Forse Caroline vuole solo che voi siate rotti insieme
 
 
 
Camille aveva sentito ogni cosa. Capì che era solo questione di tempo prima che le parole di Caroline si avverassero.
Sei solo uno dei suoi passatempi.
Goditi il tempo che ti concede.
Il finale è sempre lo stesso.
Lui l’amava ancora.
Quasi senza accorgersene si ritrovò nel suo bar, forse concentrarsi sui clienti l’avrebbe aiutata. Per tutto il pomeriggio sentì la terra inghiottirla mentre continuando a lavorare si comportava come se nulla fosse.
Prima di chiudere andò, come tutti i giorni, a buttare la spazzatura sul retro. Non avrebbe saputo dire cosa la spinse a sedersi lì fuori per qualche minuto, ma fu proprio allora che li sentì.
“L’ibrido. L’ha ucciso lui, ne sono certa! Era solo un ragazzo per l’amor del cielo!” una donna a qualche metro di distanza sembrava distrutta, accasciata sulla spalla di un uomo più anziano che tentava di consolarla “Troveremo il modo di punirlo Gracìela, te lo prometto” ripeteva.
Un colpo di vento improvviso fece sfuggire di mano un foglio che la donna stringeva al petto.
Automaticamente Camille si alzò per raccoglierlo e avvicinandosi alla proprietaria per restituirlo si accorse che era una fotografia. Riconobbe immediatamente il ragazzo che sorrideva all’obiettivo. Era il ragazzo del ristorante! Quello con cui Caroline se ne era andata.
Studiò la donna che accennando un sorriso allungò la mano per recuperare il prezioso oggetto e notò l’incisione su uno dei suoi anelli. Era il simbolo di un’antica famiglia di streghe di New Orleans.
Un piano cominciò a formarsi nella sua testa.
“Scusate, non ho potuto fare a meno di sentire…” iniziò e vedendo gli sguardi sorpresi dei due prese coraggio “Ma se è vendetta quella che cercate, credo di potervi aiutare”
 
