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Autore: PuccaChan_Traduce    25/08/2015    4 recensioni
Tauriel salva la vita a Kili durante la Battaglia delle Cinque Armate, alterando per sempre il corso della Storia.
Disclaimer: questa fanfiction è una TRADUZIONE che viene effettuata con il permesso del legittimo autore; tutti i personaggi citati appartengono ai rispettivi autori.
QUESTA STORIA È INCOMPIUTA.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kili, Nuovo personaggio, Tauriel, Un po' tutti
Note: Movieverse, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autrice: ChasingPerfectionTomorrow (Tumblr / FanFictions AO3)
Fandom: Lo Hobbit
Coppia: Kìli/Tauriel

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(nota della traduttrice) Per la serie "A volte ritornano", eccomi di nuovo qui con questa bellissima storia! Non ve ne siete dimenticati, vero? Ma qualora fosse così... via, a ripassare! ^^


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I'll never forget that feeling
When I watched you disappear
When you made me stop believing
I could fight away the fear
Now the smoke has cleared
And the end is near
It was my illusion
Like a broken dream I was incomplete
But your love was never missing


Under Control, Ellie Goulding

~
 
“Non per spargere sale su una ferita,” disse Dwalin in tono petulante, “ma qualcuno sarebbe così gentile da spiegarmi cos’è successo là dentro, in nome di Mahal?” E puntò un pollice oltre la spalla, ad indicare la linea degli alberi che si erano lasciati dietro già da un giorno e mezzo.
Tauriel s’immobilizzò presso il fuoco dell’accampamento, col cucchiaio di legno sospeso a mezz’aria sullo stufato gorgogliante. Il sole stava iniziando a tramontare a ovest, gettando bagliori rosa e arancio sulla neve, anche se il terreno su cui si erano accampati era per lo più sgombro grazie alla conformazione rocciosa. Sopra di loro incombevano le montagne grigie come denti seghettati in una bocca marcia, pieni di mistero e di promesse.
Tauriel si raddrizzò con un brivido. Scambiò una lunga occhiata con Kìli, il quale aveva interrotto a sua volta il proprio lavoro – stava passando un pezzo di straccio lungo la lama della sua spada per ripulirla. La Compagnia non aveva detto molto durante il passaggio tra gli alberi: i Nani erano rimasti tesi e bellicosi finchè non erano sbucati all’aperto e quasi nessuno di loro – eccettuati Ori e lo stesso Kìli – le aveva rivolto la parola. Non che lei potesse biasimarli. La sua gente non era stata molto accogliente in nessuna delle due occasioni in cui i Nani si erano ritrovati ad attraversare la foresta. Anche Tauriel si sentiva più leggera ora che ne erano usciti, anche se permaneva in lei un senso di vergogna; non era solita scappar via così dai suoi problemi.
Kìli rinfoderò la spada e la guardò, come a chiederle il permesso: lei annuì.
“A quanto pare il nuovo Capitano degli Elfi pensava che ci trovassimo nei tunnel sotterranei per cercare qualcosa,” cominciò cautamente, attirando l’attenzione degli altri.
Gloin sbuffò sardonico e srotolò la stuoia per la notte. “Certo, una dannata via d’uscita. Quel postaccio non è naturale.”
Bombur annuì con veemenza alle sue parole.
Kìli proseguì come se non avesse udito la replica del Nano dai capelli rossi. “Non abbiamo avuto modo di discuterne molto prima che ci gettassero in cella,” e i suoi occhi si oscurarono visibilmente al ricordo; allo stesso modo Tauriel avvertì un brivido lungo la schiena rammentando dita spietate che le si conficcavano nel braccio ferito. “Ma credo che Tauriel concorderà con me se dico che stavano aspettando che emergessimo da qualche parte.”
Il brivido freddo fu seguito da un lampo di rabbia al ricordo doloroso del pugnale affilato che era stato puntato contro la pelle olivastra di Kìli. Tauriel era una guerriera efficiente e spietata quando necessario, ma non era incline ad arrecare morte o violenza in modo superfluo; Welethen però avrebbe pagato per le sue azioni spregevoli. In un modo o nell’altro, lei avrebbe avuto giustizia.
