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Autore: Touch the sound    27/08/2015    2 recensioni
Dei lunghi capelli neri su quella pelle così pallida, i suoi occhi erano chiari e belli. Gli occhi azzurri gli erano sempre piaciuti.
[Chris-Ricky]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 14 - I need to feel you here
Ricky camminò lentamente con lo sguardo basso. Si vergognava di se stesso, avrebbe voluto solo sotterrarsi per non sentire il peso dello sguardo di Chris che ancora lo seguiva. Poteva sentirlo sulla sua schiena, appena dietro le orecchie, fra i suoi capelli. Sapeva che quel ragazzo che gli piaceva tanto, nonostante tutto, non sarebbe andato via prima che la porta di casa si fosse chiusa; così, per premura. Tenne duro, impiegò ogni tipo di energia del suo corpo per avere la forza necessaria a non girarsi e correre di nuovo da lui. Strinse un pò di più la presa sulla cartellina e accelerò il passo. Chiuse la porta dietro di sè e il cuore gli esplose. Rimase attaccato alla porta, con la fronte poggiata sul legno freddo. Ricominciò a piangere in silenzio. Le lacrime bollenti gli rigavano il viso e gli scavavano grossi solchi sotto gli occhi. Sentiva una stanchezza che non gli permetteva di respirare, di muoversi, di reggersi in piedi. Infatti, in pochi secondi, si ritrovò a terra con la cartellina sulle ginocchia e la schiena contro la porta. Il dolore divenne straziante nel momento in cui si rese conto che Chris non era più dietro quella porta ad aspettarlo; non avrebbe più visto l'emozione nei suoi occhi dopo un bacio e non si sarebbe più sentito stringere da quelle braccia calde e accoglienti.
«Allora, hai fatto quello che dovevi fare?» chiese una voce femminile. Ricky l'associò alla voce del male.
«Sì, mamma» rispose fermo, senza però smettere di piagere. Sarebbe stato inutile, lo sapeva che non ce l'avrebbe fatta. Probabilmente quel pianto sarebbe durato un'eternità.
«Bene, smettila di frignare e vai a dormire»
Ricky deglutì rumorosamente e si alzò evitando lo sguardo di sua madre. Le passò accanto e per la prima volta in vita sua non disse "buonanotte mamma", frase che era abituato a dire ogni sera.
Entrò in camera sua e si tolse le scarpe mettendosi a letto senza spogliarsi di altro. Gli tremavano le mani e aveva la vista offuscata, la testa gli pulsava e il cuore gli faceva male nel petto. Decise di aprire la cartellina: l'ultima cosa che Chris gli aveva dato. Quando i suoi occhi si imbatterono in quel suo stesso ritratto, sul suo volto apparì un sorriso triste, malinconico. Si era del tutto dimenticato che Chris aveva fatto quel disegno, quella sera. 
Cercò di focalizzare ogni dettaglio tracciato a matita, e l'unica cosa che gli saltava in mente ogni qual'ora si concentrava su un particolare, era che lui non fosse davvero così bello. Gli sembrò di vedersi attraverso gli occhi di Chris. Lo vedeva davvero così perfetto? 
Strinse quel foglio al petto: abbastanza da poter sentire il calore e l'amore che conteneva, ma non al punto di rovinarlo. Era qualcosa di prezioso.

Aveva pianto, forse per tutta la notte, forse per tutto il giorno seguente, forse per qualche settimana; fuori, ma anche dentro. C'era qualcosa che Ricky non riusciva a lasciarsi alle spalle. Soffriva in silenzio e ascoltava i discorsi di sua madre. Non gli sembravano altro che parole buttate al vento, senza alcun senso, vuote e stupide. Quando si riferiva a lui, sapeva solamente dire che aveva bisogno di ricominciare d'accapo, che magari gli sarebbe stato utile cambiare compagnie; "se proprio non riesci a toglierti dalla mente quell'ignorante, allora proveremo a mandarti da un medico", era arrivata a dire anche questo. Ricky sprofondava in un misto di ansia e rabbia ogni volta che sua madre affibbiava a Chris quegli aggettivi per nulla adatti a lui. Infatti, non gli importava molto quello che pensava di lui, ma Chris non era un ignorante, nè uno stupido, nè un bastardo, nè qualsiasi altra cosa. Ma sua madre non capiva, e non capiva solamente perchè non voleva finire sulla bocca di tutti.
