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Autore: Tigre Rossa    04/09/2015    6 recensioni
‘Tornerò da te, amore mio. Te lo prometto.’
Sfioro la sua guancia per quella che, lo so, sarà per lungo tempo l’ultima volta.
Il mio piccolo mezzuomo chiude gli occhi e, perdendosi in quella carezza fugace, mi stringe la mano tra le sue, cercando di far durare quel flebile contatto il più a lungo possibile, prima che l’oblio ci separi.
‘Sai che non puoi fare una promessa simile, Thorin.’
Sussurra, la voce spezzata di chi ha smesso di sperare.
Incapace di sentirlo parlare in questo modo, gli sollevo delicatamente il mento con due dita ed aspetto che riapra esitante quei grandi occhi blu di cui mi sono innamorato.
‘Posso, invece.’
Mormoro dolcemente, affidandogli il mio giuramento.
Non lo perderò, non più, mai più.
‘Tornerò, Bilbo. Dovessi metterci mille secoli, tornerò da te.’
-----------------------------
Reincarnation AU-Bagginshield
Genere: Angst, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Bilbo, Thorin Scudodiquercia
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4 – Occhi blu
 
 
 
"And I remember you
(And all the things that we have planned)
And I remember you
(And all the things that set us free)
I will come back for you
And me

I've seen your eyes before"
 
-You and me
 
 
 
 
Il primo volto che vedo quando apro gli occhi è quello teso, ma in qualche modo sollevato, di un vecchio dai capelli grigi.
 
“Il mezzuomo?”
 
Domando in un sussurro con le poche forze che ho, mentre il mio cuore inizia a battere in modo innaturale al pensiero di ciò che può essere successo a quella incosciente e dannatamente sconsiderata creatura.
 
Il vecchio sorride ed indietreggia, mentre attorno a me i miei compagni mi aiutano ad alzarmi.
 
“Lui sta bene. Bilbo è qui, è salvo.”
 
Solo allora vedo il viso sollevato e luminoso del giovane hobbit, che sta di fronte a me e non riesce a trattenere un sorriso.
 
Il mio cuore si risolleva, ma solo per un attimo, perchè tutta la preoccupazione, l’ansia e la rabbia per quel suo gesto sconsiderato che poteva costargli la vita crescono così tanto da soffocare il sollievo che provo nel rivedere quei grandi ed ingenui occhi blu che mi fissano come se fossi un miracolo.
 
“Tu.”
 
Esclamo rude, la voce tesa, mentre lentamente avanzo verso il piccolo mezzuomo.
 
“Cosa credevi di fare? Ti sei quasi fatto uccidere.”
 
Lo hobbit sobbalza, spaventato dal mio tono e dall’oscurità che vede nel mio sguardo.
 
Il silenzio ci circonda, mentre l’aria diviene elettrica e tutti, compreso colui che mi sta davanti ed inizia impercettibilmente a tremare, trattengono il fiato.
 
“Non ti avevo detto che saresti stato un peso? Che non saresti sopravvissuto alle Terre Selvagge? Che non c'è posto per te tra noi?”
 
Ad ogni frase vedo il volto dello scassinatore diventare più teso e più triste, come se ogni mia parola fosse una pugnalata, ed alla fine lui abbassa lo sguardo a terra, l’anima piena di amarezza e di dolore.
 
Ed è in quel momento che il sollievo, la gratitudine e quella strana sensazione infuocata mai provata prima a cui non so dare un nome ritornano in superfice, ed il mio tono si trasforma totalmente.
 
 “Non mi sono mai sbagliato tanto in vita mia.”
 
Sussurro, per poi finalmente annullare la distanza che separa i nostri due corpi e stringerlo in una stretta che a lungo mi sono negato e che mai, prima di questo momento, ho donato a qualcuno.
 
Lo stringo contro il mio petto, sorridendo, e per un attimo lo sento tendersi e trattenere il respiro, prima di sorridere a sua volta e lasciarsi andare tra le mie braccia, mentre i battiti dei nostri cuori, ora così innaturalmente vicini, si mischiano tra loro in una sinfonia unica ed indiscernibile.
 
E, quando ci stacchiamo, i suoi occhi blu sono l’unica cosa che vedo.
 
 
 
 
“Bi-Bilbo . . .”
 
 
 
Un anziano guerriero dalla lunga barba mi osserva, mentre le alte guardie mi fanno entrare a forza nella mia cella.
 
“Allora? Ti ha offerto un accordo?”
 
Domanda subito, il tono concitato ed urgente.
 
