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Autore: HolyBlackSpear    27/08/2015    2 recensioni
Steso fra le coperte, il primo pensiero che lo colse fu che non aveva voglia di andare a lavorare, con quel ticchettio contro ai vetri che conciliava il sonno.
Il secondo fu che era stretto da un paio di braccia abbastanza grosse e calde da farlo decidere di restar lì ancora per un po'.
Se c'era una cosa che Platan amava era il cielo grigio. Lì nella sua regione non era frequente, come spiegato, però all'uomo piaceva tanto perché gli riportava alla mente parte della sua infanzia e adolescenza. Da bambino aveva viaggiato tanto, assieme ai genitori, per lo più nelle regioni a nord. Da ragazzo, invece, aveva studiato in pianta quasi fissa proprio là, a Sinnoh, la regione più fredda e grigia di tutte. Molti compagni di corso gli avevano dato del pazzo, quando diceva di amare quella terra in cui non c'era niente se non pioggia e neve e freddo quando c'era il "sole", eppure ... per lui era diverso.
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Perfectworldshipping | Fluff
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Elisio, Professor Platan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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pluieee

Note: perfectworldshipping {Prof. Platan x Elisio} | R - Verde
Parole: 1924

Pluie.
{La chaleur de ton étreinte est ma maison.}
.
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La pioggia in sé a Kalos era rada e passeggera. Difficilmente capitava che piovesse per più di una mezz'oretta al massimo, e i fenomeni erano di intensità piuttosto bassa, insufficiente a stravolgere la vita degli abitanti come a volte faceva in regioni più fredde, quali Sinnoh.
A Luminopoli il maltempo era quasi un evento più unico che raro. La lanugine grigia di tanto in tanto c'era, si intende, e d'inverno la neve fioccava senza farsi troppi problemi, ma lo scroscio dell'acqua sull'asfalto era un suono del tutto inusuale per gli abitanti della capitale.