I Nani la fissarono e Tauriel strinse i denti. Era d’accordo, completamente d’accordo, anche se ancora rifiutava di riconoscere la più ovvia delle spiegazioni; Bofur tuttavia non aveva di questi scrupoli.
Tirò una boccata dalla pipa e soffiò fuori una gran nuvola di fumo, aggrottando la fronte. “Immagino questo significhi che i tuoi amici alla postazione di guardia ci hanno traditi.”
Tauriel trasalì e chinò il capo. Dopo la sua conversazione con Legolas le sembrava improbabile che il colpevole fosse Curial; il pensiero però che potesse essere stata una delle altre guardie non alleggerì la fitta che sentiva in cuore.
Il giovane Thorin si agitò dal suo posto, all’altro lato del focolare. “Sempre che l’Elfo femmina non ci abbia pensato da sè.”
Tauriel rialzò la testa con aria esasperata mentre Kìli si girava di scatto verso il suo parente, con occhi furibondi. Aprì la bocca con il chiaro intento di rimproverarlo, ma lei lo prevenne.
“Temo che qualcosa di oscuro sia all’opera tra la mia gente,” ammise, sedendosi vicino a Kìli e incrociando le mani per nascondere il loro tremore. “Temo l’influenza che Welethen sembra avere presso il mio Re. Non mi è mai piaciuto, questo non è un segreto tra le guardie, ma ora è diverso... è cambiato. C’è qualcosa di oscuro in lui che mi preoccupa grandemente.”
Il giovane Thorin la fissò con occhi lampeggianti e balzò irosamente in piedi. “Ve lo dicevo che non saremmo dovuti entrare nella foresta. Che non avremmo dovuto fidarci degli Elfi!” Le ultime parole le urlò rivolto direttamente a Kìli, con fare di sfida, al che Dwalin ringhiò.
“Dovresti mostrare un po’ di rispetto per il tuo Re, ragazzo.” La voce del Nano calvo era tranquilla come lo scintillio di una lama appena affilata. Le ansie e le incertezze delle scorse settimane sembravano essersi condensate e riunite in quel momento, mettendo tutti i Nani sul chi vive.
Il giovane Thorin sbuffò e levò le mani in aria. “Il rispetto bisogna guadagnarselo e io non ho visto nient’altro in questo aspirante Re che scarso giudizio e un’insana attrazione verso quell’Elfa traditrice,” sbraitò con voce velenosa. “Sarebbe stato meglio se fosse morto insieme a suo zio e a suo fratello e avesse lasciato Erebor in mano a mio pa–”
La sua tirata venne troncata a mezzo dalla lama affilata di Tauriel puntata alla gola. Il corpo dell’Elfa vibrava di rabbia e frustrazione repressa. Delle opinioni del giovane Nano su di lei non le importava nulla, ma non gli avrebbe permesso di infamare Kìli in quel modo. Lui aveva già sofferto abbastanza e sopportato più di quanto non si meritasse da parte di un ignorante ragazzetto dalla testa calda.
Il giovane Thorin la guardò fisso, con gli occhi sbarrati dallo shock. “Tieni a freno la lingua o dovrò pensarci io,” sibilò Tauriel premendo brevemente la lama contro il rigonfiamento della gola di lui, prima di scostarla e rinfoderarla.
Un silenzio mortale scese sull’accampamento, ad eccezione del crepitare del fuoco e del lieve gorgoglìo dello stufato; la realtà si fece di nuovo strada in Tauriel. Tutta la sua ira e la sua voglia di lottare svanirono di colpo, lasciandola stranamente indebolita e tremante.
