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Autore: QWERTYUIOP00    08/09/2015    2 recensioni
Un complotto svelato.
Un emissario attaccato.
Due città in rivolta.
E tanto, tanto sangue.
Seconda storia della serie "Downfall"
Genere: Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Downfall'
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Le possenti mura del castello circondavano il battaglione silenziose.
I cavalli nitrivano e scalciavano, le armi stridevano quando strusciavano tra loro e contro le armature.
Tutto intorno, silenzio.
La città era ancora addormentata mentre il sole spuntava dall’orizzonte dando le prime luci del giorno mentre le ombre si estendevano lunghe per terra.
S’virr percorse velocemente il cortile, diretto al suo cavallo, un esemplare calmo ma imponente, di colore chiaro, proprio come il suo padrone.
“Ecco il tuo cavallo, gatto” sbottò il maniscalco, un uomo basso e tozzo, con la faccia butterata che digrignava osservando il Khajiit con tutto il suo disprezzo riusciva a dimostrare.
“Un gatto nella cavalleria di Leyawiin” continuò a berciare quello sputando per terra “dove andremo a finire?”
S’virr salì sulla sella, noncurante.
“Non ascoltarlo” si disse “agli uomini piace insultare gli altri, specialmente se Khajiit. Così non devono pensare al loro stato. Ma sai cos’è che piace di più agli uomini di insultare un Khajiit? Un Khajiit che si ribella”
Il cavallo avanzò per le fila e, posizionatosi davanti al varco del castello, si mise ad attendere.
Dall’alta parte del cortile le porte della Sala Grande si spalancarono.
Il conte Marius Caro marciava verso il suo destriero bianco.
L’armatura del conte fluiva silenziosamente con i suoi movimenti.
Al centro della placca pettorale, lo stemma di Leyawiin, un cavallo rampante bianco coi contorni gialli in campo verde, minuziosamente ricamata con filigrana dorata e ornata ai bordi da piccoli smeraldi, splendeva attirando l’occhio.
Alle spalle, due teste di cavallo dorate ornavano i fermagli su cui si appoggiava il pesante mantello bianco con lo stemma della contea.
A coronare il tutto, l’elmo che lasciava intravedere il viso, bianco e oro nei finimenti era sormontato da un piccolo cavallo dorato rampante.
L’armatura, regalo di nozze da parte della suocera Arianna Valga, contessa di Chorrol, era una delle più belle di Cyrodiil, se non di Tamriel e non era mai stata usata fino a quel momento se non per qualche cerimoni o premiazione.
Quell’armatura leggendaria avrebbe avuto,  a breve, il suo battesimo di sangue.
Raggiunto il cavallo, il conte Caro montò in sella e, con una brusco colpo di redini, fece partire il destriero lungo la stretta passerella in legno che collegava la città al castello.
Dopo il conte S’virr e gli altri cavalieri partirono al trotto, seguiti dalla fanteria.
Superato il ponte, il conte di Leyawiin volle fare un breve giro per le strade di Bravil, prima di lasciare la città.
I cittadini, svegliati dal trambusto dell’esercito, cominciarono ad affacciarsi alle strette finestre delle baracche in legno o ad uscire per le sporche strade in terra battuta.
I cavalieri di Leyawiin continuavano ad avanzare, seguendo il conte nella sua splendente armatura raccogliendo gli sguardi stupiti e ammirati di alcune persone, o quelli carichi d’odio di altre.
Il conte sorrideva.
“Sta avendo lo spettacolo che desiderava da giorni” pensò S’virr “Agli uomini piace mettersi in mostra ed esibirsi. Li fa sentire potenti, non importa quanto fragile sia l’incantesimo. Loro vogliono crederci”
Tsavi conosceva proprio bene quella strana razza che erano gli uomini, del resto aveva lavorato affianco a loro per anni e anni.
Tsavi.
Pensare a lei fece apparire un sorriso sul volto di S’virr. Presto l’avrebbe abbracciata di nuovo, presto avrebbe potuto passare con lei il tempo piuttosto che con gli ingrati umani.
Presto sarebbe tornato a casa.
Il corteo passò attraverso una piazza su cui si affacciava la Cappella di Mara, con lo snello campanile che si stagliava per decine di metri in altezza.
