Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: bacioalcatrame    04/09/2015    1 recensioni
Sbagliare è umano, se a cedere però al peccato è un angelo, Dio non è altrettanto misericordioso: senza Paradiso, a Gabriel resta solo l'Inferno ed è disposto a tutto pur di accedervi, persino uccidere la ragazza di cui è innamorato. Tuttavia nel mondo soprannaturale le regole sono fatte per essere infrante, dopo ogni fine c'è un nuovo inizio e così le cose possono prendere una piega inaspettata: aguzzino e vittima si ritroveranno faccia a faccia all'Inferno, ma i ruoli stavolta potrebbero essere invertiti.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Isabella osserva i tre scalini che conducono alla porta del Purgatorio, ognuno di un colore diverso: il primo è di marmo talmente candido che in esso è possibile specchiarsi.
“Simboleggia la consapevolezza delle colpe commesse.” La informa l'anima che l'affianca, alla quale non ha chiesto nulla ma che si ostina a renderla partecipe di tutte le sue conoscenze religiose. Dal canto suo, la ragazza non parla da quando quello che considerava il suo protettore l'ha brutalmente uccisa, non riesce a ricordare quanto tempo sia passato ma il suo ultimo pensiero è stato quello di pentirsi, ed è per questo che ora attende di varcare quella porta. Non sa cosa l'aspetta.
“Il secondo è di colore scuro ed è fatto di una pietra ruvida, spaccata nella lunghezza e nella larghezza, simboleggia la confessione orale.” Isabella sorride, non si confessa da quando aveva 12 anni, non si fidava di nessuno tanto meno di un prete.
“Il terzo è di porfido, di colore rosso vivo come sangue che esce da una vena, simboleggia la soddisfazione attraverso le opere con l'ardore di carità.”
Li percorre con lo sguardo fisso verso il basso, come le è stato ordinato di fare. Una volta giunta sulla soglia della piccola scalinata però, cede alla curiosità e solleva leggermente lo sguardo: siede su un trono di diamanti l'angelo guardiano, indossa una veste di color cenere ed è armato di spada, i lunghi capelli biondi gli cadono fino alle spalle. La osserva severo, le sue iridi sono luce.
“Non guardarmi.” Le intima e lei obbedisce immediatamente.
“Anima pentita, il peccato che grava su di te è l'accidia! Se fossi stata grata e avessi amato con più ardore il dono della vita che Nostro Signore Dio ti ha dato, non dovresti scontare la pena della IV cornice: per 17 anni terrestri, tanti quanti ne hai vissuto, dovrai assopirti. Ma il tuo sonno non sarà tranquillo! Vivrai un incubo dopo l'altro ed ogni qual volta avrai la sensazione di esserne uscita, ti ritroverai in quello successivo.
Rimpiangerai di non aver goduto della tua vita, lasciandoti andare all'angoscia , al dolore ed all'inerzia, che ora ti perseguiteranno finché non avrai espiato la tua colpa. Così è scritto, così sarà.”
Spalanca la porta e spinge la ragazza al suo interno. Isabella non riesce a stare in equilibrio e poco prima di cadere e toccare il suolo roccioso, perde conoscenza.

Isabella apre lentamente gli occhi, si strofina la faccia per convincersi che è stato tutto un brutto incubo. Non è raro che i suoi sogni non siano per niente tranquilli, tuttavia si tratta comunque di invenzioni del suo subconscio: sicuramente non è morta, ancor più certo non è entrata in Purgatorio nel quale non ha mai creduto. Fissa per un attimo lo sguardo sul quadrante della sveglia sul suo comodino: 04:05. Tira un sospiro di sollievo, le resta ancora qualche ora di riposo prima di cominciare un'altra mattinata di scuola. Si rigira e tenta di prender sonno, quando sente un sibilo. Si volta di scatto verso la finestra: è leggermente aperta. Pensa sia stato il vento, qualche gatto in strada. Prima di chiudere gli occhi getta uno ancora uno sguardo sulla sveglia: 04:05. Non è ancora passato un minuto? Si alza piano, infila i pieni dentro le pantofole e si avvia verso il bagno.
Cerca di non far rumore, il suo passo è leggero mentre si muove nel buio della casa. Giunta alla porta del bagno, tasta il muro cercando l'interruttore: poco prima che la luce illumini la stanza sente un fruscio alla sue spalle, si gira di scatto. Davanti a lei il corridoio è vuoto. Sta diventando pazza?
Si sciacqua il viso con l'acqua fredda nella speranza di poter cancellare le brutte sensazioni che non riesce a levarsi di dosso, una volta a letto non prova neanche a riaddormentarsi, consapevole che non ne sarebbe capace. Recupera il telefono dal comodino e lo accende, sulla schermata in cui inserire il PIN, in alto a destra, c'è l'orario: 04:05. Il suo cuore comincia a palpitare, tutto questo non è normale. Nello stesso istante sente un fiato caldo sul collo, e poco dopo un calore bruciante le pervade il corpo. Sente qualcosa lacerarle sempre più in profondità la carne viva della schiena. Sono artigli. Senza il coraggio di voltarsi, senza neanche la forza di farlo, urla nel buio.
Si sveglia di soprassalto, esattamente come quando si sogna di cadere nel vuoto e poi si è nel proprio letto con il sudore freddo e le dita che stringono le lenzuola. L'unica differenza è che lei sta precipitando realmente nel vuoto. Dischiude le labbra ma nessun suono fuoriesce da esse, il rumore dell'aria che si spezza mentre il suo corpo è in caduta libera, è troppo forte. Non riesce a respirare, il cuore sembra fuoriuscirle dal petto. Muove le braccia disordinatamente, tentando di aggrapparsi a qualsiasi cosa le capiti vicino, ma intorno a lei regna il vuoto. Una serie di immagini della sua vita le si presentano con forza alla mente come a dirle: “Se non ti ricordi ora di quello che hai vissuto, non potrai più farlo.” Nel momento stesso in cui è sicura di essere vicina al suolo e che tra pochi secondi le sue ossa di romperanno su di esso, smette di precipitare. È supina sul terreno, non si è schiantata, è come se fluttuando l'avesse raggiunto posandosi dolcemente. Tira un sospiro di sollievo e sorride: è ancora viva. Qualcosa di caldo le solletica i piedi: il sole la sta riscaldando? Potrebbe aprire gli occhi e controllare, ma la paura la sta ancora attanagliando e decide prima di tranquillizzarsi.
Il calore aumenta, ora lo sente nelle mani e persino sulla testa. Il Sole non riscalda a chiazze. Si osserva intorno, sta prendendo fuoco. Le fiamme prima lievi cominciano a rinforzarsi, serpeggiando lungo i suoi fianchi. La carne brucia lentamente mentre il dolore la dilania, le fiamme le divorano il viso, straziata si abbandona ad esse.

