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Autore: evelyn80    24/08/2015    5 recensioni
Dopo aver espresso il desiderio di poter salvare Boromir dalla sua triste fine, Marian si ritrova catapultata nella Terra di Mezzo grazie ad un gioiello magico che la sua famiglia si tramanda di generazione in generazione. Si unirà così alla Compagnia dell'Anello per poter portare a termine la sua missione. Scoprirà presto, però, che salvare Boromir non è l'unica prova che la attende.
Ispirata in parte al libro ed in parte al film, la mia prima fan fiction sul Signore Degli Anelli.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boromir, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La mia Terra di Mezzo'
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Il viaggio continua

 

Nessuno di noi aveva fretta di raggiungere le cascate di Rauros perché, una volta giunti lì, avremmo dovuto decidere da che parte andare. Di comune accordo, avevamo stabilito di lasciare che fosse la corrente del fiume a darci la velocità di crociera. L’unica condizione che aveva posto Aragorn era di partire prima dell’alba e di fermarsi solo a notte inoltrata.
All’inizio il paesaggio si mostrò sempre uguale: fitti boschi sia a dritta sia a manca. Poi, dopo un paio di giorni di navigazione e di accampamenti lungo le rive, gli alberi sparirono del tutto. Alla nostra sinistra si aprivano le Terre Brune e, proprio come diceva il loro nome, su di esse non cresceva nemmeno un filo d’erba. Alla nostra destra si stendevano invece prati e pascoli a perdita d’occhio che, però, per lo più rimanevano nascosti alla vista da fitti canneti.
C’era ben poco da fare a bordo delle piccole imbarcazioni. Era Legolas ad avere in mano la pagaia della nostra, ed anche lui dava solo qualche colpetto a destra o a sinistra per mantenere la barca dritta, visto che, per il resto, ci lasciavamo scivolare sulle acque dell’Anduin. Per questo motivo, ebbi molto tempo per pensare.
All’inizio, riflettei molto sul perché Galadriel mi avesse detto "a presto", invece di "addio" come a tutti gli altri, ma senza riuscire a trovare una spiegazione logica. Se tutto andava come era scritto nel libro, di lì a pochi giorni avrei donato la mia vita per salvare quella di Boromir, mentre gli altri avrebbero proseguito per la loro strada, nel bene o nel male. Quindi, perché dire "addio" a chi continuava a vivere ed "a presto" a chi sarebbe perito?
Mano a mano che passavano i giorni mi raccapezzavo sempre meno. Costantemente, la mano mi correva al rigonfiamento nella tasca interna della casacca, dove custodivo l’ampolla di cristallo. Allora fissavo le spalle di Boromir, che conduceva la barca davanti alla nostra, e cantavo canzoni tristi tra me e me.
"I never had a dream… that… I could follow through… Only tears… left to stain… Dry my eyes… once again…" intonavo spesso e volentieri, ripetendo le parole di una canzone dei Jamiroquai – “Picture of my life” – che amavo particolarmente e che rispecchiava anche moltissimo lo stato d’animo in cui mi trovavo in quel momento.
Durante una delle mie performance da solista udii Gimli chiedere a Legolas:
"Amico mio, io non capisco un accidente in elfico, vorresti tradurmi le parole di questa canzone? Gliel’ho già sentita cantare sei o sette volte, questo pomeriggio, e mi piacerebbe tanto sapere cosa dice."
"Questo non è elfico, Gimli, ma una delle lingue della sua terra d’origine, suppongo” gli rispose l’Elfo, mestamente. “Non so cosa significhino queste parole, ma il mio cuore mi dice che è una canzone molto triste. E che anche lei è molto triste, adesso."
Viaggiammo sul fiume per otto giorni prima di giungere alle rapide di Sarn Gebir. Con la fortuna che ci ritrovavamo, ci arrivammo a notte inoltrata. Sam era a prua di vedetta sulla prima imbarcazione ma, quella notte, la falce di luna era appena visibile, perciò l’Hobbit si rese conto solo all’ultimo istante che stavamo per andare a sbattere contro le rocce. Lanciò un grido di allarme ma, ormai, la corrente ci stava già spingendo verso la sponda sinistra del fiume, dove stavano in agguato diversi gruppi di Orchetti. Non appena arrivammo loro a tiro, cominciarono a bersagliarci di frecce: una colpì Frodo proprio al centro della schiena, rimbalzando sulla sua cotta di Mithril; una seconda si conficcò nel cappuccio del mantello di Aragorn e diverse altre colpirono le fiancate delle barche.