«Ricky, se non la smetti di fissare il vuoto ti do un pugno in faccia» disse Ryan con la sua solita delicatezza e svogliatezza. Era passato a casa sua per stare un pò di tempo con lui, ma era rimasto tutto il pomeriggio e aveva deciso di cenare lì.
«Non sto fissando il vuoto» mormorò distratto.
«Invece sì, comunque devi dirmi che diavolo sta succedendo, non sti capisco più»
Ricky si rigirò nel letto dandogli le spalle.
«Sono solo stanco» mentì pietosamente.
«Sì, certo» sbuffò Ryan non bevendosi quella scusa. Conosceva Ricky, non avrebbe mai creduto ad una cosa simile. Ricky non replicò. Si sarebbe tenuto tutto dentro, anche se tutti i suoi amici avrebbero provato ad estorcergli un briciolo di verità. Anche ad Angelo non aveva raccontato tutto. "Abbiamo deciso entrambi che non era il caso di continuare, lui per un motivo, io per un altro...", disse a grandi linee. Dallo sguardo dell'altro aveva capito che non ci era cascato, ma gli fu immensamente grato quando non sentì opposizioni o domande sulla faccenda. Per questo motivo Angelo era il suo miglior amico: non faceva domande, aspettava sempre che le cose venissero da sè.
«Ti hanno fatto del male?» gli chiese Ryan di getto, dopo parecchi minuti di silenzio. Quella domanda colpì molto Ricky. Sentiva la preoccupazione forte incastrata fra le parole dell'amico. Ryan emanava tensione, la percepiva nonostante non si trovassero faccia a faccia. Gli arrecava solo altro dolore sapere che i suoi amici erano in pena per lui.
«No... perchè me lo chiedi?» 
Ryan alzò delicatamente le spalle come se Ricky potesse vederlo, ma non poteva: era sdraiato a pancia in giù con la testa rivolta verso la porta, mentre Ryan era dietro di lui, con le spalle poggiate alla testata del letto.
«Cerco solo di capire, le sto pensando tutte»
Ricky strinse le lenzuola fra le mani e trattenne il pianto. Perchè riusciva sempre a far stare in pensiero i suoi amici? Tante volte aveva desiderato essere il "pagliaccio" del gruppo, quello che fa sempre ridere tutti, che tira su di morale il compagno che sta male.
«Allora?» chiese ancora Ryan preoccupato e ansioso di sapere perchè Ricky si stesse comportando in quel modo ultimamente.
«Cosa?»
«Mi dici perchè sei sempre depresso?»
«Non sono depresso» disse con una voce sottilissima e un pò impastata.
«Certo... credi che non mi sia accorto che piangi sempre? Credi che Angelo non se ne sia accorto? O che magari anche Devin non ci abbia fatto caso? Forse pure Josh, tanto lui è un cavernicolo, figurati se si accorge di te... o sbaglio?»
Ricky, sentendosi sempre più in colpa, si girò verso di lui. Non gli avrebbe detto la verità, non ne avrebbe avuto il coraggio.
«Ryan, lo so che siete preoccupati, ma ti assicuro che vi state preoccupando per nulla» disse alzandosi.
«Sto bene, davvero... scendiamo, sicuramente fra poco sarà pronta la cena» disse risoluto camminando verso la porta. 
Durante la cena Ricky se n'era stato con la testa bassa. Aveva mangiato i pollo al forno con l'insalata lentamente, non aveva detto nemmeno una parola. Suo padre, che quella sera era riuscito a tornare a casa in tempo per la cena, non si era reso conto del suo silenzio. Era troppo preso dai suoi pensieri, problemi di lavoro. Sua madre invece lo guardava. Ricky si sentiva perennemente osservato. Gli veniva quasi da strizzare gli occhi e allontanarsi, come quando ci si ritrova qualcuno con un pugno puntato verso il proprio viso; la brutta sensazione di essere colpito lo pervadeva, lo spaventava a morte. Aveva paura che sua madre potesse dire qualcosa che l'avrebbe ferito. Ma sapeva che non era una donna stupida: non avrebbe detto nulla che avrebbe potuto mettere lei, suo figlio e suo marito in cattiva luce. La presenza di Ryan, quindi, era diventata di fondamentale importanza per Ricky in quel momento.
