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Autore: Atra    27/08/2015    3 recensioni
Un viaggio a piccole tappe nell'infanzia e nell'adolescenza di Seifer
Almasy e di sua sorella, Atra Almasy.
Sarà una lettura alla scoperta di un rapporto del tutto
particolare, che potrebbe addirittura stupirvi.
Ogni ricordo è scolpito integralmente nella mente di Atra,
che racconta disegnando i contorni di un Seifer totalmente diverso da
quello che siamo abituati a conoscere.
Buona lettura!
N.B. Il "What if?" della presenza di Atra è riferito alla
mia fanfiction a capitoli, "Il legame del sangue". 
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fujin, Nuovo Personaggio, Raijin, Seifer Almasy
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Legami'
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Mancava appena un giorno perché io compissi i sei anni.
In quel periodo nemmeno Seifer poteva ancora iniziare a misurarsi con i mostri, ma non avrebbe dovuto attendere molto: a gennaio sarebbe finalmente arrivato il suo momento e, neanche a dirlo, non stava più nella pelle.
Anche io stavo aspettando con grande trepidazione il mese di gennaio, quando avrei iniziato a frequentare le prime lezioni di arco.
Ma intanto, durante il mese di settembre, eravamo entrambi ancora in palestra a fare addestramento fisico. Io e Seifer ci tenevamo molto per poter essere all’altezza di qualsiasi combattimento, così a volte rimanevamo in palestra fino a tardi.
Non eravamo gli unici a farlo...capitava molto spesso che un certo Leonhart si fermasse con noi, guardandoci truce da dietro un peso o dall’altra parte della palestra.
E accadeva altrettanto spesso che lui e Seifer si ritrovassero contemporaneamente allo stesso strumento. Allora scattava la silenziosa e rabbiosa sfida a chi avrebbe sollevato più pesi, a chi avrebbe corso più veloce e lontano, a chi avrebbe fatto più addominali o flessioni...
Forse Seifer lo faceva apposta. In fondo, lasciar stare il damerino non era certo qualcosa che lo attraesse...e in fondo, che giornata era se non provava a vincere la sfida del giorno?
Ma forse c’era qualcosa di più. Non erano le sfide a cui era abituato lui, quelle in cui non c’era nemmeno la soddisfazione di aver battuto l’avversario, tanto la vittoria schiacciante era di routine.
A lui gli altri non facevano né caldo né freddo.
Squall gli faceva decisamente caldo.
Gli esiti di quelle sfide erano sempre incerti. A volte vinceva Leonhart, che concludeva la sua prestazione con una scrollata di spalle e dei passi pesanti verso le docce; a volte vinceva Seifer, che si faceva sempre sfuggire un ghigno di soddisfazione e sollevava il mento per disprezzare e guardare dall’alto in basso il suo avversario.
Con il tempo era diventato prevalente un terzo risultato: il pareggio.
Questo indispettiva sempre Seifer, alla perenne caccia della vittoria o della sconfitta a tutti i costi. Una situazione di giudizio sospeso non faceva per lui, che odiava aspettare tutto: un evento, una risposta, un chiarimento.
Quanto a Squall, non sembrava particolarmente toccato dall’esito di nessuna sfida...sembrava sottoporvisi solo per fare un piacere a Seifer, ponendosi, se davvero fosse stato così, in uno stato di superiorità ancora prima che la sfida cominciasse.
Questa era un’altra cosa che Seifer detestava del damerino.
Ed è emblematico il fatto che, nonostante tutte le loro divergenze, ognuno di loro avrebbe poi sviluppato la tendenza di sapere esattamente come porsi con l’altro.
