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Autore: _LilianRiddle_    28/08/2015    4 recensioni
"Davanti a lei, quella giovane strega dagli strani capelli combatteva come se fosse la sua ultima battaglia.
Sua nipote non sarebbe sopravvissuta, ma le vedeva in fondo allo sguardo un sentimento che non sapeva cogliere, che non riusciva a riconoscere.
Si chiese che cosa Ninfadora vedesse in lei, in quel momento.
Sorrise a questo pensiero e il caos e la frenesia della guerra le riempì gli occhi, finalmente presenti e consapevoli di questo mondo, finalmente vivi. Di una vita che era una pazzia, ma pur sempre vita.
[...]
Avrebbe voluto aiutarla, ma sapeva che era impossibile. Che il caos nella sua testa l’aveva resa pazza e che quella pazzia era stata fomentata da un uomo senza scrupoli, che aveva avvelenato il caos nel cuore di Bellatrix Lestrange e l’aveva reso la sua unica ragione di vita, ponendolo come base per una guerra che non avrebbe avuto vinti o vincitori, ma perdite innumerevoli e caos illimitato.
Avrebbe voluto aiutarla, ma non poteva."
Seconda classificata al contest "Gli opposti si attraggono... o forse no?!" indetto da Lalani sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Nimphadora Tonks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Autore: _LilianRiddle_

Titolo della fic: Chaos

Lunghezza della fic: One Shot

Pacchetto scelto: Caos 2 e 3

Personaggi principali: Ninfadora Tonks, Bellatrix Lestrange

Genere: Introspettivo, Malinconico

Avvertimenti: Nessuno

Raiting: Arancione

Note dell’autore: La storia prende spunto dal mito della creazione dell’universo narrato nella Teogonia di Esiodo, in cui troviamo il Chaos, all’origine di tutto, portatore di due significati contrastanti ed affini: Spazio beante, aperto, e Voragine. Tutta la storia si gioca su queste due varianti, su questa contrapposizione di pensieri, proprio come contrapposte sono le protagoniste: Bellatrix Lestrange e Ninfadora Tonks.

Le parti scritte in corsivo narrano della battaglia all’Ufficio Misteri, narrata da J.K. Rowling nel quinto libro, mentre le altre narrano della battaglia finale ad Hogwarts, sempre descritta da J.K. Rowling, questa volta nel settimo dei suoi libri.

I punti di vista si alternano. Si trova il punto di vista di Bellatrix prima nella battaglia ad Hogwarts e poi in quella precedente dell’Ufficio Misteri, successivamente la cosa si ripete con Tonks, in un alternarsi che spero non crei troppa confusione.

Questa storia partecipa al contest "Gli opposti si attraggono...o forse no?!" indetto sul forum di EFP da Lalani.





-Chaos-

 

 

 

Dunque, per primo fu il Chaos

E poi Gaia dall’ampio petto,

sede sicura per sempre di tutti gli immortali che tengono le vette dell’Olimpo nevoso,

e Tartaro nebbioso nei recessi della terra dalle ampie strade,

e poi Eros, il più bello fra gli immortali,

che rompe le membra,

e di tutti gli dei e di tutti gli uomini doma nel petto il cuore e il saggio consiglio.

Da Chaos nacquero Erebo e nera Nyx.

Da Nyx provennero Etere e Hemere che lei partorì concepiti con Erebo unita in amore.”

- Esiodo, Teogonia.

 

 

 

Tutto era bianco, intorno a lei. Che cosa le era sfuggito, che cos’era tutta quella luce?

Ricordava quel posto. Ci era cresciuta, molti anni prima. L’aveva… amato? Forse, molto tempo fa. Sembrava passata un’eternità, ma non dovevano essere trascorsi molti anni.

Il Tempo aveva sempre giocato in modo strano, con lei.

Sentiva dentro di sé l’adrenalina della battaglia, il caos che ti entra nel petto e nella mente e che ti toglie quel velo opaco dagli occhi, facendoti vedere tutto quello che c’è da vedere.

Caos che le ricordava un’altra battaglia, non molto tempo prima, un’altra guerra, non ancora conclusa.

 

La stanza era occupata da file su file di sfere emananti chiari bagliori spettrali, che si confondevano l’uno nell’altro, raccontando storie dimenticate dai più.

Intorno a lei regnavano le tenebre che tanto amava e si passò la lingua sulle labbra, pregustando il sapore dolciastro del caos che sarebbe derivato dalla sua apparizione.

 

Intorno a lei vedeva solo buio. Come poteva combattere tutta quell’oscurità? Sbatté malamente contro lo spigolo di una statua caduta, ma non distrutta, e le risuonarono alla mente le parole concitate di sua madre. Non voleva che partecipasse a quella guerra che l’avrebbe uccisa, se non fisicamente, almeno psicologicamente, logorandola con il caos che avrebbe portato nella sua vita già abbastanza caotica.

