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Autore: Florence    03/02/2009    3 recensioni
"Io, Carlisle Cullen, non avevo mai capito cosa significasse davvero cogliere un frutto proibito. Non fino a quando l'avevo incontrata di nuovo, dieci anni dopo e la dolcezza di quella mela mi aveva rapito. Quello che mi accadrà, sarà solo colpa mia, colpa dell'uomo che è sopravvissuto dentro al vampiro e di lei che, inaspettatamente, ha scaldato il mio cuore spezzato. Edward... perdonami..." E se a Volterra i Volturi si fossero comportati diversamente? Cosa è accaduto in dieci anni a Isabella Swan? E quale ruolo ha Carlisle in tutto questo? (What if... che prende l'avvio dalla fine di "New Moon" di S. Meyer)
Genere: Malinconico, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Carlisle Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Proibito' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Proibito-1

PROIBITO

 

1 - Dieci anni prima

 

Dal salone adiacente provenivano strazianti urla di terrore e il rumore atroce di un gruppo di bestie feroci intente a spartirsi la preda.

Bella cercava invano di isolare la sua mente e si stringeva sempre più al petto marmoreo e gelido del suo unico amore. Il freddo che provava era nulla, in quel momento, al confronto con l’orrore che stava vivendo. Il respiro di Edward portava ai suoi sensi odore di fiori e misteriose terre lontane, il suo abbraccio saldo e delicato la faceva sentire protetta, come se restando aggrappata a lui nulla potesse più accaderle.

Eppure era terrorizzata.

Alzò gli occhi liquidi di pianto su quelli dorati e brillanti del giovane, implorando parole di conforto. Edward la strinse un po’ più a sé, chinò la testa sulla sua e la baciò dolcemente sulla fronte.

-Andrà tutto bene…-, sussurrò nel suo orecchio chiudendo gli occhi e lasciò che la ragazza affondasse nuovamente il volto sulla pelle nuda del suo petto.

Doveva andare per forza tutto bene…

 

Edward si sforzò di leggere nella mente di Alice, in guardia vicinissima a loro e dell’umana che sedeva dietro al bancone della lunga sala ovale, vestita come una segretaria, impassibile di fronte alle urla disperate che la investivano con la forza di una condanna a morte.

Gianna si voltò verso di lui, come se avesse percepito lo sguardo su di sé e gli sorrise appena, educatamente. La sua mente era buia come la notte senza luna. Edward si domandò se anch’ella possedesse la stessa particolarità di Bella, ma capì subito che la situazione era diversa: Gianna non aveva pensieri. Gianna era stata istruita dai Volturi a non pensare. Gianna sapeva del loro arrivo e che, con Edward Cullen nei paraggi, pensare sarebbe equivalso a condannarsi a morte certa.

Il tempo sembrava essersi cristallizzato in quel limbo straziante: l’incertezza del futuro era chiara agli occhi di Alice, che si sentiva impotente. In quel luogo tutti loro erano in pericolo, ma se fosse accaduto qualcosa a Bella, sarebbe stata solo colpa sua.

Edward la avvicinò a sé e accolse anche la sorella sotto il suo abbraccio ristoratore.

Rimasero immobili in attesa, tutti e tre, mentre il cuore di Bella accelerava fino alla pazzia e poi rallentava quasi fino a fermarsi, in un ciclo che pareva non dovesse finire mai.

Poi, d’un tratto, contemporaneamente, Edward ed Alice si irrigidirono e le loro espressioni mutarono dalla preoccupazione al terrore.

Bella comprese subito: i Volturi non avevano rispettato i loro accordi.

Oltre il portone di legno massiccio il frastuono si era acquietato, ma un sinistro silenzio ne aveva preso il posto.

Poi, lentamente, rumore di passi serrati.

I Volturi stavano venendo a prenderla.

I Volturi stavano venendo a prendere tutti e tre.

 

Quello che accadde immediatamente dopo fu troppo veloce e sfuocato: l’unica immagine sicura che Bella registrò fu il volto dolcissimo di Edward vicino al suo e un ultimo, indimenticabile, straziante bacio di addio.