"Remate! Tutti insieme!" cominciò ad urlare Boromir, sgolandosi come un araldo. Obbedimmo al suo ordine, mettendo mano alle pagaie per allontanarci dal pericolo. Fu un’impresa ardua, a causa della forte corrente che ci spingeva in senso contrario, ma alla fine riuscimmo a riguadagnare nuovamente il centro del fiume ed a raggiungere la sponda destra. Stanchi, sudati e con le braccia a pezzi, remammo comunque fino a che le barche non si arenarono sulla riva sabbiosa. Aragorn e Boromir saltarono subito a terra, fissandole a degli alberi vicini. Legolas li seguì, incoccando una freccia sul suo nuovo arco mentre scendeva, tendendo la corda e scrutando la riva opposta in cerca di un bersaglio. Era ancora tutto teso nella sua ricerca quando un’ombra immensa oscurò le stelle sopra di noi. Sentii un’ondata di gelo penetrarmi fin nelle ossa, facendomi rabbrividire nonostante grondassi di sudore, mentre la “Stella di Fëanor” diventava calda e brillante, come per combattere contro il pericolo che ci sovrastava. Vidi Frodo accasciarsi sulla sua barca, stringendosi convulsamente la spalla sinistra, mentre Sam cercava di capire cosa gli stesse succedendo. L’Elfo alzò il tiro e scoccò la sua freccia contro il nemico volante, che lanciò un grido acuto e precipitò sulla sponda opposta, sparendo nell’oscurità.
"Che cos’era quell’affare?" chiese Pipino, ancora piegato in due con le mani sopra la testa, nella posizione in cui si era messo non appena la creatura alata era passata sopra di noi.
"Credo fosse uno spettro dell’Anello" risposi, stringendo la “Stella” che, pian piano, stava tornando fredda.
"Uno dei Nove Nazgûl?" chiese Aragorn, in tono preoccupato.
"Sì… E penso che anche Frodo sia del mio stesso avviso."
Il Mezzuomo si rialzò a fatica, massaggiandosi la clavicola sinistra.
"Ho avvertito un forte dolore alla ferita quando quell’essere ci ha sorvolato” mormorò debolmente, ancora dolorante. “Sì, anch’io, come Marian, credo si trattasse di uno dei Servitori dell’Oscuro Signore."
"Questo ti rende ancora più merito, Legolas! Complimenti per il tiro!" si congratulò Merry.
Ma non ci fu tempo per esultare, perché i due Uomini ci ricondussero subito alla realtà.
"Non possiamo affrontare le rapide di Sarn Gebir, né al buio né alla luce del sole!” disse serio Boromir, fissando il fiume che scorreva nell’oscurità. “Forse queste barche saranno anche inaffondabili, come sostengono gli Elfi; ma noi, di sicuro, non ne usciremo indenni!"
"Hai ragione" convenne Aragorn, "passeremo qui la notte e, domani mattina, cercheremo l’antica strada che permetteva ai mercanti che viaggiavano sul fiume di oltrepassare le rapide” decretò. “Monteremo la guardia a coppie: tre ore di riposo, ed una di veglia. Comincio io. Chi vuole farmi compagnia?"
Merry si offrì volontario e noi altri ci accoccolammo dentro le barche, avvolgendoci nelle nostre coperte.
Poiché eravamo in numero dispari, a me toccò il turno da sola. Non mi dispiacque, perché sentivo il profondo bisogno di riflettere. Pipino si offrì di farmi compagnia, nonostante la testa gli ciondolasse dal sonno, ma rifiutai.
Non appena mi fui seduta su un masso, da dove potevo tenere d’occhio la sponda opposta del fiume, cominciò a piovere: una pioggerellina minuta ma insistente, che ben presto inzuppò il mio manto elfico. Sembrava quasi che anche il tempo rispecchiasse il mio stato d’animo. Stringendo tra le mani la fiala di Nén Cuivie scoppiai a piangere in silenzio. L’acqua mi gocciolava dal cappuccio fin sulla punta del naso, mescolandosi con le lacrime che mi scorrevano copiose sul viso. Fui sul punto di rinunciare alla mia missione, di lasciar morire Boromir per mano degli Uruk-Hai, pur di salvarmi… Ma, a che scopo? A casa mia la mia vita non era poi gran ché. Non avevo amici, non avevo mai conosciuto il vero amore. Ero arrivata all’età di trentacinque anni senza uno straccio di vita sociale. Dopo tutto, era meglio farla finita così, salvando la vita dell’uomo che in quei mesi avevo imparato a conoscere e ad amare sempre più, piuttosto che trascorrere una vita in solitudine, rimpiangendo quello che mi era stato offerto e che alla fine avevo rifiutato.
