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Autore: PuccaChan_Traduce    01/09/2015    4 recensioni
Tauriel salva la vita a Kili durante la Battaglia delle Cinque Armate, alterando per sempre il corso della Storia.
Disclaimer: questa fanfiction è una TRADUZIONE che viene effettuata con il permesso del legittimo autore; tutti i personaggi citati appartengono ai rispettivi autori.
QUESTA STORIA È INCOMPIUTA.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kili, Nuovo personaggio, Tauriel, Un po' tutti
Note: Movieverse, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autrice: ChasingPerfectionTomorrow (Tumblr / FanFictions AO3)
Fandom: Lo Hobbit
Coppia: Kìli/Tauriel

~~~

‘Cause they say home is where your heart is set in stone
Is where you go when you're alone
Is where you go to rest your bones
It's not just where you lay your head
It's not just where you make your bed
As long as we're together, does it matter where we go?


Home, Gabrielle Aplin

~
 
Tauriel sorseggiò delicatamente il suo stufato e si domandò per quante volte si era ritrovata seduta intorno a un fuoco all’ombra di una montagna, in un imbarazzante silenzio e circondata da Nani diffidenti. Molte più di quante riuscisse a contarne, pensò contrariata.
Il silenzio sarebbe stato molto meno imbarazzante, non fosse stato per la presenza degli ultimi Nani arrivati e, naturalmente, del giovane Thorin, che sedeva giusto di fronte a lei e non cessava di fissarla con quegli occhi oscurati e profondamente ostili; a Tauriel si strinse il cuore, pensando a parole non dette e momenti difficili da fronteggiare. Avrebbero dovuto parlare prima o poi, loro due soli, e Kìli doveva decidersi a prendere le sue parole molto più sul serio, visto che si trattava di parole che potevano danneggiare il suo regno prima ancora che riuscisse a cominciarlo. Persino il Nano ferito, malgrado la benda insanguinata che gli copriva la spalla e il petto e nonostante se ne stesse reclinato sul mucchio dei loro bagagli, le lanciava sguardi ostili.
Tauriel bevve un altro sorso di stufato ad occhi bassi, con una certa esitazione e sentendosi come uno strano animale chiuso in gabbia.
“Come va il braccio?” bisbigliò Ori con voce soffusa di preoccupazione sincera.
Tauriel fece una smorfia, poi si costrinse a sorridere. Si sentiva molto stanca, i suoi muscoli urlavano in protesta ad ogni movimento. “Duole un pò, ma non c’è da preoccuparsi.”
Ori aggrottò la fronte, chiaramente non convinto, ma non insistette oltre. L’umore generale era cupo, molto più che nelle ultime settimane, i fantasmi dei caduti di recente indugiavano ancora tra loro. Ella si lanciò un’occhiata alle spalle, verso le sagome di Kìli e di sua madre che si erano portati in disparte, all’ombra di una colonna sbreccata. Udiva chiaramente il tono della loro conversazione, anche se non ne capiva il senso: tristezza, tormento, rabbia, e di nuovo tristezza. Desiderava stargli accanto, offrirgli tutto il conforto che poteva ma capiva che quel momento era privato, che era fatto solo per madre e figlio.
Tauriel non avrebbe mai dimenticato il momento in cui Dìs aveva scorto suo figlio che si faceva strada nella neve. La Principessa sapeva già della morte di Thorin e di Fìli, questo era evidente – la verità era come una spada nei suoi occhi, affilata, fredda e tagliente; la voce si era sparsa molto più in fretta di quanto chiunque di loro avesse previsto. Era stato come se fosse rinata in quel momento, come se stesse vedendo un’illusione che tanto disperatamente aveva voluto fosse reale. Kìli invece si era immobilizzato, con uno sguardo pieno di paura ed apprensione, subito sostituito da shock e da un’espressione terribile, terribile di colpevolezza. Le sue prime parole erano state balbettanti e spezzate. “Madre... madre, mi dispiace, mi dispiace tanto...”
