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Autore: latour    03/09/2015    3 recensioni
Non voleva commettere passi falsi con Shinya – non ancora. Non dopo quello che era successo l'ultima volta fra loro due. Non voleva rischiare di ferirlo per l'ennesima volta, non sapendo che era così fragile e sensibile. Da diciott'anni a quella parte, come aveva potuto accorgersi solamente dopo così tanto tempo quale fosse il vero Shinya che si celava nell'intimo di quel viso androgino dai lineamenti femminili e delicati? Si sentì chiudere lo stomaco non appena l'immagine del suo volto deformato dal pianto si fece prepotentemente strada nella sua mente, facendogli quasi rischiare di prendere la bottiglia di birra ancora piena per scaraventarla contro il muro della cucina.
Non si sarebbe mai più permesso di fare errori del genere. Non dopo aver stretto fra le braccia il corpo tremante e sussultante di Shinya in preda ad un pianto violento e carico di dolore.
[Toshiya x Shinya]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Shinya, Toshiya
Note: Lime, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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stay free my misery
24/08/2015 6:49PM
To: Toshimasa
From: Shinya

Sei in casa?”


A turbare Toshiya non fu tanto la freddezza del messaggio, quanto il suo contenuto. Tre semplici parole, pochi caratteri. Nemmeno una di quelle faccine che Shinya si ostinava a mettere dovunque, nemmeno un vocativo o una spiegazione. Rimase per una buona manciata di secondi a fissare lo schermo luminoso del cellulare, finché esso non si spense di sua spontanea volontà, facendolo sospirare mentre ancora si domandava cosa mai potesse essere successo. Vedendo il suo vero nome nella barra del destinatario, si sentì rabbrividire. Perché Shinya non s'era ancora deciso a cambiarlo?
L'uomo alzò gli occhi al cielo, andando a sedersi al piccolo tavolo della cucina dopo essersi preso una birra fresca dal frigorifero. Prima di stapparla, pensò attentamente a come avrebbe potuto rispondere a quel messaggio che lo lasciò spiazzato. Non voleva commettere passi falsi con Shinya – non ancora. Non dopo quello che era successo l'ultima volta fra loro due. Non voleva rischiare di ferirlo per l'ennesima volta, non sapendo che era così fragile e sensibile. Da diciott'anni a quella parte, come aveva potuto accorgersi solamente dopo così tanto tempo quale fosse il vero Shinya che si celava nell'intimo di quel viso androgino dai lineamenti femminili e delicati? Si sentì chiudere lo stomaco non appena l'immagine del suo volto deformato dal pianto si fece prepotentemente strada nella sua mente, facendogli quasi rischiare di prendere la bottiglia di birra ancora piena per scaraventarla contro il muro della cucina.
Non si sarebbe mai più permesso di fare errori del genere. Non dopo aver stretto fra le braccia il corpo tremante e sussultante di Shinya in preda ad un pianto violento e carico di dolore.
Toshiya deglutì a fatica, ridestandosi dai propri pensieri giusto in tempo per accorgersi di aver già esitato abbastanza col cellulare in mano. Senza pensarci troppo, digitò un rapido messaggio, sperando di non risultare indelicato.

24/08/2015 6:56PM
To: Shinemon
From: Toshiya

Sì che sono in casa. È successo qualcosa?”


Dopo aver inviato il messaggio, bloccò lo schermo del cellulare e poté finalmente aprirsi la bottiglia di birra, facendo maldestramente saltare il tappo nonostante avesse usato la dovuta attenzione. Nonostante fuori non facesse più tanto caldo e il sole stesse ormai per tramontare, aveva addosso un caldo tremendo – quel caldo che solo una buona bottiglia di birra fresca al punto giusto poteva scacciare. Aspettando una risposta da parte di Shinya, perse tempo a rileggere le loro vecchie conversazioni, arrossendo più volte nel trovare dei messaggi a dir poco imbarazzanti o comunque che nessuno si sarebbe mai aspettato da due uomini adulti come loro.
