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Autore: Loulou_24    30/08/2015    2 recensioni
Ammetto che è il classico cliché innamorarsi del migliore amico del fratello maggiore,giuro che ne avrei fatto volentieri a meno di questo amore impossibile se avessi potuto scegliere. Ma si sa, non si sceglie chi amare. O si? Io in ogni caso non ho avuto possibilità di scelta. E’successo e basta.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Dopo aver letto le prima due righe una mano entrò nel mio campo visivo e si poggiò sulla sedia davanti a me.
«Posso sedermi?»
Sam Evans era in piedi davanti a me con un sorriso smagliante sul viso.
«Certo, è libero» Sorrisi anche io, sperando che il mio sorriso fosse attraente quanto il suo.
«Sicura che non disturbo? Non vorrei averti interrotto durante la lettura di un passo importante.»
Nah cercavo solo di darmi un tono e sembrare intellettuale, nessun disturbo.
«Non preoccuparti, ero nel bel mezzo di un capitolo tutt’altro che interessante.»
Sam annuì soddisfatto.  «Ieri cercavo di dirti una cosa ma sei scappata via.» Mi mossi sulla sedia cercando di mascherare l’imbarazzo. «Si, ho visto mio fratello e sono andata da lui. Non volevo farlo aspettare.»
Ero parecchio curiosa di sapere cosa aveva da dirmi e allo stesso tempo ero un po’ agitata. «Cosa..cosa volevi dirmi?» cambiai di nuovo posizione.
«Ho una sorpresa per te.» Mi guardò con le labbra incurvate in un mezzo sorriso. Non mi piacciono le sorprese. Mi limitai a fissarlo in attesa che facesse qualcos’altro abbastanza preoccupata di quella che sarebbe potuta essere la sorpresa. Gli rivolsi una sguardo incoraggiante. Dopo aver capito che non avrei detto nient’altro distolse lo sguardo da me e si piegò verso lo zaino che aveva poggiato a terra. Frugò un po’ nella tasca davanti -cosa che fece solo aumentare la mia tensione- e ne tirò fuori un cellulare, il mio cellulare. Lo posò sul tavolo e lo fece scorrere verso di me.
Rimangio tutto quello che ho detto. Adoro le sorprese. Lo guardai con gli occhi spalancati colmi di gratitudine.
«Sei parecchio ricercata. Ti è squillato un sacco di volte.»
«Sam! Grazie..grazie mille. Dove l’hai trovato? Stavo già pensando a cosa avrei potuto dire ai miei per non farmi mangiare.» Non ci potevo credere. Era bello riaverlo tra le mie mani. Mi accorsi troppo tardi che nella gioia del ritrovamento mi ero lasciata scappare il suo nome. Le mie guance avevano preso una sfumatura rossastra nel frattempo. Cavolo, mi ero dimenticata che non ci eravamo mai presentati ufficialmente. Era stata Lucy a dirmi come si chiamava.
«Vedo che ti sei informata sul mio nome, Megan.» sottolineò l’ultima parola. Sapere che anche lui sapeva come mi chiamavo mi fece sentire meglio all’istante. «Anche tu sul mio.» Dissi in tono che sperai sembrasse provocatorio. «Si, un gioco da ragazzi, è bastato qualche agente segreto e qualche domanda in giro.» usò un tono finto noncurante.
 «Ah ecco chi erano quei due uomini vestiti di nero che mi seguivano.» scherzai io fingendomi sollevata.
«Mi hai scoperto.» Alzò le mani in segno di resa.
«Non so davvero come ringraziarti.» Gli sorrisi sincera.
 «Non ho fatto nulla, l’ho visto lì per terra e l’ho raccolto.» lui cercò di minimizzare la cosa ma ero felicissima di riaverlo.
«Davvero, vorrei sdebitarmi. Se ti serve qualcosa chiedi pure.» Proposi allegra.
«D’accordo! Ti farò sapere.» Disse scherzoso. Si alzò e risistemò la sedia sotto il tavolo. «Ti lascio al tuo libro.» mi salutò con un sorriso e si congedò.
La campanella non era ancora suonata, avevo ancora qualche minuto da perdere.
Provai ad accendere il mio telefono ma ovviamente era spento. Dopo più di un giorno senza essere ricaricato sarebbe stato un miracolo se fosse stato acceso.