Non avrebbe dovuto reagire con tanto veemenza, lo sapeva, ma fin da quando erano sfuggiti alla prigionia nella foresta la corda della tensione si andava stringendo sempre più in lei, minacciando di spezzarsi da un momento all’altro. E poi era davvero stanca del comportamento e del risentimento del giovane Thorin perchè, in un certo senso, vedeva in essi una rappresentazione di ciò che avrebbe dovuto fronteggiare sempre più spesso in futuro. Aveva preso la sua decisione riguardo a Kìli, durante quei brevi e tranquilli momenti nella foresta: aveva deciso di restare e scoprire cosa c’era in serbo per loro, ma ora, osservando la paura e l’odio che annebbiavano lo sguardo del giovane Thorin, iniziava a capire quanto grandi realmente fossero gli ostacoli che si ergevano tra loro due.
Senza un’altra parola, il giovane Nano girò sui tacchi e si allontanò dalla luce flebile del focolare. Tauriel emise un profondo sospiro, timorosa di guardare in faccia gli altri, e tentò di ricomporsi; dopo un po’ Gloin le venne vicino e le poggiò una mano esitante sul braccio.
“Hai agito bene, ragazza, non ti crucciare,” borbottò mentre lei lo guardava stupita. C’era una certa gentilezza negli occhi del Nano, mitigata però da un senso di rispetto, lo stesso che si leggeva negli occhi di Bofur e Bombur.
“Vado io a parlare con il ragazzo,” disse alla fine Dwalin, scalciando con rabbia il terreno gelato.
Tauriel guardò Kìli: i suoi occhi erano preoccupati, ma si ammorbidirono quando lessero il tormento in quelli di lei.
“Mi dispiace tanto,” disse Tauriel automaticamente; ed era la verità. Le dispiaceva perchè le parole del giovane Thorin, che avevano portato allo scoperto la loro vicinanza e tutto ciò che avevano tentato di nascondere, adesso si sarebbero fissate nella mente degli altri. Era una tormentosa verità quella che vedeva mettere radici negli occhi di Bombur, di Ori, di Bofur, e non riusciva a pensare a nulla che potesse scacciarla.

~
 
Fu Ori, non Kìli, a venire da lei quella notte.
Il suo amico le sedette accanto sulla sporgenza a strapiombo della roccia, con i piedi che puntavano dritti davanti a lui mentre i suoi spenzolavano al di là del bordo. Il fuoco crepitava sotto di loro, il russare di Bombur risuonava distinto e la notte era fredda, ma sorprendentemente chiara, con solo pochi stralci di nuvole ad oscurare a tratti la luce della luna.
Tauriel scorse la sagoma di Kìli raggomitolata nel sonno presso il fuoco, con la spada ben stretta in mano. Egli non aveva fatto alcun tentativo di parlarle dopo la scenata occorsa a cena, e lei sospettava che le stesse concedendo spazio e tempo per rimettere in ordine i propri pensieri.
“Sai, ci sono storie tra il mio popolo,” cominciò Ori dopo qualche istante di silenzio, “su uomini Nani che si sono innamorati di donne umane.”
Tauriel si tese, il cuore le battè più rapidamente dal timore, ma non disse nulla. Lanciò un’occhiata al viso del suo compagno, rivolto verso la luna. Davvero aveva creduto che quel momento non sarebbe mai arrivato? No, no... sapeva che i Nani erano sospettosi ben da prima della scenata del giovane Thorin. Solo che aveva sperato – desiderato – che loro due potessero continuare a vivere nel loro piccolo mondo ancora per un altro po’.
“Una volta mi hai chiesto delle nostre donne e io ti ho detto che non ce ne sono molte, il che è vero. Solo i Nani più coraggiosi e di più nobile lignaggio possono sperare di trovare moglie, e anche in quel caso non sempre è garantito.” Ori fece una pausa, sistemandosi meglio. Alla flebile luce lunare sembrava più anziano, rughe che prima lei non aveva notato si scorgevano all’angolo dei suoi occhi.
“Per questo forse non c’è da stupirsi se molti guerrieri cercano... affetto altrove,” egli continuò con calma, come se stesse parlando di qualcosa di assolutamente ordinario come i tentativi culinari di Tauriel – molto scarsi, a dire il vero.
“Ori, per favore...” cominciò lei implorante, non sapendo se sarebbe riuscita a sopportare ciò che voleva dirle.
