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Autore: _Teartheheart    06/09/2015    1 recensioni
La storia parla di Joanna Clarkson, una scrittrice trentenne di New York, senza lavoro che vive ancora con i suoi genitori.
Il libro che sta scrivendo, ancora non esiste. Come il suo lavoro e la sua vita sentimentale.
Tutto ciò che vorrebbe fare, non lo fa, per via dei suoi genitori che ogni giorno le ricordano quanto sia un fallimento, mettendola a paragone con Hanna, la sua migliora amica che sta per sposarsi, che ha un lavoro e che sta per crearsi una vita tutta sua. Joanna è la testimone di nozze insieme a Sam, il fratello libertino del futuro marito di Hanna, con lui passerà tanto tempo, e in quel tempo Joanna cercherà di capire cosa vuole veramente della vita, essere sottomessa ai suoi, o finalmente spiccare il volo.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano le 20:30, mi ero messa su una camicetta bianca e un paio di jeans neri, accompagnati da uno stivale nero, stavo aspettando Sam per procedere alla serata ''vodka''
«Joanna, dove stai andando?» domandò - ovviamente - mio padre, vedendomi correre verso la porta «Sto uscendo» ma dai Joanna, non l'aveva capito mica. 
«L'avevo intuito, tesoro, chiedevo dove andassi e con chi» continuò fissandomi con le mani incrociate al petto «Io ehm, st-o sto uscendo con un amica» 
«Con Hanna?» chiese «Si, è devo andare perché sono in ritardo, ciao papà» conclusi correndo verso l'uscita, per poi correre ancora verso l'auto di Sam, sperando che mio padre non vedesse chi fosse, e proprio quando stavo per arrivare alla portiera, ecco che con grande grazia, e soprattutto 
con molta classe, inciampo in qualcosa e vado a finire con la faccia sull'asfalto. 

Vi posso assicurare, che non è per niente una bella cosa, ciò che si prova è un misto tra, vergogna e paura ... che qualche imbecille passando ti rida in faccia, e l'imbecille era il coglione sexy. 

«Non ridere» dissi puntandogli contro il dito mentre chiudevo la portiera. 
Aveva riso per tutto il tragitto, fino a casa sua. 
Ero seduta sul suo divano, un divano di pelle nera, casa sua era magnifica, i muri erano tinti di un bianco latte, alternato da un nero ed un bordeux, i mobili erano immacolati, moderni, alle pareti vi erano foto dei suoi numerosissimi viaggi. 
Parigi, Las vegas, Tokyo, Firenze, Scozia. Io non ero mai stata in nessuna di quelle località, eppure viaggiare era uno dei miei sogni più nascosti, sogni che tenevo per me, evitando le solite frasi da chi mi sta accanto. 
Dalla cucina, arrivò Sam con un contenitore pieno di ghiaccio, e una piccola tovaglia, in cui avrei avvolto il ghiaccio per il mio ginocchio dolorante «Grazie» dissi io sospirando. 
Sam poi si sedetti di fronte a me, in una poltrona che non c'entrava molto con il resto dela casa, era curiosa, era di un color sabbia, piena di toppe di vari colori, da quel che si vedeva sembrava essere trovata nell'immondizia, somigliava ai miei mobili, per lo più. 
«Finalmente hai smesso di ridere» spezzai il silenzio io, lui mi guardò iniziando a sorridere «Andiamo Joanna, avresti riso anche tu»
be, vedendola in quel modo è vero, ricordo quando vidi una vecchietta per strada, camminava allegramente con la sua busta della spesa in mano, cadde sulla strada in un modo così buffo, risi così tanto da sentirmi in colpa poco dopo, quando un'ambulanza arrivò, si fratturò una gamba ... credo sia meglio dimenticare quest'episodio in realtà. 
«Si, può essere» risposi, premendo il ghiaccio sul ginocchio «Allora, hai detto a tuo padre che uscivi con me?» chiese versando nei suoi bicchieri di cristallo la Vodka che aveva preparato prima di venirmi a prendere 
«Si, ehm ... l'ho fatto» certo, come no, se avessi detto una cosa del genere mi avrebbe fatto la ramanzina. 
Mi porse il bicchiere, che presi usando la mano libera, sospirando mi guardò «Hai detto che eri con un amica vero?» disse quasi sconfitto, scolai il bicchiere, sentendo la gola bruciare, sentendomi anche un'imbecille «Proprio così, versane ancora»
«Andiamo Joanna, hai trent'anni, quando smetterai di seguire gli ordini di tuo padre?»
«A te sembra facile vero? Hai un lavoro, dove vieni pagato una fortuna, insomma guardati intorno, questa casa, io non l'avrò mai, nemmeno se rinasco trecento  volte, non devi dipendere dai tuoi genitori» 
«Cercati un lavoro allora, prendi un appartamento, esci dal guscio»
«È quello che mi dico ogni mattina, ma al mio culo piace stare fermo sulla poltrona» risposi io, a quella ''battuta'' rise, beveva tutto d'un fiato per poi guardarmi «Ti aiuterò io» disse alzandosi «Come?» 
«Ho molte conoscenze Joanna ... ma di questo parleremo dopo, adesso ... balliamo» disse andando verso la radio, lo guardai sbuffando «Non metterai Taylor Swift, vero?» lo implorai con lo sguardo, rise, oddio mio era così' sexy. 
«Stasera dobbiamo divertirci, non piangerci addosso, andiamo» accese la radio la quale partì una musica, che non avevo mai sentito, era solamente rumorosa, e nessuno cantava, solo un ''OH,ah, hi'', qualcosa di incomprensibile in realtà. 
«Adesso capisco perché sei single»
«Perché?» domandò venendo verso di me, lo guardai «Hai dei gusti di merda per la musica» risposi io, ridendo all'unisono mi prese le mani, portandomi al centro della stanza, mentre il ghiaccio cadeva sul pavimento. 
Iniziammo a ballare, passi che sicuramente non erano per niente passi, mentre bevamo vodka e ridevamo «Sono single, perché non ho mai trovato nessuna che mi capisse veramente» disse scherzando, imitando quegli uomini che cercano di flirtare con queste frasi, che a mio parere ti fanno sembrare uno psicopatico. 
Gli diedi un colpo sulla spalla «Sei veramente un coglione» dissi ridendo «E tu?»
«Io cosa?» domandai, lui mi guardò «Da quando tempo non fai sesso, Joanna?» che sfacciato, non in realtà mi vergognavo a dirlo «Pff, non lo so ... non ricordo» 