 
Davvero Caroline?! Possiedi l’unica arma in grado di ucciderci e hai pensato bene di ometterlo per più di un secolo?!” la voce stridente di Rebekah la costrinse ad allontanare il cellulare. Sarebbe diventata sorda.
“Bekah, ascoltami, le cose non stanno così…tuo fratello era in un periodo terribile e sono sicura che avrebbe potuto commettere qualche sciocchezza se non gliel’avessi portato via al più presto!” si giustificò poi i ricordi la sommersero e con essi le emozioni “Quando ho scoperto cosa aveva fatto…qualcosa si è spezzato Becks! Sempre e per sempre, mi ha promesso il giorno del nostro matrimonio e io gli ho creduto!” si interruppe portandosi un pugno alla bocca e chiudendo gli occhi, il dolore era ancora lì, anche dopo tutti quegli anni. Si sedette sul letto “Klaus voleva abbandonarmi…avevamo perso nostra figlia. Maledizione, anch’io avevo bisogno di lui! Ma Klaus voleva abbandonarmi…” ripeté le ultime parole quasi a se stessa. La stanza d’albergo improvvisamente le sembrò troppo grande.
“Me ne vado Becks” sussurrò “Non tornerò” disse più forte guardando il soffitto. Basta piangere, Forbes!
Tump.
La vampira si voltò di scatto verso la porta chiusa che portava alla sala.
Siete due idioti” sentì Rebekah esclamare “Se soltanto aveste-” ma Caroline si irrigidì “Bekah sssh!” le intimò acuendo i sensi al massimo “C’è qualcuno” sussurrò e percepì distintamente l’agitazione dell’originaria dall’altro capo del telefono “Resta in linea, capito?” le disse prima di infilarsi il cellulare in tasca e appoggiarsi contro la porta della camera da letto.
Era strano. Non c’era più nessun rumore, nessun movimento, ma Caroline sentiva chiaramente di non essere sola. Era come una presenza.
Il fatto di avere Rebekah in linea le diede la sicurezza di aprire la porta e accendere la luce in soggiorno.
C’era una donna, dall’aria elegante e ogni singola parte di lei trasudava magia. Era immobile al centro della sala, la stava aspettando.
“Una strega nella mia umile dimora” fece Caroline dopo la sorpresa iniziale incrociando le braccia al petto “E non una qualsiasi – aggiunse notando l’anello della casata  -…a cosa devo l’onore?” domandò con tono fermo e l’altra rispose “Dimmi dove si trova l’ultimo paletto di quercia bianca” fece con forte accento ispanico.
Caroline sgranò leggermente gli occhi, colta alla sprovvista. Lei e Klaus –ora anche Bekah- erano gli unici a sapere dell’esistenza del paletto. Sbuffò cercando di non dare a vedere la sua preoccupazione “E poi voi streghe vi lamentate sempre di essere le vittime della situazione…lo sai che Klaus è immortale giusto? Ti consiglio di lasciar perdere qualsiasi intento omicida nei suoi confronti. Parlo per esperienza, se è ancora qui dopo tutto questo tempo è perché sa il fatto suo” improvvisamente si sentì bruciare, era come se le avessero tolto l’anello e gettata nel deserto. Gridò accasciandosi al suolo.
“Voi vampiri e la vostra arroganza, sempre a pensare di essere i più forti…” esclamò la donna prendendosi gioco di lei. Caroline si dimenava continuando a gridare. Il dolore le parve insopportabile. Doveva fare qualcosa!
Pensa Caroline, pensa.
E pensò ai giorni trascorsi in Ungheria, a quei piccoli villaggi e a quel gruppo di zingari, si facevano chiamare nomàdok ed erano degli esuli, banditi dalle congreghe di tutto il mondo per la loro natura ribelle. Caroline era affascinata dal loro modo di vedere la magia –non avevano alcun senso del limite, non c’era niente che non potessero fare- e decise di unirsi a loro per qualche mese.
C’era quel trucchetto che le avevano insegnato! Pajzs ,lo chiamavano.
Lo scudo.  
Cercò di ricordare come fare, ma solo pensare le procurava un dolore immenso. Tentò di convogliare tutte le sue energie creando una sorta di muro immaginario nella sua mente. Visualizzò l’energia e la dispose come uno schermo intorno a lei. Attenuò un poco quella tortura e le fu sufficiente per scattare, scagliandosi contro la strega, la afferrò per il collo snudando i canini.
“Non ho paura di te” le ringhiò in faccia e la vide sorridere “Speravo lo dicessi, renderà tutto più divertente” la vide aprire la bocca e recitare uno strano incantesimo. Caroline lasciò la presa facendo qualche passo indietro e si guardò intorno. C’erano diverse voci nella stanza come se decine di persone fossero dentro la donna e la usassero come tramite. Lentamente la vampira sentì le forze venire meno, tutto si fece sfocato e confuso. Era come se stesse girando velocemente su se stessa, in un vortice.
Il tempo parve dilatarsi. Cadde a terra sbattendo violentemente contro il marmo freddo del pavimento, ma non provò alcun dolore.
Si sentiva svuotata. Cercò di tenere gli occhi aperti, ma inutilmente.
L’ultima cosa che vide fu il suo telefono a qualche centimetro da lei e le sembrò di sentire in lontananza le grida di Rebekah.
 