Ma lui la sorprese prendendole una mano: le sue dita tozze erano calde e rassicuranti, il suo sorriso era sereno e triste al tempo stesso.
“Uno dei miei zii s’innamorò di una ragazza umana. Era molto carina, dolce, cortese, e saggia più di quanto la sua età lasciasse presagire. Lo salvò da un branco di lupi, una sera. Con una torcia e nient’altro, bada bene, gliela agitò contro finchè quelli non scapparono. Lui lasciò praticamente tutto per lei, e lei per lui. Le loro famiglie aborrivano quell’unione, naturalmente; gli abitanti del villaggio di lei li scacciarono, ma...”
Ori s’interruppe di nuovo; Tauriel sentì le lacrime pungerle gli angoli degli occhi. Valar, non poteva sopportare di sentire altro.
Il Nano le strinse la mano, i suoi occhi brillarono affettuosi.
“...Ma non ho mai visto un uomo più felice.”
Poi sospirò e distolse lo sguardo. Tauriel capì, dal modo in cui serrò i denti e dalla pressione del palmo di lui sul dorso della sua mano, che non sapeva bene come proseguire. Che ciò che stava per dirle era difficile da trasformare in parole.
“Conosco Kìli da tutta la vita. Siamo cresciuti insieme, abbiamo giocato insieme, ci siamo cacciati nei guai insieme.” Sorrise un pò a quei ricordi, i fantasmi di quel passato gli si riflettevano nello sguardo. “È sempre stato spericolato e incosciente; in un combattimento non vedeva altro che gloria e sfida. Fìli invece è cresciuto sapendo di essere l’erede di Thorin, anche se all’epoca non capiva ancora cosa questo volesse dire. E Thorin era duro con Fìli, molto duro. Si aspettava parecchio da lui. Oh, naturalmente si cacciava nei guai insieme a noi,” aggiunse con una risatina. “Ma, se ci scoprivano, era sempre con Fìli che Thorin se la prendeva di più. E lui cercava ogni volta di tenere suo fratello fuori dai pasticci e di assumersi la colpa delle sue birbonate. Con Kìli, invece, Thorin era diverso... più paziente, più indulgente persino. Kìli non si è mai aspettato di diventare un Principe, non ha mai avuto la più pallida idea di cosa ci fosse al di là della sua cieca adorazione per Thorin e Fìli. Credo che non abbia mai nemmeno considerato di poter essere un giorno costretto a guidare il nostro popolo, e... il ragazzo che conoscevo un tempo non avrebbe mai potuto farlo, se devo essere onesto.”
Ori la guardò di nuovo: i suoi occhi sinceri rilucevano di un’emozione cui Tauriel non seppe dare un nome. “Ho capito fin dal primo istante quanto Kìli fosse preso da te – no, non serve negare, va tutto bene. Ho visto il modo in cui ti guardava e ho visto... qualcosa cambiare in lui. La nostra impresa non era più un gioco. Erebor non era più una remota probabilità. Dopo il vostro incontro, dopo che tu gli hai salvato la vita, è diventato un altro Nano. Io non credo che si sarebbe mai ripreso dalla morte di Thorin e di Fìli senza di te, che sarebbe stato in grado di resistere al richiamo dell’Archengemma o di fare la pace con Thranduil. Forse gli altri non l’hanno capito, ma io sì: ho capito che lui ha fatto tutto questo per te.”
Tauriel stava piangendo. Valar, in quei giorni aveva l’impressione di non fare altro che piangere. Silenziose lacrime di vergogna e senso di colpa, e uno strano senso di vuoto sollievo che echeggiava alle parole di lui; la sensazione di essere stata liberata da un pesante fardello. Non c’era niente che potesse dire, niente che esprimesse la propria gratitudine, ma sentiva che Ori non ne aveva bisogno, sentiva che capiva lo stesso. Il Nano stese un braccio, sempre con quello stesso sorriso triste, e le pose la mano sulla spalla. Tauriel avvertì il suo calore attraverso la tunica.