Quattro anni, cinque mesi, dodici giorni, e 14 ore. Si avete sentito bene, i miei ormoni sono andati in letargo. 


Per fortuna poi il discorso sviò, concentrati poi a scolarci altre due bottiglie di vodka; stavamo ballando ed eravamo un po' più che brilli, partì una canzone ''Saltend wound di Sia'' 
deglutì quando sentì il suo respiro più vicino al mio, adesso eravamo attaccati, non più distanti ma vicini, mi guardò negli occhi, intensamente, sorrisi «Adesso mi farei vedere la tua stanza dei giochi?» chiesi riferendomi alla canzone che avevamo in sottofondo, sorrise. 
«Posso farti vedere qualcos'altro» rispose, lo guardai «Be,cosa aspetti?» che diamine stavo dicendo, ero ovviamente metà ubriaca, avrei voluto fermarmi ma qualche minuto dopo, le mie labbra erano attaccate alle sue, i nostri vestiti si erano magicamente, sfilati dal nostro corpo, e noi da alzati quali eravamo finiti sul divano di pelle. 
«Questa canzone, è stata la canzone» dicevo io, mentre Sam mi baciava il collo, con un respiro affannoso disse: «Si, è la canzone, sicuramente» 
«Non sarebbe mai successo»
«Mai» continuò «Insomma, è una cosa da niente»
«Ovviamente» continuò lui, mentre con la mano mi accarezzava il corpo. 


Posso assicurarvi che è stato il sesso migliore della mia vita, sarà per il troppo tempo passato, sarà la vodka, ma comunque i miei ormoni in quel momento ballavano il cha-cha.


La canzone che aveva fatto scattare quella situazione finì, e la seguente canzone che partì, fu la cosa più imbarazzante di sempre, partì LET IT GO, dal cartone Frozen, al sentirla tutti e due all'unisono scoppiammo a ridere. 
«Ti giuro che c'è una spiegazione a questo» disse ridendo «Sto facendo sesso, con qualcuno che ascolta le canzoni della Disney, FANTASTICO!» 
«Oh andiamo» diceva continuando a ridere. 

   
 
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