Quando finalmente anche la cena era finita, i due ragazzi risalirono in camera di Ricky.
«Hai litigato con tua madre, vero? È per questo che stai così?»
«No, cosa te lo fa pensare?» gli chiese Ricky alzando un pò il tono di voce. Si sarebbe morso la lingua fino a farsi male: alterarsi non avrebbe convinto Ryan che la sua ipotesi fosse sbagliata.
«Okay, come vuoi, ma non ti capisco... dovresti parlare un pò di più, lo sai?»
Ricky roteò gli occhi.
«Non fare così, quando è successo il casino con Devin tu eri il primo a dirgli queste cose» lo rimproverò l'altro.
«Ma che c'entra, quella è una cosa completamente diversa, avevo paura per lui»
«Permetti che quando ti vedo piangere mi preoccupo per te? Perchè, sai, non è proprio normale che quando sei in classe corri in bagno con le lacrime agli occhi» 
Ricky aggrottò la fronte. Cosa ne sapeva lui di quello che succedeva quando era a scuola?
«Mi spii per caso?»
«No, ti ho visto l'altro ieri, quella di storia mi aveva mandato dal preside»
Ricky sospirò. Non poteva avere un momento di libertà, si sentiva controllato da tutti e tutto. Forse quello che gli piaceva di più della sua relazione con Chris era proprio il sentirsi libero. Con lui poteva fare tutto quello che voleva e non si sentiva giudicato, tenuto d'occhio o protetto più del dovuto.
«Per favore, smettila, va tutto bene, davvero» disse mettendosi di nuovo a letto. Ryan strinse i denti arrabbiato e deluso, poi si sedette sul bordo del materasso.
«Fra un pò vado a fare un giro con Josh e Devin, vuoi venire?» gli chiese con gentilezza. 
«E Angelo?» gli chiese Ricky alzando la testa dal cuscino.
«Non so, Devin mi ha detto che aveva da fare, forse ci raggiunge più tardi» 
Ricky valutò le varie possibilità, ma alla fine decise di uscire. Stare solo in casa con i suoi genitori -soprattutto con sua madre- non era sicuramente una bella prospettiva.
Si alzò e corse a farsi una doccia veloce. Ryan lo aspettò sdraiato sul letto. Ben presto però si annoiò di starsene lì fermo e cominciò a girovagare per la stanza. Non era suo solito mettere le mani fra le cose degli altri, ma Ricky era uno dei suoi migliori amici e di certo non si sarebbe arrabbiato se avesse frugato nei suoi cassetti. Almeno sperava.
Aprì tutti i cassetti della scrivania: elastici per capelli, penne, fogli, lo scatolo pieno di calamite e cartoline dei posti che aveva visitato, un album di foto. Doveva ammettere che cercava qua e là anche per trovare qualcosa che potesse aiutarlo a capire. Sperava tanto che ci fosse quel qualcosa.
Entrò nella cabina armadio e cercò fra i vestiti cercando di non metterli troppo in disordine. Non trovò nulla, ma mentre era sul punto di arrendersi, notò qualcosa dietro la cesta dei vestiti sporchi. La tirò fuori e la guardò accigliato: una cartellina di un blu scuro, quasi nero, sembrava vuota. L'aprì e all'interno vide un disegno, un ritratto di Ricky. Lo guardò bene senza capirci molto. Non aveva idea di chi avesse potuto fargli quel ritratto.
Sentì il rumore dell'acqua che si affievoliva e allora rimise tutto al suo posto. Si mise a letto pensando che presto avrebbe dovuto parlare con Angelo in privato.

Il locale era colmo di ragazzini che non superavano i vent'anni: luci soffuse all'interno, un faro illuminava i tavolini all'esterno. Le porte del bar verniciate di bianco si aprivano e chiudevano continuamente. Ricky, Josh, Ryan e Devin erano seduti all'esterno, avevano ordinato un drink a testa e li stavano gustando in santa pace. 
«Ne voglio un altro» disse Josh posando il bicchiere vuoto sul tavolino. Nessuno rimaneva più sconvolto ormai: Josh riusciva a bere alla velocità della luce qualsiasi cosa.