È distesa su un prato, i ciuffi d'erba le pungono dolcemente la pelle. Sono freschi, bagnati di rugiada come sono è piacevole averli a contatto con la pelle, il fuoco sembra essersene andato. Qualcuno le accarezza i capelli, sfiorando appena la parte superiore della sua fronte. Isabella riconosce un tocco familiare. Alza lo sguardo e dopo tutto il tempo passato dall'ultima volta, incrocia quello di Gabriel. Istintivamente si scansa, facendo forza sulla braccia per allontanarsi dal suo assassino. Il sorriso che gli colorava il viso ora è sparito, per lasciar spazio a un'espressione di tristezza, ma i suoi occhi sono di un argento splendente.
“Ti prego non reagire così!” Le dice, nel tono più sincero del mondo.
Isabella cerca di trattenere le lacrime, eppure quest'ultime scendono sulle sue guance fuori controllo. Stringe i pugni a terra.
“Mi hai uccisa!” Sputa le parole come un veleno.
“È stata la cosa peggiore che io abbia fatto dall'alba dei tempi. Avrei preferito strapparmi il cuore con le mie stesse mani che vederti morire tra le mie braccia.”
Le lacrime ormai sono un fiume sul viso pallido della ragazza, tante al punto da offuscarle la vista.
“Allora perché?” La sua voce è così bassa che è certa lui non abbia potuto sentire la sua domanda.
“Non capisci? Per poter stare insieme!”
Isabella finalmente ricorda dove si trova: in Purgatorio. Gli artigli, la caduta, il fuoco erano solo l'inizio della sua pena, perciò perché colui che ora si presenta a lei con la stessa bellezza dell'uomo del quale più si fidava, non potrebbe essere solo il suo prosieguo ?
“Sei solo un altro incubo!”
Si getta su di lui e comincia a buttare deboli pugni sul suo petto. “Sparisci!”
L'angelo le blocca il viso tra le mani, gli occhi argentei la fissano con tale attenzione che sembrano prenderle l'anima che le rimane, poi avvicina piano il suo viso a quello della ragazza e la bacia delicatamente. Rimangono così per qualche secondo, vicini come non lo sono stati mai. Isabella resta in mobile, indecisa tra il lasciarsi andare al sentimento che cova segretamente nel suo cuore da sempre o ragionare con lucidità e valutare la situazione. Ma a volte non si è in grado di decidere. Appena Gabriel si stacca, la ragazza affamata dell'amore sul quale aveva fantasticato notte dopo notte, con uno scatto lo attira a se ancora una volta. Lo bacia ancora e ancora finché non le manca il fiato.
“Mi credi?”Le chiede.
“Voglio farlo.” È davvero l'unica cosa che desidera.
“Il nostro amore è proibito, Isabella. In terra non poteva consumarsi e tanto meno può farlo qui, sotto gli occhi divini. Dobbiamo andarcene.” Isabella ha qualche tentennamento, può fidarsi di lui?
Sembra leggerle nella mente, poiché l'angelo continua dicendo: “Guardami negli occhi, sai che puoi fidarti di me. Ti accompagno da una vita, non ti avrei mai fatto del male se non fosse stato necessario a poterti finalmente stringere tra le braccia.”
La ragazza annuisce, ingenuamente gli crede assuefatta dall'argento del suo sguardo.
Ingenuamente, lo segue.
   
 
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