“Qualsiasi cosa accadrà adesso, avete il mio sostegno. Sia tu che lui. Non posso dire che sarà facile o che il mio popolo ti accetterà sicuramente... ma ho visto il Re che è diventato grazie a te. Ha bisogno di te, Tauriel, come ne abbiamo tutti noi.”
Restarono seduti lì, in un confortevole silenzio, finchè lui non la lasciò per andare a dormire. Tauriel si asciugò le guance bagnate e sorrise alla luce delle stelle.

~
 
Il giorno dopo i Nani si destarono di buon’ora. Tauriel svegliò Bofur, che tendeva a dormire sempre più degli altri, e guardò verso nord, dove nubi scure e minacciose presagivano l’arrivo di una tempesta.
Dwalin arrotolò la propria stuoia borbottando e la fissò allo zaino. “Si avvicina rapidamente, dobbiamo muoverci se vogliamo superare il passo in tempo.”
Kìli spense il fuoco a pedate, le mani occupate ad allacciarsi la tunica, e le rivolse un breve ma caldo sorriso, un sorriso che sembrava dire molte cose, ma soprattutto un ‘non preoccuparti, andrà tutto bene’; alleggerì un pò della tensione rimasta in lei.
Il giovane Thorin però irruppe sulla scena un istante dopo, e l’occhiata infausta che le scoccò fu sufficiente a rammentarle che non andava bene proprio niente. C’era uno sguardo omicida sul volto del giovane Nano e il cuore di Tauriel saltò un battito. Era evidente che aveva fatto più male che bene. L’urgenza di scusarsi era lì, di cercare in qualche modo di spiegare le proprie azioni, ma il suo famoso orgoglio la tratteneva dal cedere a quell’impulso.
“Quanto è lontano il passo?” domandò quindi, ignorando le occhiate del giovane Thorin e guardando le ombre delle montagne. Non avevano un aspetto molto invitante.
Bofur si rabbuiò. “Potremmo riuscire a raggiungerlo al calare della notte, se ci muoviamo. La neve ci rallenterà, come pure quella tempesta, se non ci riusciamo prima che sia sopra di noi.”
“Allora non ci resta che riuscirci, no?” disse Tauriel, recuperando lo zaino e portandosi i capelli su una spalla. Si sentiva vulnerabile senza il suo arco, le mancava il suo peso familiare sulla schiena, ma almeno aveva ancora i suoi lunghi pugnali. “Vado in avanscoperta, per assicurarmi che la via non sia sbarrata dalla neve.”
Kìli ebbe l’aria di voler protestare, ma dopo un attimo di riflessione riuscì ad annuire. “Stà attenta: nonostante tutti i resoconti, potrebbero esserci ancora gruppi di Orchi in giro.”
“Non starò via a lungo,” rispose lei con un sorriso defilato, consapevole dello sguardo interessato di lui. Aveva intenzione di esplorare la zona per qualche ora, spianare loro il percorso e  fare ritorno prima che il sole fosse troppo alto in cielo.
“Dirigiti a nord, tra quel crinale e quello opposto,” disse Dwalin indicando con un dito. “Il vecchio cancello è proprio al di sotto di quel terzo picco.” Tauriel si sentì lusingata da quella dimostrazione di fiducia, ma subito dopo si chiese se il Nano non la volesse semplicemente lontana da loro per un paio d’ore.
Vedeva benissimo, dal modo in cui gli occhi di Bombur evitavano i suoi e da come Gloin fosse stranamente interessato alle proprie calzature, che erano a disagio per l’incidente del giorno prima. La distanza tra loro aumentava e lei non sapeva proprio come accorciarla di nuovo. Con un sospiro, Tauriel s’incamminò agilmente su per il pendio della montagna. Si sentiva addosso, pesanti e intenzionali, gli sguardi dei Nani, e non tutti erano amichevoli.

~
 
Tauriel giunse in cima al crinale proprio mentre il vento iniziava ad ululare, tirandole indietro il cappuccio del mantello e lasciandola momentaneamente senza respiro.
