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Autore: Florence    04/02/2009    3 recensioni
"Io, Carlisle Cullen, non avevo mai capito cosa significasse davvero cogliere un frutto proibito. Non fino a quando l'avevo incontrata di nuovo, dieci anni dopo e la dolcezza di quella mela mi aveva rapito. Quello che mi accadrà, sarà solo colpa mia, colpa dell'uomo che è sopravvissuto dentro al vampiro e di lei che, inaspettatamente, ha scaldato il mio cuore spezzato. Edward... perdonami..." E se a Volterra i Volturi si fossero comportati diversamente? Cosa è accaduto in dieci anni a Isabella Swan? E quale ruolo ha Carlisle in tutto questo? (What if... che prende l'avvio dalla fine di "New Moon" di S. Meyer)
Genere: Malinconico, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Carlisle Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Proibito' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Proibito-2

PROIBITO

 

2 - PART 2/2 - Isabella Swan-Black

 

Due giorni dopo ero in viaggio sulla mia Chevy scassata verso il college di Tampa, in Florida.

Lontano da Charlie, lontano da Forks, lontano dalle foreste misteriose e dal cielo coperto di nuvole. Lontano da Jacob.

Sapevo di avergli spezzato il cuore, ma non ero sufficientemente forte per mantenere il suo segreto e continuare a dividere la mia esistenza con lui.

Degli anni passati a Tampa ricordo solo la viscerale ricerca di qualsiasi emozione forte che mi avesse potuto aiutare a dimenticare quello che avevo visto. Avrei voluto trovarmi nuovamente su quel letto di ospedale, in Italia, senza ricordi. La nuova Bella era stata troppo presto ricondotta alla disperazione e gridava vendetta contro il mondo infame che continuava a tenerla in vita.

Avevo scelto medicina. In quel momento, più che mai, la voglia di capire cosa fosse accaduto al mio cervello e cosa invece al corpo di Jacob mi aveva spinta lungo un cammino del quale non mi sono mai pentita.

Avevo scelto medicina per vincere una volta per tutte la mia paura del sangue e degli aghi. L’avevo scelta anche perché, così si diceva, agli studenti era più facile procurarsi sostanze capaci di portare allo sballo. E così avevo fatto, seguendo puntualmente le lezioni e la via costellata di torture che mi avrebbe portato ad annichilire totalmente la mia mente e precipitare nella più dolce delle sensazioni: l’oblio.

Mi ero fatta nuovi amici, avevo allacciato nuovi rapporti amorosi con ragazzi della mia età e uomini più maturi, mi ero lasciata alla spalle la mia presunta moralità e avevo mischiato il piacere dei sensi all’ottenebrazione della mente, saltando da un letto ad un altro e da un rave party agli scaffali dei medicinali del laboratorio accanto al mio.

Mi facevo schifo, ma sentivo che era l’unica via per rimanere a galla.

Altrimenti sarei affondata sotto il peso dei ricordi che si prendevano gioco di me e non sarei più riuscita ad uscire da quella condizione.

 

 

 

Avevo da poco compiuto venti anni, quando, in una mattina di sole, Jacob era apparso davanti alla porta della mia stanza, al campus. Aveva guardato con occhi feriti la mia magrezza, i miei capelli colorati e stinti, il trucco un po’ sciolto e l’uomo, molto più grande di me, che mi accompagnava tenendo una mano sulla mia spalla e uno spinello in bocca.

Credo di aver sentito nuovamente il suolo sgretolarsi sotto ai miei piedi, perdendomi in quello sguardo incredulo e disperato, che gridava vendetta per quello che mi era accaduto.

In quel momento, forse per la prima volta da quando la nuova Bella era tornata col cervello formattato, avevo sentito feroce dentro di me cosa desideravo realmente fare.

Avevo lasciato cadere la mano del mio accompagnatore ed ero corsa vero Jake, aggrappandomi a lui e baciandolo affannatamente.

Ne era derivato un breve siparietto a causa del triangolo che si era venuto a formare, ma, poco dopo, ero nella mia stanza, insieme a lui. Tutto sembrava ruotare solo attorno a lui, come se fosse tornato il sole a splendere nella mia esistenza sbiadita.

