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Autore: M3K1317    23/08/2015    1 recensioni
Questa long-fiction è una versione migliorata di "Inazuma Eleven personalizzato", miglioramento della quale sono grato ad Ale2000.
Anno 2091 - Italia
Tra le tecnologie avanzate e i molteplici cambiamenti avvenuti sino ad ora, un gruppo di ragazzi tenta di creare una nuova potente squadra. Ma un ostacolo è in agguato nell'ombra.
Fra misteriosi personaggi, oscuri segreti e curiose rimembranze del passato, Milo e i suoi amici riusciranno nell'intento?
[Dal capitolo 4]
"Egli rideva in un modo così sguainato che Milo dovette coprire il telefono con una mano, per impedire che il tutto svegliasse i genitori o la sorella. E sopratutto che i suoi poveri timpani si distruggessero.
Dopo la scena a dir poco surreale, il portiere sbottò, mantenendo però un tono di voce basso:
"Ma... Era proprio necessario?".
Dall'altra parte ci fu il silenzio come risposta. Ormai sembrava inevitabile."
Genere: Avventura, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 9
 
La donna aveva vistosi segni dell'età addosso, ma disponeva, ugualmente, di un sorriso infantile. D'istinto, Milo, le si avvicinò onde aiutarla, qualora il bastone non fosse stato sufficiente. Lei fece cenno indicante che non necessitasse di aiuto alcuno. Poi disse: "Caro... È quasi ora di pranzo... Non dovresti essere a casa a quest'ora?". Rendendosi conto che fosse tardi assai, il castano si diede istintivamente una sberla sulla fronte. "Cavolo!" esclamò quindi "Dovevo vedermi con degli amici per giocare a calcio! Sono terribilmente in ritardo! Oramai avranno già terminato!". Lei arrugo' la fronte, spalancando istintivamente gli occhi, per poi dire: "Dimmi... Hai detto che giocate a calcio... Giusto?". Hammer annuì, mentre lei si rivolgeva verso la casa, facendo cenno al ragazzo di seguirla. "Vieni." disse poi "Devo mostrarti una cosa...". Lui balbettando, commentò qualcosa che sarebbe dovuto parere: "In verità dovrei andare...". Notando che la donna non aveva neppure prestato attenzione al dire suo, pensò che optare per seguirla potesse essere una soluzione più proba di quanto non paresse.
L'interno dell'edificio non possedeva nulla di analogo all'esterno. Le pareti erano colorate di giallo, e non vi era parte di muro che non fosse decorata da un quadro od una fotografia od una proiezione su parete. Alcune fotografie erano di quasi un secolo prima e ritraevano una bambina di circa otto anni, bionda, con grandi occhi spalancati. In una di esse, la bambina era in compagnia di un ragazzo, circa dell'età di Milo, con la pelle scura e i capelli castano scuro. In un'altra, la bambina era con due ragazzi, circa della medesima età, uno dei quali aveva capelli lunghi e scuri e gli occhi azzurri, mentre l'altro era visivamente più robusto, aveva gli occhi seri e una bandana viola in testa. L'ultima fotografia cartacea ad aver attirato l'attenzione del castano era la più piccola e la più vecchia. Rappresentava un uomo biondo, con la faccia allungata ed un lungo naso, portante occhiali da sole piccoli.
Mentre Hammer osservava tali fotografie, la signora Luce si era avvicinata alla poltrona, sulla quale si era seduta poco dopo. Quindi, accennò col braccio ad ove il castano, sarebbe stato consono, si sedesse.
Il castano obbediente, si mise nel loco indicato, accavallando le due gambe, mentre la donna alludendo ai ritratti che avevano attirato l'attenzione del ragazzo, chiese: "Hai riconosciuto le persone rappresentate?".
Milo si dovette sforzare, ma riuscì ad affiancare la bambina nelle vetuste immagini, all'anziana donna che aveva davanti. Questi, intuendo dagli sguardi del portiere quanto avesse dedotto, annuì dicendo: "Esatto. Quella sono io da bambina... E gli altri...?".
Hammer si impegnò futilmente di giungere a conclusione del ragionamento. Notando ciò, la donna iniziò a favellare la storia di un uomo, che aveva cambiato la sua vita. Esso era stato un criminale, che non si era fermato di fronte a nulla, aveva fatto di tutto per giungere ove ambiva, facendo pagare ad altri le conseguenze. Quell'uomo le aveva tolto la luce, ma gliela aveva poi restituita...
Mentre la donna narrava, nella mente del ragazzo riprendeva forma il pensiero: "Cosa ho a che vedere io, con tutto questo?".
Il racconto proseguì, accennando a grandi calciatori del passato, squadre burocraticamente mai esistite e persone che hanno influito sulla storia del calcio in modo profondo e radicale.
"Dimmi..." commentò poi l'anziana donna "Ti starai chiedendo perché ti ho invitato ad entrare...". Milo annuì, alzando le spalle con fare istintivo, facendo intendere che fosse nel totale oblio a riguardo. "Beh!" proseguì lei "Si tratta di loro...". Indicò una fotografia in una piccola cornice lignea. Era quadrata, col lato di circa quindici centimetri. In essa vi erano due uomini, uno visibilmente più anziano dell'altro. Aldilà dell'età, avevano fisionomie analoghe. Entrambi erano uomini alti e magri, coi capelli neri corti e gli occhi azzurri. Si differenziavano per gli oggetti che avevano sotto braccio. Il più maturo aveva uno strano hard disk cuboidale verde, con un adesivo con scritte in giapponese su una faccia. L'altro aveva un computer portatile, e dal modello, Milo poté intuire che la foto appartenesse ad una decina di anni prima. Sullo sfondo vi era un furgone fluttuante bianco, targato THE 476 AD, parcheggiato in mezzo ad una foresta tropicale, o ciò che almeno vi assomigliava.
"Loro" iniziò a spiegare la signora Luce "Sono due miei carissimi amici. Padre e figlio. Il primo si chiama Cesare Ciceroni, fu un grande informatico e appassionato di calcio. Per un breve periodo fece da allenatore ad una squadra, chiamata Tsunami... Riuscì anche a vincere dei tornei... L'altro, invece, è suo figlio, Ottavio... Anch'egli informatico e hacker... Ma nei confronti del calcio... Serba sentimenti diversi...".
Milo ascoltò, senza cessare di domandarsi il nesso tra lui e ciò che stava ascoltando. "Ho il presentimento..." spiegò lei "Che i vostri sentieri si incroceranno... E quando ciò avverrà... Puoi dirgli che... Non è mai tardi per chiedere perdono...".