“Si, l’ha fatto.”
 
Rispondo sbrigativo, la rabbia che ancora mi pervade dopo l’incontro con il sovrano dai lunghi capelli dorati e dalla voce di serpente.
 
“Gli ho detto di andare ishkh khakfe andu null! Lui e tutta la sua stirpe!”
 
Il vecchio sospira e chiude gli occhi, sconfortato.
 
 “Bene, è fatta. Un accordo era la nostra sola speranza.”
 
Sussurra, mentre riapre gli occhi e mi lancia uno sguardo quasi di biasimo.
 
Mi avvicino alle dure sbarre e guardo fuori, mentre improvvisamente al posto della rabbia torna una placida tranquillità e fiducia al pensiero dell’unico, tra noi, ancora libero.
 
“Non la nostra sola speranza.”
 
Ribatto fiducioso, mentre il volto del piccolo scassinatore dai riccioli ramati mi pervade la mente, ed i suoi grandi occhi blu scuro mi rassicurano dentro.
 
La mia vera ed unica speranza.
 
 
“Bilbo . . .”
 
 
“Mi hai fatto chiamare, Thorin?”
 
Mi volto lentamente verso quella voce tesa, quella voce che conosco fin troppo bene, ed i miei occhi si posano sulla figura piccola ed impacciata del giovane mezzuomo, che mi osserva con aria preoccupata.
 
Lascio scorrere il mio sguardo lungo tutto il suo corpo.
 
La cotta di mithril, che gli ho donato appena poche ore prima, spunta da sotto la sua casacca blu, avvolgendogli il torace con quella sua luce bianca e pura che tanto a lungo è stata decantata nei miti del mio popolo.
 
Ma nemmeno lui, l’oggetto più prezioso contenuto in questa Montagna dopo l’Arkengemma, riesce a distrarmi a lungo da quei suoi occhi blu gentili e fissi su di me, quegli occhi che valgono più di tutto l’oro che mi circonda, quegli occhi che tanto hanno visto e che nonostante questo mantengono la loro ingenuità e la loro luce.
 
“Si Bilbo, ti ho fatto chiamare. Volevo parlarti.”
 
Rispondo piano, mentre mi avvicino un po’ a lui, e vedo il suo viso vacillare per un attimo.
 
“Beh, sono qui, quindi dimmi pure!”
 
Esclama subito dopo con un sorriso appena accennato, allargando un po’ le braccia e fingendo che la prospettiva del domani non lo terrorizzi come invece sta facendo.
 
Il mio piccolo e coraggioso scassinatore.
 
Resisito a stento all’impulso di allungare una mano e di posarla sul suo collo, perchè so che altrimenti non la toglierei mai più, e mi costringo a continuare.
 
“Domani, quando combatteremo, voglio che tu resti qui, nella sala del trono.”
 
Lui spalanca gli occhi, preso alla sprovvista da quelle parole.
 
“Cosa?” esclama, incredulo, per poi scuotere con decisione la testa. “No, non se ne parla neanche.”
 
“Bilbo . . .”
 
 “Se ci sarà una battaglia, domani, io sarò al tuo fianco, come sempre. Non ho alcuna intenzione di restare qui a vederti rischiare la tua vita senza fare nulla. Non sono un guerriero, d’accordo, ma questo non significa che ti lascerò solo proprio ora.”
 
Ribatte con decisione, gli occhi grandi che gli brillano e le mani strette a pugno.
 
Mi avvicino ancora un po’ a lui, tanto che i nostri respiri finiscono per mescolarsi.
 
“No, mastro scassinatore. Tu resterai qui, al sicuro, ed aspetterai fino a quando non tornerò a prenderti, dopo che avremo vinto.”
 
Lo hobbit scuote di nuovo la testa e mi sfida con gli occhi.
 
“Non puoi costringermi, Thorin. Io verrò con te, che ti piaccia o meno.”
 
“Tu resterai qui.” sibilo, mentre dentro mi sento avvolgere dalle fiamme “E non ti allontanerai da questa sala per niente al mondo. Qui sarai al sicuro. Nessuno potrà raggiungerti. Nessuno potrà farti del male. Nessuno ti porterà via da me.”
 
Lo stupore attraversa i suoi occhi, ma solo per un secondo.
 
“Thorin, cosa . . .?”
 
“Tu sei mio.” ringhio, mentre gli afferro i polsi e li stringo forte “E non permetterò a nessuno di portarti via da me, fosse l’ultima cosa che faccio. A nessuno.”
 
