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Autore: Apricot93    22/08/2015    3 recensioni
Dal Cap. 9:
«... E voglio una persona che non si aspetti sempre il peggio da me, Rae, perché non me lo merito».
Non voglio stare con te. Avrebbe potuto dirmi questo e non avrebbe fatto differenza.
Non posso neanche controbattere. Con cosa poi? Ha ragione su tutta la linea, io lo so che Finn merita tutto questo «e pensi che lei sia questa persona?».
Sorride, un sorriso amaro che gli deforma le labbra in una risatina canzonatoria «è l'unica parte del discorso che hai ascoltato?».
Dal Cap.10: (Finn's POV)
«Sei peggio di una bambina dell'asilo, Rae» e mi sei mancata per tutto il tempo in cui sei stata via «ma sei adorabile...» le avevo sussurrato all'orecchio avvicinandomi di un passo.
Le sue guance erano avvampate all'istante, immediate come l'allegria che aveva spazzato via il mio nervosismo.
Che mi fossi imbarazzato anch'io, però, non l'avrei ammesso nemmeno sotto tortura.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Archie, Chloe Harris, Finn Nelson, Kester, Rae Earl
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 11: Sogni

Stamford - 6/7 Dicembre



Come può un gesto caldo e spontaneo come un bacio, un fottutissimo singolo bacio vissuto da spettatrice, avere effetti così devastanti sull'equilibrio emotivo di una persona tale da congelarne l'anima?
Dieci minuti, soltanto dieci maledettissimi minuti di euforia mi ha concesso la carezza silenziosa della neve sulla pelle prima di sprofondare di nuovo nel baratro. Nemmeno il tempo di lanciarmi goffamente in un paio di piroette, alzare gli occhi al cielo provando a confodermi tra le nuvole, e il suo viso è ancora lì, dentro di me. Con lui il familiare nodo allo stomaco e il fiato corto a confermarmi che non è cambiato niente, che l'ho perso davvero stavolta, che quel bacio dato ad una persona che non sono io, Elle, non è più solo il frutto di un'orrenda fantasia distruttiva. Ma è reale, come me, come lui, come il legame che abbiamo perso.
Finn... ormai non penso ad altro da ieri, a volte il suo nome mi rimbomba così forte nella mente che ho quasi paura che qualcuno all'esterno possa sentirlo. Sono stata un'ingenua a pensare che la rabbia del momento, da sola, avrebbe fatto tutto il lavoro sporco facendomelo dimenticare, e ancora più ingenua a pensare che sarebbe bastato oltrepassare la soglia del Pub, togliermi quell'immagine dagli occhi, per ricominciare a respirare. E invece trattengo ancora il fiato, e la neve che incurante di tutto continua a posarsi invadente sui miei capelli non mi coinvolge più in nessun tipo di emozione.
Me l'aveva detto «Sto con Elle adesso», lo sapevo, avrei dovuto essere preparata a questo, pensavo di esserlo, ma ho scoperto a mie spese che quella tra teoria e pratica è una strada tutta in salita lastricata di trappole, soprattutto quando c'è di mezzo una persona giusta, qualcuno che senza sforzo potrebbe renderlo davvero felice. E tu lo sai.
Se almeno riuscissi a mettere a tacere la coscienza, seppellire quei pensieri subdoli che le labbra si sono rifiutate finora di lasciare andare mascherandoli d'indifferenza. Ma la farsa non ha retto neanche un giorno, e se penso al mio patetico tentativo di farlo ingelosire usando la vicinanza di Liam mi sento ancora più vigliacca...

'È la sua felicità che hai sempre voluto, vero, Rae?
Ti sei impegnata con tutta te stessa per dimostrargli di non poter essere tu quella felicità, anche quando sapevi che al di là di ogni logica lui voleva te e soltanto te. Ce l'hai messa tutta per diventare la persona sbagliata, per chiudere in un cassetto quei baci così giusti tra voi che avevano il potere di far girare le cose anche quando non volevano saperne. Quando hai letto per la prima volta nei suoi occhi le stesse fragilità che hai sempre visto nei tuoi e che non avresti mai pensato potessero appartenergli hai cominciato a viverlo come una responsabilità, come una voce nuova all'ordine del giorno in quel disastro della tua vita. All'incredulità di averlo accanto si è aggiunta l'inadeguatezza.
Improvvisamente non eri più tu ad avere bisogno di lui, ma lui di te, e come avresti mai potuto farlo se a malapena percepisci i contorni sfocati della tua vita? Hai avuto paura di portarlo giù con te, non è così? Temevi che prima o poi avrebbe scoperto da solo che sul serio non potrai mai essere abbastanza per lui, e te ne se convinta così a fondo da trasformare quel pensiero tossico in realtà.
Ma non illuderti troppo, non è altruismo, in fondo in fondo sai che ancora una volta l'hai fatto solo per te, per evitare una fantomatica delusione futura, un rifiuto così inevitabile nella tua mente che incredibilmente non era ancora arrivato. E allora perché non distruggerti da sola? Perché non ferire lui per ferire te stessa? Così adesso hai anche un capro espiatorio, puoi dire di non essere stata tu a decidere, alla fine. È la cosa che sai fare meglio, no? Trovare scuse per giustificare i tuoi fallimenti.
Troppo facile amare e lasciarsi amare da una persona fantastica che chiedeva solo di starti accanto, adesso si che puoi compatirti in santa pace scavandoti un tunnel di commiserazione.
Povera Rae, che aveva il cuore di Finn Nelson tra le mani e ha dovuto buttaro via...'


«Ho fatto un casino» mormoro rendendomi conto della portata del disastro mentre mi accascio a terra con la testa tra le mani. Ho sabotato la mia storia con Finn e la mia felicità in tutti i modi possibili e adesso non riesco nemmeno a pensare di vivere una vita senza di lui, mi manca il respiro all'idea delle sue labbra su quelle di Elle, se non mi reputassi già ampiamente fuori di testa avrei paura di impazzire. È vero che dopo la storia di Eleonor ho messo da parte l'immagine perfetta e granitica che avevo di lui, ed è altrettanto vero che forse ho avuto paura di quelle fragilità, di non saperle gestire, di non poterle aggiungere al caos della mia vita senza che ne scaturisse fuori un completo disastro. Ma adesso farei qualunque cosa per poterle dividere ancora con lui, per sentire all'infinito il calore del suo abbraccio, le sue mani sulla pelle, le sue labbra sulle mie.
«Amo Finn Nelson più di qualunque altra cosa al mondo e ho mandato tutto a puttane!» grido al silenzio spettrale di quella prima neve agognata da sempre, che adesso assomiglia più a uno schiaffo in pieno viso che una carezza. Uno schiaffo ampiamente meritato.

* * * * * * *



Chissà quanti gradi sotto lo zero deve raggiungere un corpo umano prima di congelare completamente e arrivare a sfaldarsi come il ghiaccio, dall'assenza di sensibilità alle gambe ho idea di non essere poi così lontana dalla scoperta e mi piacerebbe poter dire di essere dispiaciuta, ma non è così. Se questo significasse mettere a tacere per sempre le voci nella mia testa e ritrovare un po' di pace correrei volentieri il rischio.
Dopo un'ora e mezza passata all'addiaccio a singhiozzare finalmente ritrovo un briciolo di lucidità e dignità che mi costringono a piantarla con le lacrime, il sole sta per sparire all'orizzonte e sono a un passo dall'ibernazione e da un principio di broncopolmonite, grande idea rimanere a compiangersi immobili durante una nevicata, veramente una grande idea.
Se avessi dentro di me un po' di grinta adesso e riuscissi a darmi un'occhiata da fuori di sicuro mi prenderei a schiaffi.
Mi sento piuttosto strana a dire il vero, più del solito intendo, probabilmente le ultime sinapsi integre rimaste stanno tirando a sorte per un giro di roulette russa, ma c'è un pensiero che mi tormenta e che mi ha acceso dentro una scintilla di speranza, diciamo più un mezzo fiammifero che altro, ma insomma è il concetto che conta. Possibile che i miei occhi abbiano catturato un'immagine che la mente ha deciso di ignorare? Se chiudo gli occhi continuo a vedere una specie di ombra, una presenza gentile e silenziosa che mi segue nell'edificio e sulle scale e che prima quando sono arrivata in terrazzo non avevo notato.
Ero troppo stupita e felice per farlo, ma ora... Non so, non capisco se è un frammento di ricordo o il frutto di un desiderio, in ogni caso brucia così tanto da divorarmi il cuore e devo assolutamente parlarne con Archie anche se, me ne rendo conto, è un'ipotesi così azzardata e priva di fondamento che ho quasi il terrore di dargli una voce.
Devo fare attenzione, il seme della speranza è quanto di più pericoloso possa esistere se non supportato dalla realtà perché genera illusioni e le alimenta di aspettative, ma sono a un livello di disperazione tale che un'eventuale delusione in più dubito mi ucciderebbe. È solo in virtù di una risposta che potrebbe cambiarmi decisamente la giornata che mi convinco a muovere le gambe permettendo al sangue di tornare a circolare, e ripercorro a ritroso il percorso fino al teatro specchiandomi distrattamente nella porta a vetri che, forse, ha visto più di quanto non avessi immaginato poco fa...

