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Autore: Charu San    22/08/2015    1 recensioni
- "Provi pietà per i criminali? Per il Sibyl System, quella ragazza andava eliminata. Lo diceva la Dominator. Lo sai questo, vero?"
"Lei è un fissato con i paraocchi, ispettore Ginoza.."
Quei due non si sopportavano per niente! -
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nobuchika Ginoza, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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- 12 Ottobre, 2018.                                 Tokyo

Inizio esperimento "Viaggio nel futuro".

Il progetto ha come scopo la sperimentazione  dell'ibernazione sull'essere umano, constatando la dannosità di quest'utlimo. I soggetti partecipanti a questo esperimento saranno ibernati per circa 100 anni. La fine di questo progetto è prefissata nella data del 12 Ottobre del 2118. I soggetti presi in esame sono tre maschi e tre femmine.
Ad ognuno dei soggetti verrà affidata una coppia di "genitori adottivi" (compresi tra i futuri familiari del nostro team di medici).
    Soggetti partecipanti all'esperimento:
Daisuke Kiyoku          25 anni
Narihari Munoyasu        23 anni
Chiyuki Tenshi          21 anni
Miyoko Yoshimoto        20 anni
Rei Hiruka             18 anni
Miyazaki Shuseyu       18 anni        

Soggetti ibernati alle ore 16.25, del 12 Ottobre 2018.
Dott. Keisuke Ryodaharu.     -


    

- 3 Settembre, 2105                                Tokyo

I soggetti presi all'esperimento sono ormai periti tutti a causa dell'ibernazione.
L'unico soggetto sopravvissuto, Rei Hiruka, risponde quasi correttamente a tutti i possibili esami esterni posti. Il Team ha deciso che a breve il soggetto verrà liberato dall'ibernazione e posto sotto cure mediche.
Dott. Hayato Ryodaharu.     -



- 13 Ottobre, 2105.                                Tokyo

   Esperimento "Viaggio nel futuro" concluso in anticipo con il seguente risultato:
Il soggetto sopravvissuto, Rei Hiruka, è stato liberato dall'ibernazione correttamente. Le sue condizioni fisiche sono nella norma. In questo momento, ore 11.57, il soggetto è sotto cure di un team medico specializzato. 
Dott. Hayato Ryodaharu.    -




-     Cara Rei Chan,
 Se stai leggendo questa lettera, significa che ora conosci tutta la verità.
Io e tuo "padre" siamo mortificati per quanto  accaduto. Mio nonno faceva parte di quel Team di pazzoidi e tu sei stata affidata alla sua famiglia. Quando io e mio marito siamo venuti a conoscenza di questa enorme responsabilità ricaduta su noi nipoti, ci siamo battuti per averti. Io non potevo avere figli, e tu sei stata la mia occasione per averne uno, anche se molto cresciuto! 
Ma non fraintendere: la mia motivazione non fu solo questa, anzi; sapevo che dopo questo malsano esperimento avresti vissuto in maniera sofferente, essendo questa non la tua epoca e proprio per questo desiderai avere io la responsabilità di donarti una vita dignitosa e gratificante.
Perdonaci per averti nascosto la verità fino a questo doloroso giorno, in cui noi non ci siamo più e, soprattutto, perdona chi ti ha fatto tutto questo. 
Spero tu possa vivere una vita felice, al fianco di un uomo che possa apprezzarti per quello che sei: una ragazza dolcissima e speciale.
Ti abbiamo amato con tutto il cuore, piccola mia.
Addio.
                                    Mamma e papà.  -




Ginoza era sconvolto. 
Non poteva credere a quanto letto; e nemmeno che Rei lo avesse reso partecipe di tutto questo.
Mentre leggeva, di tanto in tanto, spostava lo sguardo verso la ragazza: era seduta sul divano di fianco a lui, rivolta nella sua direzione, con la testa china e le mani, chiuse in un pugno, che premevano contro le ginocchia. Non poteva sapere quale espressione avesse in quel momento, poiché i lunghi capelli neri ed il folto ciuffo le coprivano il viso.
Tante cose gli passarono per la mente, ma quello che più lo aveva sconvolto fu il rendersi conto che lei potesse essere sua nonna o, peggio, bis-nonna, per l'età che aveva. 

- Chissà cosa sta provando in questo momento -

Per lui, il fatto che Rei potesse oppure no provare dei sentimenti era un mistero. Una volta precipitatosi, preoccupato, all'abitazione dei genitori dell'ispettrice, lei sembrava stranamente tranquilla, nonostante a telefono avesse una voce palesemente rotta e prossima al pianto; forse era a causa della sua naturale inespressività.
 Con estrema calma, lo fece accomodare nel salotto e gli mostrò i maledetti documenti. 