I suoi occhi blu sono spalancati e fissi nei miei, e forse riesce a leggerci dentro, perchè resta in silenzio e poi, con un piccolo brivido, abbassa lo sguardo.
 
Mi costringo a lasciargli i polsi ed ad indietreggiare di un passo, mentre studio il suo viso teso.
 
“Ho la tua parola?”
 
Il piccolo mezzuomo esita, ma poi annuisce, senza alzare il viso.
 
 “Se domattina ci sarà una guerrra contro Bard e Thranduil, io non combatterò. Te lo prometto.”
 
Le labbra mi si curvano in un sorriso sollevato, e solo allora allungo una mano e con due dita gli sollevo il mento, in modo che i nostri occhi possano incontrarsi un’ultima volta.
 
“Tutto andrà bene, vedrai.”
 
Gli sussurro, non sopportando di vedere quell’ombra che gli oscura lo sguardo.
 
La sua mano si sposta impercettibilmente sulla tasca del suo vestito, ma non ci faccio molto caso.
 
Tutto quello che vedo sono i suoi occhi preoccupati fissi nei miei,
 
“Lo spero.”
 
 
 
“Bilbo!”
 
 
 “L’Arkengemma è in questa Montagna! E’ un trucco!”
 
“No, non è un trucco, Thorin.“
 
Il mio nome, pronunciato da quella voce, dalla sua voce.
 
“La gemma è vera.”
 
Il cuore  si ferma.
 
“Gliel’ho . . . gliel’ho data io.”
 
Il mondo si ferma.
 
Lentamente mi volto, pregando che no, non sarà lui a restituirmi lo sguardo.
 
Ma non è così.
 
Sono gli occhi blu, tristi ed addolorati, del mio scassinatore ad incontrare i miei.
 
“Tu.”
 
 
 
“No! No, no, no! Thorin! Thorin, non lasciarmi!”
 
I suoi occhi blu pieni di lacrime represse, pieni di dolore, pieni di quel dolce sentimento che ha segnato la nostra sorte e che mai avrei creduto di poter provare.
 
“Thorin! No, tieni duro Thorin, tieni duro. Vedi? Le aquile. Le aquile. Le aquile sono qui. Thorin! Io . . .”
 
I suoi occhi, l’ultima cosa che porterò con me dall’altra parte.
 
 
 
‘Tornerò da te, amore mio. Te lo prometto.’
 
 
 
Apro gli occhi di scatto e mi metto a sedere, per poi poggiarmi d’istinto una mano sul fianco, che pulsa e brucia come il fuoco.
Ansimo pesantemente, cercando di riprendere fiato ed un po’ di lucidità, e mi copro il viso con le mani, mentre la mia mente continua ad essere invasa da quella voce che è come un pugnale nell’anima e quegli occhi che mi straziano dentro.
 
‘Thorin! Ti prego, Thorin!’
 
Basta.
Concentrati.
Non è reale, niente di tutto questo è reale.
Ignoralo.
Chiudi gli occhi.
Concentrati sul respiro, calma i battiti del tuo cuore.
Inspira ed espira.
Non ascoltare.
Concentrati.
Inspira ed espira.
Inspira ed espira.
Inspira ed espira.
 
Quando finalmente riesco a normalizzare il respiro e quella voce lontana che continua a ripetere il mio nome diviene sempre più flebile, mi sforzo di alzare lo sguardo.
Sobbalzo nel rendermi conto di non essere nella mia tenda con i ragazzi che dormono attorno a me e Dain che russa poco distante, e mi guardo attorno con crescente ansia, scrutando il locale buio e chiedendomi dove diavolo sono finito.
Solo quando vedo un vecchia foto incorniciata sul comodino accanto a me ricordo.
Stringo i pugni, mentre il mio cuore sprofonda un’altra volta.
Ma certo.
Sono passati tre mesi da quando, durante uno scontro a fuoco con la mia squadra, sono stato ferito da un cecchino nemico.
Due mesi e tre settimane da quando sono ritornato dal mondo dei morti.
Due mesi e due settimane e mezzo da quando mi hanno detto che non avrei mai più potuto combattere.
Due mesi e due settimane da quando ho preso quello stramaledetto aereo per tornare in Inghilterra.
Due mesi da quando il mio medico curante mi ha confermato che non c’è nulla da fare per permettermi di ritornare sul campo.
Due mesi, da quando la mia vita ha smesso d’esistere.
 
Trattengo a stento un urlo di frustrazione, e mi limito a prendere a pugni il cuscino.
 