Non le concessero il tempo di salutare Alice, né di fare tesoro dei suoi ultimi due anni di vita.

***

Isabella Swan si risvegliò da sola in un ospedale straniero, in una stanza affollata di malate e parenti, durante l’orario del passo.

La sua mente era annebbiata, i ricordi sembravano evaporati.

L’unica cosa di cui era sicura è che suo padre Charlie si sarebbe seriamente arrabbiato…

Vennero i medici e le domandarono quale fosse il suo nome, prima in una lingua sconosciuta, poi in un inglese stentato.

Rispose di essere Bella Swan, e questo fu sufficiente. Poi arrivò un uomo in uniforme, forse un poliziotto.

-Come mai si trovava da sola di notte sul greto dell’Arno?-, le domandò l’uomo, che parlava un po’ meglio l’inglese.

Chiese cosa fosse “Arno” e capì di essere in Italia. Il pensiero di suo padre, a quasi diecimila chilometri di distanza, che la cercava, la fece gemere.

Le domandarono se ricordava qualcosa degli ultimi tre giorni.

No: non ricordava nulla… si sforzò di pensare e si rese drammaticamente conto di non ricordare niente neanche del motivo per cui si trovasse in Italia, del come ci fosse arrivata e di cosa stesse facendo a casa sua, prima di partire. Non ricordava neanche quando era tornata nel paese di suo padre, quando si era trasferita lì da Phoenix…

Le domandarono se era stata violentata e un’ondata di malessere la avvolse in un attacco di panico.

Cercarono di calmarla con dei farmaci che, per un po’, la fecero dormire profondamente.

In fondo era meglio così: con la poca logica rimastale calcolò velocemente che si trovava in un luogo lontanissimo, senza sapere perché e come ci era arrivata. Senza sapere da dove era partita, senza ricordare nulla degli ultimi… quanti? mesi della sua vita. Sicuramente, qualunque cosa fosse, le era accaduto qualcosa di mostruosamente brutto. In fondo dormire e dimenticarsi di essere mai esistita era solo un bene.

Rimase nell’ospedale per pochi giorni ancora, lasciandosi esaminare e rivoltare come un calzino. La conclusione era sempre la stessa: non aveva nulla che non andasse, salvo i postumi di una frattura scomposta ad un femore risalente a non troppo tempo prima –ma non agli ultimi giorni in cui era stata in Italia- e una orrenda cicatrice bianchiccia sul braccio destro.

-Si può togliere?-, domandò una volta al medico biondo e affascinante che l’aveva visitata, indicando quella mezzaluna fredda e spessa sul suo braccio sottile.

-Teoricamente sì… ma sei proprio sicura di volerla cancellare?-

 

Bella pensò che fosse una procedura particolarmente dolorosa e non rispose.

Quando venne suo padre Charlie a prenderla in Italia, dopo che i medici gli consigliarono di non tentare di entrare nella sua testa per qualche tempo e poi, magari, provare a portarla da uno psicanalista per cercare di sondare i suoi ricordi perduti, la prima cosa che gli domandò lo lasciò interdetto.

-Papà, per favore, puoi portarmi da un chirurgo plastico per togliere questa cicatrice?-Voglio dimenticare di averla mai avuta...

 

Non parlarono molto durante il viaggio verso l’aeroporto di Pisa: Charlie aveva chiara la situazione precaria della figlia e si tormentava condannandosi per non esserle stato vicino in quel tempo che avevano vissuto insieme. In fondo, però, considerate le novità che c’erano state a Forks negli ultimi tempi, la sua amnesia non poteva essere che un regalo dal cielo: Bella non ricordava assolutamente i Cullens e, visto che tutta la famiglia era sparita, la sua piccola non avrebbe avuto alcun motivo di tornare a soffrire, come nei mesi precedenti.

Avrebbero potuto ricominciare da capo.

Dopo, forse, l’avrebbe aiutata a recuperare la memoria dei mesi dolorosi che l’avevano straziata.

Forse…

Salirono su un volo dell’Air France e decisero di chiudere così quella triste e incognita parentesi italiana.

