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Autore: andre007    07/09/2015    0 recensioni
le esperienze che vi cambiano la vita sono le più strane e, come tutti gli esseri umani anche il cavaliere non credeva nella magia fino a quando... la nuova esperienza nel nuovo mondo non gli cambiò la vita. arcobaleni, desideri, magia, è così che inizia la mia storia.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Buon giorno signor drago, folletto e anche a lei cavaliere. La regina mi ha parlato molto bene di voi, dal quello che diceva l’avete aiutata molto.”
“ buon giorno a lei…”
“Scusate, non mi sono ancora presentato, sono Centauro il più fidato guerriero, ma soprattutto arciere, della regina. Ho combattuto centinaia di battaglie, sconfitto milioni di guerrieri, ma tutto questo non è niente in confronto a quello che avete fatto voi, cavaliere.”
“ ma io non ero da solo ho avuto i miei amici al mio fianco, pronti ad aiutarci l’ un l’ antro. Ma adesso non c’ è tempo per decidere quali delle nostre imprese sono le migliori, occorre partire immediatamente per il regno di rubino. Siete tutti d’ accordo?”
“ io si”
“ concordo”
“Certamente cavaliere, avete ragione, ma sapete da che parte andare?”
Stetti un’ attimo a pensare poi ricordai della mappa di laghi, dei canali sotto terra, dei fiumi che mi aveva donato il re dell’ abisso. Allora con gran entusiasmo saltai su e per attirare l’ attenzione dei miei amici che ancora pensavano alzai il tono della voce
“ la mappa, ve la ricordate? Quella sottomarina!”
La tirai fuori e glie la mostrai per fargli ricordare. Subito un’ illuminazione apparve nei loro occhi come se avessero trovato il ricordo perduto.
“ c’ è solo un piccolo problema, come farete a respirare? Io sono stato baciato da una sirena ma voi no… bisogna chiedere alla regina, facciamo in fretta.”
Volammo sul drago per arrivare prima al castello della regina, che vedendoci così agitati ci aiutò subito dopo aver sentito il problema. Prese fuori dalla biblioteca reale un libro gigantesco, pieno di polvere che conteneva la soluzione. Le ossigenalghe.
“ragazzi le ossigenalghe sono delle piante acquatiche speciali che permettono la respirazione sott’ acqua, ogni alga permette di respirare per 15 minuti, ma se ne prendete due o tre… a voi i conti.”
“ dove possiamo trovarle?”
“ si troverebbero nella vallata nebbiosa, sulle sponde del lago, però per fortuna nella mia serra ne ho voluto far coltivare 5 ettari. Siete fortunati.”
“funzionano veramente?”
“Non lo sapremo fino a quando non le proverete!”
Allora ci recammo sulle sponde del lago che a quell’ ora del giorno brillava come un diamante esposto alla luce, le onde piccole tal volta si infrangevano tra loro creando per qualche istante una spiuma di un bianco candido, stettimo lì per qualche secondo a goderci quell’ atmosfera, quella brezza che in un breve momento ci fecero credere di essere in paradiso, ma poi tornando al pensiero della missione si decidettero una volta per tutte ad inghiottire le ossigenalghe che avevano un  gusto amarognolo; salutando la regina ci tuffammo in acqua e entrammo in un tunnel con una corrente fortissima che risucchiava tutto ciò che oltrepassava una circonferenza immaginaria. Assecondammo il flusso della corrente nuotando nella stessa direzione, dopo poco tempo sbucammo in un altro piccolo lago che secondo quello che diceva la mappa era il lago di Makui, osservammo il percorso da fare e riprendemmo inoltrandoci in una caverna sottomarina che poi si diramava in due direzioni, a quel bivio avemmo qualche problema a orientarci con la carta ma superato questo pericolo dopo filò tutto liscio il viaggio. Sbucavamo in laghi, fiumi, mari e ogni tanto per ritrovare la nostra posizione dovemmo chiedere ad alcuni tritoni o sirene che incontravamo in piccole città sottomarine; tutta la giornata passò e noi arrivammo a destinazione solamente sul far della mezzanotte, stanchi, stremati, decidemmo di riposarci nel bosco, sotto un enorme abete dalle aghifoglie fittissime. Il giorno seguente mi sveglia molto presto e su tutto il bosco durante la notte si era abbassata una fittissima nebbia grigiastra, tanto fitta da riuscir quasi ad essere tagliata con un coltello, si era portata dietro un odore mai sentito prima: intenso, pieno, che riempiva l’ aria rendendola pesante, a tal punto da togliere il fiato; me ne accorsi solamente quando iniziai a fare respiri più profondi e quando cominciai a inspirare ed espirare affannosamente. Allora in fretta svegliai i miei amici che ancora mezzi intontiti per il sonno non capivano il motivo di tanta fretta, ma li convinsi comunque ad andare a riposarci in un altro