Sono in trappola da tre mesi, eppure ogni volta che mi sveglio e mi guardo attorno e mi rendo di nuovo conto di tutto quanto il dolore è sempre lo stesso, anzi aumenta ogni giorno di più.
Sono qui, chiuso in gabbia, in un corpo che ormai serve a poco o niente, derubato della vita che era mia e sentivo mia, dell’unica vita che abbia mai voluto.
Sono qui, e desidero solo che sia tutto falso, un incubo dal quale potermi risvegliare, da cui poter scappare.
Sono qui, a lottare contro quella che è diventata la mia realtà, perché non mi è rimasta nessun’altra lotta da affrontare.
Sono qui, ed invece vorrei essere laggiù, sul campo di battaglia, con i miei ragazzi, a guidarli verso lo scontro, a far rigare dritto le reclute, a ridere delle barzellette sconce e alle battute di Dain, a vivere solo un altro giorno di tutto quello che una volta mi apparteneva.
Sono qui, ed invece vorrei essere morto laggiù, per quel maledetto colpo.
Perché davvero, a che serve avere un cuore che batte e dei polmoni che prendono e buttano fuori l’aria, se tutto quello che mi rendeva vivo è svanito?
 
Mi blocco, le braccia già scosse dai fremiti per lo sforzo, mi prendo la testa tra le mani e, stremato, chiudo gli occhi.
Grave errore.
Appena le palpebre scendono a coprirli, subito ritornano le immagini dei miei sogni, così forti e travolgenti da farmi ancora più male di tutto il resto, ed io non posso fare a meno di riaprire gli occhi ed alzarmi, cercando disperatamente di allontanarli.
 
Da quando mi sono svegliato dopo l’incidente, anzi no, da quando ho perso conoscenza a causa della ferita e stavo per andarmene, continuo a fare questi . . . cosa sono? Sogni? Incubi? Non lo so, non riesco a capirlo.
Il più delle volte si tratta di sogni notturni e confusi, altre volte di brevi e travolgenti flash che arrivano e se ne vanno nella frazione di pochi secondi, durante il giorno, ma comunque si presentino, qualsiasi cosa portino con sé, c’è sempre, eterna e pressante, quella presenza.
Quella voce che continuo a sentire ogni giorno, e che spesso mi chiama.
Quel volto che mi è sconosciuto, eppure sento di conoscere.
Quel nome che continuo a ripetere, e so che è importante, in qualche strano modo.
E, soprattutto, quei grandi occhi blu scuro che non riesco a togliermi dalla mente.
 
Non riesco a capire cosa voglia significare, cosa mi stia succedendo.
Non capisco di cosa si tratti.
Non capisco perché continuo a vedere queste cose, e perché mi turbino così tanto.
So solo che c’è questo tizio che continua ad infilarsi nella mia coscienza, che ha iniziato quando stavo per morire, e che per qualche strano motivo mi ha spinto a resistere e – Dio, se avessi saputo che sarebbe finita così forse avrei chiesto a Dain di spararmi un colpo in testa appena mi sono risvegliato la prima volta.
So solo che è a causa di quella persona, di quel Bilbo, se non mi sono lasciato andare quando ne avevo la possibilità, a Peshawar, perché era come se non … non potessi tradirlo.
Come se non potessi fargli una cosa del genere.
Come se non potessi abbandonarlo.
 
Non di nuovo.
 
Scuoto la testa, cercando di scacciare quel pensiero illogico che è uscito come dal nulla, e stringo con forza i pugni.
 
So solo che quella persona, quella voce, quegli occhi io, in qualche strano modo, li avverto familiari.
Quell’uomo dai capelli ramati e gli occhi profondi, quel Bilbo, è …. è come se lo conoscessi e lo stessi aspettando da
beh, sempre.
So che sembra completamente folle, ma . . .
 
Un lieve bussare alla porta mi distoglie dai miei pensieri, e subito i miei occhi scattano verso l’ingresso chiuso a chiave.
Non rispondo, però, e chiunque sia non insiste, forse pensando che sia ancora addormentato.
Sento dei passi leggeri allontanarsi, e allora mi costringo a spingermi verso il piccolo bagno di questa vecchia camera, rimasta esattamente come l’avevo lasciata quando sono entrato nell’esercito, per prepararmi.
 
Anche per oggi, si riprende con la recita.
 
 
o0O0o.
 