Parole che subito erano state soffocate dal forte abbraccio di sua madre e dalla cadenza delle sue parole nella lingua del loro popolo. Erano crollati in ginocchio sulla neve, come massi scuri in un mare tempestoso, immersi nel silenzio reverente di chi stava a guardare; in quel momento era stato come se tutto quel che avevano sofferto, ogni battuta d’arresto e ogni tragedia che avevano dovuto sopportare, ne fosse valsa la pena.
Alla fine i due si erano districati dall’abbraccio, gli occhi umidi e i sorrisi luminosi ancora venati di incredulità, e tutti si erano affrettati verso il vicino rifugio; una volta lì, madre e figlio si erano allontanati mentre il resto del gruppo aveva approntato l’accampamento.
La stanza in cui si erano sistemati correva lungo l’ingresso della vecchia fortezza nanica ed era piccola, ma confortevole, sicuramente preferibile alla tempesta che infuriava all’esterno. In più c’era una decisa penuria di scheletri nanici, cosa che Tauriel aveva molto apprezzato.
Ori le aveva spiegato che un tempo sorgevano molti più luoghi come quello, piccole città e avamposti tra i grandi regni dei Nani; quello in particolare, chiamato la Vedetta Grigia nella lingua corrente, era uno dei pochi ancora in uso. In tempi migliori c’era stato anche un avamposto di guardia al suo interno, ma era stato abbandonato dopo la caduta di Erebor e ormai non era che un ambiente pervaso da un silenzio sepolcrale, pieno di ragnatele e polvere.
“Dicono che hai salvato la Principessa,” disse Gloin all’improvviso, in un chiaro tentativo di spezzare la tensione. “È vero?”
Tauriel ebbe l’impressione che i loro nuovi compagni acquisiti non l’avrebbero messa proprio così, ma si sforzò di sorridere – un sorriso che sentì stanco e tirato.
“Ah... sì, suppongo di sì,” rispose cautamente, ingoiando l’ultima cucchiaiata di stufato e mettendo da parte la ciotola. “Anche lei però ha salvato me.”
Bofur alzò le sopracciglia, impressionato, ma non fece commenti in proposito e si limitò ad aggiungere: “A quanto pare la Principessa e le sue guardie si sono staccati dal gruppo principale durante un attacco di Orchi.”
Tauriel si accigliò, con una fitta di trepidazione. “In quanti erano? Che ne è stato degli altri Nani?”
“Gli Orchi erano relativamente pochi,” rispose il Nano ferito con voce burbera, fissando il fuoco piuttosto che lei. “Sembravano concentrati soprattutto sulla Principessa. Parecchi hanno lasciato perdere gli altri per inseguire noi tre.”
“Sospettate un tradimento?” chiese Dwalin; alla luce del focolare il suo volto appariva duro e inflessibile come l’acciaio.
“Già,” rispose la guardia con un cenno amaro del capo.
“Ne sono successe di cose simili di recente,” borbottò Bofur bevendo un sorso di birra, e Tauriel arrossì, sperando che non intendesse insinuare che lei aveva qualcosa a che fare con il disastro accaduto nella foresta. Ma lui colse il suo sguardo e le rivolse un breve sorriso, come se avesse capito cosa le passava per la testa e volesse fare ammenda; lei lo prese come un segno positivo – pur se molto piccolo – del fatto che forse non tutti i Nani erano contro di lei.
“Mia moglie e mio figlio?” incalzò Gloin con voce leggermente strozzata.
La guardia ghignò, ma durò poco. “Stanno bene, non temere. Se la sono presa soprattutto con Rune e me, ma hanno evitato la Principessa e tutti quelli che fuggivano lontano da noi. È chiaro che quei bastardi intendevano catturarla piuttosto che ucciderla.”
Tauriel disse la prima cosa che le venne in mente. “Volevano catturare la madre del Re... per chiedere un riscatto?”