Nel mentre, Rich e Lara si erano congedati da Volt, ed avevano fatto ritorno a casa. Invece, questi, era rimasto al parco qualche primo in più. In quel momento si trovava di fronte alla porta, e stava caricando un tiro. Inoltre, era atto a riflettere sulla scommessa fatta con Cristoforo. Non sapeva se il suo gesto di accettare fosse stato interpretato come debolezza o sicurezza, dai suoi amici. La gamba destra, caricata dietro la schiena, venne usata per colpire con immane potenza il pallone, che si diresse verso la porta. A quanto parve chiaro al ragazzo, aveva tarato erroneamente le forze, poiché il pallone, sbattendo rumorosamente sulla traversa, tornò, rotolando, sui suoi piedi. "Adesso basta!" urlò a squarciagola, incosciente del fatto che se veruno fosse passato di lì, lo avrebbe creduto matto. Dopo lo sfogo, tirò nuovamente in porta, ma stavolta era avvolto da delle folate di vento, mentre caricava il tiro. "Ci siamo..." disse fra sé e sé prima di lasciare andare il colpo.

ANGOLO DELL’AUTORE
Inizio subito scusandomi per la brevità del capitolo! È, seppur breve, un capitolo importante per la storia... Mi auguro abbiate colto i piccoli riferimenti storici, che avviso non essere secondari... Poi: ringrazio kikkaxeljude per la recensione. Mi fa piacere che la storia sia gradita. Infine ringrazio te che sei giunto a leggere codesto capitolo.
  
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