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Autore: QWERTYUIOP00    27/08/2015    2 recensioni
Le navi di rifornimento per la capitale, passanti per il fiume Niben, vengono tutte misteriosamente affondate e per risolvere la situazione il Consiglio degli Anziani crea una commissione che si occupi della faccenda.
Quando il rappresentante di Bravil, Servatus Bantus, viene inviato alla capitale, rimarrà imischiato negli intrighi e nei complotti in un impero allo sbando.
Prima storia della serie "Downfall"
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Downfall'
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“Quanti a favore?” la voce di Valga si impose sulle altre.
Sei commissari , tra cui Sintas e Valga, rassegnato, alzarono le mani.
“Quanti contrari?” chiese poi.
I tre commissari rimasti, tra cui Lewie e Servatus, alzarono le mani.
“Dunque, per i poteri conferitomi quale presidente di commissione dal Potentato Thules, io dichiaro che la primaria rotta commerciale per la capitale d’ora in avanti sarà la Strada d’Oro passante per la Colovia invece del Niben” dichiarò soddisfatto Valga.
“Questa via rimarrà chiusa a tempo indefinito finché questa commissione” aggiunse guardando Servatus “non troverà la causa dei ripetuti naufragi. La seduta è aggiornata”
Mentre tutti intorno si alzavano, Servatus guardò Sintas.
Non appariva soddisfatto, trionfante, e se lo era lo nascondeva bene. Guardò per un attimo il rappresentante di Bravil, per poi scomparire dietro la porta.
Bantos si alzò e prosegui per il corridoio diretto al Tiber Septim Hotel.
“Ormai Terentius avrà ricevuto la lettera” pensò mentre si avviava “se lo conosco ci sarà d’aiuto avere una forza militare, seppur minima alle spalle come minaccia”
Doveva trovare delle prove che potessero convincere Valga, per i maghi guerrieri aveva prove, ma non testimoni, mentre riguardo alla correlazione con Sintas e Titus Mede, non aveva nulla.
Rodrick avrebbe potuto essere un testimone… ma per un affare del genere lui non era adatto, e loro potevano comunque dichiarare che il Bretone fosse di parte, che stesse mentendo…
In uno scontro del genere Servatus sarebbe rimasto sicuramente sconfitto.
“E morto. Soprattutto morto.”
 
 
 
Entrò nella locanda e, attraversando la vasta sala d’ingresso, si diresse a passo svelto verso le scale che conducevano ai piani superiori quando venne fermato dalla locandiera.
“Ah, signore. È arrivato un messaggio per lei” disse col suo tono vispo.
“Un messaggio?” chiese Servatus sospettoso.
L’unico messaggio che doveva arrivargli lo avrebbe dovuto portare Rodrick.
E lui non l’avrebbe lasciato ad una persona qualsiasi.
“Sì, è arrivato stamane un corriere imperiale” rispose la locandiera, gioiosa.
“Ha detto da dove veniva?” domandò il rappresentante di Bravil.
“No, non l’ha detto” rispose lei “Aspetti… no ne sono sicura. Ma c’è scritto sulla busta”
Una volta detto prese l’oggetto e, leggendo ad alta voce, declamò: “Castello di Bravil”
Servatus tremò.
Prego tutti gli dei che quella non fosse la risposta alla lettera che aveva scritto al conte due giorni prima.
“Perfetto, grazie Augusta”  disse infine sorridendo.
Prese la lettera dal bancone e si diresse ancora più velocemente di prima verso la sua camera, col cuore in gola.
Aprì la porta di scatto e la sbatté nel richiuderla, per poi sbarrarla.
Esitante ruppe la busta e aprì la lettera.
Lesse il contenuto.
Era morto.
Era un uomo morto, era bruciato.
“Idioti, idioti, idioti!” imprecò.
Affidarsi ad un corriere imperiale… cos’era passato per la testa a quell’idiota del conte Terentius?
“Abbiamo saputo dal suo attendente del complotto di Titus Mede ai danni di Bravil e Leyawiin…”
“Idioti, idioti!”
“Del coinvolgimento del commissario Cornelius Sintas, del generale Anton Maudelaire, del re di Rimmen J’Rakka…”
“Idioti! Ma Rodrick dov’era?!”
“dei maghi guerrieri…”
“Che i daedra vi prendano tutti!” urlò.
“E ti assicuro che queste persone pagheranno caro il prezzo delle loro colpe. Un battaglione di soldati comandati dal conte Marius Caro si sta dirigendo qui a Bravil per discutere della strategia da intraprendere ai danni dell’Impero…”
“Folli! Non possono dire sul serio…”
“Il tuo incarico è annullato, e ti è ordinato di tornare subito a Bravil. Sua grazia, il conte Terentius”
Servatus scagliò la lettera dall’altra parte dello studio.
Era un uomo morto.
“Ora Sintas e Maudelaire sanno che io so tutto, che Bravil e Leyawiin si vogliono rivoltare!”
Doveva andarsene, su questo la lettera aveva ragione.
“Bastardi…”
Ma non poteva fuggire così, aveva bisogno di aiuto. E ben poche persone potevano darglielo.
Scese le scale e chiamò Augusta.
“Posso aiutarla in qualche modo, signore?” chiese quella.
“Si, puoi chiamarmi una persona…”
 