"Da quando sono uscita da quel maledetto e fasullo coma, ogni notte sognavo cose strane: sognavo di essere in un epoca diversa, avevo tante amiche nella scuola in cui andavo. Avevo anche un fidanzato, che mi coccolava e stava sempre con me. A volte sognavo semplicemente di leggere un libro, uno di psicologia; infatti, nel sogno, desideravo diventare psicologa. Avevo anche degli incubi, in cui venivo rapita e rinchiusa in una sorta di bara trasparente.
Ora ho capito perché quei sogni e quegli incubi sembravano così vividi e realistici: perché in realtà non erano altro che ricordi. Io ho vissuto quei momenti, ho avuto quelle amiche, ho avuto quel fidanzato. E sono stata rapita per quel maledetto esperimento!
Sono tutti morti; e io, oramai, sono rimasta da sola."


Dopo un attimo di silenzio, Ginoza (che non aveva fiatato per tutto il tempo) sentì dei singhiozzi provenire dalla sua collega. Osservandola, notò che tremava e le nocche delle sue mani diventarono bianche, tanto che le stringeva; così, istintivamente, poggiò la mano sinistra sotto il mento della ragazza, sollevandole il viso: i suoi occhi erano socchiusi, gonfi dalle lacrime, e sul suo viso era disegnata una smorfia di dolore, con i denti stretti per non far scappare i gemiti della disperazione.
Rei non riuscì più a tenere in piedi quell'inutile teatrino di freddezza. Imbarazzata nel farsi vedere in quello stato, fiondò il viso sul petto del ragazzo, stringendo la maglia dell'altro tra le mani, come se non volesse lasciarlo scappare e, ormai in preda al dolore, cominciò a piangere e ad urlare.

 A quel gesto, Ginoza reagì immediatamente abbracciandola più forte che poteva, spostando il viso di lei nell'incavo tra il collo e la spalla sinistra; Con una mano le massaggiava la schiena e con l'altra le carezzava la testa, cercando di calmarla. Così, dopo poco, il forte tremore cessò lentamente e Rei smise di piangere, regolarizzando il respiro. Al ragazzo non sembrò possibile che fosse riuscito a calmarla con quel semplice abbraccio.

Rimasero l'una tra le braccia dell'altro per molto tempo: lei aveva la tempia destra poggiata sulla spalla di lui e il naso rivolto verso il collo; la presa delle mani sulla maglia grigia si era allentata poggiandole così sul suo petto. Il ragazzo continuava ad accarezzarle i capelli, sentendone la morbidezza e il profumo di shampoo che emanavano.
Una volta calmatasi completamente, Rei portò le braccia intorno al collo del ragazzo, poggiando il mento sulla sua spalla e stringendosi a lui; Ginoza, sentendo il petto dell'altra contro il suo, balzò quasi, cominciando a sentire un forte calore al viso. 

"Grazie." Sussurrò la ragazza, ancorandosi sempre di più a lui.

"G-grazie per cosa?" 

"Di essere qui con me. Prima mi sono sbagliata; perché io non sono sola: ho te."

Quelle parole gli fecero sussultare il cuore. Nessuno gli aveva mai detto quelle cose.
La ragazza, poi, si staccò da lui, guardandolo negli occhi e sorridendo appena.
Lo sguardo e il sorriso di lei trasudavano tristezza e malinconia, ma allo stesso tempo dolcezza infinita e fragilità. E lui fu catturato da entrambi. Finalmente quella ragazza si era sciolta, aveva tolto la maschera; e solo con lui. 


Mentre ritornava a casa, il ragazzo non riusciva a staccarsi dalla mente l'immagine della collega: la smorfia di dolore sulle sue labbra, gli occhi pieni di lacrime, il suo respiro caldo sul collo, le sue mani tremolanti, il "grazie" detto con un fil di voce; e quell'enorme sguardo blu che, nonostante il buio, era riuscito ad osservare e a leggere. Mentre quelle immagini gli correvano quasi come un'allucinazione davanti agli occhi, non sapeva cosa stesse provando.
Da quando la conobbe, non negò che fosse una bella ragazza, nonostante l'odio, ma quella bellezza non riuscì a percepirla. Fino a quella sera; 
Quel viso,  nonostante deturpato dalle lacrime, lo trovò perfetto, così come i suoi occhi e i suoi morbidi capelli. Sentiva ancora la sensazione delle sue braccia attorno al collo, del suo seno contro il petto e della minuta schiena rilassatasi sotto le sue carezze. 

