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Autore: SweetNemy    26/08/2015    1 recensioni
Cambiare, all'improvviso, continente, nazione, scuola, amici, tutto non dev'essere facile, ma si trova sempre qualcuno che incuriosisce e che ci fa dimenticare, anche solo per un secondo, di essere completamente soli in una città sconosciuta.
Così è cominciata l'avventura di Iris, una ragazza rivoluzionaria e intraprendente... :3
Genere: Commedia, Mistero, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico
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Salvee :3 Grazie a tutti quelli che stanno leggendo la storia, mi auguro che questo capitolo vi piaccia! Ciaoo ^^


CAPITOLO 4. LA TEMPESTA

-Signorina. – mi chiamò una signora alta, dai capelli ricci color mogano (probabilmente tinti), vestita in maniera molto allegra, anzi forse era decisamente troppo allegra!
-Mi dica. – le risposi, probabilmente doveva essere una prof.
-Ti sembra questa l’ora di arrivare? Sono quindici minuti di ritardo. Ritieniti fortunata che stamattina ho avuto un contrattempo e adesso sto entrando. La prossima volta ti mando in presidenza. –
-La ringrazio. Non ricapiterà. – che tipa strana, perlomeno avevo capito di non fare tardi il martedì mattina.
Entrammo in classe e presi posizione accanto al bellissimo Arsène. Okay, perché l’ho chiamato bellissimo?
-Buongiorno. – gli dissi sperando in una risposta, che non arrivò perché... stava dormendo. –Arsène? – lo chiamai, ma dormiva davvero profondamente nonostante tutto il casino in classe.
-Bene ragazzi. – proferì la super simpatica professoressa di fisica e chimica. – Cominciamo con un po’ di ripetizione di chimica. Adesso chiamo qualcuno alla lavagna per fare qualche ossido o qualche acido. – si guardò attorno e notò il mio compagno di banco particolarmente attento alle sue parole. –Caron, vieni tu! – urlò come una matta facendo spaventare tutti.
Arsène non fece una piega. La prof allora si avvicinò al nostro banco e gli afferrò la folta e scombinata chioma bionda tirandogli i capelli: un buon metodo per fargli aprire gli occhi. –Caron, quando io parlo voglio attenzione, ben svegliato comunque. Vieni alla lavagna. –
Il biondino non disse una parola, le afferrò il braccio e le impose di lasciargli i capelli. Poi si passò una mano tra di essi e andò alla lavagna.
-Bene, Caron. Vedo più collaborazione. – pensò guardando la tavola periodica. –Ossido ferrico. – proferì la signora sicura di sé.
Arsène lo scrisse alla lavagna, imponente, chiaro, ma si limitò a fare quello. –Ecco. – rispose freddo come al solito.
-Sappiamo tutti come si scrive, fammi il composto. – urlò nuovamente la prof.
-Non so farlo. – semplicemente disse lui, tonandosene a posto.
-Questo è il livello quest’anno? In quest’ora scrivete tutti una pagina sui tre principi della dinamica, con opportuni esempi e dimostrazioni. Non accetto che non sappiate fare composti elementari! –
-Caron, fai schifo. Adesso ci tocca lavorare. – Joёl doveva sempre dire la sua, ma non poteva starsene zitto.
-Le parole dei drogati non mi pesano minimamente. – rispose con freddezza e indifferenza il mio compagno di banco. Che voce sottile e calda che aveva!
-Figurati a me quanto mi pesano quelle di un bocciato. Sei utile quanto una pubblicità prima dei video su You Tube. -  proseguì l’altro scatenando il riso dei suoi compagni un filo più scemi di lui.
-Risus abundat in ore stultorum – mi venne da dire, anche se probabilmente mi capii solo la prof che osservava la scena come una spettatrice di una lotta clandestina. Chissà se avrei mai visto un professore normale in quella scuola!
Passarono presto le ore in quella classe infernale, e finalmente arrivò il momento del pranzo: stesso tavolo, stesso cibo, stesso compagno di pranzo che finalmente vidi mangiare.
-Iris – mi chiamò distraendomi dal guardare fuori dalla finestra e sorprendendomi perché di solito non iniziava mai un discorso da solo – Posso farti una domanda? –
Annuii e dopo aver bevuto un sorso d’acqua con una grazia che non gli avrei mai attribuito, mi chiese –Cosa significa quella frase che hai detto prima a Joёl e la sua banda? –
-Il riso abbonda sulla bocca degli stupidi. – spiegai. – è latino. –
-Conosci il latino? – lo vidi stupito.
-Qualche frase, non molto. –
-Fe2O3 – disse lui, come se mi volesse rivelare un suo segreto.
-Come? –
Mi ripeté quello che aveva detto prima, in realtà avevo capito le parole in sé, non avevo capito perché le avesse dette. Poi le collegai all’ora di chimica di stamattina, all’ossido ferrico che la prof gli aveva richiesto e notai che la formula corrispondeva. Che avesse saputo farlo?
-Sapevi farlo? – chiesi insospettita.
-Certo. Non sono così stupido. Solo che non voglio dargliela vinta. –