 
“Che progetti avete per questa mattina?” chiede Kili, il mio nipote più giovane, agguantando una fetta di pane praticamente sotterrata dalla Nutella e divorandola prima che qualcuno di noi possa rispondere alla sua domanda.
Il fratello gli porge un fazzoletto, accennando col mento alle macchie sul suo volto, per poi versarsi una tazza di caffè.
“A dire il vero io ancora non lo so.”  risponde tranquillamente, sorseggiando la bevanda calda “E’ il mio giorno libero, quindi pensavo di fare un salto da Sigrid più tardi o qualcosa del genere, prima di stasera. Tu?”.
Lui alza le spalle “Non ne ho idea. La vita è così noiosa senza un po’ di brivido!” esclama, stiracchiandosi ed appoggiandosi allo schienale della sedia.
Fili lo fulmina con lo sguardo “Hai avuto abbastanza brividi per quest’anno, Mister Vita Spericolata. Devo ricordarti che sei stato cacciato dal college dopo nemmeno un mese dall’inizio delle lezioni?”.
Kili ridacchia appena “Ancora con questa storia? Tanto lo sapete tutti che lo studio non fa per me ed avrei mollato comunque dopo qualche settimana. Vi ho solo fatto risparmiare tempo e soldi, ed adesso trascorro il mio tempo in modo più proficuo.”
“Si, a fare infiniti giri in moto, a gettarti in ogni rissa disponibile ed a molestare ogni ragazza che incontri.” mio nipote alza lo sguardo al cielo ‘Mooolto proficuo.”
“Oh, andiamo Fee, rilassati.”
“Finirai in guai seri un giorno di questi, ne sono certo.”
“Come se a te non piacerebbe fare lo stesso, mollare tutto e seguirmi a ruota. Quella Sigrid ti ha rovinato, dai retta a me.”
“Kee, smettila.”
“Dura accettare la realtà, vero fratellone?”
 
Non so di preciso a che punto finisco di ascoltare, ma mi ritrovo a fissare il vuoto in silenzio come ogni mattina.
Eccolo qua.
Lo stesso teatrino di tutti i giorni.
Mi alzo, mi lavo, mi vesto e raggiungo la mia famiglia in cugina, per poi restare a fissare il muro, perdermi dietro le loro chiacchiere, ritornare a chiudermi in camera e non uscire fino all’ora di cena.
E’ fastidioso, essere incatenati a questa routine che non mi appartiene, senza poter evadere da questa crudele monotonia.
Tutto quello che vorrei, in questo momento, è stare da solo, ma non posso. Da quando sono tornato sono praticamente confinato da mia sorella Dis, tenuto sott’occhio non solo da lei ma da tutto il resto della mia famiglia.
Uno degli ordini del nostro medico Oin, se non sbaglio.
‘Per i prossimi mesi, non dovrà fare sforzi eccessivi ed evitare con cura di ammalarsi, o le conseguenze sarebbero gravi. E soprattutto deve restare a casa di qualche parente o di un amico fidato, in modo da essere sempre controllato. Non è il caso di farlo rimanere da solo, nelle sue condizioni.’
 
Da Capitano di una delle migliori squadre dell’esercito britannico ad invalido da controllare in poche settimane.
Semplicemente fantastico.
 
E così mi ritrovo qui, a dormire nella mia vecchia stanza, a girare per la vecchia casa di famiglia sapendo di essere controllato anche dalle donne delle pulizie e dal postino, senza avere la possibilità di accettare tutto questo da solo.
Non voglio sembrare ingrato. Mia sorella cerca sempre di farmi sentire a mio agio, e i miei cugini, soprattutto Dwalin, tentano di non intromettersi. Ma sono così eternamente preoccupati, e soffocanti, e la loro presenza mi fa innervosire molto facilmente.
E’ come se fossi rotto, per loro.
Ma io non sono rotto.
Non nel modo in cui credono, almeno.
 
“Zio?”
 