"Ma cosa vado pensando.." Si portò una mano sul viso. La sua mente stava cominciando a vagare un po' troppo.



Da quel giorno, a fatica, Rei ritornò a lavoro. Cercava di non pensare a quella situazione; purtroppo non si poteva tornare indietro, modificare le cose. Bisognava andare avanti, tutto qui. E per fortuna Ginoza le stava accanto, così che le giornate risultassero più piacevoli e spensierate. Grazie a lui, riusciva a distogliere la mente da quell'incubo che non la faceva dormire la notte.

Un giovedì mattina, Ginoza, approfittando dell'ufficio vuoto per un istante, propose alla collega una cena speciale quel sabato. E lei accettò, senza troppi complimenti.

"Perché -speciale-?" Inarcò un sopracciglio.

"Lo vedrai sabato sera! E' a tema elegante, quindi, mi raccomando: vestiti adeguatamente" Disse, imitando un tono serio. Poi le sorrise.


Così, quel sabato sera, Ginoza si ritrovò sotto casa della collega, ad aspettarla in macchina. 
- Com'è ritardataria! -
Pensò sbuffando, provando a chiamarla più volte.

Dopo un po', finalmente, il portone di quel palazzo si aprì e Rei si diresse verso di lui. Il ragazzo, a vederla, spalancò gli occhi:
aveva un lungo abito blu che le fasciava, in maniera aderente, il busto, dove la gonna si allargava a partire da metà coscia fino a terra. I suoi capelli erano raccolti in uno chignon molto elaborato e il ciuffo le copriva la fronte. Le lunghe ciglia erano marcate dal mascara e un leggero rossetto le colorava appena le labbra di una scura tonalità di rosso. La scollatura sul petto era lieve e per niente volgare.

Salita in macchina, notò lo sguardo dell'altro fisso su di lei: Ginoza si era imbambolato.

"Mi hai detto tu di vestirmi elegante." Disse, imbronciando il muso e incrociando le braccia al petto. 

Solo una volta arrivati, quando lei gli camminò davanti, il ragazzo si accorse della scollatura che aveva sulla schiena, quasi completamente scoperta. La sua pelle era candida e si potevano intravedere lievemente i muscoli leggermente in tensione. Forse si sentiva in imbarazzo, vestita così. 
Lui aveva un semplice smoking e, notata la suddetta scollatura, tentò più volte di allentare, segretamente, la stretta che sentiva al collo provocata dalla cravatta, sudando freddo. Era davvero una bella ragazza. Involotariamente, questa frase sovrastava qualsiasi pensiero il suo cervello, ripetendosi in loop.

Una volta varcata la porta di un enorme edificio, i due si ritrovarono in un'ampia sala, tutta rigorosamente in stile rinascimentale:
quest'ultima era sovrastata da quattro pilastri, situati quasi al centro di essa, ognuno composto da tre tipi di marmi differenti: la base era di un grigio perlato, il blocco centrale di un vivido rosso mogano e la parte superiore era di un candido bianco, il quale rifletteva luce. L'altissimo soffitto presentava complesse figure geometriche, tutte rigorosamente decorate e dai colori sgargianti. Al centro di quest'ultimo vi era un enorme e complesso lampadario di cristallo, che illuminava a giorno l'enorme sala.

"Questo è uno dei ristoranti più famosi di Tokyo e spesso organizza eventi a tema di questo tipo. L'evento di questa sera si rifà alla tua epoca: infatti, se puoi notare, i camerieri sono tutti umani, e non droni o ologrammi. Questa sera, la tecnologia verrà limitata, proprio per rendere il tutto più realistico."

Detto questo, volse lo sguardo verso di lei. Il suo viso si era illuminato: i suoi occhi brillavano e sul volto si era disegnato un enorme sorriso. Si era portata una mano al petto, come per voler frenare il cuore, che in quel momento batteva frenetico. Sì, quel posto, al solo vederlo, le dava una sensazione di familiarità e, grazie ai pochi ricordi che aveva, sentiva di aver sempre sognato di vivere quel momento. E a vedere quella reazione, anche Ginoza sentì una sensazione di benessere dentro di sé.

Per tutta la serata parlarono del lavoro, mentre un orchestra, disposta su di un palco, creava  un'atmosfera gratificante e rilassante.
"Qualche giorno fa, Masaoka mi ha chiesto cosa nascondiamo, io e te. Quel vecchio si impiccia sempre!" Sbuffò Ginoza.
Rei rise di gusto, come non aveva mai fatto prima. "Anche a me lo ha chiesto."
 Poi, ritornando seria, incrociò le mani sul tavolo, assottigliando gli occhi in uno sguardo malizioso "Perché non lo chiami -papà-?".
L'unica risposta che ricevette da parte del ragazzo fu "tzè.." ed uno sguardo un po' irritato. Rei, da quegli occhi, capì che l'uomo davanti a sé non aveva voglia di rovinare la serata parlando del rapporto che aveva con suo padre; così cambiò argomento.