Gli occhi della guardia incontrarono i suoi, ancora diffidenti, ancora incerti, ma si vedeva che stava cercando di essere rispettoso. O perlomeno tollerante, cosa per cui ella gli era grata. “È raro che gli Orchi prendano dei prigionieri, salvo che per farseli schiavi. Non sono esattamente dei geni in materia di politica.”
“A meno che non ci sia qualcuno che li manovra nell’ombra. Qualcuno con un piano,” disse Dwalin.
“Già,” concordò rudemente la guardia.
“Sembra che ultimamente ci siano parecchie mani all’opera dietro le quinte,” disse Ori imbronciato, incontrando lo sguardo di Tauriel.
Il suo amico aveva ragione, naturalmente. I misteri si sommavano ai misteri, facendo nascere sempre più domande con sempre meno risposte. Tauriel aveva creduto che le cose si sarebbero sistemate dopo la guerra, una volta riconquistata Erebor; a quanto pareva era stata una credenza folle, perchè fin dall’inizio, quando il fumo si era diradato e i morti erano stati sepolti, era parso evidente che le cose si erano fatte ancor più complesse.
Tauriel non era un politico – un altro dei motivi per cui la sua presenza ad Erebor in veste di ‘Ambasciatrice’ era ridicola – ed era abituata a risolvere i problemi quando erano facilmente individuabili e la soluzione era a portata della sua mano. I suoi avversari erano normalmente armati o muniti di zanne, non si nascondevano sullo sfondo degli eventi in attesa del momento migliore per colpire. No, non sarebbe stata in grado di trovare una via d’uscita da quella situazione e si sentiva a dir poco impotente: non era una sensazione cui era abituata e avrebbe dato qualsiasi cosa per liberarsene.
“Domattina manderemo qualcuno in avanscoperta ad assicurarsi che gli altri ce l’abbiano fatta,” disse Dwalin dopo un teso silenzio. Tauriel aprì la bocca per offrirsi volontaria, ma la richiuse subito, decidendo di aspettare fino al giorno dopo per vedere come si sarebbe sentita.
La guardia ferita annuì, tirandosi un pò su con una smorfia. “Grazie. Speriamo che la tempesta passi in fretta, è stato un viaggio difficoltoso.” Le bende che gli coprivano la spalla erano tutte macchiate di rosso e il sangue era affiorato anche sulla sua tunica. Il suo colorito sembrava migliorato, però, quindi forse Tauriel poteva evitare di offrirsi di darvi un’occhiata. Dubitava che egli avrebbe acconsentito, in ogni caso.
Il silenzio scese ancora una volta tra loro e i suoi pensieri presero a percorrere una via oscura.
Le sembrava impossibile che il tentativo degli Orchi di catturare la Principessa fosse in alcun modo collegato alla loro disavventura nella foresta... ma qualcosa continuava a disturbarla, come se un filo collegasse strettamente i due eventi contro ogni logica. Aveva la netta sensazione che qualcosa di oscuro stesse emergendo dall’ombra, a complottare, a tramare, e al centro di tutto stava Erebor... e il suo nuovo Re. Un complotto era già stato sventato alle porte della città dei Nani e Tauriel credeva, così come Gandalf, che prima o poi ne avrebbero pagato il prezzo.
Era solo questione di quando, non di se.
Desiderava solo riuscire a capire quale fosse il suo ruolo in quegli eventi, se avesse potuto fare la differenza in quel caos. Cosa poteva fare, se qualcosa davvero c’era, per proteggere Kìli? Non aveva bisogno di chiedersi se fosse disposta a sacrificare la propria vita per la sua – aveva già risposto molte altre volte a quella domanda. No, la vera questione era se un tale sacrificio sarebbe stato sufficiente oppure no.
All’improvviso la montagna le sembrò vicina, troppo vicina, come se il peso delle rocce e delle loro ombre la soffocasse inesorabilmente. Il sentimento di impotenza che aveva iniziato a opprimerla quando Kìli era uscito dalla tenda di Thranduil, tante settimane prima che a volte le sembravano anni, minacciava di schiacciarla.
Tauriel si mise in piedi di scatto e si passò una mano sul viso: il braccio ferito pulsava.