Al centro della piazza vi era una statua singolare che raffigurava una donna sopra un elaborato piedistallo.
Al termine della processione il conte soddisfatto fece uscire l’esercito dalla città attraverso i cancelli principali.
Presero la Via Verde, che dirigeva verso sud, verso Leyawiin, e seguiva la riva ovest del fiume Niben.
Dopo qualche minuto, Caro fece segno a S’virr di raggiungerlo.
Il Khajiit spronò il cavallo che, con qualche colpo di zoccoli sul terreno fangoso, arrivò all’altezza del destriero del conte.
“Mio caro S’virr” lo salutò Marius “ci siamo: siamo in guerra”
“Ne è felice?” chiese sorpreso il Khajiit, per poi ricoradrsi subito.
“Agli uomini piace andare in guerra, per loro è come fare un bagno in quella linfa che ritengono vitale: la gloria” la voce risuonava nella sua testa.
Tsavi conosceva troppo bene gli umani.
“Non dovrei esserlo?” rispose Caro “S’virr, questo non è un massacro, non è una battaglia, ma qualcosa di più semplice: giustizia”
Il Khajiit non controbatté.
“Vedi, noi adesso stiamo andando ad uccidere dei traditori: dei disertori, dei briganti”
“Come? Che cosa hanno fatto per meritarsi un attacco di cavalleria?” domandò ancor più sorpreso S’virr.
“Sono i responsabili dei recenti naufragi nel Niben” spiegò l’Imperiale “degli attacchi alla nostra sovranità, alla nostra sopravvivenza. E l’Impero non punirà quei banditi che si fregiano del titolo di Maghi Guerrieri Imperiali. Per questo noi non apparteniamo più all’Impero, ma al Diarcato del Niben”
Il Khajiit non era sicuro di capire, ma non volle continuare a parlare di quell’argomento.
“Vedrai, giustizia sarà fatta: da noi!” esclamò esultante Maro portando il pugno al petto, per sottolineare l’ultima affermazione “e saremo accolti a Leyawiin con feste e banchetti!”
“Dalla contessa?” chiese S’virr ironico.
Il conte rise di gusto piegando indietro la testa.
“Ah! Sì, mio caro S’virr. Dalla mia amata moglie… ecco, forse tu non tanto” disse infine trattenendo a stento le risate.
“A stento sopporta il fatto che vi sia un Khajiit nella cavalleria” osservò il soldato.
“Sì, va bene” concesse Caro “sappiamo tutti e due del grande amore della contessa mia moglie per la tua razza e quella degli argoniani. Ma si tratta sempre di mia moglie. Io la amo e questo discorso finisce qui”
“Dunque, stiamo andando contro un gruppo i maghi guerrieri” disse S’virr.
“Esatto, perché?” chiese il conte.
“S’virr pensava che forse Tsavi ci sarebbe stata utile” osservò il Khajiit.
“Già, la maga di corte poteva rappresentare un vantaggio contro degli utilizzatori della magia” concordò Maro, per poi tornare a ridere “ma sarebbe stata un’altra Khajiit da festeggiare e per mia moglie sarebbe davvero troppo! Piuttosto si darebbe all’Impero!”
“Crede che noi possiamo farcela?” chiese improvvisamente cupo S’virr.
“Certamente” assicurò il conte “mio figlio sta concordando con dei mercanti di Black Marsh e Valenwood del legname per una flotta e, dopo esserci occupati di questo problema interno dei maghi guerrieri, attaccheremo la capitale, solleveremo il vessillo del Diarcato sulla Torre Oro Bianco, parola mia”
“Vostro figlio ha soltanto sedici anni” obbiettò S’virr.
“È abbastanza uomo per occuparsene” rispose secco il conte “e, forse, potrà anche comandare una nave durante le battaglie a venire”
“Sarà un massacro” continuò il Khajiit.
Il conte rise di nuovo.
“Ah, mio caro S’virr, è per questo che mi piaci: sai dire le cose schiettamente e sei un guerriero formidabile” rispose infine “ma è la guerra, del resto. La guerra è come una corsa, solo che alcuni partecipanti non arrivano al traguardo”
E rise di nuovo.
