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Autore: PokeShiira    31/08/2015    1 recensioni
L'aria gelida lo avvolse in tutto il corpo, stava congelando, ma sentì come se la sua testa stesse andando a fuoco. John riaprì gli occhi per l'ultima volta, le facce lo fissavano tutte, come se stessero per chiedergli qualcosa. John stava lentamente ascendendo verso l'alto.
Genere: Horror, Thriller, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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All’inizio si muoveva a stento, ma John ci mise tutta la sua forza, finché finalmente un angolo della protezione non saltò via con un sonoro “bang”. L’aria dalla ventola continuava a soffiare, ma ora sembrava diversa. John proseguì con gli altri angoli, ignorando il dolore che il giravite senza manico gli procurava scavando nel suo palmo. Dopo essersi messo in una posizione migliore, si liberò in fretta anche degli altri angoli. John era su di giri, il sudore gli colava dalla fronte fino a terra. Cosa avrebbe trovato? John spostò con attenzione la protezione distrutta della ventola e si mosse in avanti finché la sua testa non si trovò direttamente sul buco. John prese un profondo respiro e guardò giù. Luce. Accecante luce bianca. Era familiare, eppure strana.

“Che diavolo…”

John non riusciva a pensare. Sentiva come se il suo cervello stesse per esplodere. Non aveva parlato con nessuno per dio solo sa quanto tempo, ad eccezione che con Herbert - ma con lui era diverso.

“Chi ha parlato?”. La voce era terrorizzata, disperata.

“Io”, sussurrò John giù per la ventola.

“Dove sei?”

“Quassù”

John continuò a guardare giù nel buco, non vedendo altro se non bianco finché non apparve una figura. Era una persona. Era scheletrica e aveva capelli neri e arruffati. Guardò tutto intorno alla stanza, chiaramente spaventato fino alla follia.

“Sono proprio quassù”, disse di nuovo John, con più confidenza ora.

L’Estraneo guardò in su, strabuzzando gli occhi.

“Oh grazie al cielo… Sei qui per farmi uscire, vero? Vero?!”

Le speranze di John s’infransero in un solo istante. Per qualche strana ragione aveva pensato che questa persona lo avrebbe potuto tirare fuori, ma era ovvio che si fosse sbagliato. Quest’uomo sembrava tanto spaesato quanto John, se non di più.

“No… No, io sono qui da molto tempo”. Le parole non venivano fuori con facilità; era da molto che non parlava con un estraneo, ancora di più se in carne e ossa.

“Cazzo… Cazzo, CAZZO!”. L’Estraneo si afferrò la testa e cominciò a camminare avanti e dietro, uscendo a volte dal campo visivo di John. Continuò a urlare ed imprecare sempre più forte. John assisteva in silenzio.

“Senti… Da quant’è che sei qui?”, chiese John, cercando di calmare l’Estraneo.

“Ah… Ehm… Non ne ho idea, non ne ho la più fottutissima pallida idea! Una notte? Forse due, tre? Non lo so, amico, non lo so…”. L’Estraneo era molto nervoso.

“Hai avuto la pillola?”

“Ah? Cosa? Pillola? Di che cazzo stai parlando?”. Ora l’Estraneo stava guardando John dritto in faccia.

John si morse le labbra. Se non stava prendendo la sua pillola, doveva essere affamato.

“Guarda, il mio nome è John, sono bloccato qui come te. Hai idea di come sei finito qui?”

“Come sono finito qui, eh? Come sono finito qui?”. L’Estraneo quasi scoppiò a ridere dopo aver ripetuto la frase. “Non ricordo un cazzo!”

“Ok, puoi dirmi cosa c’è nella tua stanza?”

“Non c’è un fottuto cazzo, amico! C’è, ehm, una finestra e, ehm, un letto. Sì, c’è un letto, un cazzo di letto. Tutto qui amico, neanche una strafottutissima porta.”