 
Aveva provato a rilassarsi, aveva provato a dipingere, ma non c’era verso di tranquillizzarsi, come un magnete i suoi pensieri non potevano che portarlo a Caroline.
Aveva cercato di dormire, ma si era svegliato gridando il suo nome. In ogni suo momento di veglia cercava di distruggere qualsiasi ricordo, ogni legame che lo riportasse a lei.
E quasi gli veniva da ridere davanti al caminetto, blocco da disegno alla mano, quando le prime luci dell’alba avevano illuminato il profilo delicato di sua moglie.
Caroline che rideva.
Caroline imbronciata.
Caroline addormentata.
Caroline, Caroline, Caroline.
Forse sarebbe impazzito. Desiderava tornare da lei, implorarla di riprenderlo e dimenticare ogni cosa. Ma sapeva che c’erano tante cose di cui avrebbero dovuto parlare e lui non era pronto.
La perdita di Hope bruciava ancora in gola e dietro gli occhi.
Sospirando reclinò la testa contro la poltrona rimanendo qualche secondo in quella posizione.
Sentì la vibrazione del telefono sulla scrivania. Probabilmente era Camille. Sapeva che ce l’aveva con lui e onestamente la ragazza stava iniziando a dargli su i nervi.
Ma chi voleva prendere in giro? Non era colpa di Camille.
Sorridendo alzò il bicchiere a mo’ di brindisi verso il telefono a qualche metro da lui “Per te love, senza offesa ma nessuna può competere con lei…devo dartene atto però, sei durata più del previsto” ridacchiò tra sé.
Il telefono nel frattempo aveva smesso di vibrare.
Bevve un lungo sorso e sospirò di nuovo. Il silenzio venne interrotto da un boato al piano di sotto “NIK!” sentì gridare e alzò gli occhi al cielo.
Un attimo dopo si trovò di fronte una Rebekah completamente sconvolta e più pallida del solito.
“Perché diavolo non rispondi al dannato telefono?!” gli abbaiò contro quasi sull’orlo delle lacrime e solo a quel punto l’ibrido si alzò “Che succede Rebekah?” chiese con tono autoritario, ma la sorella vi lesse una nota di panico.
“Caroline” sussurrò con gli occhi sgranati e bastò un nome per far cambiare completamente atteggiamento a Klaus. La afferrò per le spalle “Parla dannazione! Cosa è successo?” esclamò perdendo compostezza e la bionda sembrò uscire dallo choc “L’hanno presa Nik, una strega. Cercava il paletto!” balbettò e l’ibrido imprecò tra i denti “Con chi hai parlato?!” le chiese brusco guadagnandosi un’espressione di sdegno “Solo con Caroline! Ero al telefono con lei quando è successo…è stato straziante Nik, sentirla gridare così” singhiozzò coprendosi il viso.
Klaus voleva urlare dalla frustrazione. Caroline era- Caroline poteva essere-
Scosse la testa, doveva restare lucido.
“Hai detto che eri al telefono con lei, hai sentito qualcosa?” domandò impaziente e la bionda corrugò la fronte “Deve aver recitato un incantesimo, mi sembrava parlasse spagnolo” cercò di sforzarsi “Anzi portoghese! Ne sono sicura” ribadì più convinta e Klaus si fiondò verso la libreria afferrando un vecchio libro impolverato.
Lo aprì frettolosamente scorrendo le pagine “New Orleans è una colonia francese, conosco diverse congreghe ispaniche, alcune haitiane, ma portoghesi…Ecco!” esclamò fermandosi “Dos Santos” sussurrò e la bionda fece qualche passo verso di lui “Chi sono?” chiese e Klaus richiuse il libro con un colpo secco, lo sguardo tetro e bramoso di sangue “Un’antica congrega arrivata anni fa da Fortaleza…ma non appena li troverò di loro resterà soltanto quella pagina” dichiarò prima di sparire a velocità sovrumana.
Rebekah afferrò il bicchiere del fratello finendolo in un colpo solo. Sperò che andasse tutto bene.
 