posto. Oltrepassata la coltre di nebbia dall’ alto vedemmo il bosco pieno di nebbia che non poteva però essere normale, ma magica; il drago senza alcun indugio ci portò ai piedi di una gande muraglia rossa fuoco e trasparente, dove venimmo fermati da arcieri, a quel punto sapevamo di essere arrivati al termine del viaggio. Lì su due piedi ci toccò scegliere tra la nebbia oppure entrare nella città ( e senza quasi esitare ci dirigemmo verso il portone ci facemmo riconoscere, ovviamente inutile dire sotto nomi falsi,  venimmo accolti). Passò quel presto mattino e ci risvegliammo in pieno giorno con la luce del sole che ci illuminava gli occhi; ricordandoci della missione ci preparammo ma decidemmo di agire solamente quando fossimo stati pronti, oppure solo se ce ne fosse stata la necessità. Ci allenammo per giorni e giorni: il folletto con le erbe che trovava nel bosco e che aveva imparato a riconoscere, produceva intrugli per impacchi, medicine per una guarigione ( tossine ) grave e produceva anche veleni; oppure si impegnava a fare del suo meglio con polverine che dovevano avere no scopo ben preciso in e per un tempo determinato ma alcune volte o le conseguenze arrivavano dopo ore oppure l’ effetto era il contrario e quindi non desiderato (ma che poteva sempre tornare utile); il drago si allenava a sputare frecce di fuoco colpendo dei bersagli di legno o talvolta dei fantocci in paglia e cercava di potenziare il battito delle sue ali in modo da volare più veloce e creare anche brevi ma potenti raffiche di vento; il centauro si continuava ad allenare nel perfezionamento della potenza e della mira con l’ arco e faceva delle gare o delle staffette con il drago per vedere chi di loro era il più veloce, ed in questo modo ogni volta la loro velocità aumentava sempre di più e con questa anche la loro agilità; io invece alcune volte costruivo frecce con punta di metallo o di acciaio per il centauro oppure (di mia invenzione) cominciai a costruire delle armi come artigli di ferro molto affilati per il drago oppure bastoni chiodati ( sempre di metallo ) per me e delle piccole catapulte con palle di vetro, molto sottile, vuote, dove il folletto poteva metterci le sue creazioni da lanciare poi addosso ai nemici senza essere notato. Con tessuti che compravamo nel mercato ci cucivamo vestiti neri o di colori molto scuri che al buio non si vedevano, ma per non far insospettire la gente compravamo anche tessuti di colori accesi, vivaci e ci facevamo delle maglie, dei pantaloni. In segreto, magari andando alle feste del paese o girando vicino al castello, raccoglievamo delle informazioni sulla loro difesa, su una loro eventuale posizione in caso di battaglia, i loro armamenti, in modo da star sempre informati sulle precauzioni da prendere e capire il momento migliore per sradicare il problema una volta per tutte. Si pensava a cosa potesse mettere fine o a non far cominciare una guerra, al punto debole del loro muro di mattoni che teneva in piedi la società, e che senza quello tutto sarebbe crollato; niente doveva sfuggirci, niente doveva mancare, ma soprattutto, non dovevamo essere scoperti. L’ attenzione era tutto ed era ciò che poteva salvarci la vita oppure…
Giorno dopo giorno escogitavamo a lungo e attentamente piani, eravamo addirittura arrivati alla lettera O, ognuno di questi era legato al fallimento del precedente così che trovassimo una via di fuga sempre, in qualsiasi caso sarebbe andata. Alla fine delle due settimane di allenamento intensivo che ci eravamo prefissati eravamo pronti ad agire, la notte del 14 giorno demmo il via alle danze; impazienti irrompemmo nel castello subito dopo il crepuscolo, quando si fece buio, l’ elfo aprì la serratura della finestra con alcuni suoi piccoli arnesi, poi a passo felpato ci dirigemmo verso i sotterranei dove pensavo che il re tenesse i suoi poteri, allora ci avvicinammo alla porta ma il primo ostacolo apparve: una guardia notturna ( ma non fu un problema, infatti con la catapulta e la sua pozione l’ elfo lo addormento), continuando il nostro viaggio percorremmo le scale ripide che ci portavano sempre più giù, in fondo, sotto quelle vecchie mura di cemento e incantesimi che costituivano il palazzo, tra la terra umida e sparpagliata di radici d’ alberi e fiori, fino ad un piccolo giardino sotterraneo con un pozzo al centro sorvegliato da un numero che non saprei precisare di soldati armati di lance. Sussurrando ai miei compagni gli dissi
“Immagino che siamo arrivati dove volevamo”
Il centauro stava già per scoccare una freccia che avrebbe dato vita ad uno scompiglio generale quando
“Metti via quella freccia non ci vorrai micca far scoprire vero?”
