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Autore: milly92    30/08/2015    3 recensioni
Sheldon ed Amy hanno trentacinque anni, una figlia di diciannove, sono sposati da diciassette e separati da tre.
Cosa è successo alla famiglia Cooper-Fowler?
“Figlia?!”. Penny spalancò gli occhi, incredula. [...]
“Sì”. Sheldon sospirò, stanco di dover dire sempre la stessa cosa a chi lo fissava così. “Ho una figlia di diciannove anni, è nata quando ne avevo sedici. Come può ben vedere, non solo Juno e varie cantanti pop possono procreare a quella età, ci riescono anche i geni. Nel raro caso in cui trovino una ragazza, certo”.
“Oh, no, ma si figuri, è solo che... Sembra solo giovane, ecco, dai dati che mi ha fornito posso garantirle che mostra meno dei suoi trentacinque anni” cercò di svignarsela Penny. “E poi è bello avere figli giovani! Immagino che lei, sua moglie e sua figlia formiate una bella famiglia, tutti giovani e intelligenti, vero?”.
“Io e mia moglie siamo separati, comunque nell’ultimo anno ho deciso di lavorare a casa quindi potrò farle quel favore” replicò freddamente, prendendo il foglio con il numero dalle mani della donna e chiudendo la porta alla velocità della luce.
[AU]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amy Farrah Fowler, Nuovo personaggio, Penny, Sheldon Cooper, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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fucncs

Grazie ai “coraggiosi” che hanno deciso di aprire questa storia. Scherzo, ma vi avverto: come si legge dagli avverimenti, questa è una AU e i personaggi presentano delle caratteristiche che li rendono un po’ OOC. Dico un po’ perché la trama mi ha obbligato a smussare qualche sfaccettatura di un personaggio o a cambiare qualcosa, ma nell’essenza i personaggi sono gli stessi e spero si vedrà, non proprio da questo ma dal prossimo capitolo.

Che dire, scusate la premessa noiosa e buona lettura! :D

 

 

Finché una Crisi non ci Separi

Capitolo 1

C’era Una Volta Una Famiglia Felice...

7  Maggio 2005

“Sono felice”.

Amy sorrise raggiante in direzione del marito, il quale annuì sorridendo a sua volta.

“Lo sono anche io, Amy”.

“Sette anni di matrimonio... Altro che crisi del settimo anno, io parlerei di gioia del settimo anno!”.

“Non crederai mica a quelle sciocche supertizioni popolari, Amy!” osservò Sheldon, guardando la moglie con aria di rimprovero.

“Ma no, era per dire... E anche se fosse vero, sai, crederei che noi siamo l’eccezione!” esclamò la donna, saltando sul divano e appoggiando la testa sul petto dell’uomo. “Non lo avrei mai detto, ma gli anni difficili sono passati, finalmente ho il dottorato, la bambina ha ormai nove anni, noi siamo realizzati professionalmente... Siamo ad un punto che i nostri coetanei invidiano, abbiamo fatto bene ad anticiparci” ironizzò.

Sheldon le accarezzò i capelli, squadrando il suo profilo e l’espressione rilassata.

“Chi l’avrebbe mai detto che la mia inesperienza con le precauzioni ci avrebbe portati a questo punto?” disse, un po’ nostalgico.

“Io di certo no. Cioè, voglio dire, temevo più che altro l’ira delle nostre madri, ma il peggio è passato” ammise Amy, per poi intrecciare la mano destra con la sua. “Ti amo tanto, Sheldon Cooper” aggiunse.

“Dottor Sheldon Cooper” la corresse lui, per poi sorriderle. “Anche io, Dottoressa Fowler”.

“Mammaaa, papààà!”.

Una peste che sfiorava già il metro e cinquantacinque nonostante avesse solo nove anni interruppe il momento magico tra i due, salendo sul divano con un salto e andando in grembo a sua madre.

“Marie, amore, hai finito i compiti?” domandò la donna, mettendosi a sedere e prendendola in braccio dolcemente.

“In venti minuti. Quella maestra dà compiti stupidi, specialmente quella di scienze!” si lamentò, con una smorfia da bimba furbetta che le donava decisamente.