Sbatto le palpebre un paio di volte, notando i ragazzi che mi fissano.
“Cosa?” grugnisco, risvegliandomi dal mio torpore.
Kili sorride, afferrando un bombolone – sempre al cioccolato, ovviamente- ”Ti avevamo chiesto cosa volevi fare oggi. Non hai un incontro dallo strizzacervelli?”
Trattengo una smorfia di fastidio al solo pensiero ed annuisco “Si, ma non ci andrò.”
E’ circa un mese, cioè da quando le mie difese immunitarie sono abbastanza stabili da permettermi uscite regolari, che Dis ha preso per me una serie di appuntamenti da uno psichiatra suo amico. Inutile dire che non ci sono andato nemmeno una volta, e che continuo a dargli buca.
Non ho bisogno di uno strizzacervelli, non mi importa di quale sorta di disturbo post traumatico la mia sorellina crede che abbia, e non ho alcuna intenzione di prestarmi a questa falsa. Ormai è passata da un pezzo l’età in cui poteva costringermi a fare ciò che voleva.
Fili fa una smorfia divertita, come se se lo aspettasse “Lo immaginavamo.”
Non prova a convincermi a cambiare idea. Non ci prova mai. Sa che quando decido qualcosa nessuno può riuscirci. Ma comunque lo apprezzo.
E’ una delle poche cose che mi rende sopportabile questa situazione, ed uno dei motivi per cui l’unica presenza che riesco a tollerare sia quella dei miei nipoti.
Il fatto che loro non mi vedano come un bambino capriccioso che va rieducato, ma come lo stesso Thorin di sempre, e come tale mi trattino.
Kili spalanca gli occhi, felice “Ma allora puoi venire con noi! Dobbiamo andare ad organizzare una festa con un paio di amici.”
Aggrotto la fronte. Oltre i vari controlli obbligatori all’ospedale, non sono mai uscito di casa da quando sono tornato, sia per la mia situazione sia perché, sinceramente, solo l’idea di vedere altre persone mi da’ sui nervi “Una festa?”.
“Si, quella di cui parlavamo ieri sera a cena, per un nostro amico un po’ giù di morale.” spiega Fili, passandosi una mano tra i capelli biondi “Ma prima dobbiamo passare da Dwalin a ‘La montagna e il drago’, ho dimenticato di dargli dei documenti.”
Sto per scuotere la testa, ma Kili mi interrompe “Se vuoi, puoi solo venire con noi alla casa editrice, ti facciamo fare un giro e poi ti riportiamo a casa prima di raggiungere gli altri.”
“Un giro veloce.” aggiunge Fili “Solo per mostrarti com’è cambiato tutto dall’ultima volta e per cambiare un po’ d’aria.”
“Non sei praticamente uscito in questi mesi.” si infila Kili, gli occhi accessi come quelli di un bambino.
“Ed a noi farebbe tanto piacere.” annuisce Fili, anche lui la speranza che gli illumina lo sguardo “Anche se sei qui, non ti vediamo praticamente mai.”
“Sarà divertente.” promette Kili.
“E non sei costretto ad incontrare Dwalin, Balin o la mamma.” aggiunge Fili.
“Per favore!!” esclamano entrambi all’unisono, guardandomi con i volti speranzosi e quasi trattenendosi da unire le mani in segno di preghiera.
Li guardo a lungo, attentamente.
Diciotto e ventitre anni, eppure in questo momento sembrano gli stessi bambini che mi supplicavano di mostrargli la mia pistola e di raccontargli tutto del campo di battaglia.
Non sono mai riuscito a negargli niente, a queste due piccole pesti.
E non ci riesco nemmeno ora.
“Un giro veloce.” cedo, lanciandogli uno sguardo serio “E poi torniamo subito indietro.”
I miei nipoti si portano immediatamente la mano alla testa in un saluto militare, come facevano per scherzo da piccoli, e rispondono entusiasti “Sissignore!”.
Trattengo a stento un sorrisetto.
Forse, per un’oretta riuscirò a dimenticare il veleno che mi scorre nell’anima.
 
 
o0O0o.
 
 
“Allora siete riusciti a fare uscire l’orso, eh?”
 
Lancio un’occhiataccia a Dwalin che dietro alla sua scrivania se la ride tutta, mentre scorre lo sguardo su pagine e pagine ricoperte da una scrittura fittissima e spaventosamente contorta.
 
Siamo ne ‘La montagna e il drago’, la casa editrice di mio cugino Balin, dove lavora almeno metà della nostra famiglia e dei nostri amici più intimi.
E’ un bell’edificio, elegante e moderno, e la sua fama va ben oltre i confini dell’Inghilterra. Si occupa di ristampare classici della letteratura ed opere di gran prestigio accademico, ma il suo vero punto di forza è l’abilità di scovare i più talentuosi ed improbabili scrittori del nostro tempo e di farne circolare gli scritti.
C’è un’intera sezione dedicata proprio a questa ‘occupazione’, un gruppo di professionisti che vanno alla ricerca di autori sconosciuti, ne individuano i più originali e poi sottopongono le loro opere a Dwalin, il caporeparto, e solo successivamente a Balin, che stipula i contratti e da’ il via alle pubblicazioni. Fili è uno di loro, il più zelante e quello con il miglior intuito, a giudicare da quello che mi racconta Dis, e proprio lui mi ha mostrato con orgoglio tutta la costruzione, e poi quando Kili è scomparso dietro la scia di una giovane segretaria dagli occhi di cerbiatto mi ha chiesto di accompagnarlo a Dwalin, a cui doveva consegnare un manoscritto.
 