La tempesta era vicina, più di quanto lei avesse sperato e alcuni fiocchi di neve già le volteggiavano intorno, un avvertimento di ciò che stava per arrivare. Il passo davanti a lei era interamente coperto dalla neve ma ancora percorribile, o almeno così Tauriel sperava. Vicino alla base del picco più vicino vide l’ombra di qualcosa di scuro, che si stagliava contro il biancore apparentemente infinito della neve: pregò che si trattasse del cancello menzionato da Dwalin.
Si girò a guardare indietro, giù lungo la vallata, e scorse facilmente il gruppetto di Nani che si faceva strada su per il fianco della montagna. Il loro incedere era molto più lento, la loro struttura fisica faceva sì che si ritrovassero immersi nella neve fino alle ginocchia e perciò avanzavano ad una piccolissima frazione del suo ritmo; in quel momento si trovavano ad almeno un’ora di cammino da lei. Il cielo tuonò sopra la sua testa, come ad avvertirla che con ogni probabilità non l’avrebbero raggiunta in tempo. La neve sul passo era più profonda e li avrebbe rallentati considerevolmente. Tauriel agitò un braccio per aria fino a che uno di loro – Kìli, forse, ma non poteva esserne certa – non ricambiò il saluto.
Le serviva un piano, un sistema per velocizzare il loro viaggio, o perlomeno un posto in cui potessero ripararsi finchè la tempesta non fosse cessata. Forse se lei–
Qualcosa baluginò in lontananza, come il lampo di una lama che cattura un raggio di sole. Tauriel si tirò indietro il cappuccio e si accucciò con le mani sull’elsa dei pugnali. Aguzzò la vista attraverso la sempre più fitta cortina di neve: c’erano delle figure in movimento, alcune piccole e marroni, altre nere ed incombenti. Trasse un respiro profondo e colse un lieve odore di sudiciume nella brezza.
“Orchi,” mormorò, sguainando i pugnali.
Rapida e silenziosa attraversò la coltre nevosa, pregando che non fossero in troppi. Quando si avvicinò, si accorse che le forme piccole e brune non erano Orchi, ma Nani – Nani che correvano per salvarsi la vita. Colse il lieve suono delle loro voci nella tempesta, disperate e piene di paura. Erano tre in tutto, inseguiti da sei – no, otto Orchi, che guadagnavano rapidamente terreno. Le probabilità non erano a loro favore, riflettè Tauriel, ma in fondo si era ritrovata in situazioni peggiori.
Corse seguendo una linea ad arco, con l’intento di attaccarli di fianco e sperando di coglierli di sorpresa, ma dubitava che sarebbe stata così fortunata. Gli Orchi avevano un ottimo olfatto, che i Valar li maledicessero. Uno dei Nani inciampò, svanendo in una folata di neve, e lei desiderò disperatamente avere il suo arco. Si erse in tutta la sua altezza e allungò il passo, abbandonando del tutto i suoi piani mentre l’Orco più veloce si precipitava sulla figura prona.
Con un grido balzò davanti all’orrenda creatura, così concentrata sul suo premio che Tauriel riuscì effettivamente a coglierla alla sprovvista, e gli piantò entrambi i pugnali nel petto e nella gola. L’Orco morì all’istante, cadendo all’indietro con la bocca spalancata, e Tauriel recuperò le armi appena in tempo per parare il colpo menato da un’ascia. Il fendente le strappò quasi il pugnale di mano, vibrando dolorosamente su per il suo braccio ferito, ma riuscì almeno in parte a deviarlo di lato.
Sentiva i Nani vociare dietro di lei nella loro lingua dura e gutturale, e pregò che intendessero aiutarla. Un altro Orco la caricò con uno stridulo grido di guerra e lei girò su sè stessa, trafiggendolo allo stomaco e avvertendo il laido suono delle carni che si laceravano come pergamena e il caldo fiotto del sangue.