Mi venne il dubbio che Sam aveva curiosato nel mio telefono. Non osai immaginare cosa avrebbe potuto trovarci. C’era di tutto: foto imbarazzanti, conversazioni compromettenti… Di tutto. Sperai vivamente che si fosse fatto i fatti suoi.
In quel momento vidi Lucy e Karen avvicinarsi al mio tavolo. Al loro passaggio un notevole numero di teste si girarono. Succede sempre, ogni volta che vado in giro con la mia migliore amica siamo sempre accompagnate da fischi, battutine e occhiate da parte del sesso maschile. Guardavano più lei che me. Non che fossi una brutta ragazza ma stando accanto a lei il mio fascino veniva sminuito. Era come mangiare la frutta. E’ buona ma se ci aggiungi del cioccolato sopra è decisamente meglio. Io ero la frutta e Lucy il cioccolato. La frutta non è male ma il cioccolato è decisamente delizioso. Oppure come bere dell’acqua naturale e poi quella frizzante. Io la naturale e lei la frizzante. L’acqua naturale disseta. Ma la frizzante di più. Si sente quel brivido in più con l’acqua frizzante.
Era successo davvero troppe volte che un ragazzo che mi interessava si interessava a lei. All’inizio ci stavo male ma ho imparato ad accettare la cosa. Non tutti possono essere il cioccolato.
«La mia vista mi inganna o pochi secondi fa c’era Sam Evans seduto a questo tavolo?» Indicò il posto vuoto di fronte a me. «Ci vedi benissimo e mi ha anche dato questo» sventolai fiera il mio telefono sotto il suo naso. «Ce lo aveva lui?! Se solo lo avessi fatto parlare ieri!» Sospirò in modo teatrale e mi diede una piccola spinta sul braccio. Annuii d’accordo con lei. «Tieni ti ho preso un caffè. Ne vuoi uno anche tu Karen?» spinsi la sedia che avevo davanti con un piede invitandole a sedersi.
«No grazie, per oggi ne farò a meno.»  Karen non mi stava del tutto simpatica, avevamo quel finto rapporto cordiale che solo le ragazze sanno avere. Non c’era un motivo particolare per l’antipatia che provavo nei suoi confronti era solo il suo modo di fare che non mi andava proprio a genio. Eravamo anche uscite insieme qualche volta ma semplicemente non era scattata l’amicizia. «Quel ragazzo è così sexy. Tienitelo stretto Meg.» Karen disse “sexy” dividendo in due sillabe la parola “se-xy” e accompagnò la parola con un movimento della mano.
 Il modo in cui parlava e gesticolava era uno dei motivi per cui non mi piaceva. Gesticolava tutto il tempo, vederla parlare era come vedere un vigile che dirigeva il traffico. Ampi movimenti a destra e a sinistra. E la sua parlata era insopportabile
«Si penso che seguirò il tuo consiglio. Non ho intenzione di lasciarmelo scappare.» Per quanto potessi trovare antipatica Karen aveva ragione. Sam era sexy e io ero decisamente a favore della tattica “chiodo-scaccia-chiodo”. Sam sarebbe potuto essere il chiodo perfetto per aiutarmi a scacciare quell’altro chiodo dai capelli castani che mi ossessionava da due anni. Era davvero arrivato il momento di lasciar perdere. Uno che aveva una ragazza come Rosalie non si sarebbe mai interessata ad una come me. Anche questa volta io ero la triste acqua naturale e Rose la briosa acqua frizzante. Non c’è paragone.
La campanella arrivò forte e chiara fino al bar e la maggior parte dei ragazzi che stava poltrendo lì si alzò svogliata per dirigersi verso le aule.
«Andiamo ragazze, un’altra entusiasmante giornata di scuola ci attende!» Le spronai ad alzarsi con un finto tono allegro muovendo il braccio destro verso sinistra con il pungo chiuso.
«Almeno in prima ora abbiamo storia. Ci rifaremo gli occhi con la vista del professor Harvey.» Lucy mi aveva appena dato un’ottima notizia. Pensavo che avremmo avuto storia in terza ora.
Era sempre un piacere fare lezione con Fred Harvey, era il momento in cui ogni ragazza del liceo si svegliava dal letargo scolastico e entrava nella stagione della caccia. Ragazze che si ripassavano il rossetto, ragazze che si toccavano i capelli e ragazze che si allargavano lo scollatura della maglietta. I ragazzi si limitavano a sbuffare invidiosi di tutte quelle attenzioni.