“Vedi? Poi mi rimproveri quando vado a lamentarmi con la preside della scuola! Il programma ministeriale và potenziato!” si lamentò Sheldon.

“No, è solo che Marie è decisamente più sveglia degli altri, tutto qui. Avrà un’istruzione normale, ne abbiamogià  parlato” gli ricordò pazientemente sua moglie mentre dava un bacio sulla fronte della bambina e le accarezzava il capo.

“Io non sono normale, io sono speciale!” cinguettò Marie, sorridendo in modo da mostrare un dente canino mancante.

“Ovvio che lo sei, sei nostra figlia!” l’assecondò il padre, entusiasta, prendendola in braccio.

“Siamo tutti speciali” esultò Marie, con le mani all’aria come per celebrare la cosa.

“Siamo una famiglia speciale. Strana, alquanto nerd, fuori dagli schermi, ma speciale” osservò Amy, dando un altro bacio alla sua piccola e poi uno a suo marito.

“Abbraccio di gruppo!” aggiunse la bambina, così si ritrovò stretta tra i suoi genitori, felice e spensierata come non mai, tanto da custodirne ancora il ricordo fin troppo gelosamente.

 

10 Giugno 2015

 

La giornata in giro per negozi era stata abbastanza divertente, considerando che Bernadette l’aveva fatta sentire una sorta di modella semplicemente perchè era stata in grado di trovare dei pantaloni della sua taglia le cui gambe non le andavano lunghe almeno quindici centimetri, ma tornare a casa da suo padre non le dispiacque affatto.

Da quando aveva iniziato il college ad Harvard, nove mesi prima, Marie sentiva molto la sua mancanza, visto che aveva speso gli ultimi anni della sua adolescenza solo con lui, nel momento in cui sua madre aveva deciso di andarsene di casa per “iniziare a vivere sul serio” e “fare ciò che il matrimonio prematuro le aveva impedito di fare”.

La sua famiglia non era affatto normale – e non solo perchè i suoi genitori erano degli scienziati di soli trentacinque anni con una figlia di diciannove – ma non poteva lamentarsi, anche perchè adorava gli amici di sempre di suo padre e Bernadette, la moglie di uno loro, Howard.

“Dottor Cooper, sono a casa!” esordì quindi scherzosamente quando mise piede nel soggiorno dell’appartamento 4A.

Nel giro di qualche secondo, suo padre, Sheldon Cooper, percorse il corridoio che conduceva a quella stanza e l’abbracciò.

“Che bello sentirsi chiamare così di nuovo” sospirò.

Marie lo guardò con aria di rimprovero quando sciolse l’abbraccio e sospirò pesantemente.

“Tutti ti chiamerebbero così se la smettessi di lavorare a casa e tornassi a recarti alla Caltech tutti i giorni. Non capisco! E’ stata già dura scoprirlo da sola quando sono tornata, e non mi ascolti nemmeno quando ti consiglio di...”.

“Marie, cara, smettila, nessuno riuscirà a convincerlo” s’intromise Leonard, il coiquilino di suo padre da quando lei aveva iniziato l’università, appena uscito dalla sua stanza.

La ragazza guardò il migliore amico di suo padre, che per lei era uno zio a tutti gli effetti, ma non obbedì.

“Se permetti, zio Leonard, io sono la sua cocca e alla fine lui mi ascolta sempre. Sono l’unica che sia stata in grado a convincerlo a guardare Spiderman 3 al posto di Sherlock, quindi sono migliaia di anni luce avanti a te” obiettò.

Sheldon sospirò pesantemente, si avvicinò al frigo, prese una bottiglia d’acqua e si recò in camera sua, nonostante mancasse poco all’ora di cena.

Entrambi lo guardarono senza sapere cosa dire, poi Leonard prese le chiavi dell’auto, fece cenno a Marie di uscire e disse semplicemente: “Sheldon, andiamo a prendere la cena, ci vediamo tra poco!”.