Rintracciare Archie in teatro si rivela più complicato del previsto, devo dire che se non fossi a terra per la faccenda di Finn troverei tutta questa situazione a dir poco esilarante, alle porte delle prove generali l'intera sala assomiglia più a un enorme mercato dei fiori che a un teatro. Rose rosse e bianche intonano solennemente il coro del tema di Alice seguite a ruota da un concentratissimo Giglio Tigrato, star indiscussa del pezzo nonché acerrima nemica delle margherite, a loro volta perennemente bistrattate in ultima fila a incorniciare il tutto.
Tra loro, pur con un certo sforzo, riconosco la corolla bionda di Archie e non posso fare a meno di esplodere in un risolino divertito captato al volo dal diretto interessato, che prontamente mi lancia di rimando un'invisibile quanto eloquentissima corona di spine. Non posso ancora sentirlo da questa distanza, ma sono più che certa che se ce l'avessi vicino mi direbbe che gli devo un grosso favore, il più grande della mia vita. E non ha tutti i torti visto che non solo l'ho coinvolto nel progetto, ma per seguire tutti i drammi della mia vita l'ho anche lasciato solo.
Per evitare di essere ripresa dall'integerrima Signora Patmore aspetto diligentemente la fine del pezzo, poi mi avvicino al mio Grillo Parlante preferito e inviperitissimo con l'aria più contrita che riesco a partorire e occhi negli occhi lo prego a mani giunte di seguirmi fuori «è veramente importante Arch, ti prometto che poi avrai modo di offendermi come vorrai, potrai usare anche gli epiteti più volgari che conosci» aggiungo con un sorrisino malizioso.
Le mani poggiate sui fianchi e gli occhietti minacciosi ridotti a due fessure, il malcapitato mi osserva di sottecchi come se stesse seriamente prendendo in considerazione l'idea di saltare a piè pari il mio discorso serio e passare direttamente agli insulti, guardarlo con il costume di scena senza scoppiare a ridergli in faccia è un'impresa quasi impossibile.
«Sai cosa Rae, lasciando da parte l'umiliazione pubblica e la sete di vendetta, ho anch'io la mia etica del lavoro e sto affrontando una fase del progetto tutt'altro che semplice» gesticola convulsamente come la migliore regina dei drammi «non trovo affatto corretto che l'Iris e il Giglio Tigrato abbiano fatto comunella per escluderci dal coro e mantenere la posizione privilegiata di solisti. "Diavolo Patmore" si è lasciata intimidire dai loro schiamazzi meschini, ma secondo me finiranno col mandare tutto a puttane, guardali là» mi indica con un braccio la fonte primaria del suo disappunto «tronfi come due galli da combattimento, ma vestiti come l'ultimo anello della catena alimentare... Non credo di essere mai caduto così in basso» sospira rassegnato.
Se non avessi il terrore di urtare la sua sensibilitià, o di farlo innervosire ancora di più, lo abbraccerei, ma sono qui per un motivo ben preciso che è il momento di tirare in mezzo.
«Finn non c'è?» dritta al cuore del problema senza tanti premboli. Il giorno in cui pronunciare il suo nome non mi procurerà più una fitta allo stomaco sarò morta.
«Allenamento» risponde, laconico «vita tranquilla per i manovali, siamo noi artisti a beccarci tutto lo stress».
«A proposito di lui...».
Coraggio Rae, chiedigli se sei davvero una pazza visionaria oppure no, non avere paura, tanto peggio di così che può succedere?
«Lui ed Elle non stanno insieme e non sono mai stati insieme» mi interrompe con nonchalance, «il bacio che hai visto ieri sera era un effetto collaterale dell'alcol senza nessun significato. Sì insomma, Finn non se lo ricordava nemmeno stamattina, quando Chloe gli ha detto che li avete visti c'è rimasto secco. Immagino sia il karma» sentenzia indicandosi i petali azzurri del costume.
«No... no io veramente volevo sapere se...» biascico un attimo prima di collegare le sue parole nella mia mente come una miriade di puntini priva di senso.
Aspetta un attimo, Finn ed Elle non stanno insieme??? Ma cosa???
....................
....................
Finn ed Elle non stanno insieme???
NON. STANNO. INSIEME.
Ma se lui stesso... Se lui...

«Arch, è stato lui stesso a dirmi che hanno una storia, perché avrebbe dovuto...».
«Mentirti?» mi interrompe di nuovo come se stessimo parlando del più e del meno, del genere sì, ti ha spezzato il cuore ma era tutta una stronzata, e allora?
Avrei voglia di ucciderlo lentamente, però mi limito ad un cenno di assenso dal mio stato di trance.
«Era incazzato Rae, mettiti nei suoi panni, viene per chiarire con te e ti trova in partenza per l'ennesima volta» allarga le braccia sconsolato per sottolineare l'evidenza, «ha reagito male... da Finn. Ma si è pentito praticamente subito. A proposito, alla fine hai mantenuto fede al tuo progetto suicida di parlare con Eleonor?».
Era venuto... per... per chiarire con me?
Io ero convinta volesse parlarmi di Elle, ma quanto posso essergli sembrata fuori di testa???

Ok, sono veramente scioccata, questa è una svolta della storia che non mi aspettavo. Non so nemmeno se mi sento più infuriata o sollevata, una parte di me vorrebbe andare immediatamente ad urlargli in faccia quasi due giorni di frustrazione e cuore infranto, l'altra... l'altra ha appena ricominciato a respirare.
«Rae?» mi arriva una gomitata su un fianco, «hai sentito cosa ti ho chiesto?».
Mi riscuoto a fatica dal torpore «ma tu ne sei certo?» lo incalzo, «sei certo che tra quei due non ci siano coinvolgimenti sentimentali in corso?».
«Beh, posso dirti che non ce ne sono da parte di Finn. Elle ha una bella cotta per lui, e per dirla tutta il bacio ne è la diretta conseguenza, ma questa non dovrebbe essere una sorpresa, lei mi ha detto di averne parlato anche con te».
Annuisco distrattamente tornando con la mente alle confidenze imbarazzate di Elle. Ha dovuto baciarlo per forza alla fine...
«Ecco» sottolinea Archie, «ma questo è tutto, alla fine l'ha capito anche lei che non avrebbe avuto possibilità con lui. Soprattutto adesso che è completamente assorbito dall'ennesimo dramma con te. Comunque non mi hai risposto su Eleonor».
Sono decisamente sorpresa, confusa, felice, preoccupata. Cosa dovrei fare adesso? Arrabbiarmi? Rinfacciargli il bacio? Francamente l'unica cosa che vorrei con tutta me stessa è buttarmi tra le sue braccia e restarci per sempre.
Poi una vocina insistente mi riporta alla mente Eleonor.
Già... Eleonor.
Quando Finn ha bussato alla mia porta cogliendomi in flagrante sono entrata completamente nel pallone, come potevo spiegargli che nelle mie intenzioni c'era un intervento a gamba tesa nelle vicende più delicate e complesse della sua vita? Come avrei potuto dirgli che volevo parlare con sua madre? La donna dalla quale era fuggito scalciando giorni prima dopo l'ennesima delusione? Mi avrebbe fermata, si sarebbe incazzato... e avrebbe avuto ragione. L'ho capito perfino io quando sono arrivata da lei, e se il destino non ci avesse messo lo zampino probabilmente non l'avrei nemmeno incontrata, invece...
«No, non ho parlato con Eleonor» mi spiace Arch, è una mezza verità ma su questo argomento ho sbagliato già troppo «alla fine ho capito che avevi ragione tu, andare a parlare con lei sarebbe stato un errore madornale, quindi non l'ho fatto. Se avranno voglia di risolvere le cose lo faranno rispettando i loro tempi e modi. Però...» riporto la discussione su terreni meno scivolosi e più urgenti «adesso voglio sapere perché non sei venuto subito da me a spiegarmi che quello che mi ha detto Finn non era vero, sono stata uno schifo finora, per quanto lo meritassi questa mi sembra una punizione esagerata».
Archie mi fissa intensamente negli occhi, le braccia abbandonate sui fianchi in segno di resa, tutta la verve e lo spirito di rivalsa di poco fa spariti del tutto «è il mio migliore amico Rae, stava soffrendo anche lui, che altro avrei potuto fare? Ho pensato subito di parlartene, ma per un momento ho davvero creduto che fosse arrivato al limite, che volesse chiudere con te, poi oggi pomeriggio è venuto da me come se da quattro fiocchi di neve dipendesse il destino dell'umanità e allora ho capito che...».
La neve...
«No un attimo, che cosa hai detto???».
Quindi non mi sono sbagliata, l'ombra che mi seguiva a distanza non era una fantasia, era lui, è stato Finn l'artefice di quel momento di pura felicità.
Il mio Finn.
Sento che potrebbe esplodermi il cuore dalla gioia, allora non l'ho perso, forse sono ancora in tempo per aggiustare le cose dopotutto.
Travolgo Archie in un abbraccio da togliere il fiato «mi hai appena dato la notizia più bella di sempre Arch!!! Ti rendi conto??? Lui ci tiene ancora a me, sono stata un'idiota e ho rovinato tutto ma lui c'è ancora, com'è possibile?» grido a qualche decibel di troppo.
«Ok sono sordo» mi canzona il saputello «sei una testa di rapa Rae, morirò di vecchiaia prima che tu capisca l'esatta portata dei suoi sentimenti per te. Eppure te l'ha dimostrato in tutti i modi possibili e immaginabili, che altro ti manca? Almeno vedo che non te la sei presa per la storia del bacio...».
Il bacio. Quel bacio mi ha mandata dritta dritta all'inferno, ma come posso avercela con lui per una situazione che ho creato io? Sarei un'ipocrita, ed io ho tanti difetti, sono egoista, codarda, una vera vigliacca, ma non sono un'ipocrita.
«Non potrei Arch, tutto questo casino è stato colpa mia» ammetto senza tentennamenti «adesso voglio solo parlare con lui al più presto, non ce la faccio più ad aspettare».
«Ti accompagno» afferma prendendomi sottobraccio, «ne avrà ancora per un'oretta al campo di calcio, passiamo al Pub ti offro una birra».
Una birra, un po' di coraggio liquido è esattamente quello che mi ci vuole in questo momento... perché no?