Steso fra le coperte, il primo pensiero che lo colse fu che non aveva voglia di andare a lavorare, con quel ticchettio contro ai vetri che conciliava il sonno.
Il secondo fu che era stretto da un paio di braccia abbastanza grosse e calde da farlo decidere di restar lì ancora per un po'.
Se c'era una cosa che Platan amava era il cielo grigio. Lì nella sua regione non era frequente, come spiegato, però all'uomo piaceva tanto perché gli riportava alla mente parte della sua infanzia e adolescenza. Da bambino aveva viaggiato tanto, assieme ai genitori, per lo più nelle regioni a nord. Da ragazzo, invece, aveva studiato in pianta quasi fissa proprio là, a Sinnoh, la regione più fredda e grigia di tutte. Molti compagni di corso gli avevano dato del pazzo, quando diceva di amare quella terra in cui non c'era niente se non pioggia e neve, eppure ... per lui era diverso.
Socchiudendo piano gli occhi, la pesantezza mattutina venne rinforzata dal tepore invitante del piumino morbido tirato fin sotto al mento e dal petto altrettanto caldo che aveva premuto contro alla schiena. Si stiracchiò pigramente, un sorriso che gli spuntò sulle labbra quando muovendosi incontrò i piedi del compagno. Doveva essersi fatto molto su, durante la notte, perché li avessero quasi alla stessa altezza.
Si girò, attento a non svegliarlo, limitandosi inizialmente ad affondare la faccia nell'incavo del suo collo, godendosi il lieve pompare della giugulare contro alla guancia. Ci fu solo il tempo di dargli proprio lì un bacio fugace e ancora sonnolente che il petto si gonfiò più del solito, poco prima che un verso gutturale e basso sancisse il risveglio del rosso.
«'onj..r... »
Sbuffò una risatina, contro di lui, a quel suono che in sè non era niente ma che aveva tutta l'aria di essere un "bonjour". Fuori dalla finestra, la pioggia batteva altrettanto pigra contro ai vetri, il cielo lanuginoso che riversava la sua luce poco entusiasta all'interno della stanza. Se fossero stati a casa di Elisio, aveva pensato Platan, quel lieve bagliore grigio avrebbe preso i toni del rosso. Come molti elementi del suo arredamento, anche i pesanti tendaggi alle finestre erano di un bel cremisi.
Il rosso rotolò di schiena, dandogli la buona opportunità di arrampicarsi sul suo corpo, poggiando il mento sulle mani congiunte sopra al suo petto. Per quanto socchiusi, un paio di occhi grigi come il cielo fuori si poggiarono sull'unico aperto dell'uomo, che non pareva ancora molto propenso a comunicare ciò che vedeva al cervello. Eppure giunse in fretta una carezza, accompagnata da un sospiro rassegnato o forse divertito, arrivò un palmo caldo e ruvido a passare sul viso ispido di Platan. Avrebbe dovuto sbarbarsi, ma accidenti, chi aveva voglia di uscire al freddo quando poteva restare lì?
«Bonjour à toi. Bien dormi? »
«Oui. Tu étais ici
Era sempre più bassa, la voce del rosso, quando parlava in francese. Ed era drasticamente più propensa a dire cose carine che puntualmente facevano diventare la faccia del Professore del suo colore preferito.
In pubblico era decisamente una persona differente. Incarnava più o meno l'espressività facciale di una statua di gesso e la compostezza era all'incirca la stessa. Difficilmente c'era un movimento o una parola fuori posto, e Platan immaginava fosse per le sue nobili origini. Non aveva mai conosciuto la famiglia di Elisio, ma di solito i nobili rimanevano molto attaccati al proprio titolo, sebbene il sangue si fosse perso nelle generazioni. Con ogni probabilità era sempre stato abituato all'agiatezza e al rigore. Erano concetti così strani per lui che aveva passato la sua vita in una casetta vicino a Ponte Mosaico, con la cameretta a soqquadro più o meno quanto il resto della casa, dove tutto era in disordine, ma al tempo stesso aveva il suo luogo preciso.
La mano del compagno si spostò sulla schiena, seguita dalla gemella, un tocco tiepido che gli giunse piacevole come la manna dal cielo e che gli strappò un mugolio di soddisfazione. Oltre gli occhi chiusi avvertì la sua barba solleticargli il mento, mentre lo scienziato sporgeva il capo e le loro labbra si incontravano, in un bacio dolce e ancora assonnato. Poco a che vedere con quelli roventi della sera prima.
«Dovresti alzarti. Il laboratorio ti attende.»
«Oggi entro più tardi, Sina e Dexio hanno detto di dover fare qualcosa
Il sopracciglio rosso che si alzò nonostante gli occhi azzurri sotto fossero ancora serrati fu il riassunto più azzeccato di quello che pensava anche il moro. Insomma, andiamo ... qualcosa cosa?
«Non ti conviene disturbarli, allora. Anche se probabilmente ti staranno riempiendo l'ufficio di fiocchetti rosa. Sai, quelle festività che conoscono solo loro, tipo il giorno del Sylveon o la festa a tema sui Pyroar.»
Non poté fare a meno di ridere, Platan, a quelle parole così vere. Quei due giovani trovavano sempre qualche festa sconosciuta ai più e portavano il rito anche in laboratorio. In particolare, la festa sui Pyroar aveva avuto come invitato speciale Elisio. Con ogni probabilità, il rosso si era ripromesso di non mettere mai più piede in un luogo dove gli attaccavano una coda lunga mezzo metro al sedere.
Pur a fatica, il corpo esile del Professore scivolò giù da quello dell'altro, riuscendo a raggiungere il bordo del letto e tirarsi a sedere. Si perse per un momento a guardar fuori dalla finestra, oltre il vetro tempestato di piccole goccioline, perdendosi nel grigio che tanto amava. Se ci fossero state le foglie autunnali il paesaggio sarebbe stato stupendo, ma beh...
«Potremmo andare a far colazione. E poi un giretto per la città. So che ti piace la pioggia.»
Non poté fare a meno di girarsi e sorridere pieno di gratitudine, il corvino, puntando i propri occhi in quelli azzurrissimi del compagno. Forse, però, il cielo limpido non era così male.

Infagottato nel cappotto col pelo di Elisio, di una ventina di centimetri più lungo sia sul busto che sulle maniche, stava appiccicato contro al corpo del suddetto, sotto un ombrello tenuto quasi unicamente dalle sue spalle immense. La brezza fredda, in qualche modo, riusciva a insinuarsi nella nuca nonostante indossasse anche la sciarpa, e c'era sempre quella goccia gelida che riusciva ad infilarsi nel calzino appena scoperto sulla caviglia, strappandogli un brivido a metà fra il disappunto e il compiacimento.
Appoggiato al braccio del rosso che sorreggeva un ombrello del medesimo colore - nemmeno a farlo apposta - stringeva nell'altra mano un pacchetto ricolmo di almeno cinque croissant appena usciti dal forno. Elisio sapeva dove andare a parare per renderlo felice.
La scena che stavano presentando ai passanti era vagamente comica, dolce sotto vari aspetti. Lo scienziato aveva entrambe le mani impegnate, una dall'ombrello e l'altra da una borsa pesante quanto un macigno di Bignè da portare ai Pokémon del laboratorio. Era quindi compito di Platan allungargli, di tanto in tanto, un boccone del cornetto. Ogni volta il moro non poteva fare a meno di ridere, quando al rosso restavano sia il naso che la barba sporchi di zucchero e doveva sporgersi lui stesso a pulirli. Che fosse con le dita o con le labbra dipendeva dalla situazione.
«I meteorologi saranno già fuori di sé per questa pioggia epocale. Ben un'ora intera di diluvio.»
Mimando il linguaggio eccessivo dei presentatori Meteo di Kalos non poté fare a meno che farlo ridere come un bambino, gli sguardi dei pochi passanti che si calamitarono su di loro. Inutile dire che il sorriso adorante sulla faccia di Elisio fosse molto poco equivocabile, come il cambio repentino e forse un po' scomodo di posizione, di modo che potesse andarlo a cingere per la vita con un braccio, attirandolo contro al proprio corpo.
Non che Platan avesse qualcosa in contrario, si intende. C'era un po' di rossore sulla faccia di entrambi, tutti e due vagamente timidi nel profondo, eppure a nessuno dei due dispiaceva se Platan affondava per un istante il viso nella spalla dell'altro, o se il rosso si chinava a baciare i riccioli scuri del compagno.  A volte quest'ultimo si chiedeva se le fan scatenate del professore li seguissero per far loro delle foto. A quanto sapeva, un gruppo di loro urlava al matrimonio imminente, mentre l'altro lo voleva vedere morto stecchito, complice l'invidia bruciante di non potersi nascondere loro stesse contro al petto esile e pallido dello studioso. Chissà se erano solo voci, quelle che gli aveva comunicato Malva, oppure rispecchiavano la realtà. Non sapeva davvero, lui, ma gli bastava solamente la risata cristallina dell'amante per spazzare via ogni incertezza.