Caos che le ricordava un’altra battaglia, non molto tempo prima, un’altra guerra, non ancora conclusa.

 

Sua zia le era apparsa davanti all’improvviso, una luce verde l’aveva sfiorata e lei aveva sentito il sapore dolciastro e quasi nauseante dell’adrenalina che le risaliva dallo stomaco, conficcandosi alla fine della gola. Le scagliò contro una fattura dal vago bagliore dorato, forse per riempire quegli occhi così vuoti, così pieni di caos.

 

Nel mezzo della battaglia si sentiva stranamente a casa, come se tutto quel caos servisse ad oscurare il caos che sentiva dentro.

L’odio per la sorella sposata con un Nato Babbano.

L’odio ancor più profondo per sua nipote, sposata con un licantropo.

L’odio per tutti quei babbanofili votati al martirio, senza possibilità alcuna di poterla avere vinta né contro di loro, potenti maghi e streghe, né contro lei stessa, braccio destro dell’Oscuro Signore, sua prediletta, sua allieva e seguace più capace.

Nessuno sarebbe mai riuscito a curare il caos che avrebbe portato nelle vite di quelle persone che avevano cercato di riportare la calma nella sua esistenza.

 

Appena aveva visto sua nipote aveva abbandonato il giovane Paciock per dedicarsi a lei, che non considerava neanche più parte della sua famiglia, sangue del suo sangue.

Non era stata una sorpresa quando Andromeda aveva tradito la famiglia, ma quella Mezzosangue Mutaforma di sua nipote era un affronto alla sua nobiltà e al suo sangue puro.

Avrebbe dovuto pagare con la vita.

Le sorrise maligna, mentre il caos della battaglia l’avvolse.

 

Adorava la letteratura babbana da sempre, vivido ricordo del suo ormai defunto padre.

L’adorava, e adorava ancora di più la mitologia greca, sua grande passione. Non sempre capiva quei racconti, ma le donavano una grande pace, in mezzo a tutto quel caos che era sempre stata la sua vita.

Uno dei suoi miti preferiti era quello sull’origine dell’universo, scritto secoli e secoli prima da un certo Esiodo, in cui si narrava che tutto era nato dal Chaos, voragine scura, un abisso di tenebrosità che risucchiava tutto il resto dell’universo appena nato, cullato nel suo centro esatto.

In quel momento si sentì anche lei un piccolo universo appena nato che si ritrovava già a combattere contro l’oscurità dilagante tutto intorno a lui.

 

Negli occhi vuoti di sua zia lesse una pazzia che le faceva quasi paura, tanto sconfinata pareva essere. Odiava quella donna che aveva contribuito a togliere a sua madre la tranquillità e il caos che solo una famiglia può donare.

Gliel’avrebbe fatta pagare per quello che le aveva fatto, ma sapeva di non doverla sottovalutare, perché quel caos che le leggeva dentro pareva una voragine all’origine di quella stessa guerra.

Sembrava lei la causa di tutta quella battaglia, tanto il caos che aveva dentro risucchiava anche tutti gli altri in una pazzia senza via d’uscita.

 

Nella sua famiglia si era sempre raccontato che, tempo addietro, una famosa comunità di maghi, che si facevano chiamare Greci per via del luogo in cui vivevano, avevano studiato e descritto gran parte dell’universo, dando i nomi a tutte le stelle, portatori di una conoscenza agli altri negata.

Raccontavano, ancora, che l’universo era nato dal Chaos, spazio aperto, beante, inizio e fine di tutte le cose. Chaos da cui nascevano Nyx ed Erebo, oscurità sopra e sotto la terra.

Le erano sempre piaciute queste storie, che davano conferma della superiorità del Chaos sulla Calma, delle Tenebre sulla Luce, del Bene sul Male.

Sapeva di essere nel giusto, sapeva di star contribuendo ad un mondo migliore, eppure c’era qualcosa, in tutto quel caos, in tutti quegli incantesimi, che stonava, come una nota sbagliata in una sinfonia, o un colore di troppo in un quadro.

Tutto quel caos aveva qualcosa di sporco.

 

Sporco era il suo sangue di Mezzosangue ed era per questo che sua nipote doveva morire.

Eppure anche molti Purosangue avevano voltato le spalle alla causa del suo Signore, e allora si chiedeva con che coraggio potessero definirsi ancora maghi e continuare a brandire una bacchetta, quando avevano rinnegato la loro stessa essenza.

Davanti a lei, quella giovane strega dagli strani capelli combatteva come se fosse la sua ultima battaglia.

Sua nipote non sarebbe sopravvissuta, ma le vedeva in fondo allo sguardo un sentimento che non sapeva cogliere, che non riusciva a riconoscere.

Si chiese che cosa Ninfadora vedesse in lei, in quel momento.