“Stai bene?” le chiese Ori accigliandosi; lei, che già si era incamminata verso l’uscita, gli rivolse un sorriso incerto da sopra la spalla. Come poteva dirglielo? Come poteva spiegargli che a volte si sentiva talmente smarrita da non sapere più dove finisse il cielo e iniziasse la terra ferma?
Perciò si limitò a rispondere: “Sì; voglio solo vedere come procede la tempesta.”
Dwalin sbuffò con fare sardonico ma lei non disse più nulla e scivolò via silenziosamente, resistento all’impulso di mettersi a correre.

~
 
La tempesta infuriava, implacabile ed insensibile, mentre il sole cadeva rapidamente nella gelida notte. Tauriel osservò il panorama e pensò che al mattino sarebbe stata fortunata se fosse riuscita a scorgere qualcosa oltre la spessa cortina di neve fresca. Respirò profondamente l’aria ghiacciata: fu una sensazione rigenerante che la fece sentire di nuovo sulla terra, di nuovo presente a sè stessa, in un certo senso. Sperava che i Nani delle Montagne Blu fossero riusciti a trovare un riparo a loro volta, perchè la notte si preannunciava straordinariamente fredda.
“Mio figlio dice che gli hai salvato la vita.”
Tauriel si girò di scatto con un piccolo sussulto. A quanto pareva l’innaturale abilità di Kìli nel riuscire sempre a coglierla di sorpresa era ereditaria.
“Vostra Altezza,” rispose piano, chinando il capo in un piccolo inchino. La Principessa Nana era intimidatoria quasi quanto suo fratello maggiore: forte, regale, con gli stessi lunghi capelli neri appena striati di grigio, che portava legati in una lunga coda. Kìli aveva ereditato da lei il taglio degli occhi, il naso e l’altezza, ma le labbra di lei erano più piene e il mento più rotondo. Suo figlio maggiore invece non le assomigliava quasi per niente; doveva aver preso dal padre. Tauriel aveva sempre pensato a loro, a Fìli e a Kìli, come al giorno e alla notte, luce e buio, luminosità e ombra.
E cos’è mai la notte senza il giorno?
La Principessa Dìs levò una mano con espressione severa, un’espressione paurosamente simile a quella che aveva sempre suo fratello nelle poche volte in cui Tauriel lo aveva incontrato – e che, a onor del vero, non erano mai avvenute nelle migliori delle circostanze.
“Lasciamo perdere queste sciocchezze, se non ti dispiace. Ho trascorso troppa parte della mia esistenza a vivere solo di ciò che le mie mani potevano fornirmi perchè meriti che ci si inchini al mio cospetto o mi si chiami con appellativi altisonanti.”
Tauriel dovette reprimere un sorriso. Le tremavano un pò le mani ed era terrorizzata all’idea che i suoi sentimenti potessero dipingersi con troppa chiarezza sul suo viso, e si domandava cosa avrebbe pensato di lei quella creatura così intimidatoria. “Certamente, mia signora.”
La Principessa la squadrò assottigliando gli occhi prima di rivolgere la propria attenzione alla tempesta all’esterno. “Kìli mi ha raccontato che eri là, ai Cancelli di Erebor, e che gli hai salvato la vita. È vero?”
Tauriel si morse un labbro: i ricordi di quel giorno terribile le affiorarono alla mente con un’intensità che non aveva previsto. Ricordava distintamente le grida, sentiva ancora l’odore della morte, del fumo e della paura e poteva vedere il viso di Kìli al di là di un mare di corpi massacrati e lame insanguinate – è troppo lontano, troppo lontano, non può farcela, non riuscirò mai a salvarlo...
Trasse un sospiro tremante, avvertendo un sapore di bile sul fondo della gola. “Sì, anche se non sono riuscita a salvare suo fratello e suo zio.” Tuo figlio e tuo fratello, aggiunse la sua mente tormentosa, e deglutì pesantemente per ricacciare quei fantasmi nei recessi più bui della sua anima.