-Io non ti capirò mai. – gli risposi sorridendo.
Mentre gli risposi, un fulmine catturò l’attenzione di tutti.
-Ho fatto bene a portarmi l’ombrello. – lasciai uscire i miei pensieri rassegnata.
-Io non mi ricorderò mai di portarlo. – si rimproverò da solo per la sua sbadataggine
-Nel caso piovesse potrei accompagnarti a casa, non ci sono problemi. – cercai di rassicurarlo, lo vidi più preoccupato e pensieroso del solito.
-Ascolta, stamattina avrai visto il cielo, no? Le nuvole erano grigie, ma di una tonalità molto più tenue di quella di adesso. È come se si fossero caricate di umidità. Tra poco inizierà a diluviare forte. – mi sorpresero molto le sue parole, era un abile osservatore con un’intelligenza che non gli avrei mai attribuito. – Inoltre Marsiglia è vicina al mare, penso tu lo sappia. E saprai anche che non vi sono catene montuose sulla costa meridionale francese. – lo ascoltavo attentamente esporre le sue tesi alternando lo sguardo dalle sue labbra sottili ai suoi occhi quasi blu elettrici in quel giorno senza sole. – Stamattina il vento soffiava dal mare, quindi non ti dico che tempesta ci sarà: un vento insostenibile che probabilmente porterà via gli ombrelli. E di solito queste tempeste durano molto. Non ci faranno uscire almeno che qualcuno non ci venga a prendere. –
-Potrei chiamare mio padre. – mi voltai verso la finestra, quando un altro fulmine si protese dal cielo, portando via la corrente elettrica. Dopodiché iniziò a piovere a ritmo sostenuto.
-È anche andata via la corrente. Finisci di mangiare, andiamo dal prof di scienze. –
Finii l’ultima parte del pranzo più velocemente che potei, per poi alzarmi per seguire Arsène chissà dove.
Accesi il flash del cellulare per avere la strada illuminata e cominciai a correre dietro al mio compagno di banco che si muoveva con padronanza tra i meandri bui della scuola: salimmo le scale fino al quarto piano: la “mansarda” della scuola. Il prof sorseggiava il caffè davanti a una grande vetrata.
-Professore! – pronunciò Arsène, interpellando l’uomo alto dai capelli neri.
-Ah, ciao Caron. Hai notato, vero? –
-Cosa, professore? –
-La tempesta, hai notato che andrà per le lunghe. –
-Certo, professore, per questo sono venuto a cercarla. Era una giornata come questa l’anno scorso. – non capivo di cosa diamine stessero parlando!
-Sei stato premuroso, ma stai tranquillo. Non avevo intenzione di fare nulla di spericolato. –
-Suo fratello era l’unico insegnante che ha creduto in me fino alla fine, abbiamo instaurato un vero legame. Se per me è difficile, non immagino lei cosa stia passando. – non ci stavo capendo un emerito cazzo! Tanto che decisi di chiedere cosa stesse succedendo.
-Cosa… cosa è successo? –
-Ah, giusto. Tu dovresti essere la ragazza nuova. Adesso ti spiego. – aveva la tipica espressione addolorata, ma allo stesso tempo consapevole, lo sguardo che cercava tra i ricordi quello giusto da raccontare. – L’anno scorso mio fratello gemello aveva la cattedra di scienze naturali, un vero genio, un uomo meraviglioso. Finché non scomparve misteriosamente chissà dove, il suo corpo non è più stato trovato. –
-Quindi potrebbe essere ancora vivo? – chiesi.
-È ancora vivo. Sai, noi fratelli gemelli, monozigoti per giunta, siamo legati da un filo invisibile e se morisse, morirebbe anche una parte della mia anima. Lo sento che è ancora vivo, ma non so dove sia. –
-Capisco perfettamente, anch’io ho un fratello gemello. – pensai a mio fratello e alla sua condizione e mi sentii particolarmente vicina al professore.
-Caron, comunque non farò stupidaggini, non preoccuparti. Preferisco che muoia una parte della mia anima che una della sua. –
-Certo, professore. Secondo lei ci faranno rimanere a scuola? –
-È pericoloso anche solo uscire di qui per raggiungere l’auto. I continui cambiamenti climatici stanno facendo diventare questa pacifica cittadina un posto pericoloso. –
-Professore mi scusi. – pensai dato che ancora non era tornata la corrente elettrica. – le luci di emergenza non ci sono nell’istituto? Almeno se tornasse l’elettricità si attenuerebbe un po’ il panico. –
-Certo che ci sono. Sono state installate dopo la tempesta dell’anno scorso. Ma si accendono dal centro di controllo che si trova nei sotterranei e spero non sia allagato. –
-Piove da dieci minuti, non penso si sia già allagato tutto. – concluse la conversazione Arsène, prima di avviarci tutti al piano di sotto.
Arrivammo al piano terra dopo aver sceso quattro piani di scale, percorremmo un lungo corridoio e giungemmo dinanzi a una porta metallica con su scritto “DIVIETO D’ACCESSO AL PERSONALE NON AUTORIZZATO”, ovviamente entrammo lo stesso!
  
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