Con la coda dell’occhio colse il lampo di una lama, e si avvide con sollievo che uno dei Nani, che indossava una pesante e bell’armatura, era accorso in suo aiuto. Un altro stringeva in mano una grande spada sguainata ma era chiaramente ferito, perchè vacillava e non sembrava in grado di restare in piedi. Quello che era caduto era più basso degli altri due e non portava armatura, ma stringeva tra le mani una spada dall’aspetto letale: con un sussulto Tauriel si rese conto che, nonostante la barba, si trattava di una donna.
I loro sguardi s’incontrarono per un attimo prima che la donna urlasse nella lingua corrente: “Dietro di te!”
Tauriel rotolò di lato, schivando per un pelo la spada che le strappò il mantello, poi rotolò di nuovo mentre l’Orco si preparava a menare un altro fendente; sollevò troppo le braccia, però, al punto da sbilanciarsi e lei gli piantò il pugnale tra le costole, con tanta veemenza da perdere a sua volta l’equilibrio.
Ora c’era solo odore di morte e una scia di sangue nero e Tauriel cercò di recuperare i pugnali per respingere il prossimo assalitore, ma era troppo tardi e lo sapeva. L’infrangersi dell’acciaio contro l’acciaio risuonò violentemente per tutta la valle, pungente nelle sue orecchie come il rintocco di una campana mentre una spada incombeva a pochi millimetri dal suo viso, lasciando giusto lo spazio di un filo di seta. Tauriel si accucciò e conficcò i pugnali in profondità nel petto dell’Orco e poi... era finita. Uno strano e profondo silenzio scese sul passo.
Tauriel si accasciò con le ginocchia nella neve, sprofondando di diversi centimetri. Il braccio recentemente ferito le bruciava per lo sforzo, rendendola acutamente consapevole del fatto che ancora non si era ripresa del tutto dal suo calvario nella foresta. Si sentiva piuttosto debole e aveva il respiro accelerato, più di quanto non richiedesse lo sforzo compiuto.
Una lama le scivolò sotto il mento, facendole alzare il viso; Tauriel s’immobilizzò mentre la donna Nana, gli occhi socchiusi, le si avvicinava. Lasciò scivolare i pugnali a conficcarsi nella neve e sollevò le mani vuote, in segno di resa.
“Che ci fa un Elfo femmina in queste terre?” ringhiò la donna. Aveva i capelli scuri e una corta barba intrecciata, stranamente femminile. Portava dei begli abiti, anche se erano evidentemente da viaggio: una morbida tunica di lana e dei pantaloni di pelle fermati da una cintura larga. I suoi lineamenti erano aristocratici e familiari, anche se, sul momento, Tauriel non seppe riconoscerli.
“Sto accompagnando un gruppo di Nani sulle montagne,” rispose cauta. “Mi hanno mandata in avanscoperta, ed è così che ho visto che eravate inseguiti da questi Orchi.” E gesticolò verso il cadavere davanti a loro, un esemplare davvero disgustoso dalla pelle nera e sfigurata e la faccia bitorzoluta.
Tauriel sentì che la lama sotto al suo mento allentava un pò la pressione e fece un respiro profondo. Gli altri Nani raggiunsero la compagna e presero a borbottare freneticamente nella propria lingua, accennando verso di lei: era chiaro che erano in ansia o – più probabilmente – arrabbiati per la sua presenza. La donna li mise a tacere sollevando una mano con espressione imperiosa, e fu allora che la verità si affacciò luminosa ed innegabile nella mente di Tauriel: stava guardando Thorin, ma anche Kìli, solo con un viso diverso, leggermente più bello. Era disarmante il modo in cui il suo figlio più giovane le assomigliava, e Tauriel sentì il sangue affluirle di colpo al viso.
“Tu chi sei?” chiese la donna.
L'Elfa s’inumidì le labbra. “Sono il Ca– Tauriel, del Reame Boscoso, recentemente fatta ambasciatrice presso la riconquistata città di Erebor,” rispose. “E tu sei la Principessa Dìs. Ho viaggiato fin qui con tuo figlio per cercarti."
La spada si allontanò del tutto, poi cadde nella neve mentre speranza e dolore affluivano in parti uguali nei familiari occhi azzurri.
  
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