 
“Dov’è?!” gridò per l’ennesima volta un altro membro della congrega, Caroline gettò la testa all’indietro ridendo sonoramente guadagnandosi un potente schiaffo. Era bloccata da ore, schiacciata da una forza invisibile contro una parete di quella che sembrava una cripta ed era circondata da individui incappucciati. Roteò mentalmente gli occhi, quanta fantasia.
Una nuova ondata di dolore le attraversò come una scarica ogni osso, ogni tendine, ogni muscolo del corpo. Strinse i denti grugnendo, scossa da spasmi. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di sentirla urlare.
“Caroline, il mio nome è Gracìela” si fece avanti la stessa donna del suo appartamento “Sono la madre di Djogo” spiegò, ma vedendo solo disinteresse negli occhi della vampira specificò “Il ragazzo che l’ibrido ha ucciso ieri” e finalmente qualcosa scattò nello sguardo di Caroline. D’accordo, si disse mentalmente, è di questo che si tratta quindi, di vendetta.
Gracìela sospirò “Senti, non sei tu il bersaglio. Dimmi solo dove si trova il paletto e ti lasceremo andare” cercò di ragionare avvicinandosi, ma improvvisamente Caroline si dimenò nella stretta invisibile cercando di morderla. La strega, colta alla sprovvista, fece un salto indietro.
Con occhi iniettati di sangue la vampira arricciò il naso in un ringhio gutturale “Tu prova solo a liberarmi e la prima cosa che farò sarà piantare ognuna delle vostre teste su una picca, così tutti sapranno cosa significa mettersi contro la mia famiglia” poi puntò lo sguardo su una figura rimasta nascosta, ma di cui era conscia fin dall’inizio “E tu” fece assottigliando gli occhi “Tu non hai idea di cosa hai fatto” sibilò.
Camille fece qualche passo avanti “Lo so benissimo invece” sorrise mostrando i lunghi canini “In un’unica mossa ho ottenuto tutto ciò che desideravo, immortalità, la tua dipartita e forse, col tempo, consolerò anche il tuo amato maritino” insinuò, sorpresa dentro di sé dalla forza con cui Caroline si agitava nella presa. Nascose bene i suoi timori “O forse non ce ne sarà bisogno, forse potresti dirmi dove hai nascosto il paletto. Klaus capirà, è abituato alle delusioni…un tradimento in più non gli peserà giusto?” propose alzando un sopracciglio.
Caroline si rilassò inaspettatamente aprendosi in un allarmante sorriso “In questo momento non so davvero cosa ti convenga fare Camille, uccidermi e subire la vendetta di Klaus oppure lasciarmi vivere e vedere cosa ho in serbo per te…” sussurrò sinistra e vide la ragazza corrugare la fronte, poi girarsi stizzita verso Gracìela “Forse è il caso di usare modi più convincenti, mi sembra ancora troppo spavalda” suggerì. Caroline si sentì staccare dalla parete, ma la presa invisibile su di lei non mollava, fluttuò verso il gruppo riunito della congrega seguita da Camille che camminava accanto a lei quasi fosse una passeggiata “Sai cosa sta per succedere?” le chiese e in quel momento alcune persone si spostarono. C’era una vasca piena d’acqua.
Poi, una volta vicina al bordo capì. Alzò un sopracciglio, scrutando quei fiorellini viola galleggianti sulla superficie piatta dell’acqua.
Era terribilmente affascinante che qualcosa all’apparenza così fragile potesse trasformarsi in arma contro creature come loro.
La sua espressione rimase perfettamente composta nonostante il suo cuore battesse all’impazzata. Doveva prendere tempo.
Voltò il capo verso Camille che, accanto a lei, la stava studiando e “Quasi mi dispiace per te ragazzina. Eppure ti avevo detto che non avevi nessuna speranza con lui. La dolce, innocente barista con la sua laurea in psicologia e i suoi consigli sulla vita…” Camille ringhiò calciandole le gambe facendola crollare in ginocchio e soltanto inspirando Caroline sentì il bruciore familiare della verbena insinuarsi nelle narici, scendere fino a raggiungere i polmoni. Scosse la testa “Chiediti quanto ti abbia cambiata, quanto ti abbia contagiata. Qualcuno tempo fa disse che Quando guardi a lungo nell’abisso, anche l’abisso guarda dentro di te, stare con lui fa quest’effetto, non è così?” mormorò sopprimendo tra i denti un lamento sentendosi afferrare violentemente per i capelli e trovandosi a pochi centimetri dalla sua aguzzina “Non hai ottenuto proprio niente Camille” concluse quasi compatendola con lo sguardo e questo non fece che inferocirla ancora di più. Caroline si sentì tirare indietro e chiuse gli occhi preparandosi all’impatto.
Non posso morire, si disse, i vampiri non possono annegare.
 
 
“Dov’è il paletto?! Diglielo Caroline!” ruggì  Camille ormai allo stremo. Qualcuno doveva averle dato il cambio ad un certo punto.
Caroline non la ascoltava. Quattro ore, trentasei minuti, otto secondi.
Quando era stata immersa la prima volta, il tempo sott’acqua le era sembrato infinito, così per restare lucida aveva cominciato a contare.
Questo esattamente quattro ore, trentasei minuti, dodici secondi fa.
Non posso morire, i vampiri non possono annegare.
Venne tirata indietro bruscamente, e d’istinto inspirò, fu come inghiottire decine di rasoi.
“A-andate al diavolo” sussurrò perché ormai non aveva più voce.
All’inizio c’erano state urla, li aveva insultati, maledetti, ma loro avevano allungato il tempo di immersione.
Non parlerà più con la testa sott’acqua l’avevano schernita.
“Caroline” sentì la voce di Gracìela farsi più vicina “Perché patire queste sofferenze per un mostro?” chiese pacata e solo allora la vampira si accorse che la presa intorno a lei era sparita. Si chiese da quanto.
Agì d’istinto graffiando il volto della strega, ma fu prontamente trattenuta “Vi ucciderà tutti!” gridò ormai sull’orlo dell’isteria.
Gracìela scosse la testa quasi dispiaciuta “Tenetela sotto più tempo” disse lapidaria.
Caroline non ebbe neppure il tempo di prendere il respiro o di chiudere gli occhi.
Inoltre aveva perso il conto, pensò disperata mentre il resto del corpo era scosso da spasmi.
Non posso morire, i vampiri non possono annegare.
Vorrei tanto che potessero.
 