Shinemon... che soprannome idiota. Tutta colpa di quella fissa che Shinya aveva per Doraemon. Shinya più Doraemon: ecco come nacque quel nomignolo. Ricordava ancora la sua espressione divertita e confusa la prima volta che provò a chiamarlo con quel nome. “Shinemon, lo sai che sei davvero carino?” gli aveva detto Toshiya, carezzandogli i capelli lunghi e perfettamente curati mentre guardavano Doraemon alla TV. “Shinemon?” aveva domandato Shinya, non riuscendo a cogliere immediatamente il senso di quel soprannome strano. “Shinemon. Shinya e Doraemon. Anche se tu somigli di più a Shizuka.” “E tu saresti quell'imbranato di Nobita?” “Mh. Forse un po' meno imbranato di lui.”
Dopo un altro sorso di birra, il cellulare vibrò sulla superficie liscia del tavolo, emettendo il solito fischio che annunciava l'arrivo di un messaggio o di una qualsiasi notifica. Fece scorrere tutta la lista dei messaggi finché non arrivò in fondo, trovando il nuovo messaggio da parte di Shinya.

24/08/2015 7:01PM
To: Toshimasa
From: Shinya

Arrivo tra mezz'ora.”


Ed ecco che Shinya aveva ancora bellamente ignorato la sua domanda. Bevve ancora un sorso di birra, accorgendosi d'esser quasi arrivato in fondo alla bottiglia. Imprecò sottovoce, non sentendosi pronto ad incontrarlo in privato. Era terrorizzato al solo pensiero di sentirsi sputare in faccia tutti gli errori che aveva commesso nei suoi confronti, uno dopo l'altro. Era davvero un codardo. Solo Shinya riusciva a destabilizzarlo tanto. Forse perché fra di loro c'era stato qualcosa di profondo, qualcosa di intimo che entrambi dovevano custodire con la stessa attenzione con cui si custodisce un segreto.
Voleva vederlo, ma allo stesso tempo, riconoscendo i propri errori, desiderava stargli il più lontano possibile – ma non perché lo odiasse, semplicemente perché voleva evitare di peggiorare ulteriormente la situazione, non voleva dargli l'ennesima pugnalata in pieno petto. Shinya non meritava d'essere infelice, non aveva bisogno di una persona come lui che lo facesse sentire ancor più male di quanto già non si sentisse. Shinya non meritava di soffrire, non ancora. E, chissà perché, la principale causa dei suoi mali era proprio Toshiya, la persona che più al mondo voleva tenerselo stretto, colui che più di ogni altro voleva la sua felicità, il suo bel volto sorridente.
Toshiya sospirò pesantemente, alzandosi dalla sedia per andare a buttare la bottiglia vuota nel piccolo bidone del vetro, vedendone parecchie altre ammassate l'una sopra l'altra. Avrebbe dovuto svuotare quel bidone, sembrava sul punto d'esplodere. Tirò fuori il sacchetto e lo annodò, sostituendone con uno nuovo. Mise quello pieno sul balcone, in un angolino, di modo da non creare disturbo o impaccio. Dopodiché, tornò in casa, realizzando che erano già quasi le sette e dieci e che l'ora di cena era già passata da una buona ora. Chissà se Shinya aveva già cenato. Lui non aveva tutta quella fame, ma probabilmente l'altro ne avrebbe avuta eccome, nonostante seguisse una stupida dieta tremendamente rigida. Come se il suo fisico non fosse già abbastanza snello e sottile. Toshiya davvero non riusciva a comprendere quella sua ossessione, così come quella che aveva verso gli estrogeni. Quando gli disse che avrebbe cominciato a prendere degli estrogeni, colto da un momento di debolezza, gli urlò contro che quella era una scelta insensata e stupida, oltre che potenzialmente dannosa. E quella era stata solamente una delle tante volte in cui non era riuscito a controllarsi. Ma Shinya, ovviamente, non volle sentir ragioni e fece di testa sua.