«Aspettaci almeno» commentò Devin provando a bere più velocemente quello che rimaneva nel suo bicchiere, ma non ci riuscì. Era davvero troppo freddo e l'alcol gli pizzicava la gola.
«Mi vuoi far festeggiare sì o no?» gli chiese Josh in un mix di felicità e sgarbatezza.
«Ma che cazzo hai da festeggiare tu tutte le sere?» gli rispose l'altro a tono.
«Okay, sì, forse ogni tanto bevo qualcosa, ma stasera festeggio davvero»
Tutti lo guardarono aspettando che continuasse, che spiegasse il motivo della sua totale allegria.
«Dai, ragazzi, vi siete accorti che c'è Ricky stasera? È una vita che non esce con noi di sera» pronunciò l'ultima frase con un pizzico di rancore, ma poi sorrise guardando proprio in direzione di Ricky. Si guardarono negli occhi per un lungo istante, poi Ricky chiamò una delle tante bariste e Josh ordinò il suo secondo drink. Ricky fece sì che tutti ordinassero qualcos'altro dicendo che il secondo giro l'avrebbe offerto lui.
«Vuoi farci ubriacare, per caso?» gli chiese Ryan. Ricky si rivolse a lui.
«Dobbiamo festeggiare il mio ritorno, no?»

Il mattino seguente, Ricky si svegliò col mal di testa. Già prima di aprire gli occhi capì di essersi preso una bella sbronza. Nel momento in cui tutto davanti ai suoi occhi prese forma e colore, si accorse di non essere in casa sua. Ci mise qualche secondo per connettere, poi riuscì a ricordare: quella era la camera di Angelo.
Dopo un lungo sbadiglio decise di alzarsi dal letto. Sul pavimento c'era Devin che dormiva beatamente fra due cuscini, Josh era sul letto che, prima della sua partenza per gli studi di informatica, apparteneva alla sorella di Angelo. Abbandonò con allegria il continuo russare di Josh e si diresse in cucina. La sua mente non aveva calcolato che c'era un componente in meno nella camera di Angelo, ma se ne ricordò non appena udì la sua voce provenire dalla cucina. Si fermò dietro la porta. Origliare non gli piaceva e non lo trovava educato, ma in quel momento gli sembrò la cosa giusta da fare.
«Secondo te?»
«Non lo so, Ryan, a me Ricky non ha detto assolutamente nulla... probabilmente avrà avuto qualche giornata storta» rispose la voce dolce e gentile di Angelo. 
«Ma dai, non dirmi che ci credi davvero... gli è successo qualcosa, ne sono sicuro» disse Ryan con la bocca piena di qualcosa.
«Prova a parlarci tu, Ricky con te riesce sempre ad aprirsi» continuò dopo aver ingoiato.
«Ci provo, okay? Ma sono sicuro che non è successo nulla di grave»
Ricky sentì un sospiro forte e poi un "è una settimana intera che piange, sono davvero preoccupato".
Quelle parole colpirono Ricky nel petto come pugnali roventi. Ryan non era il tipo che si lasciava andare, era sempre quello che non mostrava preoccupazioni e debolezze, quindi sentirgli dire quelle parole fece provare a Ricky un senso di pena verso se stesso.
Decise che quello era il momento di entrare, non voleva sentire altro. Varcò la soglia con un occhio aperto e l'altro socchiuso, finse uno sbadiglio: voleva far credere di essere appena arrivato.
«Ma buongiorno» disse Angelo non appena si accorse della sua presenza. Ryan lo salutò con un gesto della mano e così fece anche Ricky con entrambi.
«Che ore sono?» chiese poi sedendosi al tavolo della cucina accanto ai due.
«Quasi mezzogiorno» rispose Angelo.
Ricky sbarrò gli occhi. 
«Ho dormito così tanto?»
«Già, ma tanto è domenica» disse Ryan finendo la sua tazza di latte e cereali.
«Adesso devo andarmene, ho un appuntamento con Meghan dopo pranzo» 
Ricky e Angelo lo salutarono e Ryan corse fuori rischiando di inciampare nei suoi stessi piedi. Ricky sorrise e Angelo scosse la testa: Ryan era un imbranato cronico.