 

“Non ce la faccio a vederlo così. Non mi sembra mio padre! Qualche anno fa ci avrebbe riempito di chiacchiere sul fatto che non sono la sua cocca, avrebbe iniziato ad elargire spiegazioni scientifiche che spiegano la naturale predilezione dei padri nei confronti delle figlie e ci avrebbe zittiti, aggiungendo che aveva accettato di vedere Spiderman 3 perché è l’equivalente di Sherlock visto che entrambi iniziano con due consonanti, e invece... Non ha detto nulla! Zio, è stato così tutto l’anno?” domandò preoccupato Marie, nel momento in cui entrò in macchina con Leonard.

Lui annuì mestamente, mentre metteva in moto.

“Non volevo lo scoprissi, ma è così. Devi capirlo, Marie, al momento tu sei l’unica cosa bella nella sua vita e vederti partire per il college non è stato fantastico come ha finto che fosse” spiegò.

“Lo sai che volevo rinunciare ad Harvard ma...”.

“Scherzi? E’ il tuo futuro e non puoi rinunciarci per tuo padre. E se vogliamo dirla tutta, non è giusto che tu ne paghi le conseguenze quando la colpa è solo di tua madre”.

“Non me lo ricordare” mormorò la ragazza, guardando fuori dal finestrino.

Era iniziato tutto tre anni prima, durante la festa di compleanno per i suoi sedici anni.

Sua nonna Mary – una dei motivi per cui si chiamava Marie: sapendo di doverla chiamare così, suo padre scelse la variante francese in onore di Marie Curie – aveva fatto un commento inappropriato riguardo il fatto che per fortuna sembrava molto più interessata ai libri che ai ragazzi, in modo da non rimanere incinta a quell’età come sua madre.

Quest’ultima aveva sentito tutto e nei giorni seguenti dimostrò di essere rimasta ferita da quelle parole, così, a furia di rimuginarci, diede vita ad una lunga discussione con suo marito, una discussione che condusse a parole decisamente forti.

Fu uno shock per Marie sentire che sua madre era stufa, che a soli trentadue anni si sentiva una vecchia che non aveva vissuto nulla della sua gioventù, che aveva sbagliato a sposarsi a diciotto anni e a tenere il bambino quando aveva scoperto di essere incinta.

Poi si era rimangiata le ultime parole, ma la situazione non cambiò, tanto che nel giro di pochi mesi, litigio dopo litigio, se ne andò di casa, lasciando suo marito seppur senza ancora aver chiesto legalmente il divorzio a tre anni di distanza.

“Passerà. Amy prima o poi la finirà con questa storia del “Voglio essere libera e fare l’adolescente a vita” e chiederà scusa. Altrimenti avrebbe subito chiesto il divorzio, no?” ragionò Leonard.

“Beh, in tal caso non la perdonerò io. Sono io quella che ha visto papà disperato, in lacrime, depresso, e ora che sono al college lei non si è premurata di aiutarlo a superare il distacco. Tanto a lei cosa frega?” aggiunse, rivolta più a se stessa. “Il mostro che l’ha tenuta lontana dal divertimento è finalmente a tremila miglia di distanza”.

“Marie! Tua madre ti ama, non devi mai dubitare di questo, è solo che...”.

“Possiamo parlare di altro, per favore? Quando ti trovi una moglie? Hai trentacinque  anni, cavolo, non potrai vivere con mio padre per sempre!” l’interruppe Marie, sapendo di star toccando un tasto dolente per l’uomo, che odiava essere l’unico single del gruppo.

“Ehi, ehi, ehi! Guarda che io esco con un sacco di donne e...”.

“Ma loro almeno lo sanno che escono con te?”.

Leonard la guardò di sbieco, per poi sorridere quando tornò a guardare la strada davanti a sè. Era bello vederla con quell’aria da impicciona e non da ragazza preoccupata, per una volta, ragion per cui accettò tutte le prese in giro possibili ed immaginabili.

 

“Bernadette mi ha invitato a cena da te, stasera. Dice che dovrei passare più tempo con Marie. Ho accettato, vengo appena finisco dall’estetista. A dopo, ciao. A.”.

Sheldon si passò una mano tra i capelli e gettò il telefono sul divano, arrabbiato.