In quei minuti d'attesa che lo separavano dall'incontro con Shinya, Toshiya decise di farsi una doccia veloce, giusto per darsi una rinfrescata. In quei giorni faceva così caldo che doveva sempre farsi almeno due docce – una appena sveglio, una di sera – se non voleva andare in giro tutto appiccicoso di sudore. Così, pensando a Shinya e a cos'avrebbe potuto dirgli, si lavò in fretta con dell'acqua fredda, bagnandosi appena le punte dei capelli scuri che s'era dimenticato di legarsi con un elastico. Dopo essersi asciugato per bene, indossò un paio di bermuda di tela e una maglia a mezze-maniche piuttosto larga, di colore chiaro e dal collo largo.
Passando dalla camera al salotto, notò che erano già le sette e mezza. Shinya sarebbe arrivato a momenti. Non sapendo che fare, si mise ad apparecchiare la tavola per due, pur sapendo che probabilmente l'ospite non avrebbe nemmeno voluto cenare. Pazienza, non avrebbe insistito più di tanto. Magari nemmeno sarebbe rimasto e se ne sarebbe andato di corsa dopo avergli detto quel che doveva dirgli. Sapeva che Shinya non prendeva mai mezzi pubblici per tornare a casa di notte, né tantomeno andava a piedi visto che non abitavano proprio vicini. Di taxi, manco a parlarne, se non in caso di estrema necessità. Già, molto probabilmente se ne sarebbe andato presto, senza nemmeno dargli il tempo di scusarsi o di dargli delle spiegazioni.
Si maledisse più volte, sentendo improvvisamente il cellulare trillare. Andò a cercarlo in salotto, trovandolo ancora abbandonato sul basso tavolino di legno scuro e lucido. Sbloccando lo schermo, vide l'ennesimo messaggio da parte di Shinya.

24/08/2015 7:34PM
To: Toshimasa
From: Shinya

Sono sotto casa tua. Aprimi.”


Ancora una volta, Toshiya si chiese cosa non andasse in quella sua testa. Non avrebbe fatto prima a citofonare come avrebbe fatto ogni comune mortale? Ma decise di non indagare oltre. Era lui ad essere nel torto, non Shinya. Avrebbe accettato ogni suo capriccio – dopotutto era comprensibile da parte sua un comportamento del genere, per quanto irritante e indecifrabile fosse. Lasciando ancora il cellulare sul tavolino, andò ad aprire premendo un pulsante posto vicino al display elettronico del citofono. Quindi, andò anche ad aprire la porta blindata dell'appartamento, facendo scattare le serrature che la tenevano chiusa e al sicuro.
Cercò di rimanere calmo, ma nel sentire il familiare rumore dei suoi passi echeggiare dalla tromba delle scale, sentì l'ansia montargli alla testa, causandogli un momentaneo capogiro che lo fece sentire ancora più smarrito di quanto già non fosse. Non voleva perdere Shinya. Non voleva che quella fosse l'ultima volta in cui si sarebbero visti al di fuori delle quattro mura dello studio di registrazione. Non si era mai sentito tanto impotente come in quel momento. Più i passi di Shinya si facevano distinti e chiari, più in Toshiya si produceva una sorta di paralisi che gli rendeva impossibile fare qualsiasi cosa.
Shinya bussò tre volte alla porta di Toshiya. Furono tre colpi delicati, perfettamente cadenzati. Prevedibile da un batterista come lui. Su quei tre colpi ci si sarebbe potuta scrivere un'intera canzone. “Toc—toc—toc”. Una canzone dalla melodia un po' piatta, ma dal ritmo piuttosto sostenuto. Compositore: Shinya. Lyrics: Kyo. Già Toshiya vedeva quelle parole stampate sul booklet della loro prossima uscita.
«È aperto.» disse Toshiya, rispondendo a quell'improvviso silenzio che era piombato in tutto il piano dell'appartamento in cui viveva.
Shinya, girando il pomello della porta, la aprì lentamente, entrando poi in casa accompagnando la porta che si chiuse alle sue spalle con un rumore ovattato, delicato. Alzò freddamente lo sguardo verso Toshiya, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, aiutandosi con la punta delle dita. Un gesto tipicamente femminile che su di lui non stonava affatto – anzi, lo rendeva ancora più affascinante.
«Hai tagliato i capelli...» mormorò Toshiya incredulo, avvicinando una mano ai capelli chiari del ragazzo che, scostandosi appena per non farsi toccare, finì col battere una spalla contro l'appendiabiti a stelo posto vicino alla porta d'ingresso.