Quando la porta si chiuse, in casa calò un silenzio tombale. Angelo guardava Ricky cercando il coraggio per parlare. Voleva davvero accertarsi che andasse tutto bene. Sapeva molto di più di tutti gli altri e aveva capito perchè Ricky stava così male, ma non era al corrente di tutto. Infatti, Ricky non era stato chiarissimo. "Chris ha deciso che non poteva continuare e io non ho insistito. È meglio così, in fondo nemmeno io ero così sicuro di quello che stavo facendo", gli aveva detto Ricky precisamente. Angelo provava un pò di rabbia perchè, se le cose erano andate davvero così, e se Chris l'aveva lasciato, significava che lui aveva avuto ragione: si era accorto che non era un tipo troppo affidabile, quel Chris. Ma non voleva trarre conclusioni affrettate, perchè quando l'aveva conosciuto, si era accorto che nei confronti di Ricky si comportava benissimo. Qualcosa non quadrava.
«Allora? Come va oggi?» gli chiese cercando di sembrare più sciolto possibile. Era teso come una corda di violino. Senza motivo, in realtà.
«Bene» rispose Ricky meccanicamente.
«Dovrei tornare a casa, non ho avvertito mamma che sarei stato fuori, sarà arrabbiata» aggiunse subito dopo.
«No, tranquillo, ieri sera ho chiamato a casa tua e ho detto a tuo padre che restavi qui»
Ricky sospirò silenziosamente. Voleva scappare, ma come poteva?
«Perchè siamo venuti tutti da te?» gli chiese Ricky.
«Quando vi ho raggiunti eravate già ubriachi e, sinceramente, non ci tenevo proprio ad accompagnarvi a casa uno per uno»
Ricky annuì quasi impercettibilmente.
«Ricky, ti va di parlare un pò?»
«Ma perchè avete tutti voglia di parlare? Non c'è nulla da dire» si alterò. Angelo rimase un attimo interdetto.
«Scusa, è solo che tu mi hai sempre detto tutto e ora... non so, se hai bisogno di qualcosa...»
Ricky scosse la testa e si alzò avvicinandosi al frigo. Gli diede le spalle soprattutto per evitare il suo sguardo. Non voleva raccontargli la verità, se ne vergognava troppo.
«Ricky» disse Angelo poggiandogli una mano sulla spalla. Ricky sussultò e si accorse di essere stato fermo davanti al frigo aperto per parecchio tempo, probabilmente qualche minuto.
I loro occhi si incrociarono e Angelo notò che quelli di Ricky erano rossi e lucidi. Non ebbe la forza nè trovò le parole giuste, ma quando Ricky si fiondò fra le sue braccia, non ci mise troppo a capire che era proprio quello ciò di cui aveva bisogno Ricky. Lo tenne fra le sue braccia finchè non fu proprio lui ad allontanarlo.
«Scusa, ti ho bagnato la felpa» disse Ricky rosso in viso mentre si asciugava le lacrime.
«Non importa» rispose subito Angelo, poi gli fece un sorriso che l'altro tentò di replicare al meglio.
«Angelo, non metterti mai con nessuno, l'amore fa schifo» gli consigliò Ricky prendendo una bottiglia d'acqua e sedendosi di nuovo al suo posto.
«Quindi... lo amavi?»
Il ragazzo ci pensò per un pò abbandonando lo sguardo nel vuoto. Nella sua testa si ripresentarono tutti i momenti passati con Chris: baci, carezze, risate, qualche pianto, parole, sguardi. 
«No, non lo amavo» sussurrò.
«Lo amo» affermò infine. Angelo rimase senza parole. Più quella chiacchierata andava avanti, più lui si sentiva confuso e non riusciva a trovare un filo logico a quella storia. Si sedette di fronte a lui.
«Credi che lui... non ti amasse?» gli chiese con delicatezza. Aveva paura di offenderlo.
«Cosa ti fa credere che lui non mi am... che lui mi abbia amato?» gli chiese invece Ricky. Il solo pensiero che qualcuno pensasse che lui e Chris non provassero dei sentimenti fortissimi,  lo faceva andare in bestia.
«Ti ha lasciato, questo deve pur significare qualcosa» provò a giustificarsi Angelo.
«Sai, a volte ci si ritrova costretti a fare delle scelte che non vorremmo fare... magari non voleva, ma ha dovuto» disse alzando un pò la voce.
«Ma tanto tu che ne sai?» continuò sbuffando.