“Non c’ è bisogno di agitarsi elfo, è umano commettere errori, ma facciamo in modo che non si ripeta centauro, se no il nostro piano potrebbe andare a monte.”
“Sì certo scusate avete ragione, mi ero fatto prendere dall’ ansia non succederà più.”
“Ok adesso creiamo un diversivo e distraiamo le guardie prima che si accorgano di noi”
“A questo posso pensarci io “
Pronunciò la voce sottile del piccolo elfo che sparse una polverina giallastra su una freccia, alla vista dopo pochi sitanti la polverina era scomparsa quasi totalmente ma al tatto la freccia era calda.
“È una mia nuova invenzione darà alla freccia, se scagliata con velocità giusta, l’aiuto a distrarre le guardie”
“Adesso provo a lanciare la freccia all’ altro corridoio vediamo se si spostano”
Il centauro in posizione con la mano destra che tendeva il filo. La sinistra che fungeva da sostegno per la punta dell’arma che usava come mirino. In ginocchio sugli scalini. Con uno scrocchio la freccia era partita veloce come una saetta, ma non si vedeva ancora l’effetto della nuova creazione dell’elfo, solo a pochi centimetri da terra si scaturì una forte energia che fece scatenare sulla freccia un fuoco che non sembrava bruciare mai il proiettile. In quel momento le guardie cominciarono ad agitarsi a trovare qualcosa con cui spegnere quella forza della natura, ma niente, scapparono lasciando il pozzo incustodito. Per sicurezza io e i miei compagni utilizzammo un altro trucco: prima di entrare nella stanza un altro intruglio dell’elfo si fece utile, perché era un insieme di succhi e di piante che solo lui conosceva usato insieme al forte battito di ali del drago si sparse per tutto quel piazzale chiuso da un muro di mattoni mostrando trappole, magie di protezione che ci avrebbero potuto far lasciare la pelle. Così intervenni io, riuscendo a distruggere quella barriera di incantesimi con alcune mie armi.
“E ora che si fa? Abbiamo fatto scappare le guardie ma non c’ è niente dentro al pozzo”
“Guarda meglio magari ti è sfuggito qualcosa, un luccichio, un rumore…”
“I ragazzi proporrei di saltarci dentro, che ne dite?”
“Per me va bene tanto a vederlo così non è molto profondo e in teoria ci dovrebbe essere l’acqua”
Io subito senza aspettare mi gettai ma non sentivo niente, era come se continuassi a cadere ma non velocemente, stavo fluttuando nel vuoto, mi diressi verso il basso fino d un certo punto, fino a quando come se d’ un colpo avessi ripreso peso, caddi come una pera. Non mi preoccupavo di dove fossi finito ma piuttosto di dove fossero gli altri, mi guardai in giro. Poi delle voci dall’alto. Ed un tonfo che risuonò con l’eco lungo la caverna davanti a me.
“Vi siete decisi a venire anche voi finalmente!”
“Abbiamo avuto qualche problema con il piccolo elfo, era troppo leggero e non riusciva più a scendere, allora li ho acchiappati uno ad uno per creare più peso e scendere”
“Ottima idea, bene ora che siamo tutti qui possiamo procedere per quella caverna”
“Aspettate adesso faccio luce”
Una piccola pallina di vetro si trasformò in una fiammella di fuoco fatuo che ci illuminava la via.
“Ottimo lavoro ma come facevi a sapere che si sarebbe incendiata?”