Il Pub è terribilmente affollato e opprimente stasera, ritrovarsi seduti al solito tavolo con due birre scure davanti e una buona conversazione è stato facile. Però questo strano cicaleccio nell'orecchio che mi sale nella testa e aumenta d'intensità a ogni sorsata non me lo spiego proprio. Sono lucida, mi sento bene, eppure non riesco a smettere di ridere, il calore dell'alcol si diffonde rapidamente in tutto il corpo e annulla la tensione iniziale che l'idea di parlare con Finn mi aveva instillato fin dentro le ossa.
Le parole di Archie mi arrivano alle orecchie leggermente attutite, trasformandole in una specie di cantilena di cui afferro si e no qualche parola sconnessa. Quando ci siamo seduti ha iniziato a lamentarsi di "Diavolo Patmore", o "Malefica Patmore" o "Vecchia Megera", ma ad essere sincera non ho la più pallida idea di cosa stia blaterando adesso perché sono troppo presa a fissare l'Unicorno rosa sulla maglia sbiadita di una ragazza al bancone del bar.
Aspetta... un Unicorno rosa?
Ma cosa... qui c'è qualcosa che mi sfugge, ma cosa?

Sorseggio allegramente la schiuma della seconda birra che mi capita tra le mani e improvvisamente ho una grande intuizione.
«Ops!» borbotto ridacchiando «Arch, mi sa che sono un po' sbronza».
Il folletto lamentoso mi guarda sorpreso e poggia tutte e due le mani sulle mie guance in fiamme «in effetti lo sembri, ma hai bevuto una birra sola».
«E due sorsi!» preciso passandomi la lingua sulle labbra ancora sporche di schiuma «ti dico un segreto però...» mi avvicino al suo viso sfiorandogli un lobo «due parole: TRANQUIL-LANTI... ah no, aspetta, è solo una, la parola intendo».
«Non capisco, che c'entrano i tra... no» oh-ho, forse ha capito, «non dirmelo, stai mischiando quella roba all'alcol? Dico, ma sei impazzita??? Potresti anche sentirti male Rae!».
Ha decisamente alzato il tono di voce, forse è un tantino nervoso, ma che ci posso fare? Crede che non lo sappia? L'avevo dimenticato, può succedere, Kester mi sta togliendo tutte le pillole che prendo e all'occorrenza mi ha prescritto un blando sedativo per controllare l'ansia.
Beh, certo che l'ho preso oggi, ovvio, Finn mi aveva mollato, aveva baciato un'altra, non potevo mica vivere senza un minimo di conforto in gocce.
Scrollo le spalle con noncuranza «sto bene, giuro, mi viene solo un po' da vomitare... Te l'ho mai detto che hai una pelle morbidissima? Come fai ad avere una pelle così morbida, Arch?» domando accarezzandogli il viso.
«Sei andata» sentenzia sbuffando, «e Finn sarà qui a momenti. Come minimo mi ucciderà, dobbiamo chiamare tua madre e dirle che farai tardi stasera, non può certo vederti così».
A quelle parole alzo un braccio di scatto e lo tengo sollevato, aspetto che mi dia il permesso di parlare come a scuola per rispondere a una domanda che non mi ha posto.
Vorrebbe tenermi il muso, lo so, e invece scoppia a ridere lo stesso «adesso che c'è?».
«Questa la so!» esclamo «niente mamma e Karim per Rae. Vacanza, agriturismo, casa vuota, niente problemi. CASA VUO-TA» scandisco bene l'ultima parola.
Archie riprende in mano il suo bicchiere di birra rilassando le spalle sulla sedia «un problema in meno... oh, come non detto, ecco Finn».
Un qualche strano rimasuglio di lucidità mi dice che forse dovrei essere preoccupata da quest'ultima affermazione, ma è più forte di me, al momento trovo tutta la mia vita incredibilmente esilarante, e l'Unicorno rosa continua ad osservarmi dalla sua maglietta. È troppo carino.
Il mio noioso compagno di sbronze si alza andandogli incontro, confabulano qualche minuto poi Finn inizia a gesticolare e imprecargli addosso qualcosa che non riesco a sentire. Dio com'è sexy anche dopo gli allenamenti, la tuta mette in risalto il suo fondoschiena e ha due occhi color miele fuso stasera che metterebbero in imbarazzo chiunque. Voglio baciarlo, muoio dalla voglia di baciarlo. Cos'è che dovevo dirgli stasera?
Dopo qualche minuto sono entrambi seduti al nostro tavolo, Finn raccoglie il mio zaino da terra e mi afferra saldamente per un polso «andiamo» mi intima con voce ferma «ti porto a casa».
Io sono completamente ipnotizzata dall'immagine della sua mano su di me, il calore dell'alcol scompare immediatamente sostituito da quello della sua pelle e come un bravo soldatino mi alzo dalla sedia e lo assecondo.
Ma forse ho fatto il passo più lungo della gamba «mi sa che devo vomitare» annuncio con una risatina. Finn mi trascina fuori senza lasciare un momento la presa, l'aria gelida della sera si annulla a contatto con le mie guance incandescenti per la sbronza e l'imbarazzo, e dopo qualche attimo di sollievo il mio stomaco decide di riversarsi interamente sull'asfalto del retro del Pub.
Mi accascio a terra con la testa sulle ginocchia e le mani tra i capelli, ho lo stomaco in fiamme «non credo di farcela Finn».
Mi sento uno schifo, ho la testa nel pallone e continuo a pensare a quello stupidissimo Unicorno rosa, cosa diamine c'è di sbagliato in me? Dovevo parlare con il mio futuro NON ex ragazzo stasera, doveva esserci la nostra grande riconciliazione invece sono seduta per terra, sbronza, e con la nausea.
Sono un completo disastro, e sono talmente in imbarazzo da non accorgermi della fronte di Finn lievemente poggiata sulla mia, le mani sulle mie ginocchia, quel sorriso dolce incorniciato dalle fossette dipinto sulle sue labbra «non preoccuparti, ci sono io, adesso ti accompagno a casa».
Il mio Finn... portami dove vuoi.