C’era bisogno di Bernadette per farle capire quanto avesse sbagliato nel farsi vedere solo all’aeroporto, nonostante la loro bambina fosse tornata da circa dieci giorni?

Erano tre anni che lui si tormentava di non averla resa felice, di averle fatto mancare qualcosa, di essere stato assente a causa del lavoro, ma Marie non doveva assolutamente subirne le conseguenze.

Era stata lei quella che durante quel lontano ottobre del 1995 l’aveva convinto ad andare oltre, a lamentarsi del fatto che sembrava che non la amasse nonostante stessero insieme da quasi due anni, e ora sembrava che lui quasi le avesse imposto quella gravidanza. Il fatto che all’epoca lui già fosse plurilaureato e insegnante di fisica li aveva aiutati ad essere indipendenti economicamente, ed era lui quello che si era trasferito ad Harvard con lei per farle continuare gli studi fino al dottorato, senza nemmeno farle rinunciare a un semestre in Norvegia.

Aveva badato a Marie, chiedendo di poter insegnare il pomeriggio, dopo le lezioni di lei, e aveva combattuto per diventare un padre accettabile e degno di essere chiamato tale nonostante non avesse avuto un buon esempio dal suo, morto pochissimi anni prima.

Ed ora, diciannove anni dopo, per lei lui era il cattivo, quello che non le aveva fatto vivere la sua gioventù.

Qualcuno bussò alla porta, distraendolo dai suoi pensieri, e pensò che Leonard e Marie fossero già di ritorno, ma al posto loro si ritrovò davanti una giovane donna di massimo trent’anni, con lunghi capelli biondi e un sorriso timido stampato in faccia.

“Salve” disse, sconcertato.

“Salve! Io sono Penny, domani mi trasferirò nell’appartamento di fronte e avrei bisogno di un favore” esordì subito la donna, andando dritto al punto.

“Oh, certo”.

“Grazie! Vede, domani inizierò a lavorare come insegnante  di un corso estivo di Chimica alla Caltech Univeristy e in mattinata degli operai inizieranno il mio trasferimento nell’appartamento di fronte. Non so a chi rivolgermi nel caso succeda qualcosa, posso lasciarle il mio numero nel caso sorga un problema?” domandò speranzosa, sorridendogli.

“La Caltech? Io lavoro lì” osservò Sheldon.

Penny lo fissò. Carnagione chiarissima, maglietta con il simbolo di Flash, il motivo di Star  Trek che proveniva dalla televisione: era un nerd come lei, un chiaro esemplare di uomo adulto che amava giocare ancora con la playstation e leggere fumetti!

“Davvero? E cosa...?”.

“Sono un fisico teorico, ho lavorato per anni alla Teoria delle Stringhe e ora mi occupo della materia oscura. Sheldon Cooper, piacere!” aggiunse l’uomo.

“Cosa? Sheldon Cooper? Ma io ho letto tutti i suoi lavori, lei è brillante! E so che non ha un’alta opinione di chi si occupa di Chimica ma, ehi, ci tengo a dirle che non siamo sfigati come i geologi, anche se... Beh, la mia maglietta sembra dire il contrario” mormorò imbarazzata, indicando la sua t-shirt nera con la scritta “I don’t need H20, I need vodka!”.

“Oh, si figuri, mia figlia studia chimica ad Harvard quindi....”.

“Figlia?!”. Penny spalancò gli occhi, incredula. Quell’uomo poteva avere qualche anno più di lei, come poteva avere già una figlia che andava al college?

“Sì”. Sheldon sospirò, stanco di dover dire sempre la stessa cosa a chi lo fissava così. “Ho una figlia di diciannove anni, è nata quando ne avevo sedici. Come può ben vedere, non solo Juno e varie cantanti pop possono procreare a quell’età, ci riescono anche i geni. Nel raro caso in cui trovino una ragazza, certo”.

“Oh, no, ma si figuri, è solo che... Sembra solo giovane, ecco, dai dati che mi ha fornito posso garantirle che mostra meno dei suoi trentacinque anni” cercò di svignarsela Penny. “E poi è bello avere figli giovani! Immagino che lei, sua moglie e sua figlia formiate una bella famiglia, tutti giovani e intelligenti, vero?”.