«Tanto valeva la pena cambiare, no?» disse Shinya con voce tremante e incerta, ricacciando in gola un fastidiosissimo nodo che gli si era formato nell'attimo stesso in cui i suoi occhi incontrarono quelli di Toshiya, stanchi ma brillanti.
«Ti stanno bene...» commentò Toshiya, non sapendo come comportarsi. Dopo tutta la fatica che Shinya aveva fatto per farsi crescere i capelli, davvero non riusciva a spiegarsi quel cambio repentino, quel taglio alquanto drastico. Erano davvero corti rispetto ai suoi standard. Da quel che ricordava, forse Shinya non aveva mai avuto dei capelli così corti in vita sua – o almeno da quando era nella band, da quindi diciotto anni. Lo vide esitare davanti alla porta d'ingresso, reggendo una grande borsa sulla spalla. Chissà cos'aveva in una borsa così capiente. Solo in quel momento s'accorse che vestiva diverso dal solito: non più con capi d'abbigliamento femminili, ma con un paio di jeans slavati e strappati da uomo e una maglia decisamente troppo larga e sformata per lui, completamente diversa da quelle attillate e scollate che indossava di solito.
Shinya rimase in silenzio, non riuscendo a sostenere lo sguardo indagatore di Toshiya che sembrò metterlo a nudo all'istante. Volle tanto dirgli qualcosa, dirgli di smetterla di guardarlo in quel modo, ma gli piaceva da morire. Adorava sentirsi i suoi occhi addosso, amava sentirsi ammirato intensamente seppur sembrasse una delle persone più riservate e timide di quel mondo.
Toshiya avrebbe voluto tempestarlo di domande circa il perché di quella sua visita, il perché del comportamento che aveva mostrato poco prima che si lasciassero senza dire una parola di più. Tutto quello che uscì dalle sue labbra, però, fu la domanda più stupida e fuori luogo che potesse mai fare in un momento così delicato. «Hai già cenato?»
«No.»
«Hai fame? Stavo giusto andando a preparare qualcosa...»
«Toshimasa, aspetta.»
Ancora quel nome. Quel nome dannatamente lungo che ormai aveva scordato di avere. Toshiya si voltò verso Shinya, facendo due passi nella sua direzione, fino a trovarsi con gli occhi completamente immersi nei suoi, che struccati sembravano ancor più piccoli e spauriti. «Perché sei venuto qui, Shinya?» gli disse in un sibilò, soffiandogli quelle parole in viso.
Gli occhi di Shinya si fecero acquosi, diventando due pozze senza fondo, torbide e offuscate da una specie di fumo denso che li faceva sembrare grigi. Il suo pomo d'Adamo ebbe un sussulto, le sue labbra tremarono ma non si lasciarono sfuggire alcun verso, se non una specie di singulto strozzato. Pensava d'esser pronto ad affrontare un discorso del genere a quattr'occhi, ma a quanto pare si era sbagliato di grosso. Rilassò le spalle e strinse le mani in due pugni, sentendo la borsa scivolargli lungo il braccio fino a toccare il pavimento con un tonfo sordo.
Vedendo il suo sguardo spaurito e sull'orlo di una crisi di pianto, Toshiya decise di riformulare la domanda, non riuscendo veramente a prendersela con lui nonostante i continui litigi che li avevano portati a quella situazione a dir poco scomoda. «Perché sei venuto qui, Shinemon?»
Toshiya gli si fece così vicino che quasi gli si mozzò il fiato. Shinya rabbrividì, sentendo il suo fiato caldo infrangerglisi in volto. Abbassò timidamente lo sguardo, seguendo la linea del suo braccio che univa le loro due spalle; la sua mano grande e venosa era posata vicino alla clavicola che sporgeva dalla pelle tesa e delicata. Shinya voleva dire qualcosa, ma le sue labbra si rifiutavano di muoversi. Se Toshiya gli fosse stato così vicino ancora per molto, non sarebbe mai riuscito a rispondergli, o almeno non lucidamente.