* * * * * * *



Tornare a casa mezza sbronza, con lo stomaco sottosopra e la testa martellante è un'impresa titanica.
Farlo camminando ad una manciata di centimetri da Finn la rende quasi impossibile.
Archie si è strategicamente dileguato all'uscita del Pub, con la promessa, o forse la minaccia, di raggiungerci a casa mia più tardi, ed io non oso avvicinarmi a Finn più del consentito, ciondolo a destra e a sinistra come uno zombie impegnandomi a non cadere con tutte le mie forze, ma ogni tanto fallisco miseramente. Quando succede mi affido alla stabilità fisica di Finn, mi aggrappo al suo braccio come a un'ancora di salvezza pregando che le gambe non mi tradiscano impedendomi di cadere rovinosamente a terra, e sto zitta. Muta come un pesce per evitarmi figure peggiori di quella che sto già facendo, e per impedire alle mie labbra di far uscire pensieri imbarazzanti su Unicorni, fossettte e pantaloni della tuta.
Una tipica serata alla Rae insomma, se riuscissi a sollevare le braccia senza provocarmi l'ennesimo conato di vomito comincerei a scavarmi una fossa da sola.
«Come ti senti? Va un po' meglio?».
La voce di Finn è quasi un sussurro, una carezza leggera, sento i suoi occhi addosso ma non trovo il coraggio di alzare la testa dalle mie scarpe, stavolta il contatto delle mie mani con la manica della sua felpa è durato più di quanto non volessi, e non per problemi di stabilità. La nebbia che mi improgionava il cervello comincia a diradarsi appena un pochino, e senza la sua presenza i motivi che mi avevano spinta a voler parlare con lui si fanno sempre più pressanti e rumorosi, pronti ad uscire fuori. Il problema è che non trovo il coraggio di aprire la bocca.
«Mh, un po'» mugugno distrattamente, più che altro per confermargli che sono ancora viva.
«Non avresti dovuto bere stasera, sei stata una sciocca» borbotta contrariato.
La ramanzina mi mancava proprio per completare il quadretto di degrado della serata...
Riuscirei quasi a trovarlo tenero questo suo interessamento nei miei confronti, ma quando ripenso alla sua espressione seria e decisa mentre mi parlava della fantomatica storia con Elle la testa comincia a pulsarmi come non mai, non c'era traccia di questa tenerezza o preoccupazione allora. Lo sapeva, sapeva benessimo che mi avrebbe ferita sul serio dicendomi quelle cose ma l'ha fatto lo stesso, è stato più forte di lui.
Quanto devo averlo deluso per provocare una reazione simile? Finn non è così, non è il tipo di persona che ti ferisce deliberatamente, se è successo è perché l'ho portato all'esasperazione, e qui non c'è sbronza che tenga, la verità di certi pensieri brucia lo stomaco più dell'alcol.
«Mi dispiace» è tutto ciò che riesco a dire senza sentirmi pizzicare gli occhi di lacrime.
Lascio di nuovo il suo braccio facendo appello alle ultime forze rimaste e mi stringo nelle spalle alla ricerca di un briciolo di calore, ma stavolta invece di ritrovarmi a ciondolare sento improvvisamente la stretta forte e solida della sua mano, il calore così familiare delle sue dita che si intrecciano con le mie. Il mio corpo reagisce al suo tocco in un attimo, le guance in fiamme, il battito accelerato, il fiato corto, come diavolo riesce a farmi ancora questo effetto devastante solo tenendomi per mano? Com'è possibile?
«È a me che dispiace, Rae, hai rischiato di sentirti male sul serio stasera. E anche Archie non avrebbe dovuto...».
«Non è colpa sua» lo interrompo con un filo di voce, «avrei dovuto pensarci io e invece come una stupida non l'ho fatto. Volevo...» coraggio Rae, adesso è qui, prova a dare un senso a tutto questo disastro «avrei voluto parlare con te stasera, ero un po' nervosa per questo e così... beh ho pensato che una birra e quattro chiacchiere con un amico mi avrebbero aiutata».
Patetica, sono davvero patetica. Un giorno se ne renderà conto anche lui e mi manderà al diavolo, è l'unica conclusione sensata di tutta questa farsa che mi ostino a voler chiamare "storia".
«Lo so, Archie me l'ha detto» ammette, mentre io immagino tutti i modi in cui potrei lentamente soffocare quel chiacchierone nel sonno, «se non l'avessi fatto tu ci avrei comunque provato io. In effetti... è a me che dovrebbe dispiacere, Rae».
"Dispiacersi"... questa parola suona così sbagliata nella sua bocca che non posso fare a meno di replicare «no invece, è solo colpa mia Finn, la fuga a Sleaford, non averti detto che conoscevo Elle, tutte le paranoie che mi sono fatta su di voi molto prima di...» di vedervi insieme «beh, dall'inizio. Sono stata un'egoista, come sempre. Ti chiedo scusa».
Scusa per non essere stata capace di starti semplicemente accanto quando ancora avrei potuto farlo senza tanti drammi.
Per la prima volta da quando abbiamo iniziato a camminare sollevo lo sguardo e mi ritrovo faccia a faccia con i suoi occhi, mi osservano incuriositi e sollevati come se potessero leggermi fin dentro l'anima... e probabilmente è proprio così. Se è possibile sono ancora più belli di quanto ricordassi, e sorrido, gli sorrido senza un vero motivo, anzi in realtà ne avrei circa un migliaio per piangere, ma siamo insieme, mano nella mano, vicini, ed è tutto quello che potrei desiderare.
Nel frattempo Finn riprende a camminare guardando dritto davanti a sé, fruga nervosamente nella tasca della felpa e ne tira fuori un accendino, poi comincia a giochicchiarci con le dita della mano libera come se lo aiutasse a raccogliere un pensiero «non sono stato un granché nemmeno io. Sai ultimamente ho ripensato spesso al giorno in cui sei partita per Sleaford, a quelli precedenti, io ho sempre assecondato le tue scelte, ma adesso mi rendo conto che forse avrei potuto comportarmi diversamente. Darti dei motivi concreti per restare, o comunque convincerti a farlo. Forse non sarebbe servito a niente, o magari invece si, sta di fatto che non lo saprò mai e di questo mi dispiace molto».
Ecco, questo è tipico di lui invece, prendersi colpe che non ha e sentirsi a disagio perché non riesce a non farmi sentire a disagio, vorrei trovare le parole per spiegargli che sono io la psicopatica, io quella sbagliata, non lui, lui è quello che mi accende di positività le giornate semplicemente esistendo da qualche parte. Anche solo pensare a lui mi fa sentire viva.
Ma come faccio a dirgli una cosa del genere senza addossargli la responsabilità del mio buonumore? Gira che ti rigira finisco sempre per essere una specie di mina inesplosa per lui e questo pensiero mi fa impazzire.
Quindi scelgo la linea soft, l'unica che mi eviti di passare ai suoi occhi come un caso umano «non sarebbe cambiato niente, avevo già deciso. Io ho sempre saputo di poter contare su di te ma dovevo cavarmela da sola, provare a me stessa che potevo farcela. Non credo di esserci riuscita granché bene, ma in ogni caso tu...» sei sempre la nota positiva a piè di pagina «tu mi sei sempre stato accanto. Anche quando non l'hai fatto di proposito c'eri lo stesso... ci sei».
A questo punto datemi un estintore e spegnetemi la faccia perché l'autocombustione è una brutta bestia, caspita che vergogna, riprenditi Rae, un po' di dignità, coraggio!
Certo che sarebbe più facile se riuscissi a pensare a qualcosa di diverso dalla sua mano ancora stretta alla mia, ci avrò buttato lo sguardo almeno un miliardo di volte da quando è cominciato, quasi quasi preferivo la sbornia, almeno avevo un valido pretesto per arrossire e straparlare.
«Certe cose non cambiano mai» mi punzecchia sorridendo quando un lampione dispettoso illumina le mie guance color lampone.
Ormai ho raggiunto il punto di ebollizione, capriola nel petto, respiro irregolare e risatina a singhiozzo «eh già» ammetto imbarazzata.
Sei spacciata, Rachel Earl.

La mia porta di casa ci viene incontro decisamente troppo veloce per i miei gusti, Finn ed io abbiamo fatto gli ultimi cinque minuti di cammino in religioso silenzio, l'uno accanto all'altra, e per dirla tutta non sono affatto pronta a lasciarlo andare, soprattutto a separarmi dal calore della sua mano.
Contrariata e borbottante mollo la mia ancora di salvezza personale e afferro di malavoglia le chiavi per aprire la porta... ma vorrei non averlo mai fatto.
Veniamo investiti in pieno viso da una folata malefica di cipolla e spezie, eredità, probabilmente, dell'ultima peripezia culinaria di mia madre prima di partire per il romantico week-end bucolico con Karim. Non mi rendo neanche conto dell'intensità di quell'odore nauseabondo, in circostanze normali avrei semplicemente arricciato il naso senza farci troppo caso, ma nelle mie condizioni attuali equivale a una sentenza di morte firmata e irrevocabile.
Il mio fragilissimo equilibrio gastrico raggiunto a fatica grazie al freddo della sera improvvisamente collassa di nuovo. Non è un conato stavolta, è un'eruzione vulcanica esplosa direttamente in mezzo al petto, cenere e lapilli compresi. Indietreggio di un paio di passi sentendomi letteralmente crollare il terreno sotto i piedi.
«Rae ti senti male? Che cos'hai?» Finn, allarmato, mi sostiene per un braccio.
Sento il mio stomaco tentare un'esperienza extracorporea, respiro a fondo quattro o cinque volte prima di ritrovare un pizzico di vitalità «non posso entrare, quell'odore di cucina...» indico con un dito tremante il salotto di casa «mi ucciderà».
«Ok, aspettami qui, non muoverti» Finn entra in casa dopo avermi aiutata a sedere sugli scalini della veranda, accende la luce e comincia a trafficare in cucina con il bollitore elettrico e un paio di sportelli, sono quasi certa ci sia un tè nelle sue intenzioni, e agogno l'idea come un condannato a morte la sua richiesta di grazia. Torna da me qualche minuto dopo, mi avvolge una coperta pesante sulle spalle con un abbraccio e lascia tra le mie mani una tazza fumante di salvezza scura.
«Grazie» sussurro appena, anche se non potrei giurare di averlo detto davvero, e continuo a respirare profondamente per calmare gli spasmi.
Lui mi sorride, si siede accanto a me e mi scosta una ciocca di capelli dal viso «per ora sarà meglio rimanere qui, ho aperto tutte le finestre al piano di sotto, vedrai che tra poco andrà meglio».
Ammutolisco, non sono più abituata a questi gesti premurosi da parte sua e il magma incandescente dello stomaco decide di stazionare almeno per un po' sulle guance. Dopotutto chi sono io per interrompere certe tradizioni di imbarazzo autoinflitto? Ormai non mi nascondo nemmeno più il viso tra le mani, subisco passivamente il mio destino di lampone maturo.
Per fortuna mi bastano solo un paio di minuti all'aperto e qualche sorso di tè per tornare a una parvenza di umanità, Finn accanto a me si stringe ripetutamente nella sua felpa nera e ticchetta per terra con la punta delle scarpe per muovere le gambe e far circolare il sangue «fammi un po' di spazio, si gela» esclama un attimo prima di sollevare la coperta che mi ha poggiato sulle spalle e mettersi sotto con me.
Respira Rae, respira, non andare in iperventilazione proprio adesso... uno, due, uno due, regolare, puoi farcela, è solo Finn... ignora il suo profumo di muschio bianco, le fossette sulle guance e i capelli spettinati.
Solo... Finn...
Ok, non ce la posso fare...