Quando passava in corridoio si ripeteva la scena di capelli ondeggiati a destra e a sinistra provocanti e saluti miagolanti ogni due secondi: “Salve professore”, “buongiorno Mr. Harvey”, “bella giornata eh prof?”
E’ sempre stato il sogno di tutti avere un insegnante degno di nota. Noi studenti non pretendiamo un modello o una modella ma quantomeno piacevole alla vista. Noi ragazze della scuola di Cape Code siamo state accontentate, e anche in modo più che soddisfacente.
Girano parecchie voci a proposito delle sue relazioni clandestine con le studentesse, nessuna di queste confermate comunque è sicuro che ogni ragazza di questa scuola farebbe di tutto per finire nel suo letto e diventare la protagonista di queste storie. Compresa la sottoscritta. Solo per quanto riguarda la storia del letto, non mi piace essere al centro dell’attenzione. In caso dovessi avere una relazione con Mr. HotProf preferirei tenerla nascosta.
Il professore era già in classe quando Karen, Lucy ed io ci presentammo in aula. Molte cercavano di arrivare tardi a posta per essere notate di più ma Harvey odiava i ritardi quindi a meno che l’obbiettivo non era essere ricordate negativamente quella non era una buona tattica.
La lezione passò velocemente e io la ascoltai volentieri. Erano tutti particolarmente attenti quella mattina, non solo perché chi spiegava era piacevole alla vista ma anche perché era un argomento interessante. Storia mi è sempre piaciuta. Una volta cambiata aula per la lezione successiva tutti tornarono nel loro letargo scolastico.
«Aprite il libro a pagina 394» Annunciò Mr. Hill. Cercai la pagina indicata e per poco non lanciai uno strillo. Chiusi il libro di matematica con un colpo sotto lo sguardo interrogativo di tutti gli altri compagni intorno a me.
«Mi sembrava di aver visto una mosca.»  Mi scusai con un sorriso.
La foto di Rìan era infilata a pagina 394 del mio libro di matematica.
Quella era una delle tante lezioni che seguivo con Lucy e in quel momento era accanto a me. Avevo il terrore che l’avesse vista ma era tornata a sfogliare il suo libro distrattamente. Riaprii il mio con cautela per cercare di mettere quella foto in un posto più sicuro. Mi stava causando troppi problemi, avrei dovuto bruciarla quella maledetta foto. Accidenti a me quando ho deciso di stamparla.
Sul retro trovai una scritta non mia.
“Te la restituisco, l’ho rimessa dove l’ho trovata. La prossima volta nascondila meglio.
Mamma”
Nella fretta di cacciare Nicholas dalla mia stanza avevo dimenticato che mia mamma si era portata via la foto nella tasca dei jeans.
Prima di farla cadere nella borsa controllai di nuovo che nessuno mi stesse guardando  ma ognuno era tornato a pensare ai fatti propri.
 
Tornai a casa nel pomeriggio, in casa non c’era nessuno. Lasciai le chiavi al solito posto sulla cassapanca e misi il telefono in carica. Mi prepari uno spuntino in cucina e tornai in camera per guardare un po’ di tv spazzatura, quella che spinge i neuroni al suicidio.
Il mio telefono intanto era abbastanza carico da riaccendersi e sentii il classico suono che ti avvisa dell’arrivo di un messaggio.
Classico. Ogni volta che mi metto comoda qualcosa mi costringe a rialzarmi due secondi dopo.
Spesso rimetto il telefono in borsa e subito dopo sento il telefono che inizia a squillare, così sono costretta a riaprire la borsa e cercare il telefono che è magicamente finito sul fondo della borsa nonostante lo avessi messo sopra tutto quel disastro un secondo prima.
C’erano dei messaggi e delle chiamate di Lucy del giorno prima e una chiamata di Rìan. Gli avevo chiesto di chiamarmi quando ero in macchina sua e temevo di averlo perso. Speravo di sentirlo squillare per trovarlo più velocemente ma ovviamente non è servito. Era bello leggere quel nome sul display. Sarebbe stato bello leggerlo più spesso. Mi venne l’impulso di premere su “richiama”.
Mentre fissavo il suo nome mi arrivò un messaggio da un numero che non avevo salvato in rubrica. Mi fece sussultare per un attimo.
 
 
 
  
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