“Io e mia moglie siamo separati, comunque nell’ultimo anno ho deciso di lavorare a casa quindi potrò farle quel favore” replicò freddamente, prendendo il foglio con il numero dalle mani della donna e chiudendo la porta alla velocità della luce.

Penny rimase lì, immobile, rossa in viso per l’inconsapevole figuraccia che aveva fatto.

 

“...E quindi Bernadette mi ha convinto ad iscrivermi in palestra con lei visto che è in ferie, dice che le hanno detto che l’istruttrice è brava” stava spiegando Marie, di ritorno con Leonard dal ristorante cinese in cui avevano preso la cena per gli ospiti.

“Ma non avete la palestra ad Harvard?”.

“Certo, come c’è a Princeton, ma dubito che tu ci abbia mai messo piede, zietto”.

“Sei troppo furba, accidenti”.

Marie rise di cuore, improvvisamente un po’ più rilassata.

Adorava la compagnia del migliore amico di suo padre, ed era anche grazie a lui che era partita per Harvard, sapeva che avrebbe aiutato suo padre e avrebbe fatto di tutto per farlo stare bene.

“Comunque sappi che il mio scopo per questa estate è trovarti una ragazza, così l’anno prossimo quando tornerò per le vacanze verrò al tuo matrimonio” ridacchiò.

“Tu credi di poter fare da Cupido e convincere una donna che sono l’uomo della sua vita in soli dodici mesi? Certo che nel dipartimento di Chimica vi somministrano a miscugli belli forti, eh”.

“Ma dai, zio, sei perfetto! Troverò la donna perfetta per te, devi solo evitare di menzionare tutte le tue intolleranze e le tue stramberie fino alle nozze ed è fatta!”.

“Amo i teenager proprio perché credono a tutto, beata ingenuità” la prese in giro Leonard, scompigliandole i capelli con un gesto affettuoso.

Erano ormai entrati nell’edificio dove abitavano e si ritrovarono davanti Penny che se ne stava fissa, immobile, con le braccia conserte.

Sentendo il rumore dei loro passi e delle risate si ridestò dai suoi pensieri con un sussulto, affrettandosi ad asciugare una lacrima che aveva bagnato il viso arrossato.

“Salve” disse semplicemente, cercando di celare il tono fresco di pianto.

“Salve, tutto bene? Mi scusi, deve essere una parente della signora Hoffman, mi dispiace per la sua perdita” dedusse gentilmente Leonard, vedendo i vestiti neri e la faccia da pianto.

“Cosa? No, no, io sono una nuova inquilina, al 4B. E’ tutto ok, grazie” minimizzò la bionda, per poi togliersi gli occhiali e pulirli con il bordo della maglietta.

Leonard rimase incantato dai suoi profondi occhi blu, dalla sua maglietta decisamente nerd e, beh, da ciò che celava.

“Che bella la sua maglia, dove l’ha presa?” s’intromise Marie. Per esperienza sapeva che il miglior modo per tirar su una persona, qualunque fosse il motivo, era fare un semplice complimento.

“Amazon. E’ bello vedere qualcuno che la capisce, soprattutto così giovane” mormorò Penny, sorridendo tra le lacrime.

“Lei studia Chimica ad Harvard” spiegò orgoglioso Leonard.

Penny la fissò e poi capì.

“Oh, devi essere la figlia del Dottor Cooper! Siamo vicine, gli ho appena chiesto un favore...” dedusse. “Penny Chapman” aggiunse, porgendo la mano ad entrambi.

“Marie Cooper”.

“Leonard Hofstadter”.

“Scusatemi, sto facendo una figuraccia con tutto il vicinato” aggiunse la chimica, indicando il suo volto. “Mi trasferisco domani”.

“Spero non sia nulla di grave, cioè, scusami, che invadenza” aggiunse timidamente Leonard, passandosi una mano dietro la nuca.