La colonna continuò a marciare in silenzio, mentre S’virr continuava a pensare alle parole del conte.
“Ci arriveremo al traguardo?”
 
 
 
  
 “Sono… sono tutti appostati lì… nella… nella radura” l’esploratore ansimava mentre parlava.
“Fermo, fermo” gli disse S’virr “prendi fiato e poi parla”
La collina sulla quale si erano appostati si discostava di poco dalla Strada Verde e, dal crinale su ci si trovavano, pendeva ripidamente andando ad insinuarsi nella fitta foresta, più in là si apriva una radura nella quale ardevano dei fuochi.
L’esploratore fece quanto gli aveva detto e poi parlò: “Non si sono divisi o distaccati e tutti gli uomini sono appostati nella radura”
“Quanti sono in tutto?” chiese imperioso Caro, il cavallo bianco che scalpitava e sbuffava.
“Hmm” l’esploratore rifletté un momento “Una ventina circa, non posso essere più preciso. Dovevamo stare abbastanza lontani per essere al di fuori dei loro incantesimi Individua Vita”
“Bene” convenne il conte “dovremmo essere in grado di distruggerli senza difficoltà”
L’esploratore si congedò mentre i cavalieri fissavano davanti a loro.
La radura era circondata da tre i lati dalla foresta e il quarto da un’altura rocciosa.
Il campo con i fuochi risaltava in quella notte buia; neppure Secunda splendeva quella notte in cielo, e questo a S’virr non piaceva.
“Hai qualche piano?” chiese Maro fissandolo intensamente.
“È possibile” rispose il Khajit pensieroso “Ma gli uomini dovranno essere molto silenziosi. Si può contare su questo fattore?”
“Direi di sì” disse il conte, dubbioso “che cos’hai in mente?”
“I due reparti di fanteria potrebbero prenderli ai lati” rispose S’virr “Quelli non vogliono ingaggiare combattimento; penseranno a scappare”
“E lo faranno lungo questa collina” lo interruppe Caro.
“Esatto” concesse il Khajiit “ai lati della formazione, gli arcieri li inonderanno di frecce. Loro proseguiranno, solo per andare incontro ad una carica di cavalleria”
“Le loro formazioni saranno spezzate” osservò raggiante , con gli occhi spalancati il conte, sorridendo “saranno separati, soli, circondati. Perfetto, agiremo così, solo voglio lasciare un manipolo di fanteria qui sul crinale nel caso alcuni maghi guerrieri sopravvivano alla carica, non voglio che qualcuno riesca a fuggire”
Gli altri cavalieri assentirono e vennero chiamati tre tenenti che avrebbero comandato le tre divisioni di fanteria.
Mentre Caro illustrava la tattica per l’assalto agli ufficiali, S’virr galoppò lungo il crinale per dare istruzioni agli altri cavalieri circa la formazione d’attacco.
Gli uomini risposero con grugniti e saettate d’odio verso il Khajiit che osava dare loro ordini, ma obbedirono.
“Gli uomini sono orgogliosi. Non si piegheranno facilmente, o comunque di buon grado, davanti ad un Khajiit. Ma si faranno massacrare per uno che appartenga alla loro razza; sarà anche stupido, ma loro lo seguiranno”
Troppo bene.
“Presto sarò con te” pensò di nuovo il Khajiit, per poi tornare al fianco del suo conte.
Stettero sul crinale, immobili e silenziosi come il predatore pronto al balzo, dovevano solo aspettare che la preda uscisse dalla tana.
I due reparti di fanteria scesero rapidamente la collina, portandosi sempre di più ai lati, attraversando i boschi che circondavano la radura.
Dopo qualche minuto, un urlo fu lanciato, i corni suonarono nella piana, gli ordini volarono veloci.
Nella silenziosa piana calò il caos.
I fanti si lanciarono ai lati dell’accampamento sventolando le armi al cielo e gridando: “Leyawiin! Il conte Maro!” alcuni persino “Per l’Impero!”
Le fiamme saettarono nella radura raggiungendo gli alberi, che si accesero.