Inutile dire che mi sono pentito di aver accettato nel momento in cui ho messo piede nel suo ufficio.
 
“Sta zitto, Dwalin.” sbotto, incrociando le braccia e guardandolo storto, mentre Fili trattiene a stento un sorrisetto.
Mio cugino prende una sigaretta con una mano sola e se l’accende tranquillamente “Certo, raggio di sole.”
“Non dovrebbe essere vietato fumare qui?” domando, facendo un cenno verso di lui.
Dwalin ghigna “In teoria. Ma sono il capo, nessuno può dirmi niente.” risponde, ispirando profondamente e ritornando a concentrare almeno all’apparenza la sua attenzione sul documento che ha davanti “Allora, come ti hanno corrotto per farti uscire?”.
Trattengo un ringhio, e le mie dita salgono automaticamente a torturare le mie piastrine, che porto ancora al collo nonostante tutto questo tempo.
Non si smette mai di essere un soldato, in fondo.
“Nessuno ha corrotto nessuno.” si infila mio nipote, appoggiandosi alla scrivania “Allora, cosa ne pensi?”.
Dwalin fa un cenno con la testa “La trama e l’introduzione non sembrano male, ma lo stile è un po’ grossolano, almeno all’inizio. Ci darò un’occhiata approfondita durante il pomeriggio, credo, e ti farò sapere tra un paio di giorni.”
Fili annuisce, un po’ più rilassato “D’accordo. Allora credo che possiamo andare.” aggiunge, lanciandomi uno sguardo e notando che praticamente sto fremendo pe poter uscire.
Io annuisco, e lui si alza e si rivolge di nuovo a Dwalin “Ci sarai, stasera?”.
Scuote la testa, un po’ malinconico “Meglio di no. Il ragazzo ha bisogno di distrarsi, e dubito che la presenza di uno dei suoi datori di lavoro glielo permetterebbe. Chi altro avete coinvolto, a proposito?”
Fili si lancia in un lungo ed eccitato elenco degli invitati di questa grande festa a sorpresa – di cui lui e Kili non hanno smesso di parlare un attimo durante il viaggio- .
Sbruffo e dopo aver borbottato un ‘Ti aspetto sotto’, esco dalla stanza e mi dirigo più velocemente possibile verso le scale, deciso a tornarmene a casa anche a piedi se serve.
Non ne posso più.
 
Sono già con un piede sul primo gradino, quando improvvisamente il mio sguardo viene attirato da una figurina immobile nel corridoio poco distante da me, vestita semplicemente e con una zazzera di riccioli ramati che lo fanno spiccare in mezzo a tutto quel vuoto.
Indietreggio, improvvisamente senza fiato.
 
Non è possibile.
Non può essere possibile.
Non può.
Non può, e basta.
 
La figura, come se avvertisse il mio sguardo, solleva di scatto in volto da terra e si gira, ed in quel momento lo vedo.
Vedo il suo volto, vedo le sue labbra, e, soprattutto, vedo i suoi occhi.
 
Grandi occhi blu scuro.
 
Trattengo il respiro, mentre di me tutto impazzisce.
 
Io ho già visto i suoi occhi.
 
E’ lui.
L’uomo che continuo a sognare da quel dannato incidente.
L’uomo che continuo a chiamare nel sonno.
L’uomo che non mi da’ pace da quando sono scampato alla morte.
L’uomo che . . . che . . .
 
Resto immobile, incredulo ed incapace di pensare razionalmente, mentre quegli occhi vagano sperduti fino a quando non mi scorgono e si spalancano per lo stupore.
Finalmente indietreggio, cercando di controllare il brivido che mi attraversa la spina dorsale, mentre lui chiude per un attimo le palpebre, quasi a voler scacciare un’illusione.
Prima che possa riaprirli e io mi perda un’altra volta in quelle iridi profonde, sono di nuovo dentro all’ufficio di Dwalin.
 