“No, figurati. Ho appena saputo che il mio corso di Chimica alla Caltech rischia di essere annullato perché un alunno ha vinto una borsa di studio ed è partito per Ginevra, quindi non c’è più il numero minimo di studenti richiesti dal Preside per questo corso”.

“Insegni Chimica alla Caltech? Lui e mio padre insegnano lì!” disse Marie.

“E tu adori la Chimica. Perché non ti iscrivi? E’ un corso estivo, quanto potrà mai affaticarti?”.

“Ma no, non c’è bisogno, grazie, troverò un modo” borbottò Penny, tuttavia felice di aver trovato dei vicini gentili. “Scusatemi, è meglio che vada a prendere qualcosa per cena, l’odore della vostra mi sta facendo rimpiangere di aver mangiato solo un sandwich per pranzo”.

“Puoi venire da noi, così ti diamo il benvenuto” osservò Marie. Quella donna le ispirava fiducia, sembrava intelligente e interessante, con una maglietta che adorava e una bella carriera. Poi insegnava la sua materia preferita, quindi aveva già guadagnato mille punti a priori.

“Certo, ci farebbe piacere!” aggiunse speranzoso Leonard, senza nemmeno pensarci.

Penny esitò, tentennante.

“Non credo, ho fatto una figuraccia con il Dottor Cooper e non ci siamo salutati cordialmente” spiegò. “Grazie per il pensiero, comunque”.

“Conosco mio padre e immagino che la colpa non sia la tua. Vieni, magari mi parli del corso di Chimica!”.

La donna spalancò gli occhi, sorpresa.

Forse aveva trovato l’unica potenziale allieva del suo corso, doveva approfittarne ad ogni costo, quindi alla fine non se lo fece ripetere ulteriormente ed accettò con un grande sorriso.

 

 

Mentre preparava il thè – impiegandoci più del dovuto – Sheldon lanciava occhiate furtive alla donna seduta sul divano.

Amy era arrivata prima del previsto, lo aveva salutato con un sorriso di circostanza, aveva chiesto di Marie e si era seduta, accettando la solita bevanda calda che lui riservava formalmente agli ospiti.

Perché, sì, ormai lei era un’ospite da quando si era trasferita nel suo nuovo appartamento a Beverly Hills.

Sembrava più bella, più curata, senza occhiaie, vestita con degli abiti più giovanili rispetto ai soliti cardigan che indossava e che a lui piacevano tanto, perché rendevano morbido e caldo ogni abbraccio.

Gli mancava la donna con cui aveva riso e scherzato su quello stesso divano per anni ed anni e si chiedeva dove fosse finita.

“Marie si è iscritta in palestra, l’ha convinta Bernadette” disse poi all’improvviso, per riempire il silenzio che si era creato.

“Oh, bene. Quando ci si avvicina ai venti è sempre meglio fare attività. Ci vado anche io da un annetto, sai?”.

“Si vede. Sei dimagrita”.

“Tu sei sempre lo stesso, invece”.

“Perché non ho bisogno di cambiare nulla, la mia vita è perfetta così”.

Amy si alzò dal divano e sospirò. L’abitudinario Sheldon era tornato all’attacco e lo detestava quando faceva così.

“Non iniziamo con le frecciatine, per favore, a breve nostra figlia sarà qui e non voglio...”.

“Cosa, non vuoi rovinare la serata? Non sarebbe la prima volta, Amy, tranquilla, ci è abituata da quando ha sentito che avere una figlia ti ha rovinato l’esistenza” sentenziò l’uomo, poggiando il thè con uno scatto sul tavolino vicino al divano.

“Bene, sai che c’è? Volevo dirtelo con più calma, ma a questo punto... Ho... Ho chiamato l’avvocato. Voglio il divorzio!” urlò, stringendo i pugni con forza e chiudendo gli occhi mentre si esprimeva, come se non volesse vedere il viso dell’uomo di fronte a lei.

Sheldon si bloccò e fissò la donna di fronte a lui che lo fissava con rabbia.

Il divorzio!