“Semplice perché è fatta di un vetro particolare composto dalla sabbia di una pianta che si trova quasi dappertutto”
Dopo quella chiacchierata ripartimmo per attraversare il corridoio che ci portò in una stanza con una luce che inondava il luogo, sembrava fossimo in cielo. Era tutto azzurro, una luce che proveniva da sotto il pavimento era amplificata da una piccola pietra a forma di goccia. La estrassi. La luce si riunì in un unico dipinto sul soffitto ma non successe nulla, allora rimisi la pietra a posto e sul soffitto notammo delle iscrizioni, era l’alfabeto di quel mondo così strano, così diverso, ma capì cosa c’era scritto. Stranamente era come se avessi parlato quella lingua fin da bambino, a scuola, la sapevo leggere benissimo ma non capivo il significato.
“Il fascio di luce e la gemma avete trovato per poter liberare il potere arcano in un altro mondo sigillato. La donna dal pianto di diamante è ancora possibile trovare anche se gli antichi in un altro universo l’han voluta segregare. Quattro pietre unite possono farla riapparire se attraverso loro il fascio della luce gialla un fiore fa fiorire. Ma cosa vuol dire! Ragazzi ma voi avete capito di cosa sta parlando?
Tutti in quel momento stavano pensando intensamente a scio che potesse significare, ma il mistero continuava perpetuo a tormentarli ma d’ improvviso saltai su
“Ragazzi ricordiamoci della missione non è ancora finita, dobbiamo continuare la nostra ricerca”
Mi scrissi la frase su un pezzo di carta che misi nel taschino, dopo di che ripartimmo passando la seconda porta di quella stanza. Le porte alle nostre spalle si chiudevano, ma noi dovevamo andare avanti per il bene dei popoli. Seguendo il corridoio sbucammo fuori dalle mura e l’uscita praticamente era dentro un albero cavo. Ne approfittammo per tornare dalla regina smeraldina e cercare di decifrare insieme a lei l’enigma della pietra. Una volta al suo castello cercammo su tutti i libri senza alcun risultato. Consultammo allora il vecchio saggio del villaggio che ci rivelò la libreria segreta, era dentro al castello allo scuro perfino della regina. Era immensa migliaia di libri, scaffali, con libri di qualunque tipo, a noi serviva la categoria leggenda. Una piattaforma magica ci portò su quello scaffale dove trovammo quello che cercavamo. Nel libro c’ erano le informazioni, ma non la soluzione per cui dovemmo mettere insieme più racconti per capire che le quattro pietre da unire erano i cuori del potere delle due regine e del re più la pietra a forma di goccia d’ acqua che avevamo trovato a formare un fiore, ma continuavamo a non capire cosa fosse la luce gialla. Senza perdere tempo ci recammo subito nel regno di zaffiro per chiedere la pietra del suo potere, la giada. Le spiegammo la sua utilità, la sua importanza per salvare quel mondo e, dopo questo si convinse e ce la diede in custodia. Smeraldina sapeva già tutto così senza pensarci ce la cedette anche lei, ora mancava solo quella di rubinio, ma come avremmo fatto a prenderla? Be’ ovviamente avevamo un piano, come sempre. Tornammo velocemente nel regno di rubino, passammo per il tronco cavo e ci ritrovammo di nuovo nella stanza dove c’era la luce blu, tornammo al punto dove c’ era quello spazio vuoto da cui eravamo caduti e cii trovammo davanti un’altra porta che la prima volta che arrivammo lì non c’era. La aprimmo e passando per l’uscio sbucammo in una sala illuminata da fiaccole, piena di sorveglianti, animali trasformati e sotto il controllo del re malvagio. Non avremmo potuto riutilizzare lo stesso trucco perché c’ erano troppe guardie e alcune dopo il nostro attentato dell’altra volta avevano secchi d’ acqua pronti, per questo dovemmo usare i mantelli che la regina mi aveva dato uno dei primi giorni. Mantelli speciali che ci facevano diventare uguali alla parete in modo tale da non poter essere visti e passare inosservati. Cercammo di passare silenziosamente ma gli zoccoli di centauro facevano rumore, quindi tutti si misero in allerta, ma non ci avevano ancora individuati; per ciò mettemmo dei cuscini sotto i piedi del nostro amico rumoroso (non erano veri e propri cuscini, ma dei pezzi di stoffa che ci erano rimasti da quando facevamo i vestiti). Eravamo quasi alla porta quando drago fece un grandissimo sternuto che fece volar via i mantelli. Iniziammo così a lottare ognuno di noi si aiutava a volte ci chiamavamo altre sembravamo telepatici.
“Elfo cerca le chiavi per aprire la porta, le dovrebbe avere la guardi che era vicino alla porta” suggerì impegnato a tirare pugni
 “Ok adesso ci provo, centauro dammi una spinta”
“Va bene Sali sulla freccia cerco di mandarti in una posizione favorevole”
Saltato sulla freccia centauro tese l’arco e con velocità il nostro piccolo amico si ritrovò in alto, e cominciò a scrutare tutte le guardie.