Poco prima dell’alba la pioggia cessò e, con essa, anche i miei dubbi svanirono. Avevo preso la mia decisione definitiva, e l’avrei portata a termine.
La mattina dopo, Aragorn e Legolas si misero in cerca dell’antica strada e, dopo che l’ebbero trovata, trasportammo le barche e tutti i nostri bagagli fino all’approdo meridionale. Ci volle quasi tutta la giornata, perciò decidemmo di riposarci e riprendere la navigazione solo il giorno successivo.
Dopo le rapide di Sarn Gebir, il corso dell’Anduin cambiò velocemente. Le pareti si alzarono sulle nostre teste, trasformando il letto del fiume in una specie di canyon, da dove si poteva vedere solo uno stretto sentiero di cielo sopra di noi. Le acque erano più veloci, adesso, quindi anche se non pagaiavamo procedevamo comunque piuttosto rapidamente. A metà pomeriggio cominciammo ad intravedere, in lontananza davanti a noi, due enormi statue che si ergevano ai lati del fiume.
"Guardate! Gli Argonath!” esclamò Aragorn dalla barca capofila. “Da tempo desideravo vedere il volto dei miei padri!" Alzammo lo sguardo, fissando con espressione di stupita meraviglia i colossi che ci sovrastavano, mentre passavamo tra i loro piedi.
"Altro che Colosso di Rodi…" mormorai, allungando il collo per cercare di vedere i visi delle due figure scolpiti nella pietra. Ogni mio tentativo fu inutile, visto che si trovavano almeno duecento metri più in alto.
Oltre le statue, l’Anduin si immetteva nel Nén Hithoel, un lungo lago ovale al termine del quale il Grande Fiume si gettava nelle Cascate di Rauros. Subito appena prima delle cascate il lago si divideva in due bracci, separati dall’isola di Tol Brandir, che si ergeva fuori delle acque cristalline come il dente di un gigante ed intorno alla cui cima aguzza volteggiavano molti uccelli.
Stava ormai calando la sera quando Aragorn ci guidò verso il prato di Parth Galen, una distesa erbosa che si stendeva lungo la riva del lago fino ai piedi del colle di Amon Hen, il seggio della vista. Il Numenoreano ci spiegò che, ai tempi d’oro della Terra di Mezzo, quello era stato un luogo di pace e di serenità. Aveva tuttora motivo di credere che, per il momento, gli Orchi non lo avessero ancora contaminato, anche se riteneva comunque opportuno montare di guardia.
Eravamo quindi arrivati al dunque. Adesso dovevamo scegliere da che parte andare. Ero l’unica a sapere che Frodo e Sam avrebbero proseguito da soli per Mordor, che Merry e Pipino sarebbero stati rapiti dagli Uruk-Hai e che Aragorn, Legolas, Gimli e presumibilmente Boromir, si sarebbero lanciati al loro inseguimento per salvarli. Ed io… bè, io avrei concluso lì la mia avventura nella Terra di Mezzo.
Il Ramingo decise di lasciar passare un’altra notte e di rimandare la decisione alla mattina successiva. Ci sistemammo per dormire, ma io chiusi a malapena occhio. Non potevo fare a meno di fissare Boromir che dormiva, visto che quella era l’ultima occasione che avevo per guardarlo da vicino senza disturbarlo.
Era il venticinque di febbraio, e così si svolse il nostro viaggio sul Grande Fiume.

Spazio autrice: Buongiorno a tutti! Questo capitolo è un po' corto, lo so, ma stiamo entrando nel vivo e vi lascio ancora con un po’ di suspance.
Anche in questo caso, ho fatto maggior riferimento al libro, anzi, direi quasi in tutto: nel film, la parte del viaggio sul fiume si riduce a qualche immagine delle barche viste dall’alto e ad una scena in cui anche Boromir nota la presenza di Gollum, ma questa solo nella versione estesa.
Spero che la storia continui a piacervi. Grazie di cuore a tutti voi che leggete! Bacioni!
Evelyn
  
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