Era stato molto duro, per Jacob, accettare tutte le mie confessioni fatte di serate in discoteca passate da sola, appoggiata ad un muro a bere e fumare spinelli, di notti buie in cui avevo concesso ad altri quello che era suo di diritto. Credevo che non avrebbe mai più ripreso con sé e invece, ancora una volta, Jacob Black mi aveva stupita.

“Tu sei sempre la Bella di cui sono innamorato”, aveva detto sfiorando con una mano un ciuffo ribelle che era scappato da dietro il mio orecchio. Poi mi aveva baciata, riportando alla mia mente come una marea che sale piano, tutti i ricordi che avevo voluto cancellare.

 

L’ultimo anno di college lo avevamo passato facendo i pendolari tra l’aeroporto di Seattle e quello di Tampa, riappropriandoci piano piano di abitudini dimenticate e scoprendone di nuove. Il mio aspetto trasandato stava tornando quello di un tempo.

 

La prima volta che avevo fatto l’amore con lui, a La Push, mi ero sentita sporca e disgustosa per non avergli concesso di essere il primo. Me ne pento ancora, ma non posso tornare indietro e cancellare quel periodo. Fa parte di me e mi ha aiutata a capire cosa fosse giusto e cosa sbagliato.

Mi aveva presa tra le sue braccia e mi aveva portata fino alla sua stanza. Bill era con mio padre a pesca. I suoi amici non lo disturbavano più.

Eravamo solo io e lui. I suoi segreti e i miei rimpianti.

Ci eravamo amati come se fossimo stati creati per quell’unico scopo e poi buttati a caso nella selva di altri pezzi di un mosaico che avevamo provato a confondere, ma che aveva avuto la forza di tornare a posto.

Era quello il mio posto, accanto a Jacob.

 

 

 

Accanto all’uomo che avrei sposato, due anni dopo.

Il giorno del matrimonio avevo lasciato che mia madre Reneé mi agghindasse come una meringa, permettendo al suo sogno di avverarsi. Il mio mi attendeva nel suo smoking all’altare. Per molti anni, quello è stato il mio ricordo più dolce, del quale mi sono riempita a lungo gli occhi, nei momenti più difficili.

Avevo sposato Jacob perché lo amavo profondamente, perché anche lui non poteva più fare a meno di me e perché aspettavo un figlio da lui.

Già me li immaginavo, la piccola manina stretta in quella enorme del suo papà, a camminare sulla spiaggia dove io e Jake ci eravamo promessi amore eterno.

 

Eterno... l’eternità non esiste, Bella...

 

Lo sapevano solo in pochi che ero incinta, visto che la gravidanza era solo all’inizio e ancora la mia pancia non si era arrotondata.

Al nostro matrimonio i suoi amici non parteciparono, il branco lo aveva abbandonato. Non approvavano. Non credevano che il nostro amore sbocciato in maniera burrascosa nel tempo, avrebbe potuto resistere al momento dell’imprinting.

Me lo aveva spiegato Leah, una ragazza Quileute, cosa fosse questo fantomatico “imprinting” e avevo subito pensato che si trattasse di una sciocchezza. Ero così certa dell’amore di Jacob...

Ma il nostro matrimonio era stato davvero felice solo per poco tempo: due mesi dopo la cerimonia, una notte di inverno, avevo perso il mio bambino in un lago di sangue che mi aveva costretto in ospedale per settimane.

Era stata colpa mia, lo sapevo. Lo so! Colpa del veleno che avevo buttato nel mio corpo negli anni di Tampa e che si era attaccato alle mie cellule rendendole inadatte ad ospitare la vita.

Nonostante questo e la depressione che ne era derivata, l’amore di Jacob per me non aveva mai vacillato. Mi era sempre rimasto vicino prendendosi cura della mia salute e della mia sanità mentale.

La cosa peggiore erano gli incubi: ogni notte sognavo il mio bambino, il nostro bambino, con tanti capelli rossicci come il pelo del grande lupo che una sola volta mi si era rivelato. Dormiva tranquillo tra le mie braccia placido come un cherubino. Poi, d’un tratto spalancava i suoi occhi e due bagliori color dell’oro mi ferivano, come pugnalate. Lo lasciavo cadere e lui mostrava una fila di denti bianchi come la neve e mi mordeva...