 
Bussarono alla porta un’ora più tardi.
Servatus, preso il pugnale, aprì appena la porta e si sporse con la testa per vedere.
“Sei arrivato” osservò.
“A quanto pare. Mi fai entrare?” rispose l’altro.
L’Imperiale aprì la porta lasciano entrare l’elfo.
“Posso sapere ora perché  mi hai fatto venire qui?” chiese Lewie “Ho urgenti questioni a cui badare, specialmente ora che hai fallito nel tuo compito” ridacchiò.
“Ho bisogno del tuo aiuto…” gli rispose il rappresentante di Bravil.
“Ah, sì? E per cosa?” domandò il mer ”Per caso il tuo attendente è scomparso? Ci sono persone che vogliono ucciderti o hai ricevuto una lettera indesiderata?”
Le sue labbra si curvarono in un sorriso divertito, che Servatus trovò quasi sadico.
 Anche lui sapeva. Persino lui aveva letto la lettera.
Allora non vi era davvero speranza.
“Mi faresti un enorme piacere” gli disse “se consegnassi una mia richiesta ad una certa persona. Come puoi capire io ne sono impossibilitato e il mio attendente si è preso una vacanza”
“E a chi dovrei portare questa richiesta?” chiese il Thalmor “E quale sarebbe, la richiesta?”
“E’ un Redguard incaricato di gestire il magazzino e il porto. Lo troverai là, si chiama Vossan” rispose Servatus.
“Digli che ho un urgente bisogno di una nave. Non segnata che parta per Bravil al più presto possibile” aggiunse poi.
“Uh, potrebbe non essere una cosa saggia” osservò Lewie “una nave non segnata, un passeggero clandestino… vuoi avere problemi con la legge?”
“Ce li avrò comunque molto presto…” ribatté l’Imperiale.
“Mai furono dette parole più vere…” continuò l’elfo “ma… passare per la Baia non potrebbe essere molto saggio in questo momento… certo a meno che tu non voglia scoprire cosa si nasconde là”
“’Cosa’  si nasconde, Lewie? Non fare giochetti con me” pensò Servatus.
“Non preoccuparti per me” disse invece.
“Oh. Ma io mi preoccupo per te invece” sorrise l’elfo “o no sarei qui ora. E perché questo Redguard, questo Vossan, ti dovrebbe mettere illegalmente su una barca illegale destinata ad affondare?”
“Mi deve un favore…” spiegò Servatus.
Lewie, soddisfatto, se ne andò, per poi tornare due ore più tardi.
“Domani mattina all’alba” dichiarò senza giri di parole “ti accoglierà un suo uomo”
“Grazie, Lewie, durante tutta la mia permanenza qui sei stato un vero amico” gli rispose Servatus.
“Non farmi piangere ora” ironizzò l’elfo “e ora… visto che probabilmente non ci vedremo più… addio”
“Addio”
L’elfo uscì, sempre sorridente.
La mattina dopo, non era un bene. Servatus avrebbe preferito quella sera stessa ma si doveva accontentare.
Prese alcuni vestiti di Rodrick dall’armadio della sua camera, attigua alla sua e, vestitosi, uscì dagli appartamenti.
Si diresse velocemente fuori dalla locanda evitando di incrociare lo sguardo con la locandiera e, una volta in strada, lasciò la Piazza di Talos.
 
 
 