“Drago attento alle spalle ti sta per saltare in groppa”
Il gigante alato si girò con tanta forza che l’ala creò un turbine di vento fortissimo che sbatté tutti quelli che lo accerchiarono attorno al muro, e rimasero li privi di conoscenza.
“Wow che potenza”
Non feci in tempo a girarmi che uno mi stava per saltare a dosso per pugnalarmi ma centauro scagliò una freccia e lo mise al tappeto. Eravamo rimasti sbalorditi da quanti sorveglianti fossero in quella stanza, ma dovemmo riprenderci velocemente soprattutto perché stavano per arrivarne altri; nel frattempo l’elfo si era dato d fare a cercare le chiavi e le aveva trovate. Con gran foga ci gettammo tutti assieme sulla serratura della porta.
“Ragazzi ecco la chiave… ma… non gira abbiamo sbagliato provatene subito un’altra presto”
Da quel momento il panico ci prese di soprassalto e non capivamo perché ci fossero tante chiavi ma tutte quelle che provavamo non funzionavano e da allora iniziarono i commenti che facevano salire sempre di più l’ansia, commenti come: “nemmeno questa” oppure “ questa non entra nemmeno” o anche “ ragazzi nel cercare di girare la chiave si è rotta”, ma dopo quest’ultima battuta cademmo tutti in una risata che risuonò per tutta la stanza, ma non capì se era una risata di ansia dovuta alla tensione oppure una risata di quelle felici, contagiose. Nella confusione totale l’elfo era rimasto serio e continuava a provare le chiavi, una dopo l’altra con grande fretta come quando una persona è in ritardo. E cene accorgemmo perché fu lui a darci la notizia che la porta si era aperta. Ora la gioia era in tutta la stanza, saltavamo ci abbracciavamo, ma solo per quel piccolo attimo, perché poi scoprimmo che la porta non conduceva da nessun’ altra parte che in una piccola stanza vuota con un baule aperto e anch’ esso vuoto, pensammo subito al peggio. Ma casualmente dalla tasca dell’elfo cadde una piccola ampolla con dentro uno dei suoi esperimenti che ci spiegò che non sapeva ancora la reazione che avrebbe causato perché non lo aveva ancora testato. La scoprimmo nell’ immediato.
“O mamma mia hai capito a cosa serve la tua nuova creazione? Sei un genio elfo… vero ragazzi?”
Nessuno mi rispose perché tutti erano rimasi basiti a ciò che stavano assistendo. Davanti loro una posta apparve come per magia e a farla apparire era stata la pozione del nostro piccolo ed intelligente amico.
“Waw è incredibile che questo tuo esperimento abbia creato una porta cos’… dal nulla”
Risposi io per l’elfo al centauro
“Non l’ha creata, ha semplicemente rotto un incantesimo potentissimo dell’invisibilità”
Entrati con cautela nella stanza ci ritrovammo davanti al cuore del potere di Rubinio.
Lo afferrammo e lo portammo con noi attraverso tutte le innumerevoli porte già oltrepassate in precedenza ritrovandoci nuovamente al difuori del tronco cavo dove fummo avvistati nientemeno che da Rubinio che preparò subito un esercito e addirittura lui in persona venne per riprendersi la sua principale fonte di potere. Ovviamente noi andavamo volando sopra il drago le cui ali erano diventate tanto potenti da trasportate un carro con sopra della gente. In men che non si dica ci trovammo nello spiazzo davanti al castello della regina Smeraldia dove unimmo questo immenso potere con gli altri; si creò una tempesta e poi un ciclone da cui uscì diamantina, poi il caos si placò. La giovane ragazza ancora bella decise di fare un discorso per addolcire gli animi e lo scopo fu raggiunto, infatti, anche rubinio pensò che era inutile fare la guerra perché ciò avrebbe portato solo morti e infelicità nei popoli senza una fine perché ognuno di questi regni era forte uguale. In quel momento dovetti salutare tutti perché sentivo che era il momento di svegliarsi e il drago con grande velocità mi riporto con quei vestiti a casa donandomi anche una sua scaglia. Mi svegliai finalmente ma addosso non avevo il mio pigiama bensì i vestiti di quell’ avventura e nella tasca destra di pantaloni avevo la scaglia del drago. 
   
 
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