 

***

 

Quando il loro aereo si fu staccato dal suolo, l’uomo alto e biondo si allontanò dalla vetrata panoramica del piccolo aeroporto. Strinse le mascelle ed inspirò profondamente. Il volo successivo sarebbe stato il suo: sarebbe tornato ad Anchorage e lì avrebbe dovuto fornire delle valide spiegazioni alla sua famiglia.

Ma come avrebbe potuto consolare Esme del fatto che i suoi figli più amati, Edward ed Alice, si erano uniti ai Volturi, vittime di un ricatto che aveva visto posta su una bilancia crudele la vita di Bella da una parte e la loro libertà dall’altra? Come avrebbe potuto spiegare a Jasper che Alice aveva visto tutto e sapeva quello a cui andava incontro, e che era stato solo per amore che aveva deciso di abbandonarlo, pur di tenere al sicuro la sua famiglia? Come avrebbe reagito al volto sconvolto di Rosalie e all’espressione delusa di Emmett, che lo avrebbe considerato un codardo?

Lui era stato chiamato a Volterra solo per prendere atto della decisione dei figli e per portare via l’umana. Non aveva avuto alcuna possibilità di favorire la loro fuga, perché Alice ed Edward non sarebbero mai scappati, sapendo che ciò si sarebbe rivoltato contro Esme, Rosalie, Emmett e Jasper. E Bella.

Era andato là solo per salutarli per l’ultima volta ed obbedire al volere dei signori dei vampiri. Solo per chinare la testa davanti a loro.

 

 

Le reazioni dei suoi familiari lo trovarono impreparato. Aspettava rancore e incomprensione, non quello che si sgretolò sotto ai suoi occhi.

Emmett e Jasper lo assalirono, furiosi e feriti per la sua codardia, e fu subito chiaro che il dolore inflitto dalle loro frasi avvelenate non era sufficiente per placare la rabbia disperata che ribolliva dentro di loro. Lo colpirono, lo morsero e gli procurarono un dolore fisico che in parte alleviò quello che squagliava il suo cuore maciullato. Rosalie gli vomitò in faccia ogni rancore che si era tenuta dentro per quasi ottant’anni, ferendolo con accuse e recriminazioni sottilmente vere.

Ma Esme… la sua reazione lo disintegrò totalmente.

In un istante in cui i due ragazzi lo tenevano fermo, sconvolti e fuori di sé per il dolore e la delusione, Esme si avvicinò a lui e lo colpì con uno schiaffo violento. Lo fissò con occhi neri come carbone liquido, ringhiò contro di lui e, piano, sentenziò la sua condanna.

-Ci hai traditi tutti. Le nostre esistenze erano legate a doppio filo l’una con l’altra. Soli non valiamo niente. Soli siamo soltanto dei mostri. Non ha più senso che esista questa famiglia, ormai-, poi se ne andò, seguita a ruota dagli altri.

 

Due giorni dopo iniziarono le strane morti nella zona sudorientale dell’Alaska e proseguirono senza interruzione sempre più a sud, verso il Canada e poi verso gli USA.

 

Esme aveva ceduto al dolore e, con lei, tutta la sua famiglia era andata distrutta.

 

 

***

 ... to be continued...

 

***

Disclaimer: i personaggi e gli argomenti trattati appartengono totalmente a S. Meyer. La storia è di mia fantasia e non intende paragonarsi a quella concepita e pubblicata da S. Meyer.

***

Twilight, New Moon, Bella Swan, i Cullen, i Volturi, Mike Newton, Jessica Stanley, Charlie Swan, Stefan e Vlad, il Clan di Denali, il Wolf Pack dei Quileute sono copyright di Stephenie Meyer. © Tutti i diritti riservati.

La storia narrata di 'Proibito', le circostanze e quanto non appartiene a Stephenie Meyer è di invenzione dell'autrice della storia che è consapevole e concorde a che la fanfic venga pubblicata su questo sito. Prima di scaricare i files che la compongono, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli altrove, né la modifica integrale o di parti di essi, specialmente senza permesso! Ogni violazione sarà segnalata al sito che ospita il plagio e verrà fatta rimuovere.
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