John cominciò a sentirsi un po’ nervoso. “C’è un interfono?”

“Un cosa?! Senti amico, non c’è un bel cazzo di niente qui”. L’Estraneo stava ancora guardando su. John non era certo se riuscisse a vederlo attraverso la ventola oppure no.

Perché non c’era un interfono? In che altro modo avrebbe potuto parlare con Herbert? Che diavolo stava succedendo?

“Hai del cibo, John?”

John afferrò la pillola extra che teneva in tasca.

“No.”

“Cazzo, non va per niente bene amico”. L’Estraneo uscì dal suo campo visivo di nuovo.

Gli occhi di John continuavano a chiudersi e lui combatteva per mantenerli aperti.

“Ascolta, io devo andare, ma tornerò più tardi. Non ho dormito bene per giorni.”

L’Estraneo mormorò qualcosa, ma John era troppo stanco per ascoltare. Sarebbe voluto restare, avrebbe voluto parlare. Questa era la cosa più grossa che gli fosse mai successa. Finalmente aveva davvero qualcuno. Ma aveva bisogno di riposo, non voleva svenire dal sonno sotto il letto.

Lentamente si tirò fuori, passando sopra la pozza di colore arancio e rosso scuro. Si arrampicò sul letto e vi si distese. Aveva tanto su cui pensare eppure non abbastanza energia per farlo. Nel giro di pochissimo John si addormentò.


Gli occhi di John si aprirono bruscamente. Si rizzò a sedere e si guardò intorno nella stanza. Era ancora solo, ma proprio sotto di lui c'era qualcun altro ora. Qualcuno con cui parlare, con cui fare piani, forse perfino con cui scappare insieme un giorno. John scese barcollando dal letto e raggiunse il drop box, c'era una pillola.

La prese e la infilò in bocca, lasciandosela scivolare avidamente giù per la gola. Prese il cacciavite rotto da accanto al suo letto e graffiò la parete. La stanza si riempì del solito tremendo rumore, ma John continuò a premere finché non ci fu un nuovo segno sul muro. Non era ancora morto.

John si era perfezionato nello scivolare sotto il letto. Si agitò avanti e indietro fino a tornare nella sua posizione abituale. Tirò la testa in avanti e la premette contro il buco.

"Ciao?"

John sentì dei rumori strascicati, alcuni leggeri colpi.

"Cos-chi è là? John? John sei tu?"

"Sì."

"Non spaventarmi più così, amico!". L’Estraneo entrò nel campo visivo di John asciugandosi gli occhi.

"Come hai dormito?"

"Dormire? No amico, non posso dormire. Non posso dormire adesso". L’Estraneo stava nuovamente camminando.

"Dovresti provare, ti aiuterebbe; renditi i primi tempi un po' più facili."

"Più facili? Come più facili? Sono intrappolato in una fottuta scatola, e sono fottutamente morto se non trovo del fottuto cibo!". L’Estraneo sembrava più tranquillo, doveva trovarsi nell'angolo.

"Ti aiuterà a pensare più chiaramente."

"Pensare più chiaramente? Amico, non voglio pensare più chiaramente qui dentro. No amico, per nulla. Se devo morire tanto vale che lo faccia andando fuori di testa, capisci che intendo?". Le parole dell’Estraneo arrivavano scandite da tonfi sordi; stava sbattendo la testa ritmicamente contro il muro.

John si riposizionò. Erano passati quattro giorni e l’Estraneo stava solo peggiorando.

"Hey… ti hanno già portato del cibo?"

L’Estraneo rise semplicemente, e i tonfi continuarono.

"Cibo? Quale cibo, amico? Non c'è cibo qui…". L’Estraneo iniziò a camminare per la stanza, maledicendo se stesso.

John toccò la pillola nella sua tasca, era ancora lì. Poteva darla all’Estraneo… ma se John ne avesse avuto bisogno? Non poteva rischiare.