Per un attimo sono tentata di lasciargli la coperta e immolarmi per la causa, ma nel momento stesso in cui accosta la sua testa alla mia e sento il calore del suo respiro tra i miei capelli mi rimangio quell'intento e mi godo un senso di completo benessere. Se potessi scegliere tra una qualunque cosa e rimanere cristallizzata su questi gradini per l'eternità sceglierei a vita quest'ultima opzione.
È la sua voce traballante a riportarmi con i piedi per terra «so che Archie te l'ha già detto ma ci tenevo a spiegarti... ecco... io ed Elle...».
Elle... ecco, adesso ha di nuovo tutta la mia attenzione e piena lucidità, pensare alle sue labbra incollate a quelle di Finn mi spezza ancora il respiro, sono gelosa, sì, gelosa da morire, lei è carina, dolce, in gamba quanto vuoi ma Finn è mio. Solo mio. Prima non lo sapevo, o meglio, non volevo guardare in faccia la realtà perché mi faceva troppa paura, ma ora non me ne importa più niente delle cautele, preferisco stare con lui e perderlo piuttosto che farmelo portare via sotto al naso.
«... non siamo mai stati insieme, ti ho mentito» ammette tutto d'un fiato, teso «mi dispiace Rae, vederti pronta per partire chissà dove mi ha fatto tornare in mente Sleaford e non ci ho capito più niente. Volevo togliermi da quella situazione una volta per tutte ma ho agito d'istinto e detto una cazzata. E il bacio che hai visto al Pub...» si volta fissandomi intensamente negli occhi e mi afferra il mento con le dita per invitarmi a fare lo stesso «non ha significato niente, niente... per me. Ero così fuori quella sera che avrei potuto baciare Archie e non sarebbe cambiato niente».
Lo guardo, e il senso di oppressione al petto lascia il posto a una tenerezza infinita. Una delle cose che ho sempre amato di più in Finn è la sua completa incapacità di mentire, non perché non sia in grado di formulare una palla sensata, ma perché i suoi occhi la smaschererebbero per lui, e adesso, uno di fronte all'altra sotto una coperta di lana, nei suoi occhi c'è spazio solo per rammarico e dispiacere. E speranza. La speranza che non sia troppo tardi per sistemare le cose.
Con me saresti in tempo da qui all'eternità, Finn, sempre. La mia non è una scelta, è che non posso fare altrimenti.
«Non fa niente» sussurro a un paio di centimetri dalle sue labbra «ultimamente entrambi abbiamo detto e fatto tante stupidaggini. Soprattutto io, sono andata veramente nel pallone e mi dispiace tanto di essermene andata, di non averti reso partecipe della situazione che stavo vivendo e di aver creato tutto questo casino. Mi dispiace tantissimo Finn, non sai quanto».
Lui poggia la fronte sulla mia e inizia a ridere di gusto «era il mio momento delle scuse, Rae, non il tuo. Possibile che non riesci a smettere di dire che ti dispiace? L'ho capito, ti assicuro che l'ho capito, adesso fallo dire a me».
Chiudo gli occhi beandomi delle sue carezze leggere come un cucciolo «scusami, hai ragione... ops, scusa, giuro che la smetto... forse» borbotto colpevole coprendomi la bocca con una mano.
Finn mi accarezza il palmo delicatamente costringendomi a spostarla e intreccia le nostre dita in un incastro perfetto «abbiamo tempo, tutto il tempo che vuoi Rae...» mormora un secondo prima di posare le sue labbra sulle mie.

Se qualcuno fino a stamattina mi avesse chiesto cos'è la felicità gli avrei raccontato esattamente di questo momento, fin nei minimi particolari.
Sarei riuscita a descrivergli il miele liquido degli occhi di Finn mentre sta per baciarmi, il suo modo fermo eppure così delicato di stringere le mie mani tra le sue quando si spinge ad approfondire il contatto, il suo sapore, il profumo fresco e leggero della sua pelle, il battito regolare del suo cuore. Ma non avrei potuto avvicinarmi alla realtà neppure lontanamente, perché baciare Finn Nelson è come prendere una boccata di ossigeno per me, è come tirare la testa fuori dall'acqua e respirare a pieni polmoni dopo un'apnea continua.
E dà dipendenza. Incontrollabile, totale dipendenza.
Ne è testimone anche il divano su cui siamo seduti adesso, dopo un'oretta passata davanti casa tra abbracci, baci e coccole infinite, ci siamo decisi a sfidare la sorte rientrando in casa con la speranza di non trovare di nuovo l'odore pestilenziale che ci aveva respinti prima. Per nostra fortuna l'aria gelida della sera ha fatto il suo dovere spazzando via ogni rimasuglio di qualunque cibo fosse stato "torturato" in quella cucina. E ora siamo qui, io sdraiata sul divano con la testa poggiata sulle gambe di Finn, lui che guarda distrattamente un film alla tv mentre mi accarezza i capelli e disegna cerchi concentrici sul palmo della mia mano.
Un sogno ad occhi aperti.
Finalmente mi sento meglio, la testa ha smesso di pulsare, l'incendio dello stomaco è stato domato, e se non fosse per il rubino sempre dipinto sul mio viso, che però non dipende assolutamente dall'alcol, potrei sembrare quasi una persona normale. Sana. E io so che è tutto merito suo.
Non bisognerebbe dare a nessuna persona un potere così grande sulla propria esistenza, ma siamo davvero liberi di scegliere? Quando guardo Finn negli occhi o sento il calore delle sue carezze sulla mia pelle credo proprio di no, io so che avendo potuto avrei preferito darmela a gambe senza rischiare di essere distrutta da lui, ma la realtà è, e ormai ne sono certa, che una scelta vera e propria non mi sia mai stata concessa. Il risultato è che adesso non posso più fare a meno di lui, ora che so cosa significa essere felice stretta tra le sue braccia non voglio privarmene più nemmeno per un secondo.
Ma non è ancora tutto.
«Non è vero che mi aspetto sempre il peggio da te, Finn» esordisco così, di punto in bianco, mentre lui si attorciglia distrattamente una ciocca dei miei capelli tra le dita.
Mi osserva con un enorme punto di domanda negli occhi «che vuoi dire?».
«L'ultima volta che abbiamo discusso hai detto che non puoi stare con una persona che si aspetta sempre il peggio da te... Ma io non mi aspetto il peggio da te».
Sorride, e a disagio si passa una mano tra i capelli già scompigliati «ho detto un mucchio di sciocchezze ultimamente».
È strano, ma di tutte le cose che sono capitate in questi giorni quella frase mi è rimasta impressa, persino più del bacio con Elle. Fondamentalmente perché lui ha ragione, ma non nel modo in cui crede.
«Non è una sciocchezza» ammetto aumentando l'intensità della stretta sulla sua mano «solo che io non mi aspetto il peggio "DA" te, ma da tutta questa storia "CON" te» mi impegno a sottolineare le proposizioni mimando due virgolette nell'aria, «il fatto è che io so di non essere una persona facile con la quale avere a che fare, sono lunatica, insicura, piena di paranoie, e a volte mi viene l'istinto masochistico di mandare a puttane anche le cose belle. Anzi, soprattutto le cose belle, perché sono quelle che mi fanno più paura, quelle che potrebbero... ferirmi davvero, ecco. Per me è più facile prepararmi al peggio che sperare in meglio, prima di tutto perché alla fine è sempre andata così, di merda insomma, e poi perché un conto è vedere una tua paura che prende vita, può ferirti ovviamente, ma non peggiora una situazione già schifosa. Tutt'altro conto è veder distruggersi davanti agli occhi un'illusione meravigliosa, un pensiero felice, una speranza. Ecco, questo mi fa davvero paura, ho sul serio il terrore di credere con tutta me stessa in qualcosa di eccezionalmente bello e... così, vederlo svanire nel nulla... Non so se per te può avere un senso, ma non dipende da te in nessun modo. Non è colpa tua» ammetto coprendomi gli occhi con una mano in preda a un attacco di vergogna epocale.
Come minimo crederà che sono pazza, ammesso che non lo sapesse già, però è la verità, e non credo di aver mai raggiunto questo livello di onestà in tutta la mia vita con nessuno, escluso Kester.
Mi aspetto un attacco di risate da un momento all'altro, oppure un silenzio arrovellato, e invece tutto quello che ricevo è un bacio caldo e umido sulla fronte, poi sul naso mentre alza la mia mano dagli occhi, e infine sulle labbra «certo che ha un senso» sussurra tra un bacio e l'altro «e sono felice che tu me ne abbia parlato, questa cosa possiamo affrontarla con il tempo, insieme... se ti fidi di me».
«Certo che mi fido di te» ribatto, ipnotizzata dalle fossette che gli incorniciano il sorriso «è di me che non mi fido, ma... voglio provare a cambiare, magari è la volta buona, chi lo sa» e per la prima volta stranamente ci credo sul serio.
«Magari sì» ripete Finn mentre traccia i contorni del mio viso con le dita.
Certo che se non ci fosse quella stronza dell'insicurezza a metterci sempre lo zampino sarebbe più semplice, l'entrata in scena di Elle non è stata per niente facile da digerire per la ma autostima. È per questo che contravvenendo a tutti i buoni propositi della serata la tiro in mezzo ancora una volta, ma se sincerità assoluta dev'esserci, che sia... no?
«Elle ha una cotta per te, me l'ha confessato» borbotto evitando i giri di parole e ricevendo in cambio un'occhiataccia, «non ti avevo mai parlato di lei perché me l'ha confidato quando ancora non sapeva chi fossi. Tu... tu sei sicuro che non ci sia niente tra voi? Cioè... a parte l'amicizia, ovviamente».
La risposta a questa domanda potrebbe seriamente uccidermi, quando li ho visti insieme per la prima volta ho subito pensato che avrebbe potuto esserci una grossa sintonia tra loro, e non mi sono sbagliata, perché difficilmente ho mai visto Finn entrare così in confidenza con qualcuno. Per questo evito accuratamente di guardarlo in faccia e comincio a studiare tutti i soprammobili della stanza.
«Ti amo» risponde lui di getto, così, semplicemente, facendomi esplodere il cuore.
Torno incantata a guardarlo negli occhi ancora incredula di quanto ho ascoltato.
Mi ama, ama ME, proprio me.
Vorrei rispondergli con uno scontatissimo "anch'io", certo che lo amo anch'io, ma il momento è talmente perfetto che ho paura di rovinarlo con del rumore inutile, così sto zitta, e per la prima volta stasera prendo l'iniziativa baciandolo a mia volta.
Quando le nostre labbra si separano di nuovo Finn inizia ad accarezzarmi il viso «è l'unica cosa che conta, Rae. Elle è un'amica, come Chloe, come Archie, indipendentemente da quello che prova lei, so per certo cosa provo io» mi sussurra all'orecchio prima di mordicchiarmi un lobo.
Non potrei essere più serena e felice di così nemmeno volendo, tanto che avvicino il viso al suo petto e cullata dal ritmo regolare del suo cuore sento gli occhi farsi sempre più pesanti «Finn?» sussurro ad occhi chiusi, già quasi nel sogno insieme a un Unicorno rosa.
«Mh? Che c'è?».
«Grazie per la neve».