Si domandò se sarebbe mai riuscita a liberarsene, a liberarsi da quel fardello; era proprio vero che nessuno lasciava mai il campo di battaglia. Thranduil certamente non l’aveva mai fatto: sua moglie era morta in guerra ed era stato un Elfo completamente diverso quello che aveva fatto ritorno, anche se si trattava di eventi occorsi molto tempo prima della nascita di Tauriel. Il ricordo ancora causava molto dolore a Legolas, un dolore che andava al di là delle sue capacità di esprimerlo e che tornava spesso a tormentarlo quando guardava suo padre, come se cercasse qualcuno che non esisteva più.
No, lei sapeva che un pezzo di sè sarebbe sempre rimasto con i caduti, perso oramai a tutto quel sangue e a quella violenza insensata.
Il silenzio si dilatava e Tauriel aveva paura di guardare in faccia l’altra donna, paura di leggere nei suoi occhi l’odio che sicuramente vi ribolliva, la conferma a tutti i suoi fallimenti...
Quasi saltò per aria quando una morbida e grande mano le si poggiò sulla guancia, premendo teneramente. L’espressione negli occhi della Principessa si era ammorbidita e i suoi occhi brillavano di lacrime non versate e di un sentimento che poteva quasi essere gratitudine. Un sentimento che lei non meritava.
“Ho dovuto vivere per vedere tutta la mia famiglia scomparire, uno dopo l’altro. Ho perso la mia casa e il mio diritto di nascita e ho visto mio nonno e mio padre soccombere alla follia, e sono dovuta restare in disparte mentre mio fratello combatteva quella stessa follia assistito unicamente dai miei figli.” Una lacrima scivolò giù dalle ciglia scure, catturando per un istante la luce morente. “Ho dovuto subire più perdite di quante temo sia in grado di sopportarne... ma tu mi hai fatto un grande dono, che penso riuscirai ad immaginare.” La Principessa esalò un lungo sospiro, i suoi occhi erano pozze ineluttabili che tenevano Tauriel come imprigionata. “L’odio tra i nostri due popoli è stato lungo e spesso sanguinoso, e i pregiudizi hanno radici profonde; ma da questo giorno in avanti io ti nomino Khuzd Umral, Amica dei Nani, e ti sarò debitrice per il resto della mia vita.”
Sbalordita, Tauriel rimase immobile mentre la Nana le prendeva il viso con entrambe le mani e la tirava giù per deporre un bacio umido di lacrime sulla sua fronte. La profondità del dolore e della perdita che si leggeva negli occhi della Principessa le aveva quasi spaccato il cuore in due, tanto greve era il peso dei suoi morti. L’Elfa era certa di non aver mai incontrato una creatura più forte in vita sua ed era commossa oltre ogni dire dalla sua gentilezza e gratitudine.
Dìs si scostò da lei con un sorriso esitante e rapidamente si asciugò il viso bagnato di lacrime, riacquistando la propria compostezza. Era come se si fosse avvolta in un regale sudario, ridiventando ancora una volta la Principessa indurita dalla vita e lasciandosi alle spalle la donna emotiva che aveva visto troppo dolore. Quante volte era stato chiesto a questa donna di guardare in faccia la morte e il cordoglio per poi voltarsi indietro, solo per raccogliere ancora una volta i cocci della propria vita?
Tauriel, che pure era di centinaia d’anni più anziana, si sentiva un’infante al cospetto di un tale, inimmaginabile dolore.
“Ora dimmi, Ambasciatrice Tauriel,” riprese Dìs con voce ferma. “Cosa ti porta al costante soccorso dei reali dei Nani?”