Cogliendo il disagio che il biondino stava provando, Toshiya si staccò da lui, facendo scorrere la mano lungo il suo braccio, fino a sfiorargli le dita con le proprie. «Vado a preparare qualcosa da mangiare...» disse, rivolgendogli un sorriso docile e mesto. «Sono contento che tu sia tornato.» aggiunse con un filo di voce, certo però che il messaggio fosse giunto a destinazione.
Shinya ebbe un sobbalzo nell'ascoltare quelle parole. Raccolse la borsa che aveva con sé – quella grande borsa in cui aveva infilato a fatica il minimo indispensabile per stare qualche giorno fuori casa, magari insieme a Toshiya sotto lo stesso tetto, sotto il suo tetto. Altrimenti, male che fosse andata, si sarebbe cercato una stanza d'hotel qualsiasi in cui trascorrere un paio di notti in completa solitudine. Timidamente, seguì l'uomo in cucina, osservando le sue spalle larghe e le punte un po' crespe dei capelli che s'erano fatti sempre più lunghi. «Anche io sono contento di essere tornato...» balbettò infine, rimanendo in un angolo della cucina mentre lo osservava darsi da fare per preparare la cena.
Toshiya rise fra sé e sé, divertito dall'assurdità della situazione più che dalle parole di Shinya. Lo sapeva perfettamente che anche lui era contento di tornare, l'aveva capito sin dall'istante in cui aveva incrociato i suoi occhi. Gli era mancato da morire in quel poco tempo che non s'erano visti per un motivo o per l'altro, ma ancora doveva capire cosa fosse quella cosa che ogni tanto li faceva separare. Ci avrebbero lavorato su insieme, avevano ancora tanto tempo da passare insieme. Ora, ciò che più contava, era che fossero ancora insieme nonostante tutto. Non si sarebbero fatti scoprire ancora una volta – era già bastato ad entrambi il litigio allucinante fatto con gli altri membri della band ma, alla fine, non avevano rinunciato a vedersi una volta ogni tanto, finendo poi col trasformare quegli incontri occasionali in una vera e propria abitudine.
«Non sembri arrabbiato con me...» mormorò Shinya, abbandonando la borsa sul pavimento pulito, lisciandosi una ciocca di capelli corti e tinti di un biondo chiaro, simile al colore della panna.
«Perché dovrei essere arrabbiato con te?» ribatté Toshiya, voltandosi verso di lui.
«Non lo so... mi sono comportato male... non m ne sarei dovuto andare senza dirti nulla.»
Silenzio. Da fuori, il rumore del traffico di Tokyo spezzava quell'atmosfera leggermente pesante.
«Su, adesso non pensarci. Non sono arrabbiato con te, solo un po' triste.» confessò Toshiya, tornando a cucinare con attenzione.
Shinya si lasciò sfuggire un profondo sospiro, prendendo a giocherellare coi lembi della maglia larga che indossava. «Anche io sono un po' triste... però sono contento che tu non sia arrabbiato.»
Toshiya rise ancora. Non ce la faceva davvero a resistere a quelle parole impacciate. «Ti va di aiutarmi con la cena?» chiese gentilmente, e Shinya lo aiutò come meglio poté.
Cenarono senza quasi dirsi nulla, scambiandosi solamente qualche timida parola. Ancora non erano riusciti ad alleggerire l'atmosfera pesante ed imbarazzata in cui erano piombati, ma se non altro sapevano di non provare una particolare rabbia l'uno nei confronti dell'altro.
«Mi chiedevo se... forse, se non disturbo...» cominciò Shinya, non riuscendo davvero a trovare le parole.
«Potresti fermarti qui per la notte?» lo aiutò Toshiya, finendo la frase per lui. «Ma sì, perché no?»
«Dormirò sul divano, così non ti do fastidio...»
«Perché, hai paura a dormire con me adesso?»
Shinya avvampò violentemente, nascondendosi dietro al ciuffo lungo. Scosse la testa, stringendo le labbra fino a formare una sottile linea esangue, dritta.
«Allora dormiremo insieme nel mio letto, come abbiamo sempre fatto...» disse Toshiya, facendola sembrare la cosa più naturale e ovvia del mondo.