“Bene” mormorò deglutendo. “Immagino che non ti vada più di mentire agli uomini con cui esci, mentire dicendo che sei legalmente single non ti basta più. Sappi solo che io devo ancora capire cosa ti ho fatto di così spregevole per farti correre via a gambe levate. E ricordati che se abbiamo una figlia e ci siamo sposati, non era solo perché hai passato i tuoi quindici anni ad impormi di fare sesso perché per te era l’unica forma in cui si potesse esprimere il mio amore nei tuoi confronti, ma anche perché eravamo felici, felici di stare insieme, crescere una bambina e affrontare tutto insieme, ciò un Cosmopolitan e fingere di avere venti anni non ti daranno mai”.

“Ma non è questo, è...”.

La porta si aprì di scatto ed Amy si zittì, sconvolta com’era.

Sheldon si sforzò di risultare naturale e sorrise in direzione di sua figlia, Leonard, Howard, Bernadette e... La sua nuova vicina.

“Buonasera! Sheldon, abbiamo invitato Penny, l’abbiamo conosciuta giù” spiegò subito il suo coinquilino, indicando la ragazza bionda alle sue spalle.

“Salve di nuovo e chiedo scusa per prima” mormorò la donna, imbarazzata.

“Oh, no,non c’è problema, prego, entra”.

D’altro canto, Marie guardò sua madre e capì all’istante che qualcosa non andava, ma si limitò ad abbozzare un sorriso e avvicinarsi.

“Tesoro mio, ciao!” esclamò Amy, abbracciando la figlia con calore. “Come stai?”.

“Bene, ho tanti progetti questa estate” minimizzò la ragazza, scrollando le spalle dopo aver posto fine alla stretta materna.

“Abbiamo fatto shopping!” s’intromise Bernadette, sorridendo all’amica.

“Oh, bene, poi voglio vedere gli acquisti” rispose Amy, pensando a tutte le volte in cui Marie si era rifiutata di fare spese con lei.

Ma Marie aveva approfittato dell’intromissione di Bernadette per avvicinarsi al padre, così Amy si voltò e vide che la ragazza lo stava abbracciando con calore, per poi dirgli qualcosa e farlo ridere.

“Salve, io sono Penny Chapman, domani mi trasferirò nell’appartamento di fronte”.

A distrarla ci pensò la nuova vicina, così Amy si voltò e la squadrò brevemente.

Sembrava una donna decisamente sciatta e i capelli aggrovigliati in uno chignon scomposto ne davano la conferma.

“Piacere, sono Amy Farrah Fowler, la madre di Marie” si presentò brevemente, stringendo la sua mano.

“Piacere mio! Ho sentito che è una neurobiologa e ha lavorato a sua volta alla Caltech, giusto?”.

“Sì, fino a qualche anno fa, ora sto conducendo uno studio sulle dipendenze per la California University” rispose evasiva, senza smettere di osservare i due membri della sua famiglia.

Non prestò molta attenzione alla ragazza, tanto che nel giro di poco la vide interagire con gli altri, soprattutto con Marie e la cosa le provocò un senso di irritazione che detestava.

 

 

“... Quindi vuoi seguire il corso estivo di Chimica? Avevi detto che volevi che ti insegnassi qualcosa in più di fisica, per i crediti extra! E soprattutto che avresti recuperato con me le nostre serie tv preferite!”.

Durante la cena – in cui il povero Howard era stato costretto a sedersi per terra per la mancanza di spazio – Marie ne aveva approfittato per chiedere informazioni a Penny riguardo il corso estivo e per parlarne al padre.

“Ma lo faremo, il corso c’è tre volte a settimana per un totale di sole sei ore! C’è una parte dedicata alla Chimica Nucleare, lo sai che la adoro e dovrò aspettare fino al terzo anno per studiarla!” lo pregò Marie.

Improvvisamente Howard prese il cellulare e puntò la telecamera verso la ragazza, alquanto divertito.

“Howie, che fai?!” sbottò sua moglie, contrariata.

“Li filmo e li metto su YouTube. Scusami, ci farò migliaia di visualizzazioni! “Teenager che prega il padre di seguire un corso di Chimica in piena estate”, ti rendi conto? E’ un fenomeno mai visto prima!”.