Tauriel fu tanto sorpresa da quella domanda che non potè fare a meno di ridere, una risata indelicata che alleviò un pò dell’oppressione che sentiva in petto e che strappò un mesto sorriso anche a Dìs. Prendeva sul serio la sua promessa, era chiarissima ai suoi occhi: Tauriel aveva sempre temuto quel momento, incosciamente consapevole che la buona opinione della Principessa sarebbe stata d’inestimabile valore per lei. Non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato così facile... anche se in verità non lo era stato affatto. Non era stato un percorso facile, non per Tauriel e sicuramente non per la Principessa. Entrambe avevano perduto molto, tanto, quasi tutto, prima di ritrovarsi su un terreno comune. Si chiese con stupore quale fosse la volontà dei Valar, se avessero previsto quel percorso per lei fin dall’inizio, se fosse stata predestinata a condividere quel momento con quella donna sotto una montagna ghiacciata.
Le implicazioni di quel pensiero le davano quasi le vertigini. Non sapeva cosa fosse più terrificante, se l’idea che il suo destino fosse già predefinito o se venisse lasciato tutto al caso.
“In effetti mi sembra sia diventata un’abitudine per me,” rispose quietamente, pensando alla propensione di Kìli a gettarsi selvaggiamente nel pericolo.
“A meno che mio figlio non sia cambiato del tutto, immagino sia un compito a dir poco ingrato.”
Tauriel ripensò all’impetuosa pressione delle labbra di lui sulle sue, al calore delle sue mani che le filtrava sotto agli abiti, e pregò i Valar che la Principessa non si accorgesse del suo rossore nella penombra.
“È certamente stancante a volte, mia signora,” riuscì a rispondere.
Una pausa, poi Dìs domandò: “Perchè credi che il tuo Re ti abbia resa ambasciatrice presso il mio popolo? Ammetterai che è un fatto... direi senza precedenti.”
Tauriel riusciva a malapena a vederla nella notte incipiente; fuori la tempesta continuava a sussurrare il suo lamento, la luna e le stelle erano completamente nascoste alla vista. Scorgeva appena un accenno della mandibola della Principessa e il luccichio delle perline d’oro e d’argento che portava nei capelli. Tauriel sospirò e si appoggiò al telaio della porta: il suo braccio era ancora dolorante, ma la sua mente era sgombra.
“Non ne sono del tutto certa,” ammise infine, anche se sapeva che Thranduil le aveva dato quell’ordine con contrizione e malizia. “Vi è stato spinto da Mithr– da Gandalf, il quale sperava che così facendo, e alla luce della guerra, le cose avrebbero potuto... facilitarsi tra i nostri due popoli, e che io avrei potuto rappresentare...” Si sforzò di trovare la parola giusta. “...Una leva per smuovere la montagna. Ah, non so se capisci cosa intendo.” E Tauriel arrossì, sentendosi molto sciocca.
Ma la Principessa ridacchiò piano, alleggerendo in qualche modo il suo disagio. “È nella natura degli stregoni immischiarsi nelle faccende altrui. Ci sono notti in cui maledico il momento che è apparso da Thorin e lo ha indotto a partire, e altre che... beh, diciamo solo che sono grata per la sua lungimiranza.” Tauriel si sentiva addosso gli occhi della Nana, anche se non poteva vederli con chiarezza. “Se ritiene che tu possa fare bene qui, tra la mia gente, allora deve aver avuto un sentore delle sfide che dovremo fronteggiare.”
Un’altra pausa, pregna di domande ancora taciute. Alla fine, la Principessa le chiese: “Almeno questo devo saperlo: sei leale a mio figlio? Ci sono intrighi lungo il nostro percorso che vanno oltre la mia comprensione e Kìli avrà bisogno di amici che lo spalleggino, quanti più riesca a radunarne.”
Darei la vita, l'anima stessa per lui. Offrirei ogni ora, ogni minuto della mia lunga esistenza per proteggerlo e dargli consiglio.
“Il fato mi ha condotta al suo fianco,” rispose infine Tauriel, “e lì intendo restare.”
“Bene, ne sono lieta,” disse la Principessa, e le parve sincera; poi aggiunse: “Devo dire però che è tipico di mio figlio gettare alle ortiche secoli di tradizioni per andare a stringere amicizia proprio con un Elfo femmina.”
“Thorin non era esattamente entusiasta della cosa,” ammise Tauriel, senza nascondere un altro sorriso.