«D'accordo.» Shinya finì di bere l'acqua che aveva nel bicchiere, alzandosi per primo per cominciare a sparecchiare la tavola, come faceva sempre. «Lasciami almeno lavare i piatti...»
«A quelli ci penseremo domani.» Toshiya si alzò a sua volta, afferrando Shinya per il polso dopo avergli fatto posare i piatti nel lavello. Lo guardò dritto negli occhi, alzandogli il mento con la punta delle dita per evitare che si sottraesse al suo sguardo. «Shinemon, guardami...» gli sussurrò a fior di labbra, con tono mellifluo.
Shinya serrò istintivamente gli occhi, sentendo il cuore martellargli nel petto. «Toshimasa... ho sbagliato... n-non me ne sarei dovuto andare... non così.» si scusò ancora una volta, trovandosi senza rendersene conto con le mani poggiate sul torace ampio e caldo di Toshiya, sentendo il suo cuore pulsare a fior di pelle.
«Non chiamarmi così, non mi piace detto da te...» lo pregò quest'ultimo, avvicinandoglisi ancor di più. Affondando il naso nella pelle levigata ed elastica del suo collo, appena sotto l'orecchio, Toshiya inspirò a pieni polmoni il dolce profumo che emanava, trovandolo quello di sempre. Forse un po' più mascolino rispetto all'ultima volta. «Non metti più la solita crema...?» domandò curioso, non riuscendo a capire come mai avesse un profumo diverso, anche solo di poco.
Shinya esitò qualche istante, piegando il collo di lato e fremendo nel sentire il suo respiro caldo e delicato contro la pelle. «Ho smesso di prendere le pillole...» ammise, alludendo alle pillole di estrogeni che aveva cominciato a prendere qualche tempo prima. «Dev'essere per quello...» continuò a fatica, sentendo le sue mani posarglisi sui fianchi.
«Grazie, Shinemon...» mormorò Toshiya a fior di pelle, staccandosi da lui solo per poterlo guardare ancora una volta dritto negli occhi. Lo trovò più carino e affascinante che mai. Gli sorrise dolcemente, storcendo poi le labbra in una smorfia sghemba. «Vedrai che tutto si aggiusterà presto... è solo un momento, poi andrà tutto bene...» lo rassicurò, stringendolo teneramente a sé, affondandogli una mano nei capelli corti e fini che gli coprivano la nuca.
Cingendogli la vita con entrambe le braccia, Shinya si accoccolò ancor più a lui, poggiando il mento sulla sua spalla larga, lasciando che i suoi capelli dalle punte secche gli solleticassero il naso sensibile. «Perché, non si è già aggiustato tutto...?» domandò ingenuamente, nella speranza di sentirsi dire che tutto andava bene, che non avrebbero più avuto nulla da temere.
«Sì, Shin... finché siamo insieme, va tutto bene. È tutto apposto.» gli disse con un sorriso e una certa nota di malinconia, tenendolo stretto a sé.
Le mani di Shinya salirono verso la schiena di Toshiya, fermandosi all'altezza delle scapole. Voltando lo sguardo di lato, poggiò la guancia sulla spalla dell'uomo a cui era avvinghiato, fissando un punto non ben precisato della parete della cucina per poi abbandonarsi ad un lungo sbadiglio liberatorio. Si sentì gli occhi lucidi e le palpebre tremendamente pesanti nonostante fosse relativamente presto per il suo orologio biologico interno.
«Hai sonno?» domandò incredulo Toshiya, vedendo che le dieci erano scoccate da poco. «Andare dal parrucchiere ti ha sfinito?» scherzò innocentemente, continuando a carezzargli la nuca mentre lo teneva stretto a sé, al sicuro fra le sue braccia. Il suo corpo era sottile, tiepido, permeato di quel profumo che racchiudeva una velata nota maschile. Era tutto ciò che avrebbe mai potuto chiedere e non avrebbe permesso a niente e a nessuno di potarglielo via, avrebbe lottato con le unghie e coi denti pur di non lasciarlo scappare ancora. Perché teneva immensamente al suo Shinemon. Dopo tutto quel tempo trascorso nella stessa band, aveva capito che Shinya, a differenza degli altri membri a cui era comunque parecchio legato, era molto più di un semplice collega o amico. Era una persona speciale – la sua persona speciale. E sperava tanto che anche lui provasse lo stesso nei suoi confronti, per quanto a volte gli sembrasse emotivamente distante.