“Zio Howard, stai parlando di una studentessa di Harvard, se ti fossi impegnato come me magari ce l’avresti fatta ad andare in qualche istituto migliore rispetto all’MIT e a conseguire un Dottorato” replicò con calma Marie, abituata alle buffonate dell’uomo.

Sheldon guardò con ammirazione la figlia e poi l’amico.

“Beccati questa, ingegneruncolo da quattro soldi!” disse,facendo ridere tutti tranne Amy,che guradava la scena con una sorta di nostalgia mista ad invidia. “Comunque, so che lo Sheldon che scriverà le sue memorie non sarà fiero di questa scelta, ma sappiamo tutti quanto un padre sia decisamente predisposto a fare felice la sua progenie femminile, quindi accetto a patto che iniziamo le nostre lezioni di fisica e la prima stagione di Gotham e The Flash!”.

“Certo! Grazie papi, sei il numero uno!” esclamò Marie, alzandosi e gettando le braccia al collo del padre.

“Direi che il tuo corso è salvo” disse Leonard a Penny, sorridendole.

“Sì, non ci credo! Grazie per averlo suggerito, ti devo un favore!” esclamò Penny, al settimo cielo.

Il cellulare di Amy squillò così si alzò per rispondere e si scusò, ma solo Bernadette le fece cenno di non preoccuparsi, erano tutti impegnati a mangiare e ridere di Marie che faceva la bambina con suo padre, felice come non mai.

La sua presenza era superflua, pensò, sforzandosi di non ripensare alle sue decisioni e di pentirsene.

Guardò il display e vide che era l’avvocato divorzista.

Sospirò e rispose... Era giunto il momento che aveva rimandato per un bel po’ e temeva di affrontarne le conseguenze.

 

*°*°*°*

Rieccoci! Innanzitutto, grazie a chi è arrivato fino a questo punto, chiunque tu sia, meriti una medaglia! xD

Parlando seriamente, mi risulta un po’ strano iniziare a pubblicare questa storia perché l’idea mi era venuta a gennaio, avevo scritto tre pagine e poi non ho continuato più. Domenica scorsa ho ritrovato il file e ho iniziato a scrivere senza sosta, tanto che in una settimana ho scritto quattro capitoli e mezzo.

E’ una AU e ciò mi mette decisamente in “ansia”, si parla di un contesto alternativo e rendere Sheldon Cooper padre/sposato/separato non è affatto semplice. Avrete notato che comunque è diverso, più “umano”, la trama mi ha imposto di renderlo così visto che è diverso da quello originale, ha avuto una figlia da giovanissimo e si è anche sposato. Tuttavia, nei capitoli successivi è decisamente più simile all’originale, tranquilli.

Parlando dell’altro elemento centrale, Marie, che dire... Io la adoro già, spero si farà apprezzare capitolo dopo capitolo.

Ed Amy, beh, tranquilli che avrete tutte le motivazioni e le spiegazioni che servono, anche se ci vorrà un po’.

Avrete notato l’assenza di Raj... Lo conosceremo nel prossimo capitolo e ve lo dico, non è un astrofisico!

Non so che altro aggiungere se non che la storia avrà circa 10 capitoli e ora, visto che sto già studiando per gli esami di settembre, aggiornerò ogni 10 giorni :D

Che dire se non... Spero di sapere il vostro parere, se vi andrà!

Vi lascio qualche anticipazione dal secondo capitolo:

 

“Devo dire che le lezioni di Chimica l’aiuteranno”.

“Per approfondire le sue conoscenze?”.

“No, Leonard. Per avere qualche compagno di classe con cui discutere e provare che ha ragione, così non avrà bisogno di dibattere con se stessa allo specchio”.

 

 

“L’ho già provata, sei la ventinovenne più agile che conosca, gattina...”.

“E tu il ventinovenne più sexy che abbia mai conosciuto...”.

Le bastò sporgersi di poco per vedere riflessa nello specchio alla sua destra un’immagine assurda, pazza, senza senso, scabrosa.

 

Al 9 settembre :D

Baci,

milly.

  
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