La Pensione di Luther Broad  era una delle tante locande che erano presenti nella Città Imperiale, quella in particolare era nel distretto residenziale detto “Giardini Elfici”.
Al suo interno, un anziano imperiale con indosso una tunica azzurra lo accolse.
“Saluti straniero, permetti a questo vecchio di offrirti un approdo per questa notte” disse “Letti comodi e cibo caldo. Oh, sì anche un buon vino coloviano, che ne dici?”
“Ne ho il vomito dei coloviani” ribatté Servatus “ma accetterò il letto. E anche un pasto caldo. E sono disposto a pagare due septim in più se me lo portassi nella mia stanza”
“Oh, ok” rispose quello un po’ stupito.
In effetti Seravtus si era premurato di apparire povero, un viaggiatore consumato. E con i vestiti di Rodrick sporchi dai suoi ultimi viaggi e troppo piccoli per lui ci era riuscito perfettamente.
“Sali le scale, prima porta a sinistra” aggiunse in fine il vecchio e, mentre Servatus si avviava tossì dicendo, come se stesse per dimenticarlo: ”Oh, sono venti septim”
“Ma certamente” rispose il rappresentante di Bravil posando sul bancone venti monete luccicanti.
Luther Broad sorrise soddisfatto: “Arriverò con la cena tra poco” lo rassicurò.
“Grazie” furono le uniche parole di Servatus, deciso a chiudere quello scambio.
Come promesso, Luther Broad arrivò nella piccola ma accogliente camera dell’ospite dopo dieci minuti portando un arrosto di manzo e del semplice vino.
Una volta accertatosi che fosse tutto a posto, lasciò Servatus da solo.
Ancora una volta, l’ex rappresentante di Bravil non chiuse occhio, continuando a fissare la porta e la finestra tutta la notte.
 
 
 
Una volta accertatosi che l’alba stesse ormai giungendo, Servatus si alzò e avanzò verso l’uscio ma si fermò quando udì il legno scricchiolare dall’altra parte della porta.
Qualcuno era là fuori.
La maniglia della sua porta cominciò a tremare. Stavano scassinando la serratura.
Servatus impugnò il coltello e si posizionò di fianco alla porta contro il muro.
Dopo qualche secondo, la serratura cedette, la porta si spalancò e il sicario argoniano piombò dentro la stanza senza accorgersi di avere il suo obbiettivo di fianco.
Disorientato per l’assenza di Servatus nel letto, rimase fermo per qualche secondo, sufficiente all’Imperiale per conficcare il pugnale nella schiena dell’assassino più volte.
Il corpo martoriato cadde a terra.
Era il momento di andare.
Servatus scese velocemente le scale pulendo il pugnale imbrattato di sangue.
Una volta fuori, venne avvistato da due persone vestite di nero che lo additarono e cominciarono a corrergli incontro.
L’imperiale scattò zigzagando tra i vicoli della città prendendo una strada, poi cambiandola, per poi tornare in dietro.
Nonostante tutte queste distrazioni, i sicari gli stavano comunque dietro continuando ad indicarsi tra di loro le vie che prendeva.
Dopo dieci minuti, passò il portale per il quartiere del Tempio dell’Unico.
Quell’edificio, a pianta rotonda, era una volta sormontato da una cupola che durante gli ultimi eventi della Crisi dell’Oblivion esplose.
Sa quel momento in poi nel Tempio ospitò ciò che rimaneva della manifestazione di Akatosh che sconfisse Merhunes Dagon. Un gigantesco drago di pietra che svettava tra le pareti del Tempio, ormai a cielo aperto.
Servatus continuò ad prendere strade laterali, piccole, e a cambiarle per confondere gli inseguitori, ma non stava funzionando e a lui ormai mancava il fiato.
Passò per il tunnel che conduceva al Porto. Ormai era salvo.
Corse lungo il ponticello, quella via di pietra che collegava il Porto alla Città Imperiale.
Ormai vedeva la nave. Poteva farcela.
Per smentire le sue rassicurazioni, i due sicari corsero più in fretta, lo avevano ormai raggiunto.
“Non posso correre oltre” pensò esausto Servatus.
Si fermò di colpo e, voltandosi, lanciò con tutta la sua forza il pugnale contro uno degli inseguitori.
L’arma lo colpì in faccia e quello, fermatosi improvvisamente coprendosi il volto con le mani si fece travolgere dal suo compagno e, perdendo l’equilibrio, cadde in acqua.
L’altro era in quel momento steso sul viadotto.
Servatus con un energico calcio gli fece perdere i sensi.
“E’ fatta, finalmente” sospirò l’imperiale.
Si avvicinò alla nave, accanto alla quale vi era lo stesso uomo basso e smilzo che Servatus aveva incontrato la prima volta al Porto, vestito con giubbotto di cuoio, l’espressione divertita.
“Quegli uomini stavano cercando di uccidermi” si lamentò il fuggiasco.
“E a quanto pare hanno fallito” si limitò a rispondere l’altro facendo spallucce.
“Vieni, questa è la nave che ti porterà a casa” disse all’ex rappresentante di Bravil mentre quello saliva sul ponticello che collegava il porto alla nave “Oh, un’altra cosa…”
Servatus sentì una fitta acuta al petto, un dolore lancinante.
Gli mancava l’aria e cominciava a sentire l’odore del sangue in bocca.
Abbassando la testa vide che dal suo petto spuntava una lama d’acciaio luccicante.
“Vossan manda i suoi saluti” disse l’uomo mentre, appoggiando la mano sulla spalla di Servatus e spingendolo di lato, faceva cadere il suo corpo nell’acqua. ◢
   
 
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