* * * * * * *



«Quando è troppo, è troppo, Rae, ho già dato».
«Ma dai, Arch, non fare il guastafeste!... per favore?» lo imploro, sbattendo le ciglia da cerbiatta in agonia mentre apre uno sportello dietro l'altro in cucina alla ricerca dello zucchero.
«No!» ribatte, irremovibile «ho già dato fondo a tutto il mio repertorio teatrale, ti ho proposto almeno diaci livelli diversi di sorpresa e romanticismo spiccio. Mi hai sfiancato, sul serio, da sveglia sei praticamente una piaga, quasi quasi ti preferivo moribonda come ieri notte».
Carino «uffa, sei diabolico» sbuffo incrociando le braccia al petto mentre mi inabisso su uno dei cuscini del divano.
Questa scenetta ormai va avanti da almeno mezz'ora, ma agogno la centesima versione della stessa storia come se ne andasse della mia sopravvivenza... oddio, non che non sia così eh, ma Archie non collabora, e io sono già in astinenza «comunque... il secondo cassetto in basso... lo zucchero è nel secondo cassetto in basso, nel barattolo con il maialino stilizzato» cedo contrariata al mio aguzzino.
«Alla buonora!».
Arriva in salotto con il sorriso del vincitore stampato in viso e una tazza di caffè per mano, si siede al lato opposto del divano porgendomene una «l'ultima volta...?» lo imploro afferrandola.
Il malcapitato mi fissa di sottecchi per qualche istante, ma sono un caso disperato di non ritorno alla sanità mentale, è evidente, così alla fine mi accontenta «e va bene!».
Felice come una bambina dell'asilo il giorno della recita di natale mi sistemo sul divano incrociando le gambe e pongo al mio fantasmagorico migliore amico, che sta probabilmente pensando alla milionesima scusa per darsela a gambe, tutta l'attenzione di cui sono capace.
«Allora» sospira, esausto «stamattina sono arrivato qui alle otto e mezza, minuto più minuto meno, la porta era socchiusa e il silenzio assoluto, così sono entrato con passo felpato come un ladruncolo di quartiere...» comincia il racconto mimando anche il gesto furtivo.
Ora, tralasciando per un momento il resoconto della storia, sono più che certa che malgrado le proteste a prescindere la sua predisposizione alla messa in scena mi stia ringraziando. Archie si lamenta sempre, ma questa storia del teatro in realtà l'ha coinvolto tantissimo, è il suo ambiente. Oddio, interpretare un insignificante fiorellino di campo per il suo ego non dev'essere il massimo, ma una rappresentazione tira l'altra, stai a vedere che ha scoperto la sua vera vocazione? Prendo mentalmente nota della scoperta per servirmene ignobilmente all'occorrenza quando sarà un attore consumato e avrò bisogno di un favore. In quanto artefice di una carriera di successo me lo merito, giusto?
Concentrazione, Rae!
«... non mi sono posto nessuno scrupolo ad entrare perché sapevo che non avrei trovato né tua madre, né Karim, altrimenti non mi sarei mai permesso eh, ci tengo a precisarlo» specifica, come se si trattasse di una questione di principio.
«Va' avanti, Arch... alla parte interessante!» lo incalzo.
«Ok... In casa non si sentiva volare una mosca, così mi sono fiondato in salotto, e ho visto te e Finn, addormentati...».
Io e Finn! Rachel Earl e Finn Nelson. Noi. Siamo un "noi"! Addormentati insieme! In assoluto la parte migliore della storia.
«... tu sdraiata sul divano, lui seduto con la tua testa sulle gambe. Ho cercato di non fare rumore per non svegliarvi ma Finn mi ha sentito lo stesso, ha alzato appena un braccio per salutarmi e poi ha borbottato qualcosa sul sonno e di come si sarebbe incazzato suo padre per non averlo avvisato della notte fuori...» continua gesticolando, annoiato. Non si rende conto che la sua aria scocciata non mi indispettisce affatto, perché le immagini che la mia mente rievoca a queste parole sono aria pura, luce, felicità, serenità, rassicurazione, eccitazione... e lo ascolterei per ore senza stancarmi mai. Questa volta per scoraggiarmi ha optato per la recitazione in stile litania, trasporto zero e cantilena, anche se mi scoccia ammetterlo devo dire che i risolini e gli urletti eccitati della prima versione, la migliore in assoluto, un po' mi mancano.
«... dopodiché si è alzato, ti ha scritto un bigliettino, e mi ha detto di restare qui con te finché non ti fossi svegliata. Poi è uscito. Fine della storia» chiosa senza un briciolo di pathos bevendo avidamente un sorso del suo caffè come fosse whisky.
Io sono ancora sottosopra, aprire gli occhi stamattina è stato come essere catapultata in un sogno da un altro sogno, i ricordi stranamente non sono affatto annebbiati dal pasticcio di ieri sera, bensì lucidi, nitidi, meravigliosi... avrei solo desiderato trovare Finn accanto a me, ma al risveglio lui non c'era più, al posto delle sue gambe muscolose la mia testa poggiava su un tristissimo cuscino rosso... però mi ha lasciato un bigliettino:

"Rae mi dispiace andare via senza salutarti, ma dormi così profondamente che non ho il coraggio di svegliarti. Devo uscire al volo, mio padre sarà furioso. Ti chiamo più tardi, tu riposati e lasciati coccolare da Archie.
Ps Cosa c'entra con me l'Unicorno? Nel sonno non fai che ripeterlo...
Bacio, Finn"
.