Sorrise a questo pensiero e il caos e la frenesia della guerra le riempì gli occhi, finalmente presenti e consapevoli di questo mondo, finalmente vivi. Di una vita che era una pazzia, ma pur sempre vita.

Avada Kedavra.

 

Aveva evitato una Maledizione Senza Perdono con una grazia che non le era mai stata propria, ma quando aveva visto Remus sdraiato a terra, inerte, il caos l’aveva resa immobile. Guardava il corpo di suo marito, dell’uomo che amava, e si chiese se la Mangiamorte che rideva beffarda al suo indirizzo avesse mai conosciuto qualcosa che assomigliasse all’amore, nella sua vita.

Si chiese anche se avesse notato il caos che, alla fine, dopo tanti anni, l’aveva finalmente vinta, beffata e lasciata a terra agonizzante, lasciandole la forza di una volontà che era troppo stanca per continuare a combattere.

Tentò un incantesimo, un movimento della bacchetta appena accennato e troppo debole per sperare che andasse veramente a segno. Le lacrime rigavano il suo volto sporco di fuliggine e il suo pensiero andò all’uomo sdraiato immobile nel caos e al bambino che aveva lasciato sdraiato nella culla, che sarebbe stato gettato in quella guerra ancora in fasce e che ne sarebbe stato risucchiato come in una voragine.

La donna davanti a lei alzò la bacchetta, ma non fece nulla per fermarla o per tentare di fermare l’incantesimo che di lì a poco l’avrebbe colpita.

Sperava solo di morire in fretta.

Crucio.

 

La Cruciatus l’aveva mancata per un soffio, ma sapeva che non sarebbe riuscita a resistere ancora a lungo. Per quanto potesse essere brava e preparata, sua zia usava incantesimi che andavano oltre la sua immaginazione e competenza.

Sapeva che aveva una forza magica non comune e che era una strega particolarmente dotata e si domandò se sarebbe stata comunque così pazza, se fosse stata cresciuta in un altro modo.

Sotto gli strati di odio e risentimento che velavano il suo sguardo quando guardava sua zia, non poteva nascondere quell’ultimo sentimento – la compassione – che, alla fine, provava per quella sua finta parente.

Quella donna, in fondo, non aveva mai conosciuto le cose belle della vita, non era mai stata amata, e forse non lo sarebbe mai stata.

Avrebbe voluto aiutarla, ma sapeva che era impossibile. Che il caos nella sua testa l’aveva resa pazza e che quella pazzia era stata fomentata da un uomo senza scrupoli, che aveva avvelenato il caos nel cuore di Bellatrix Lestrange e l’aveva reso la sua unica ragione di vita, ponendolo come base per una guerra che non avrebbe avuto vinti o vincitori, ma perdite innumerevoli e caos illimitato.

Avrebbe voluto aiutarla, ma non poteva.

Avada Kedavra.

 

Sua nipote era ai suoi piedi, immobile, morta. L’euforia che provava aveva un che di malato che non riusciva ad ignorare ed il caos intorno a lei incominciò ad essere più limpido, ad aprirsi, proprio come uno spazio aperto che avrebbe accolto e avvolto tutti, nelle sue spire di tenebra e oscurità.

Lo sguardo vuoto di quella giovane donna ai suoi piedi era limpido come un cielo invernale e le rimandava l’immagine di una donna che non conosceva.

S’inginocchiò, cercando di capire chi fosse quella figura che vedeva riflessa in quegli occhi privi di vita, mentre un caos che non conosceva – antico, potente – le risucchiava la mente in una voragine che prima era stata porto sicuro e casa, ma che ora aveva le sembianze di una prigione.

Un pensiero apparve chiaro, in tutte quelle tenebre che le bloccavano la mente: che la figura riflessa negli occhi morti di sua nipote fosse proprio lei.

Quella voragine che era la guerra, che era il caos dentro la sua testa, che era tutto, intorno a lei, le tolse l’equilibrio che aveva così faticosamente raggiunto e la sprofondò in un limbo dove sapeva che non sarebbe riuscita ad uscire.

Negò a se stessa la veridicità di quell’immagine – di quegli occhi – e scappò via, in cerca della soluzione al caos che l’imprigionava.

La trovò in una bacchetta che difendeva per amore un’altra persona.

Il caos si dissolse all’improvviso e lei capì quanto tutto quello fosse sbagliato.

Avada Kedavra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Storia senza pretesa alcuna, scritta per dare spazio a due personaggi che io adoro e che, a parer mio, sono sempre stati messi troppo da parte.

Sono due donne forti, potenti, ognuna con il suo personale caos da combattere, legate, seppur controvoglia, da quel sangue che ha creato tanti problemi nel Mondo Magico.

Spero che apprezziate questo esperimento e che la mia storia vi piaccia.

Un bacio,

Lilian.

  
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