"E qualche medicina? Come una pillola, o qualcosa del genere?"

"Non voglio una cazzo di medicina da questa gente, amico! Ti fidi di questa gente? Cosa cazzo non va in te?". L’Estraneo stava sbattendo la testa su ogni muro, come testandone la robustezza.

John sentì il suo stomaco saltargli in gola. Merda… E se quelle pillole fossero state veleno? Se quelle pillole facessero scherzi alla sua mente, influendo sulla sua capacità di pensare chiaramente, di dormire, di ricordare. Nella sua mente stava suonando un allarme, aveva bisogno di tempo per pensarci.

John provò ad aprire la bocca e dire qualcosa, ma i colpi sul muro dell’Estraneo divennero presto l'unico rumore udibile oltre il ronzio delle sue orecchie, e decise che era inutile continuare la conversazione. John strisciò fuori da sotto il letto, e la sua camicia grattò contro la macchia di sporco sul pavimento.

Nel momento in cui lasciò l'oscurità del suo sottoletto, John rimase accecato dai quasi brillanti muri bianchi. Si alzò in piedi e portò le mani alla testa. Il panico assorbì la sua mente. John non aveva mai nemmeno contemplato l'idea che lui, che Herbert, avrebbe provato ad avvelenarlo. John si immaginò a giacere in un’enorme stanza piena di persone, tutti quanti che parevano dormire, sognando tutti lo stesso terribile sogno che stava facendo lui. Perfino questo sconosciuto, è reale? Sta succedendo veramente tutto questo o è tutto una qualche vivida allucinazione procurata dalle pillole e dalla sua turbata psiche? Era troppo per poterlo gestire, John si sentì sul punto di vomitare.

Avanzò inciampando fino al suo letto e tirò le coperte fin sopra la testa. Premette le sue mani fortemente contro le sue orecchie, per cercare di fermare il ronzio, il ronzio e i fottuti colpi che provenivano da sotto. John strinse i denti, e premette ancora più forte le sue mani sulla testa provando a smorzare il persistente rumore di colpi.

Bang.

Il sudore rigò la fronte di John.

Bang.

I palmi delle mani di John divennero rossi a causa della pressione.

Bang.

John iniziò a trattenere il respiro.

Bang.

Lacrime iniziarono a scorrere sul suo volto ora rosso.

Bang.

L'intero corpo di John iniziò a tremare mentre continuava a trattenere il respiro.

Bang.

John aprì la bocca, incerto se per urlare o respirare.

Bang.

Buio. Era tranquillo ora.


"Morirai qui, John?"

John emise un gemito e si alzò rapidamente a sedere sul letto. La stanza era incredibilmente buia. Le pareti bianche avevano sempre lasciato la stanza in luce perpetua, ma ora John vedeva con difficoltà.

"Vuoi morire qui, John?"

Voci nel buio. John premette la schiena contro il muro, portando le gambe verso il petto.

"C… Chi sei?"

Improvvisamente centinaia di incomprensibili sussurri riempirono la stanza, ripetendo debolmente le parole di John.

"Chi sei? Chi sei? Chi sei?"

Il cuore di John batteva rapidamente, e forte.

"John, vuoi morire qui?"

I sussurri parlavano come se fossero una singola entità, nessuna voce aveva dominanza sulle altre.

"No… no, no, no, no". John sputò fuori le parole scuotendo la testa mentre le lacrime gli rigavano il volto.

"Non ti fidare di lui, John". "Non c'è da fidarsi". "Ti sta mentendo, John". "Puoi uscire di qui, John".

John era certo di essere diventato pazzo, stava scuotendo la testa più forte ora. Sentiva le loro parole, ma non avevano significato per lui.

John voleva morire, voleva che tutto finisse. Iniziò a singhiozzare più forte.

"Non ti fidare di lui, John". "Non c'è da fidarsi".
   
 
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