Avrò riletto queste poche righe mille volte da quando mi sono svegliata, e ancora non ho smesso di sorridere come un' idiota. Porto il foglietto stropicciato alle labbra pregando di sentire qualche traccia del suo profumo, sono veramente patetica, lo so, ma che ci posso fare?! Non faccio che pensare a lui, alle cose che ci siamo detti, ai baci, tanti, che mi sembra di sentire ancora sulle labbra... se non fossi un'habitué delle guance in fiamme giurerei di avere la febbre.
«Non ti capisco proprio» sbuffa Archie riportandomi sul Pianeta Terra «non fraintendermi, avete fatto pace ed è una bella cosa, sei felice e va bene. Ma in te c'è dell'altro, tu sembri totalmente incredula e non ne vedo la ragione, avete fatto pace, non siete mica partiti per un viaggio su Marte! Prima o poi sarebbe successo, è ovvio».
"Ovvio", come no «io non "sembro" incredula, Arch, lo sono proprio!» ammetto acquisendo un'ulteriore sfumatura porpora sulle guance.
Archie mi fissa sconsolato allargando le braccia «è questo che non capisco! Finn è innamorato di te, lo so io, lo sai tu... beh almeno spero, lo sanno tutti, ed è così da un bel po' ormai, io e Chloe stavamo facendo proprio ieri il conto alla rovescia, abbiamo scommesso sul tempo che avreste impiegato a mettere fine a questo drammone senza senso. Tra parentesi, ho vinto io. A te invece sembra... non lo so, un evento paranormale, quasi inspiegabile... perché?».
Perché? Sul serio? Non è ovvio?
Vorrei spiegarglielo decentemente, ma le mie labbra decidono di oltrepassare i filtri del cervello e ne esce fuori un'assurdità «Finn per me è una specie di unicorno».
Complimenti Rae, ora si che capirà. Dio, ma perché non mi sigillo la bocca??
«Ovvio, chissà perché non ci ho pensato io» Archie si copre il viso con entrambe le mani prendendo a massaggiarsi le tempie con i polpastrelli «ci casco sempre, eppure ormai dovrei saperlo che sei una scatola cinese, con te non se ne esce, ricordami di non farti più domande».
Mi sento offesa nel profondo, indignata, va bene, magari la risposta è stata un po' bizarra, ma è un discorso con un filo logico, eccome se ce l'ha!
«Senti me l'hai chiesto tu! E adesso ti sorbisci la risposta» incrocio le braccia sempre più contrariata, con il miglior broncio del mio repertorio «intendevo dire che Finn per me è una specie di animale mitologico, un ideale. Bellissimo, intelligente, protettivo...» e qui mi scappa un sussurro di troppo che abbatte definitivamente ogni parvenza di credibilità, ma non demordo «... siamo onesti, sulla carte quante possibilità c'erano che uno come lui si mettesse con me?». Fisso Archie in attesa di una risposta che non arriva, capisco il suo punto di vista, capisco anche che possa appararirgli esagerata e un filino paranoica, ma lui non è me, e soprattutto non ha il mio passato. Dal mio punto di vista tutta questa faccenda è quasi un miracolo, perché diamine nessuno sembra volerlo capire???
«Nessuna!» rispondo io per lui «e invece non solo lui si è interessato a me, non solo ci siamo messi insieme una prima volta, ma è tornato da me una seconda dopo essersi scontrato con tutte le mie paranoie! Ti rendi conto? Non è scappato, non mi ha compatita, non se l'è data a gambe, non mi ha lasciata andare, è... è rimasto, ha cercato di capirmi. Cioè io... non lo so... sinceramente tuttora mi sembra più credibile l'esistenza dell'Unicorno» ammetto alzando gli occhi al cielo come se mi aspettassi sul serio di vederne volare uno da un momento all'altro.
«Finn non è un Unicorno, Rae» Archie dall'alto della sua saggezza interrompe i miei voli pindarici tra arcobaleni di zucchero filato «voglio raccontarti una cosa, così forse riuscirai a fare un minimo di spazio di senso compiuto in quella zucca vuota che ti ritrovi» incrocia le braccia al petto avvicinandosi di più a me. «Stamattina quando sono arrivato qui e Finn se n'è andato... non emozionarti troppo perché non sto per ricominciare da capo con la storiella... aveva la tua testa poggiata sulle gambe e sai cos'ha fatto? Mi ha chiesto di passargli un bel cuscino pomposo, e con una lentezza quasi esasperante te l'ha sistemato sotto la testa mentre si spostava. Poi ti ha fissato per qualche secondo, ha sistemato una ciocca di capelli che ti era finita sugli occhi e ti ha scritto il bigliettino. Beh...» si prende una pausa a effetto prima di proseguire. Pensa che abbia avuto una folgorazione? Al momento l'unica reazione della sottoscritta è l'aria completamente trasognata all'idea di tutte quelle premure.
«... io l'ho osservato attentamente, così come si osserva un documentario scientifico, perché non avevo mai visto, mai in tutta la mia vita, una tenerezza del genere venir fuori da Finn Nelson. Mai, Rae. Questo non si spiega con la magia, né con gli unicorni, né tantomeno con un miracolo. È "solo" amore Rae» dice mimando le virgolette per quel "solo", nel tentativo non di sminuirne l'importanza, ma semplicemente spogliarlo di misticismo, «Finn è innamorato di te, e questo è quanto, nessun incantesimo. Quindi smettila di recitare la parte della Bella Addormentata nel bosco e placati. Te lo chiedo come favore personale Rae, concedi a quel povero Cristo la possibilità di stare con te come una coppia qualunque, togli di mezzo drammi e assurdità e lasciati andare, non devi fare nient'altro. E... piantala con gli Unicorni, che Finn soffre di vertigini e il rosa non gli dona» conclude con una risatina consolatoria mentre mi abbraccia fortissimo «me lo prometti?».
Dannato Archie, ha sempre la parolina giusto al momento giusto, mi sento così sciocca.
«Prometto» sussurro poggiando la fronte sulla sua «ti voglio bene Arch, mi dispiace di essere sempre così pesante. So che la tua posizione non è facile perché Finn è il tuo migliore amico, ma...».
«Non fa niente» mi interrompe allontanandomi appena «ma adesso vatti a fare una doccia e cambiati, perché se conosco bene Finn Nelson quel "ti chiamo più tardi" scritto sul biglietto si tramuterà presto in una bella scampanellata alla tua porta di casa.
Magari, non chiedo di meglio...
Mi alzo di scatto come un soldatino obbediente e mi fiondo sulle scale in direzione doccia «vado!» squittisco alzando tutte e due le braccia «grazie Arch!» grido un attimo prima di sigillarmi nel bagno ed essere inghiottita da una nuvola di sapone.