Anni più tardi, Seifer avrebbe saputo cosa dire o fare per far scattare Squall; Leonhart, dal canto suo, avrebbe mantenuto proprio l’atteggiamento che Seifer non tollerava: l’indifferenza.
Per tornare al racconto, il giorno precedente il mio compleanno io e Seifer eravamo rimasti in palestra fino a tardi, come al solito.
Quando alla fine ne uscivamo, eravamo sempre distrutti dalla fatica e a stento spiccicavamo qualche parola furante il percorso fino ai dormitori.
Quel ventuno settembre non mi aspettavo che fosse differente...e invece:
-Cosa vuoi per il tuo compleanno, sorellina?- mi aveva domandato innocentemente Seifer, tormentandosi il cappuccio della felpa blu.
Ero rimasta stupita dalla sua domanda: non mi aveva mai fatto nessun regalo prima e io credevo anzi di essere in debito con lui per avermi permesso di seguirlo fino al Garden.
Di fronte alla mia faccia basita, Seifer era scoppiato a ridere, inclinando il collo in avanti:
-Che c'è, non posso farti un regalo?- mi aveva chiesto, ancora ridendo.
Avevo aggrottato le sopracciglia e mi ero fermata in mezzo al corridoio che conduceva ai dormitori:
-Non puoi perché non è da te- gli avevo risposto, arricciandomi pensierosa una ciocca di capelli sfuggita alla coda. Dove voleva andare a parare mio fratello?
-Ehi, se dici così mi fai sembrare il fratello cattivo- si era lamentato, spalancando le braccia per poi incrociarle rapidamente.
Avevo sollevato una mano:
-Va bene, va bene...scusa. Però non è da te lo stesso- gli avevo fatto notare alla fine con un sorrisetto. Seifer aveva sollevato l'indice:
-Si può sempre cambiare...allora, che regalo vuoi?-.
Che regalo volevo? Avevo sei anni e stavo addestrandomi per diventare un soldato. Avevo sei anni e mi era rimasto solo un fratello.
Avevo solo sei anni e avrei tanto voluto potermi sbarazzare di quella mia debolezza di bambina.
Volevo essere forte. Volevo sapermi difendere da sola, come...
-Come te. Voglio essere come te- gli avevo risposto, sollevando il mento e puntandogli il dito contro. Seifer aveva riso con tenerezza, avvicinandosi a darmi un buffetto sulla guancia:
-Ma tu sei già come me. Sei mia sorella- aveva sorriso. Io mi ero scostata, infastidita dal fatto che non mi avesse capito:
-Ma no! - avevo esclamato con quella ridicola voce lieve e fragile - Io voglio sapermi far rispettare come sai fare tu, voglio che le persone mi temano...voglio essere forte!-. Le mie parole erano paurosamente in contrasto con la bambina che ero, con le braccia incrociate al petto, la faccia imbronciata, il piede prepotentemente battuto a terra e la coda di cavallo che era un disastro.
Molto temibile, davvero.
Il sorriso di Seifer si era allargato, mentre mi sistemava alla bell'e meglio i capelli dietro le orecchie:
-Quello che ho detto io: sei mia sorella- mi aveva sussurrato, prima di farmi l'occhiolino.
-Vorrà dire che mi inventerò qualcosa io, musona- mi aveva apostrofato poi con uno sbuffo divertito, prima di farmi "ciao ciao" con la mano e allontanarsi verso la sua camera.
Ricordo che ero rimasta in piedi nel corridoio con i capelli ancora più scompigliati di prima e una strana sensazione a farmi formicolare la pelle.
Forse era la convinzione di voler diventare come Seifer che stava entrando nel mio sangue, come effettivamente era poi successo.
Oppure era tutt'altra convinzione.
Quella che non mi sarei più fatta toccare i capelli da mio fratello!