«Appunto, vorrei saperne di più» rispose Angelo secco. Ricky lo guardò con uno sguardo affranto e impaurito. Poteva fidarsi di lui, ma c'era qualcosa che lo frenava. Non c'era nemmeno un motivo a tutto questo: perchè mai non avrebbe dovuto raccontargli la verità?
«Non ora» rispose. In quel momento entrò in cucina Devin: trucco sbavato, occhi rossi e sbadigli continui. Non era proprio il momento di parlare.

Qualche ora dopo Ricky tornò a casa in tempo per il pranzo. Sua madre, non appena lo vide gli corse in contro.
«Come ti sei azzardato? Che hai fatto stanotte?» gli disse pronta a tirargli uno schiaffo sulla guancia. Ricky si ritrasse.
«Angelo... s-sono stato da lui, abbiamo dormito tutti a casa sua» tentò di spiegarle. Era una donna diversa da quella che appariva nella società. Il suo sguardo era inquietante.
«Non mi importa, devi tornare a casa la notte» disse alzando la voce. Un occhio di Ricky catturò una figura in cucina che li osservava: una delle tante donne di servizio. Si vergognava immensamente, sua madre non l'aveva mai rimproverato in presenza di estranei.
«Mi dispiace, non lo farò più»
La donna sbuffò passandosi una mano fra i capelli biondi, curati e lucenti.
«Spero che tu abbia davvero dormito dai tuoi amici, non ti conviene mentirmi» sussurrò guardandolo dritto negli occhi.
«C-cosa intendi? Io non ho mentito» disse Ricky impaurito.
«Intendo dire che se scopro che la notte ti piace sgattaiolare fuori casa per incontrare quel nullatenente, te la faccio pagare»
Il ragazzo provò una strana sensazione, quella volta. Niente rabbia nè frustrazione, solo tanta voglia di dimostrarle che lui aveva diritto di fare quello che voleva con la propria sessualità e con la persona che amava. Gli venne voglia di chiamare Chris, di farlo correre a casa sua, di baciarlo proprio lì, di fronte a sua madre. Eppure sapeva di non poterlo fare.
«Ho capito... mamma» mormorò l'ultima parola facendo uno sforzo sovrumano. Non avrebbe mai pensato che un giorno gli sarebbe risultato difficile utilizzare quella parola. Certo, il rapporto con lei era stato spesso freddo, ma non fino a quel punto.
«Ecco, adesso siediti, il pranzo è pronto» 
Si misero a sedere. Distanti e in silenzio, pranzarono. Ricky guardava la sedia di suo padre e pensò, per la prima volta, a quanto fortunato fosse quell'uomo: non era mai in casa, così non doveva subire gli scleri di sua moglie. 
Sospirò mandando giù qualche sorso d'acqua. Si chiedeva se suo padre fosse al corrente della sua relazione con Chris. Anche lui ci teneva a portare avanti il nome degli Olson e a camminare sempre a testa alta, ma di solito era molto più elastico nei suoi confronti. Non si sarebbe stupito se sua madre avesse preso la decisione di non raccontargli nulla. Suo padre avrebbe potuto decidere di accettarlo così com'era; era un rischio che sicuramente non voleva correre.
Finito il pranzo, sua madre uscì di casa per motivi di lavoro. Ricky riprese a respirare regolarmente. Si chiuse in camera sua e affondò la testa fra i cuscini. Stette fermo per circa un'ora. La sua mente vagò, girò in tondo, ma al centro dei suoi pensieri c'era solo Chris. Avrebbe dato tutto ciò che aveva per poterlo vedere. In fondo, non chiedeva molto: voleva solo stare con la persona che amava. 
Strinse i denti e si alzò; aveva intenzione di chiamarlo. Non poteva soccombere alle decisioni di sua madre, per una volta nella vita sarebbe stato lui a decidere.





Ehi! Sono ritornata con un altro fantastico (ho i miei dubbi) capitolo :3 Lo so è un pò triste e deprimente, ma si sa che l'amore fa male(?)
Spero davvero con tutto il cuore che non abbandoniate questa storia. Ci tengo a ringraziare tutti quelli che, fortunatamente, ancora mi seguono *abbraccio virtuale*
Spero di leggere qualche recensione in più, ma okay, l'importante è che continuiate a leggere...
Vi saluto tutti e... niente, alla prossima!
  
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