Non sono abituata alla normalità, in effetti finora ogni avvenimento esterno giudicato apparentemente normale, tipico, che si è abbattuto su di me ha ricevuto in cambio una reazione a dir poco particolare, bizzarra. Diciamola pure tutta: folle. Assurdità su assurdità, il classico esempio dell'arte di "fabbricazione del dramma a tutti i costi".
Forse ci sono persone che hanno semplicemente bisogno di complicarsi la vita per sentirsi vive, è questo il loro concetto di normalità, e mai come ora prego con tutta me stessa di non essere anch'io una di queste persone, che arrivata a un certo punto riuscirò a fare l'abitudine a certi comportamente sani, giusti, così come ho fatto finora con quelli autolesionistici.
Come fare pace col proprio fidanzato senza farsi rinchiudere in una clinica psichiatrica, per esempio.
Non so se Archie avesse ragione quando ha detto che si trattava solo di aspettare, che la nostra riconciliazione era nell'aria, quel che è certo senza ombra di dubbio è che conosce bene Finn, perché ho ancora i capelli umidi della doccia quando suona il campanello di casa.
Mi ci vogliono un paio di minuti e qualche imprecazione in pantofole per arrivare alla porta.
Jeans sbiaditi, felpa nera con il cappucci tirato fin sopra la testa e pagliuzze dorate negli occhi, Finn si materializza davanti a me bello e sensuale più che mai, non sono poi più tanto convinta che non ci sia dietro qualche stregoneria...
«Scusami se ti ho fatto aspettare» gli sorrido spalancando la porta «ma Archie è appena andato via e mi stavo facendo una doccia».
Finn si avvicina a me in pochi passi e il mio cuore già provato dai ricordi della notte precedente comincia a battere all'impazzata, il suo profumo mi manda letteralmente in tilt il cervello e prima che possa anche solo pensarci chiudo automaticamente gli occhi estasiata, in attesa che le sue labbra si posino sulle mi... sulla guancia.
La guancia??
Un castissimo, inatteso bacio a stampo sulla guancia.
Apro gli occhi di scatto a quel contatto che non mi aspettavo, e lo osservo mentre passa oltre e si siede tranquillamente sul divano dove solo qualche ora prima stavamo dormendo insieme.
Smettila subito di fare quello che stai facendo, Rae, non sta scritto da nessuna parte che il primo contatto tra due che stanno insieme dev'essere per forza un bacio in bocca con un metro di lingua. Magari vuole semplicemente andarci piano, quindi non partire per la tangente.
E va bene, ammetto di aver avuto degli intenti leggermente più... come dire... "approfonditi", ecco, quando me lo sono trovato davanti, ma è pur sempre qui, no? E "qui" significa che è venuto per me.
«Ti senti bene?» domanda posando i suoi occhioni nocciola su di me.
«Benissimo!» grido con un tantino di enfasi di troppo.
Brava, fatti anche sgamare, anzi già che ci sei chiedigli se ti accompagna direttamente da Kester. Normalità, ma quale normalità, chi vuoi prendere in giro??
Ok, inspira, espira, inspira, espira... così non va affatto bene, sembro un'invasata, devo calmarmi e chiacchierare come faccio sempre, è solo Finn «tuo... tuo padre era molto arrabbiato?».
«No, non più del solito, me la sono cavata con una strigliata» risponde studiandomi accigliato, «ma... tu sei sicura di sentirti bene? Sei pallida, siediti qui» indica il posto accanto a sé sul divano.
Deglutisco rumorosamente e mi avvicino a lui, lentamente, come se non mi ricordassi la strada su un sentiero di mine inesplose. Raggiungo il divano e mi siedo composta, sul bordo del cuscino. Non so cosa diavolo mi stia succedendo però mi sento tremendamente a disagio, sesto senso? Paranoia? Di sicuro la seconda opzione è più probabile della prima, eppure...
«Posso chiederti una cosa?» Finn interrompe i miei pensieri e mi fissa in attesa di una risposta.
«Certo, dimmi».
Sembra rifletterci un po' su mentre struscia le mani avanti e indietro sul tessuto consumato dei jeans «dove stavi andando?» domanda poi, a bruciapelo, «quando quella sera sono venuto qui e ti ho trovata in partenza, dove eri diretta?».
Merda. Merda. Merda. Lo sapevo, me lo sentivo...
Dovrei mantenere la calma e tenere a freno l'agitazione, ma dentro di me la tespesta è già esplosa e infuria un vento forza nove. Adesso cosa gli racconto? Una vocina maliziosa mi invita a trovare una scusa qualunque, una gita fuori porta, la zia malata, un pigiama party da Chloe... e poi c'è quel grilletto parlante malefico con le sembianze di Archie il guastafeste che mi incoraggia a dirgli la verità, confessargli il mio intento suicida di parlare con sua madre per chiederle di non arrendersi con lui. Chissà, magari capirà, forse non si arrabbierà, accetterà la natura completamente altruistica dei miei intenti e mi perdonerà con uno dei suoi soliti sorrisoni.
Ma a chi vuoi darla a bere, idiota? Si incazzerà, ti mollerà e farà una bella croce sopra al tuo nome da qui all'eternità.
No, no e no, non può succedere, non posso mandare tutto a puttante un'altra volta, forse avrei qualche speranza ma non posso rischiare, non ora che ci siamo appena ritrovati «beh... niente, avevo in mente di andare a trovare Agnes, sai... quell'infermiera con cui ho stretto amicizia a Sleaford, la... la sorella di Elle...».
Dai, Rae, arrampicati sugli specchi un po' meglio, sei brava in questo.
«Sì, so chi è» annuisce distrattamente.
«... mi mancava, volevo vederla e raccontarle del mio ritorno a casa. Poi però ho intuito che piombarle tra i piedi all'improvviso non sarebbe stata una grande idea, così alla fine ho disfatto la borsa e sono rimasta qui. Magari... magari andrò a trovarla più in là...» gesticolo annaspando nella mia stupidità.
Il brutto di essere una persona incline al dramma è che cominci a diventare davvero brava anche con le bugie, devi sopravvivere tra i problemi che alimenti tu stessa e tutelare le stronzate che ti racconti per fomentarli, quindi hai una certa familiarità con le palle. Ma essere convincente con la persona che ami di più al mondo mentre menti guardandolo dritto negli occhi è un altro paio di maniche.
Finn mi osserva in religioso silenzio, senza distogliere un momento lo sguardo e poi... qualcosa improvvisamente... cambia. Gli occhi si incupiscono e perdono ogni traccia delle pagliuzze dorate che amo tanto e che gli addolciscono i lineamenti del viso, un sorrisetto ironico e malevolo si fa strada sulle sue labbra pronto a dare battaglia alla tenerezza delle fossette. Si fruga nelle tasche della felpa e ne estrae qualcosa che resta nascosta nella presa ferrea del suo pugno chiuso.
Non so bene perché o come sia possibile, ma in quella frazione di secondo io so, so per certo, di avergli dato la risposta sbagliata, qualcosa che non si aspettava e che l'ha terribilmente deluso.
«Tieni» avvicina la sua mano fino a pochi centimetri dal mio viso e la schiude appena, lasciando ciondolare una catetina luccicante con un ciondolino d'argento attaccato... una farfalla.
"No, ti prego no..." continuo a ripetermi mentalmente mentre qualcosa dentro di me si sgretola e prende a raschiarmi il cuore.
Automaticamente mi porto una mano al collo a stringere nient'altro che i ricordi. Io e lui in teatro, una scatolina impacchettata, il suo imbarazzo nel porgermela e la mia incredulità... una farfalla, la libertà di diventare qualcosa di più che un bozzolo... l'avevo indossata quella sera, e adesso eccola lì...
«Stamattina quando sono tornato a casa c'era mia madre, che sorpresa, eh? Beh, per me almeno, immagino che tu lo sapessi già» sussurra amaramente, «pensa al mio stupore quando mi ha chiesto di riconsegnarti questa» stringe ancora la collana che non vuole saperne di star ferma «ha detto di averla trovata a casa sua a Leeds... che probabilmente l'hai persa quando ci siamo cambiati lì per andare al suo matrimonio. Era sicura che fosse tua perché si ricordava il fermaglio simile che avevi quel giorno tra i capelli...».
"Dì qualcosa, Rae, qualunque cosa prima che sia troppo tardi" mi ripete una vocina insistente e terrorizzata nella mia testa, ma Finn non me ne dà il tempo.
«Ma tu ed io sappiamo bene che questo non è possibile, giusto? Visto che... ti ho regalato questo ciondolo solo pochi giorni fa» la sua voce è dura, tesa, delusa e amareggiata... terribilmente amareggiata «e c'è solo una spiegazione, Rae, solo una...» conclude stringendo entrambi i pugni lungo i fianchi «mi sembra incredibile anche solo da pensare ma... a questo punto non è che abbia molta scelta. Tu... tu stavi andando da lei, non è così?».
I suoi occhi sono inchiodati ai miei alla ricerca di una conferma che la mente ha già avuto ma il cuore rifiuta, che cosa si fa quando la realtà ti sbatte in faccia tutti i tuoi errori senza preavviso?
Una persona normale cosa farebbe?
«Finn, io...» biascico, incredula per quanto sto per dire e non posso più negare «sì, è così, ma... ma non è come pensi, se mi lasci spiegare io... io...» provo a raccogliere tutto il coraggio e la lucidità rimastemi per un ultimo sforzo di onestà, ma gli occhi spenti e delusi di Finn riflettono un fallimento che non tollera tentativi, non più. Volevo il suo bene, volevo fare qualcosa di buono per lui, e invece ho conficcato la punta delle dita in una situazione troppo delicata, troppo grande, e troppo personale da potermi riguardare davvero.
E allora smetto di tremare, di tentare, cercare scuse che non servirebbero, e lascio cadere le braccia lungo i fianchi, in attesa di una reazione che non tarda ad arrivare.
Finn sbatte con forza la collana sul tavolino davanti a noi, poi si alza di scatto «cosa? Cosa mi devi spiegare? Non erano affari tuoi!» esplode guadagnando in pochi passi l'uscita «cosa cazzo ti è passato per la testa??».
Sono pietrificata, non ho nemmeno il coraggio di guardarlo in faccia, è la paura di perderlo per sempre a parlere per me «ascolta...» lo prego avvicinandomi di un passo «non andartene, lasciami spiegare, è vero che volevo andare da Eleonor ma... ma non è andata come pensi tu. Permettimi solo di... di dirti come sono andate le cose» gli afferro una mano e la stringo forte come se fosse un palloncino pronto a volare via.
Non me ne rendo conto, o forse non voglio guardare in faccia la realtà, ma anche se Finn è ancora a pochi passi da me, in realtà è già andato via.
«Credimi...» sussurra liberandosi della mia presa con uno strattone «non ho nessuna voglia di sentire quello che hai da dire, e ti posso assicurare che tu non vuoi sentire quello che vorrei dirti io».
Sono queste le ultime parole che mi rivolge prima di andare via, parole di cui non potrei dubitare neanche volendo, nemmeno impegnandomi a fondo a raccontarmi tutte quelle frottole che mi piacciono tanto.
Quello che succede dopo sono le sue spalle che velocemente scompaiono alla mia vista, senza ripensamenti, sono le lacrime che a tradimento arrivano a rigarmi il viso dopo essere state trattenute a stento da un pizzico di dignità rimastami, è il frastuono di una speranza caduta in mille pezzi sotto il peso delle mie bugie... è quel sogno di normalità che ho potuto accarezzare solo per un istante e che è già volato via.

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Cucù! Ebbene sì, non sono morta :)
Scrivo qualche riga di note solo per scusarmi tantissimo dell'attesa incredibilmente lunga, mi vergogno da morire a tornare dopo così tanto tempo, ma spero ci sia ancora qualcuno da queste parti con il desiderio di leggere il seguito della storia, altrimenti ho idea che me la suonerò e canterò da sola (LOL).
Avevo voglia di un capitolo teneroso stavolta, ma come avrete capito le nuvole non sono ancora sparite all'orizzonte e nel prossimo capitolo ci sarà una litigata epocale tra i nostri due cupcake. Ho in mente di dividere il capitolo 12 in Finn's POV e Rae's POV, ho ancora delle faccende in sospeso con Finn ma vorrei evitare di allungare il brodo allo sfinimento quindi dubito che gli dedicherò un intero capitolo. In ogni caso ne mancano solo due più un mini epilogo.

Parlando di cose serie, l'avete vista la terza stagione? Vi è piaciuta? Per me è un "ni" poco convinto, l'evoluzione di Rae ci può stare, ma che abbiano voluto a tutti i costi separarla da Finn non mi è piaciuto, non ce n'era alcun bisogno. Sarà che sono una fan del lieto fine e a questa coppia sono affezionata, ma ho preferito di gran lunga il finale della seconda stagione.
Detto questo mi congedo, mi scuso ancora per la latitanza e ci si vede al prossimo capitolo :))
   
 
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