 
Caroline non sapeva quanto tempo fosse passato, alternava dei momenti di veglia a momenti di incoscienza.
Sentiva dei deboli sussurri tra i membri della congrega “Perché non parla?” “Ce l’avrà davvero?” “Nessuno può sopportare tanto dolore” “Sono passate sette ore!”
Stranamente quella terribile tortura stava avendo su di lei l’effetto opposto. Ad ogni nuova spinta sentiva la rabbia crescere e ci si aggrappò con tutta se stessa.
Pensò a tutto quello che aveva passato e tutto quello che l’aveva portata fin lì.
No, Caroline Forbes non sarebbe morta in una dannata vasca da bagno, Caroline Forbes sarebbe sopravvissuta anche stavolta.
 
Non appena ebbe formulato il pensiero si sentì tirare violentemente indietro, ma questa volta con una forza tale da scagliarla lontano dalla vasca, facendola rotolare su un fianco.
Ogni movimento le procurava dolore, i capelli erano pregni di verbena e la pelle era così ustionata da aver trasformato il bruciore in freddo. Non smetteva di tremare.
Sentì delle grida e cercò di mettere a fuoco, ma gli occhi erano ancora danneggiati e servì qualche secondo prima di poter distinguere i contorni.
I membri della congrega erano a terra, immobili.
Tra di loro, macchiato di sangue e con sguardo omicida, si ergeva una figura familiare.
“Klaus” sussurrò la vampira aprendosi in un sorriso stanco “Perché diamine ci hai messo tanto?” chiese.
 