D'un tratto, i due notarono del movimento nella sala: la maggior parte degli ospiti lì presenti si stavano lentamente avviando verso una parte della sala che sembrava una pista da ballo, cominciando a ballare in coppie. Rei, osservandoli, non si accorse che l'amico si era alzato, porgendogli una mano:
 
"Balliamo?"

La ragazza arrossì vistosamente, facendo sorridere l'altro. Delicatamente, quasi in maniera teatrale, poggiò la mano sul palmo di Ginoza e, dirigendosi verso la pista, si unirono agli altri.
Si stava ballando un lento, così il ragazzo, con il braccio sinistro, prontamente fasciò la schiena di Rei e, con l'altra mano prese la sua, cominciando a guidarla. Sentì la sua pelle calda sotto i polpastrelli, notando un leggero brivido da parte della ragazza, causato dal suo tocco.
 Non sapeva se stesse facendo il giusto o no: stava semplicemente improvvisando. Rei poggiò la mano libera sull'ampia spalla dell'altro, trovando estremamente difficile guardarlo negli occhi. E non capiva il perché.

Il ragazzo percepì il suo imbarazzo, così poggiò la guancia sinistra sulla tempia dell'altra, sussurrandole domande riguardo la musica su cui ballavano e facendo battute sui suoi improvvisati passi, cercando di distrarla e farla sentire a suo agio. Il suono della sua risata gli faceva vibrare il cuore, lo faceva stare bene; ed il leggero rossore che notò sulle gote della collega, il quale non le abbandonò per tutto il tempo, gli faceva girare la testa, essendo involontariamente entusiasta di quella reazione.
 
Lo rendeva felice sapere che non soffriva; soprattutto sapere che lei gradiva la sua sola presenza.
In quel modo, si aiutavano l'un l'altra: Ginoza, a causa del padre e dell'amico Kogami, era sempre e costantemente solo, fuori dal lavoro; così come Rei che, a causa della sua disgrazia, non aveva mai legato con nessuno.



A notte inoltrata, i due decisero di dirigersi verso casa. Il silenzio regnò nella macchina dell'ispettore, durante tutto il viaggio verso casa dell'altra.
Una volta a destinazione, Ginoza l'accompagnò fin sotto la porta.
Davanti ad essa, Rei si voltò verso di lui, alzando leggermente il viso e incrociando lo sguardo dell'amico. Le sue labbra si inarcarono in un innocente sorriso, prima di parlare con voce dolce e lieve:
"Grazie per la splendida serata! Ho apprezzato molto il tuo gesto."

A queste parole, abbassò lo sguardo, voltando di poco la testa verso destra. Non capiva perché, incrociando lo sguardo del suo collega, sentiva uno strano fastidio allo stomaco. Gli occhi verdi di quel ragazzo, simili a quelli di un gatto, le provocavano la pelle d'oca, le facevano battere forte il cuore.
 E tutte quelle sensazioni cominciarono ad avvolgerla a partire da quel "balliamo?", da quella mano distesa verso di lei, da quel sorriso prima dolce e poi malizioso e, appunto, da quello sguardo, fisso su di lei, che l'aveva incantata. E da quell'abbracio deciso, che la fece fremere sotto il suo tocco, il calore della sua mano stretta alla sua, la guancia sul suo viso, il respiro dei suoi sussurri infrangersi sul suo orecchio. Si sentiva protetta nelle sue braccia e allo stesso tempo imbarazzata. 

Sentì, d'un tratto, l'altro afferrarle il mento, voltando il viso verso di lui. Poi, le poggiò la mano destra sulla guancia, carezzandola dolcemente con il pollice.

 
"So che hai sofferto, ma non voglio che ti nascondi.
Voglio riconciliare la violenza nel cuo cuore;
 riconoscere che la tua bellezza non è solo una maschera;
 esorcizzare i demoni del tuo passato
e soddisfare i desideri più nascosti del tuo cuore." *

 

Il suo sguardo si era addolcito e la sua voce era bassa ed estremamente soave. 

"Buonanotte, Rei chan." Le sussurrò, voltandosi e dirigendosi verso la macchina. 






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* "Undisclosed desires" - Muse
   
 
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