«È già tardi, dovrei andare.»
«Davvero non puoi fermarti un altro secondo? Non c'è nessun altro nel Laboratorio a parte me, mi sentirò solo.
»
«Vorrei restare, Platan, ma il lavoro chiama. Stacco comunque a mezzogiorno perché il progetto su cui stiamo lavorando è quasi ultimato, e il resto della giornata è vuoto. Starò con te nel pomeriggio.
»
Non c'erano implicazioni a doppio fine nella solitudine di cui Platan avrebbe sofferto, benché per un momento il rosso ci avesse pensato. Stretto contro a lui, sotto alla veranda rialzata dalla scalinata che conduceva all'interno del laboratorio, il Professore non sembrava molto intenzionato a scostarsi, benché fosse ormai in tenuta da lavoro e stesse battendo i denti per il freddo. Non poté proprio trattenersi, Elisio, dal passare le mani prima sulle braccia e poi sulla schiena, nel tentativo di scaldarlo. Era proprio un incosciente, avrebbe pensato sulla strada del lavoro. Come minimo alla sera si sarebbe presentato a casa con un febbrone pauroso o un raffreddore che l'avrebbe costretto a letto. Platan si ammalava con niente, ma se le andava anche a cercare.
«Davvero torni? Sei sicuro?»
«Bien sûr
«Uhm.»
Non pareva molto convinto, il moro. Lo fissava dal basso, a metà nascosto contro al suo cappotto per non prendere troppo freddo, le labbra appena piegate verso il basso.
Come negargli un bacio di arrivederci, accidenti?
Si chinò piano su di lui, nonostante fosse già in ritardo, la mano che scivolò dietro la sua nuca, affondando nei riccioli morbidi che si stavano allungando. Si sarebbe messo a ridere, al sentire con quanta impellenza ricambiò il suo bacio, ma si limitò a sorridere contro alla sua bocca, staccandosi una manciata di secondi dopo. Non ci fu bisogno di altre parole, perché entrambi sapevano che se continuavano a parlare nessuno dei due si sarebbe più smosso. Uno non tanto facilmente disposto a lasciare l'accogliente petto del rosso, quell'altro troppo indaffarato a guardarlo premersi contro di lui e a scaldarlo per curarsi veramente del lavoro.
Si staccarono, dunque, in silenzio, mentre il rosso girava sui tacchi e scendeva le scale, l'ombrello che gli si aprì sulla testa nello stesso istante in cui le prime gocce iniziavano a scivolargli addosso.
Non appena giunto al cancello, però, dovette fermarsi ancora un istante, al suono della voce di Platan e di ciò che gli uscì dalle labbra.
«Je t'aime, Elisio.»
E come impedirsi di sorridere, come impedirsi di rispondere prima di avviarsi definitivamente lasciandolo sotto al portico come un'adolescente innamorata ad esultare di ciò che aveva sentito?
«Moi aussi, Augustine. Moi aussi

__



{Post Scriptum:

Un piccolo momento fluff senza pretese richiesto da Seshiiru che ha molto bisogno di Perfectwolrdshipping

Breve angolo del francese, anche se è tutto abbastanza comprensibile:

Pluie -
Pioggia
La
chaleur de ton étreinte est ma maison - Il calore della tua stretta è casa mia.
Bonjour - Buongiorno
Bonjour à toi. Bien dormi? - Buongiorno a te. Dormito bene?
Oui. Tu étais ici. - Sì. Eri qui.
Bien sûr. - Certo.
Je t'aime. - Ti amo.
Moi aussi. -
Anche io.

E niente, come al solito spero che sia di vostro gradimento e che la lettura vi sia piaciuta~

   
 
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