L’ibrido non rispose al sorriso, la sua attenzione era focalizzata dietro di lei, su Gracìela e sulla mano che teneva pericolosamente vicina a Caroline.
Non era stato facile trovarli. Erano riusciti a nascondere la cripta dietro un incantesimo, rendendo inefficace persino la localizzazione. Fortunatamente la sua strega aveva percepito una straordinaria e inusuale quantità di magia concentrata subito fuori New Orleans.
Appena entrato nella cripta Klaus aveva sentito distintamente l’odore del suo sangue, di carne bruciata. E di verbena.
Avendoli colti di sorpresa era stato facile, erano caduti come tasselli di un domino. Era bastato qualche morso qua, qualche colpo la.
Eppure la dannata gli era sfuggita.
Klaus vide la strega stringere la mano in un pugno e contemporaneamente Caroline sussultò spalancando la bocca in un grido muto.
“Lasciala andare! Ho ucciso io tuo figlio!” ruggì l’ibrido cercando di fare un passo verso di loro, ma qualcosa non andava, le sue gambe non ripondevano. Era bloccato. Dannate streghe!
“Dimmi dov’è il paletto Caroline” ordinò Gracìela “Dimmelo o ti uccido” ripeté e la stretta si fece soffocante.
La vampira strinse i denti portandosi una mano al petto. Le stava spappolando il cuore! Camille nel frattempo era scomparsa.
“Diglielo” sentì la voce spezzata di Klaus “Ti prego diglielo Caroline!” la pregò, ma la vampira scosse il capo testarda “No” mugugnò. Il viso di Gracìela era sudato, non avrebbe resistito a lungo. Si voltò verso l’ibrido “Se non posso ucciderti, vendicherò comunque mio figlio” minacciò spostando lo sguardo su Caroline.
Klaus sgranò gli occhi “No, non farlo” balbettò angosciato, ma la strega non lo ascoltava “Uma vida por uma vida” sibilò.
Caroline guardò Klaus. Era finita, questa volta era finita davvero. Pensò a tutto il tempo perso, a tutti i momenti sprecati negli ultimi secoli, al dolore, alla vendetta. Improvvisamente fu come se tutto scivolasse via e rimanessero soltanto loro due. E il loro amore.
E lo vide, lo vide nei suoi occhi che anche per lui era così.
La vampira sorrise tra le lacrime. L’aveva rivisto, dopo tutto quel tempo suo marito era proprio lì, davanti a lei.
“Caroline” sentì il suo nome uscire strozzato dalle labbra di Klaus come un singhiozzo, una preghiera.
“Sempre e per sempre” rispose lei senza distogliere lo sguardo, preparandosi alla fine.  
I suoi occhi non registrarono nulla, ma percepì uno spostamento d’aria che le scompigliò i capelli.
Ripresasi dalla sorpresa notò che Klaus non si era mosso, anche se non sembrava più bloccato.
La stretta al cuore era scomparsa.
Voltandosi si ritrovò di fronte il corpo di Gracìela, gli occhi sbarrati e la bocca semiaperta.
Si sentì abbracciare “Te l’avevo detto che ti saresti fatta uccidere, meno male che tuo cognato era nelle vicinanze” disse una voce che la vampira conosceva fin troppo bene.
“Kol” sussurrò accettando l’aiuto e alzandosi “Che ci fai qui?” chiese ancora sotto choc mentre lui controllava che non fosse ferita gravemente. Si aprì nel suo famoso ghigno “Ho sentito che la famiglia aveva bisogno d’aiuto” rispose semplicemente “E se c’è una cosa che so fare dannatamente bene è un’entrata in scena!” esclamò spalancando le braccia.
Caroline lo guardò ancora interdetta per qualche secondo.
Kol l’aveva salvata. Kol era lì dopo secoli e l’aveva salvata. Klaus, anche lui era lì, suo marito era lì.
Era quasi morta.
Poi scoppiò in un pianto incontrollato, singhiozzando si portò le mani davanti al viso. Non capiva perché questo crollo improvviso, ma sentiva che non voleva smettere. Sentì qualcosa di caldo posarsi sulle sue spalle e spostando le mani si trovò di fronte lo sguardo sereno di Elijah mentre la copriva con una delle sue preziose giacche, alle sue spalle Rebekah lo superò fiondandosi su di lei e abbracciandola forte.
Sentì le voci concitate di Klaus e Kol, la mano tiepida di Elijah accarezzarle la testa, mentre era ancora stretta nell’abbraccio dell’originaria.
“Siete tutti qui” mormorò a fatica ancora tremante e quattro paia di occhi la fissarono.
“Secoli insieme e ancora non l’hai capito biondina?” fece Kol con quello sguardo bonariamente canzonatorio.
“Caroline, potremo litigare, arrivare persino allo scontro e alle minacce talvolta, ma siamo comunque una famiglia” continuò Elijah e Rebekah sorrise con sguardo lucido “Sempre e per sempre” confermò.
Caroline sentì un giramento di testa. Non seppe se per la felicità di vederli finalmente tutti insieme dopo così tanto tempo o per la spossatezza.
Incrociò lo sguardo con l’unico Mikaelson rimasto in disparte.
Poteva vedere la sorpresa nei suoi occhi lucidi mentre guardava tutti loro. Caroline sapeva a cosa stava pensando.
Non sei solo.
Lentamente si scostò da Rebekah e stringendosi nella giacca –non riusciva a smettere di tremare- fece un passo verso di lui.
“Klaus” sospirò quando lui la guardò. Sembrava perso.
Siamo qui, avrebbe voluto dirgli, per te.
Ma in un secondo vide tutto intorno a lei muoversi velocemente, sentì le gambe cedere.
“Caroline!” riuscì a distinguere la sua voce, così vicina e sentire il suo corpo. Come poteva una creatura di migliaia di anni emanare tutto questo calore, si chiese confusamente.
Un unico pensiero le attraversò la mente prima di chiudere gli occhi.
Era a casa.
 

 

So cosa state pensando...Camille avrà quello che si merita, promesso.
Come avrete immaginato ci sarà un pt. III; inoltre ho intenzione di fare un ff di quattro capitoli per spiegare cosa è successo nel passato tra di loro una sorta di prequel, ma prima finirò questa.
Mi piacerebbe molto per le prossime one-shot\drabbles se qualcuna di voi provasse a darmi un argomento che le piace (tutto tranne smut perchè non saprei proprio da dove iniziare) o una scena che vorrebbe vedere possibilmente legata a Caroline e Klaus anche in ambiti diversi per esempio una scena tra Klaus e Rebekah\Elijah oppure Caroline e la sua amicizia con Elena\Bonnie.
Sarebbe davvero bello secondo me, mi dareste la possibilità di mettermi alla prova e nel frattempo cercherei di accontentar le vostre richieste!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
A presto (Spero!!!)
Cami.
 
 

 
  
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