Fra le sue braccia, Shinya annuì flebilmente. «Sono un po' stanco...» ammise con un sospiro, rannicchiandosi nell'incavo del suo collo, socchiudendo gli occhi per qualche istante. «Vorrei farmi una doccia... posso?» domandò timidamente, non riuscendo a cogliere la causa di quel disagio che provava nel rimanere così vicino a Toshiya. Rimorso? Sensi di colpa? Davvero non riusciva a spiegarselo. Voleva che tutto tornasse come prima, quando ancora fra di loro non c'erano segreti, quando non c'erano problemi di alcun tipo... perché tornare indietro era così difficile? Perché anche loro non potevano essere una cosa sola? Un nodo gli strinse la gola al solo pensiero di allontanarsi ancora da lui.
«Certo che puoi farti una doccia, non devi neanche chiedermelo.» Shinya fu portato alla realtà da quelle parole, dette da Toshiya in un tenero sussurro. «Intanto cambio le lenzuola al letto... ti aspetto in camera.» continuò il ragazzo, sciogliendo quell'abbraccio che li teneva uniti.
Prima di andarsene, Shinya gli posò le mani sul petto, avvicinando le labbra alle sue per baciarlo con tutta la dolcezza di cui era capace, sperando di riuscire a trasmettergli ciò che provava sinceramente nei suoi confronti. Si staccò dalla sua bocca dopo qualche secondo, guardandolo dritto negli occhi, riuscendo incredibilmente a sostenere il suo sguardo sorpreso. Voleva solamente trovare un qualcosa che potesse tagliare le catene che lo tenevano costretto a quella vita fatta d'immagini, voleva avere qualcuno su cui fare affidamento. Avrebbe aspettato d'esser perdonato per anni, per sempre, anche se forse non sarebbe mai accaduto.
Senza dirsi nulla, si separarono; Toshiya andò in camera, Shinya, dopo aver preso la sua borsa con dentro il minimo indispensabile, in bagno. L'uno preparò il letto con tutta la calma necessaria, mettendo le lenzuola sporche a lavare, mentre l'altro si prese tutto il tempo per fare una lunga doccia rigenerante che gli rinfrescasse un po' le idee.
Dopo essersi asciugato, Shinya si cambiò, mettendosi qualcosa di comodo per andare a dormire – mise giusto una maglia larga che, anche se non faceva poi così freddo, l'avrebbe tenuto al caldo e protetto durante la notte. Andò in camera, osservando Toshiya sdraiato sul letto, intento a sfogliare quello che doveva essere un vecchio album di disegni. Avrebbe tanto voluto sapere di cosa si trattasse ma, non appena si mise comodo sul materasso, lo vide riporre quell'album sul comodino, poggiandoci sopra il cellulare che doveva essere spento.
Toshiya sorrise mestamente, rivolgendosi a Shinya. «Sono contento che tu sia qua.»
Shinya sorrise a sua volta, voltandosi verso Toshiya. Una mano sottile andò in cerca della sua, più grande e ruvida. Le loro dita si intrecciarono, i loro corpi si fecero più vicini. «Non voglio essere in nessun altro posto in cui tu non ci sia, Totchi.»
Entrambi si lasciarono sfuggire un sospiro malinconico e dolce, guardandosi negli occhi. Per quanto fossero fisicamente vicini, sentimentalmente si sentivano distanti anni luce. La risposta ai loro problemi doveva esser sepolta nel loro intimo, in quella parte impenetrabile e indecifrabile del loro essere di cui nemmeno loro erano a conoscenza.
«Allora rimani con me, Shinya.»
«Mi piacerebbe, Totchi...»
«Non andartene ancora.»
«N-non lo farò... non lo rifarò...»