“Beh, c’era da aspettarselo. E questo potrebbe avere qualcosa a che fare con l’interesse di Kìli per te. Si è sempre divertito a mettere alla prova la famosa tempra di suo zio.”
Tauriel cercò di nascondere il fremito che la colse alla parola interesse e si concentrò sul tono grave e dolente che le parole della Principessa avevano assunto quando aveva nominato suo fratello. C’era in esse la flebile eco di un’altra persona amata e perduta.
Non aveva bisogno di chiedersi come avrebbe reagito Dìs se avesse saputo del legame tra lei e suo figlio; non sapeva nemmeno se i suoi propositi di pace sarebbero ancora stati accettati quando quelli della sua cerchia avessero scoperto quanto era profondo quel legame (e personalmente ne dubitava); ma sentiva la necessità di assicurarsi che quella donna intimidatoria capisse, che credesse a ciò che stava per dirle.
“Veglierò su di lui. Lo proteggerò.”
Il sospiro che seguì risuonò pesante e sconsolato, subito soffocato dal mugghiare della tempesta; poi: “Non dubito che lo farai, signora Ambasciatrice. Spero solo che sarà sufficiente.”
Le sue parole rispecchiavano i precedenti timori di Tauriel e la sua ansia per il futuro che si estendeva greve davanti a loro, e l’Elfa comprese che, nei giorni a venire – qualunque perplessità o rabbia giustificata Dìs avrebbe potuto provare quando certe verità fossero venute alla luce – la Principessa sarebbe probabilmente diventata o la sua più grande alleata o la fautrice della sua rovina.

~
 
Kìli era là quando tornarono presso il fuoco, seduto accanto a Dwalin con un’aria stanca e svogliata. Le sue sopracciglia scattarono all’insù in un gesto di sorpresa – e forse anche di allarme – quando prima sua madre, poi Tauriel rientrarono nella stanza; ma nascose rapidamente lo shock e richiuse la bocca, indirizzando a Tauriel una breve occhiata interrogativa.
Dwalin balzò in piedi e, le guance soffuse di un’allarmante sfumatura rosa, prese tra le sue una mano della Principessa e le rivolse un profondo inchino. “Altezza, è un, ehm... piacere vederti così. Voglio dire, sana e salva.”
Bofur sbuffò divertito da dietro la pipa mentre Gloin ghignò apertamente. Tauriel vide che Dìs cercava di nascondere un sorriso divertito mentre Kìli, dall’altro lato del fuoco, si accigliava profondamente.
“E a me fa piacere vedere che sei uscito sano e salvo dalle tue avventure e tribolazioni, mastro Dwalin.”
Dwalin chinò il capo ancora di più, con un’aria abbattuta. “Mia signora, ho fallito nei tuoi confronti–”
“No,” lo interruppe Dìs con una voce che non lasciava spazio ad argomentazioni. “Non voglio che ti assumi colpe che non hai. Il tuo coraggio, la tua dedizione e la tua lealtà ci hanno restituito la nostra casa.” La Principessa alzò lo sguardo e si rivolse a tutto il gruppo. “Avete servito mio fratello nelle nostre ore più buie; ora vi chiedo, servirete mio figlio quando spunterà l’alba?”
Tauriel aveva fissato la Principessa mentre parlava; si volse ora verso gli altri e vide che tutti si erano alzati in piedi. Persino il Nano ferito – Rune, se non aveva capito male – si sorreggeva al braccio dell’altra guardia. L’atmosfera era improvvisamente piena di formalità e cerimoniosità; era come se la montagna stessa trattenesse il fiato e ascoltasse attentamente ogni parola.
Dwalin lasciò andare la mano della Principessa e si girò per inginocchiarsi davanti a Kìli, il quale deglutì pesantemente; la sua espressione era difficile da decifrare. Poi il Nano tatuato si portò un pugno sul petto e disse, con voce profonda e roca dall’emozione: “Mimnu Durîn.”