***

Il giorno del mio compleanno mi ero svegliata con la strana sensazione che ci fosse qualcuno nella mia stanza. Avevo socchiuso gli occhi e avevo intravisto una figura nera sfilarmi furtivamente accanto per sgattaiolare fuori dalla porta.
Ero scattata a sedere sul letto...che ore erano?
Il display della sveglia accanto a me segnava le sei e mezza e la luce rossa illuminava la superficie liscia e metallica sotto di essa...
Metallica?!
Mi ero stropicciata gli occhi credendo di stare sognando, ma quando avevo risollevato le palpebre l'oggetto era ancora lì.
Era un coltello.
L'avevo afferrato per l'impugnatura, sollevandolo alla luce del primo debole sole che tagliava in diagonale il mio letto con un largo ma labile raggio.
Sotto le mie dita, l'impugnatura era dura e fredda ma dalle linee morbide. Dove si incontrava con la lama, il metallo si incurvava leggermente ma sinuosamente verso la mano, imitando la crociera delle spade. Il pomo dell'arma aveva incastonato uno zeffiro blu scuro, dello stesso colore dei miei occhi.
Il sole aveva illuminato più forte la lama del coltello, immacolata e senza alcun graffio, leggermente seghettata. Il riflesso mi aveva accecata, costringendomi a distogliere lo sguardo. In quel momento avevo notato sul comodino la presenza di un semplice fodero in cuoio marrone chiaro.
Infilato all'interno c'era un biglietto scritto con la calligrafia svolazzante e insieme frettolosa di Seifer:

Volevi essere forte come me, Atra?
Allora impara a usarlo.
Auguri, sorellina.
Seifer


Avevo sorriso impercettibilmente nella penombra, proprio mentre un veloce colpetto alla porta era risuonato nel silenzio della mia camera.
Il sorriso mi si era allargato, mentre con il pugnale in mano e l'aria più inoffensiva che mai mi dirigevo a piedi scalzi verso la porta.
Dietro il battente Seifer stava aspettandomi con le braccia incrociate al petto e il tentativo di dissimulare la soddisfazione.
-Mi insegnerai?-.
La mia voce era risuonata ancora fragile, ma era rinvigorita da un appiglio nuovo, che stavo stringendo convulsamente nella mano destra.
Seifer si era staccato dal muro e mi aveva squadrato con aria critica:
-Lo stai tenendo sbagliato- mi aveva rimproverato, togliendomelo delicatamente di mano e mostrandomi come avrei dovuto tenerlo, impugnandolo con tutte le dita tranne il pollice, appoggiato delicatamente sullo zaffiro del pomo.
Avevo sbuffato:
-Ok, ma insegnami ad usarlo- mi ero lamentata, saltellando per riprendermelo. Lui aveva schioccato la lingua:
-Sto già iniziando a insegnarti. Se non saprai tenerlo non ti servirà a niente- aveva detto, restituendomelo con delicatezza.
Io l'avevo preso in mano come se fosse stata una reliquia:
-Grazie fratellone. Vedrai di cosa sarò capace- gli avevo promesso, sprizzando soddisfazione da tutti i pori. Seifer mi aveva scompigliato i capelli:
-Non ne ho dubbi, sorellina. Ma da domani mi farai proprio vedere-.



Ok, forse questo ricordo potrebbe sembrare banale.
Però volevo tornare un attimo sulla figura di Atra bambina, assolutamente dipendente dal fratello, ma che inizia a maturare il proposito di essere forte come lui. Da qui inizierà il cammino che la porterà a diventare uguale a Seifer e poi a staccarsi lentamente da lui. Qui comincia il suo processo di maturazione, che stiamo seguendo.
Il pugnale era (solo) un pretesto per mostrarvi lo stadio iniziale di questa crescita della nostra Atra, ma anche il contesto in cui ciò avviene. D'altronde, se ne parla anche nel capitolo a cui è legato il ricordo.
Per questo ho presentato anche un piccolo spaccato di Seifer e Squall: per sottolineare il punto di partenza da cui non solo Atra, ma anche i due rivali della situazione sono partiti. Qui si parla del cammino nel Garden, ovviamente. Quello che è successo prima...sarà un'altra storia!
Io spero che il ricordo vi sia piaciuto comunque e mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate.
Al prossimo (che sarà una grossa sorpresa, spero gradita!)!
   
 
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