Jacob sopportava di buon grado anche quelli, si lasciava svegliare dalle mie urla disperate e mi teneva stretta a sé, ogni notte, senza domandare nulla. Non avrei potuto durare a lungo in quella condizione.

Rimanemmo sospesi in quel limbo per quasi due anni, finché, una notte, Jacob non mi baciò con più veemenza del solito, cercando la mia pelle, il mio corpo. Ricordo ancora i brividi che mi avevano percorso e che credevo non sarei più in grado di provare.

Se ci eravamo ritrovati, era stato solo grazie a lui e alla sua forza di volontà. Il periodo che era seguito era stato il più bello della mia vita. Avevo ricominciato a sperare, a credere che avrei potuto vivere un’esistenza normale.

Jacob aveva aperto un’officina meccanica e io mi dividevo tra i turni alla clinica di Forks, quelli al piccolo ambulatorio della riserva e lo studio per prendere la specializzazione.

Charlie era orgoglioso del mio recupero e così lo era Jake, tanto che avevamo deciso di riprovare a fare un figlio.

Con mia somma sorpresa, dopo soli due mesi di tentativi, la vita era apparsa dentro di me. Potevamo davvero riuscire a completare il nostro sogno.

Anche quell’illusione, però, era durata poco e all’inizio del settimo mese, quando ormai avevamo già deciso il nome per il nostro cucciolo, di nuovo lo avevo perso.

Con lui se n’era andata per sempre la speranza.

Quil, Sam e altri dei vecchi compagni di Jacob erano venuti a trovarmi in clinica. Li avevo sentiti confabulare qualcosa che mi riguardava. Sicuramente avrebbero ritirato fuori quell’assurda storia dell’imprinting. Jacob li aveva ascoltati, poi, quando se ne furono andati, aveva scosso la testa ed era tornato a coccolarmi.

 

Tutto questo era successo solo un anno e mezzo prima.

 

La donna con la quale Jacob aveva avuto l’imprinting, sei mesi dopo, si chiamava Lorena e faceva la parrucchiera presso un piccolo salone di Port Angeles. Ci eravamo passati insieme, per caso, sotto Natale e avevo subito capito quale fosse la causa della sua catalessi.

Adesso vivevano insieme e avevano già un figlio con i capelli neri e gli occhi uguali a quelli di Jake. Avevo firmato subito le carte per il divorzio: lui era felice ed io, ormai, non avevo più nulla che mi legasse a Forks.

 

 

La mia valigia spuntò, tra le ultime, dalle fauci del rullo trasportatore. Afferrai il manico al volo e la trascinai fino al carrello che avevo preparato. La esaminai velocemente: incredibilmente aveva retto anche a questo giro senza spaccarsi.

Inspirai profondamente e mi diressi verso il controllo passaporti e, infine, verso l’uscita.

 

Parigi mi attendeva.

 

 

***

 ... to be continued...

 

***

Disclaimer: i personaggi e gli argomenti trattati appartengono totalmente a S. Meyer. La storia è di mia fantasia e non intende paragonarsi a quella concepita e pubblicata da S. Meyer.

***

Twilight, New Moon, Bella Swan, i Cullen, i Volturi, Stefan e Vlad, il Clan di Denali, il Wolf Pack dei Quileute sono copyright di Stephenie Meyer. © Tutti i diritti riservati.

La storia narrata di 'Proibito', le circostanze e quanto non appartiene a Stephenie Meyer è di invenzione dell'autrice della storia che è consapevole e concorde a che la fanfic venga pubblicata su questo sito. Prima di scaricare i files che la compongono, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli altrove, né la modifica integrale o di parti di essi, specialmente senza permesso! Ogni violazione sarà segnalata al sito che ospita il plagio e verrà fatta rimuovere.
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Ringrazio molto tutti quelli che hanno letto fin qua la mia storia, le 6 persone che l'hanno aggiunta tra i preferiti e meredhit89 per il suo commento!

 

 

 

   
 
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