Dopo quelle parole, Toshiya tirò Shinya a sé con estrema delicatezza, cercando avidamente le sue labbra e facendo scorrere le mani sul quel corpo che tanto adorava, quel corpo che desiderava sempre, di cui era estremamente geloso. Si baciarono a lungo e le loro mani tracciarono percorsi sempre nuovi su quel corpi ora nudi, liberi da qualsiasi impedimento. I loro respiri si fecero affannosi, il palpitare dei loro cuori divenne frenetico, unisono.
Quando furono entrambi accaldati e ebbri di quel piacere a lungo represso, i loro corpi sudati e roventi si unirono in un amplesso lento, tenero. Fecero l'amore guardandosi dritti negli occhi, sussurrandosi qualche dolce parola ad ogni affondo, scambiandosi qualche timido sorriso nel vedere l'uno il viso arrossato dell'altro. Si baciarono ancora mentre Shinya, rannicchiato fra il materasso e l'ampio petto di Toshiya, carezzò quest'ultimo, sentendosi al sicuro e protetto.
Come la cera di una candela, il loro amore si consumò lentamente, affievolendosi poco alla volta finché non ne rimase solamente un vago sentore che permeava la stanza, rendendola teatro della loro passione clandestina. Shinya si rannicchiò contro Toshiya, piegando il capo per permettergli di carezzargli i capelli con maggior facilità. Stranamente, la sensazione di sonno, invece di passargli, si fece ancor più pesante e oppressiva, costringendolo a tenere le palpebre calate e il corpo immobile nella stessa posizione. Sarebbe stato bello morire così, pensò Shinya. Proprio come una candela che si spegne da sola, o aiutata da un impercettibile alito di vento, dopo esser giunta alla fine del suo percorso. Voleva solamente lasciare un bel ricordo nella mente di Toshiya, fugace e malinconico. Non gli sarebbe davvero dispiaciuto sparire in quel modo, fra le braccia dell'unica persona con cui di sentiva veramente se stesso, dopo aver consumato con lui ciò che rimaneva del loro amore congelato, sopito.
Carezzando la spalla della sua raison d'être, Toshiya gli stampò un bacio sulla tempia imperlata di sudore. Ispirò a pieni polmoni l'odore della sua traspirazione, poi quello della sua pelle e quello dei suoi capelli corti e un po' disordinati. «Ti sei già addormentato?» domandò sottovoce, temendo di disturbarlo.
Ma Shinya non rispose, e Toshiya prese quel silenzio per un sì. Chiudendo gli occhi e sentendosi finalmente in pace, si addormentò a sua volta, sprofondando in un sonno ininterrotto e profondo, privo di sogni. Intanto, fra le sue braccia, il corpo di Shinya si fece più freddo e le sue narici smisero di fremere ad ogni respiro.









/colpi di tosse
Ehm. Dunque, non saprei da dove iniziare.
Era da tempo che desideravo scrivere qualcosa su questa coppietta, ma non riuscivo mai a farmi venire in testa l'idea giusta. Quindi, semplicemente, ho aperto un documento bianco e ho scritto la prima cosa che mi è passata dall'anticamera del cervello, sviluppando la “trama” (se di trama si può parlare, visto che questa cosa non ha senso) man mano che andavo avanti. Devo ancora capire se mi piace o meno ma, sinceramente, non riusce a dirmi molto... se non altro ho scritto ciò che quei due mi hanno fatto venire in mente! Cose malinconiche, ovviamente.
Quindi... non saprei davvero cosa dire, arrivata a questo punto. Il nuovo taglio di Shinya è stato un duro colpo, non me lo sarei mai aspettata! Però devo ammettere che gli dona molto <3 E Toshiya... Toshiya in questo periodo non posso nemmeno vederlo che subito mi va in panne il cervello. Come può uno essere così perfetto? Davvero non me lo spiego.
Comunque, grazie mille a chi ha sprecato del tempo prezioso a leggere questa vaccata di proporzioni apocalittiche, mi riempite il cuore di gioia <3 ringrazio in anticipo chi recensirà o chi inserirà la storia tra le preferite, le seguite o tra quelle da ricordare.
Un bacio e (spero) alla prossima!

- bunny
   
 
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