Gli altri Nani, compresa Dìs, seguirono il suo esempio. Il giovane Thorin si accigliò ed ebbe l’aria di opporsi, ma Ori gli assestò una gomitata piuttosto violenta e gli rivolse un sorriso a dir poco perfido; il giovane Nano tossicchiò e si decise ad inginocchiarsi. Anche la guardia ferita s'inginocchiò, non senza qualche gemito, ma i suoi occhi brillavano di determinazione e lealtà, uno sguardo che si rispecchiava sul volto di tutti gli altri – salvo forse del giovane Thorin, che aveva abbassato il capo. Tauriel lo ignorò e si godette il momento. Bombur aveva già iniziato a singhiozzare e Gloin lo fissava con un certo malcontento, lanciando nel contempo occhiatacce a Bofur che sghignazzava. Dopodichè, tutti chinarono la testa e ripeterono la frase: “Mimnu Durîn!”
Kìli inspirò profondamente: aveva i pugni stretti lungo i fianchi, le gambe divaricate, e aveva l’aria di uno che si aspetta una catastrofe da un momento all’altro. Incontrò lo sguardo di Tauriel e lo sostenne mentre lei s’inginocchiava a sua volta: notando che sembrava prossimo allo svenimento, l’Elfa nascose il suo sorriso.
Anthon velethen anden, aran vell,” disse, chinando brevemente il capo e rialzandolo in tempo per vedere che lui aveva capito le sue parole – se il rossore che gli risaliva dal collo era di una qualunque indicazione. Le dita di lui si rilassarono e le rivolse un breve sorriso, come se quelle parole fossero state per il suo spirito un balsamo lenitivo.
“Adesso non puoi più scappare, ragazzo,” disse Gloin con un tono leggermente divertito.
“Eh già, ormai sei fregato,” incalzò Bofur con aria falsamente solenne, ma divertito come gli altri.
“E niente più scherzi con le pecore,” lo avvertì Dwalin con voce seria. “Non è degno di un Re tormentare i membri del suo consiglio.”
Kìli roteò gli occhi e incrociò le braccia sul petto. “Non lo so, Dwalin, ti sei mai chiesto chi fu a suggerirci l’idea, in primo luogo?”
Il Nano tatuato scosse il capo. “Thorin non avrebbe mai–”
Kìli fece un gran sorriso mentre Bofur e Gloin si abbandonavano ad una vera risata; la testa pelata di Dwalin si tinse di un’allarmante tonalità rossastra. “Certe cose, a quanto pare, non cambiano mai,” sospirò Dìs rialzandosi e premendosi le dita sulle tempie.
Anche Tauriel rise con gli altri. Bofur le diede di gomito come se fosse la cosa più naturale del mondo e Ori venne a mettersi al suo fianco. Si rese conto che aspettavano da tanto quel momento, che lei confermasse la sua lealtà e che loro si accorgessero che in realtà apprezzavano la sua compagnia. Era scritto sui loro volti, chiaro come il sole, e Tauriel pensò che forse ultimamente i suoi giudizi e le sue ansie l’avevano resa cieca. Le due guardie apparivano ancora un pò incerte, ma quando l’ilarità si fu placata una di esse venne a presentarsi come si doveva – "Orte figlio di Dwert, mia signora" – e la ringraziò per l’aiuto prestato loro nel salvataggio della Principessa. Tauriel ne fu quasi commossa; da parte sua, Kìli scoppiava praticamente di gioia e la luce di tutte le stelle pareva riflettersi nei suoi begli occhi.
Uno dei volti, tuttavia, restava diffidente e ostile e lei si rammentò che c’era ancora molta strada da fare, ancora parecchi ostacoli da superare; ma, mentre Dwalin le passava un boccale di idromele e Ori si sedeva vicino a lei con Kìli accanto, Tauriel decise, almeno per il momento, di mettere da parte le sue preoccupazioni.

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(glossario)
Mimnu Durîn –> Nel nome di Durin
Anthon velethen anden, aran vell –> Io ti do il mio cuore, mio Re
 
  
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