Mio nipote e mio cugino mi guardano confusi, incuriositi da quell’improvviso e violento dietrofront e dalla agitazione che devono leggere nel mio volto e che non riesco a controllare, ma non ci faccio caso, troppo preso da quell’intensa stretta che sento all’altezza del petto e dai mille riflessi in cui compaiono quei grandi occhi blu, frammenti di sogni e di realtà.
“Chi è?” domando, cercando di controllare il cuore che sembra voler uscire dalla gabbia toracica ”Quell’uomo dai capelli ramati di fronte alla porta di Balin, chi è ?”
Dwalin si alza zoppicando dalla sedia e si affaccia con Fili fuori dall’ufficio, per poi tirarsi indietro e rigirarsi la sigaretta tra le dita.
“Ah, parli della nostra gallinella dalle uova d’oro.” fa con un ghigno che dovrebbe essere un sorriso divertito “Balin l’ha scoperto quando era poco più di un marmocchio, e da allora produce per noi uno, anche due best seller all’anno. Un ottimo affare, per la nostra casa editrice.”
“E’ una bravissima persona, ed uno scrittore incredibile.” Aggiunge Fili, chiudendo la porta e scrutandomi con aria incuriosita “E’ diventato un nostro caro amico, con il tempo. Kili e Balin lo adorano, e anche Bifur e la mamma.”.
Si passa una mano tra i capelli, come dispiaciuto per poi continuare “Ultimamente sta passando un brutto periodo, però. E’ per lui che organizziamo la festa, stasera, anche se non sa ancora nulla. Perché ce lo chiedi, comunque?”
Non presto attenzione alla sua domanda e, imponendo ai miei polmoni di continuare a prendere abbastanza aria, mi faccio scivolare un’ultima, esitante domanda dalle labbra.
 
“Qual’è il suo nome?”
 
Mio nipote fa una faccia sorpresa, che poi si affretta a mutare in un sorriso gentile.
 
“Bilbo. Bilbo Baggins.”
 
 
 
 
 


La tana dell’autrice
 
 
Ed eccomi ritornata, dopo secoli e secoli!
Si, lo so, sono praticamente scomparsa non solo da questo fandom, ma anche da EFP. Ma davvero, non ho avuto proprio modo di farmi viva, in mezzo a tutti gli imprevisti che sono sorti. Settimane dai nonni, cinquant’anni, matrimoni ed impegni vari mi hanno tenuto lontano da casa per un mese e cosa succede appena ritorno? MI MUORE IL COMPUTER!
E si, ragazzi. Sono rimasta senza pc, il mio amico fedele che ha affrontato con me tante peripezie e ha visto la stesura di tutte le mie storie. Sono riuscita a recuperare alcuni dei documenti più importanti, per fortuna, ma questo non mi aiuta molto, perché ci sto davvero male. Avevo da secoli quel computer e non mi aveva mai tradita, mi ci ero molto affezionata. Ed ora mi ritrovo a dover rimediare prestiti e minuti preziosi per scrivere su quelli della mia famiglia e dei miei amici e mandare avanti queste storie. E’ un po’ deprimente in realtà, perché non ho idea di quando riuscirò a trovare un sostituto per il mio amico fedele –riposi in pace nel paradiso dei pc coraggiosi-, sicuramente non prima di Natale, ma non per questo vi lascerò soli, promesso! Continuerò ad aggiornare, anche se magari con meno frequenza, costi quel che costi!
 
Tornando alla storia, avevamo lasciato Bilbo alla casa editrice di Balin, a cui era sembrato di vedere  - no, non un gatto, Bofur- il suo Thorin, che poi però aveva catalogato come suggestione. Ed adesso scopriamo che non era così . . . eheheheh!
Si, il nostro capitano sta prendendo male la sua nuova situazione, tormentato da quei sogni senza significato e da una vita che non sente sua, anche se la sua famiglia e i nostri adorati fratelli si fanno in quattro per lui – tra l’altro, non sono molto convinta della caratterizzazione di Kili, ma io lo vedo così, un po’ sconsiderato e abbastanza ‘donnaiolo’ XD-. E presto, molto presto, i nostri protagonisti si incontreranno! Siete pronti? Io si!
 
Un abbraccio e a presto –spero-
 
La vostra T.r.
 
 
P.s. Purtroppo, potendo collegarmi raramente ad internet e sfruttando questo tempo solo per aggiornare, avrò molta difficoltà a rispondere ad eventuali recensioni o messaggi privati, se non ne sarò proprio impossibilitata come adesso. . . mi scuso di cuore, ma è oltre alle mie possibilità al momento –computerino mio, quanto mi manchi!-.
  
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