Tutto lo scenario si rischiarò mentre l’incendio si espandeva, si riuscivano a distinguere i soldati e i maghi guerrieri, che evocavano daedra minori, alcuni persino dremora.
Un’esplosione riaccese l’ambiente e alcuni uomini del Diarcato volarono indietro; alcuni atterrarono a terra, altri contro gli alberi rompendosi l’osso del collo.
Sul lato sinistro i fanti indietreggiarono e i maghi, per aumentare l’efficacia del contrattacco si mossero i gran parte su quel lato.
Il reparto destro, approfittando dello spazio concesso, si lanciarono all’assalto più violenti di prima, invitando i loro compagni a fare  lo stesso.
I fanti risposero e un manipolo di uomini si lanciò contro i maghi in massa, mulinando asce e mozzando arti e teste nel frattempo.
Schiacciati dai due schieramenti, una decina di maghi cominciò ad inerpicarsi sulla collina, faticando per la ripidità della salita.
Il conte diede l’ordine, i corni suonarono di nuovo, gli arcieri lanciarono i loro dardi che fischiavano tra le urla straziate degli uomini.
La cavalleria si mosse seguendo i vessilli del conte in un’incredibile sinfonia di nitriti, urla di guerra, armi che stridevano tra di loro.
L’orchestra avanzò lungo la discesa, i cavalieri che mulinavano le asce mentre nei loro occhi spalancati trasmettevano la loro voglia di sangue che usciva anche dalla loro bocca sotto forma di gridi di battaglia.
Sotto il ritmico incessare dei cavalli andarono incontro ai maghi guerrieri, di cui alcuni, di fronte a quella orribile immagine, cominciarono persino a piangere, ad invocare gli dei, a correre loro incontro chiedendo il perdono del conte mentre si rivolgevano ai divini.
Vennero tutti travolti dalla carica, le ossa che scricchiolavano mentre alcuni corpi addirittura volavano, di fronte all’impatto con la cavalleria, i loro volti ancora segnati dalle lacrime.
Uno sparuto   gruppo di maghi decise di resistere e a lanciare palle di fuoco contro gli attaccanti.
Il cavallo si S’virr, colpito da un dardo incendiario, si incurvò di lato, le gambe piegate mentre  con un nitrito esprimeva tutto il suo dolore.
Il Khajiit, intento a spegnere il fuoco che avvampava sul suo braccio destro, venne sbalzato in avanti, al termine della collina.
Il corpo atterrò bruscamente nella radura, con il bracciò che scrocchiò, rompendosi.
S’virr urlò di dolore, ma subito si rialzò prendendo la sua spada, caduta poco più avanti.
Un mago si avventò su di lui, con una spada evocata.
Il Khajiit parò facilmente i colpi dell’avversario, gemendo ad ogni botta per il dolore.
Una volta aperto uno spiraglio con una carica di fendenti, S’virr, mozzò di netto la testa dell’avversario.
Si guardò intorno.
La cavalleria, che aveva finito la carica si stava girando per compierne una nuova, quando si fermò ad un grido.
“Ci arrendiamo!” vociò un uomo sulla cinquantina, che aveva evocato uno scudo.
Accanto a lui era steso un uomo, il terreno sotto di lui era coperto di sangue.
“Qual è il tuo nome?” chiese il conte.
“Albert Nelles, comandante di questo reparto di maghi guerrieri” rispose orgoglioso il bretone “ho solo due condizioni per la resa: curate questo mio uomo e poi lasciatelo andare. Io… risponderò io per i crimini commessi dal mio reparto”
“Soldati, arrestate quel Nelles” ordinò il conte.
L’uomo venne preso e ammanettato con delle manette incantate in modo da silenziare il mago: non poteva usare incantesimi con quelle addosso, gentile regalo del mago di corte di Bravil.
“Quanto a quell’uomo…” aggiunse infine Caro “uccidetelo, non vi è niente che possiamo per un fuorilegge traditore”
Tra le urla e i calci di Nelles, un soldato si fece avanti e, con la sua ascia, decapitò il ferito.
“Che gli dei mi siano testimoni!” urlò il bretone inveendo contro il conte “un giorno, tu pagherai per quello che hai fatto oggi, Caro, mi hai sentito? Te lo prometto!”
   
 
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