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Autore: hinata 92    08/09/2015    3 recensioni
Chi non ricorda Jack-Jack Parr, il neonato dotato di capacità straordinarie? Sarà destinato a seguire le orme paterne, avrete pensato tutti. E se invece durante la crescita avesse perso ogni potere? Come potrà affrontare da solo un'impresa molto più grande di lui?
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edna Mode, Jack-Jack Parr, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Strani patti di mutuo aiuto

 

Jack-Jack respirava profondamente, cercando di mantenere tutto il suo sangue freddo. Questa volta Steve e Melanie erano decisamente più tranquilli, ma non era semplice per lui mantenere la concentrazione necessaria per volare. Aveva la testa piena di pensieri.

Tanto per cominciare, per poter volare aveva dovuto far uscire le ali, e solo per quello ci aveva perso una ventina di minuti. Aveva voluto a tutti i costi avere solo le ali del demone, rimanendo se stesso, e la cosa non era stata affatto semplice. Poi, quando ci era finalmente riuscito, si era reso conto di un altro problema non indifferente: J.J. Parr non aveva la forza di sollevare di peso entrambi i suoi amici e di sostenerli in volo. Aveva fatto diversi tentativi a vuoto, e proprio quando stava per rinunciare improvvisamente Steve e Melanie sembrarono essersi fatti leggerissimi. Ma non erano loro ad essere cambiati, lo sapeva bene. Sembrava quasi che in quel momento avesse la superforza, come suo padre. Ma che gli stava succedendo? Quella mattina non aveva neanche un potere, e ora sembrava averne diecimila! Alcuni corrispondevano a quelli che ricordava gli avevano raccontato avere da piccolo: la trasformazione, il fuoco, i raggi laser... ma la super forza? Quella era un’esclusiva di suo padre! Che avesse ereditato  anche quella? E se sì, perché non riusciva a usarla sempre? Suo padre doveva controllarsi per limitarla, non per usarla!

Troppi dubbi, troppe preoccupazioni affollavano la mente di Jack-Jack. Quanto avrebbe voluto avere vicino la sua famiglia: loro lo avrebbero aiutato a capire e a controllarsi, ne era sicuro. Ma ora non c’erano e l’unica persona che gli era venuta in mente che fosse in grado di aiutarlo abitava molto lontano da lì. Il che da una parte era un bene, se fosse stata anche lei in città sarebbe svanita insieme a tutti gli altri.

«Tutto bene? Tra non molto dovremmo esserci!»

Steve rispose: «Tu, piuttosto, ce la fai?»

«Sembra che non abbia molte altre alternative.»

Nonostante non si sentisse per nulla stanco, J.J. ringraziò il cielo quando i suoi piedi toccarono terra. Ce l’aveva fatta, di nuovo.

Gli ci volle di nuovo qualche minuto per far scomparire le ali, poi, quando ebbe recuperato più o meno il controllo di sé, cercò di suonare il campanello con tutta la delicatezza possibile, nel terrore di avere ancora la super forza.

Un uomo sconosciuto apparve in un schermo.

«Avete un appuntamento?»

J.J. sospirò. Ogni volta la stessa storia.

«Sono Jack-Jack Parr, figlio di Robert Parr. Avrei urgente bisogno di parlare con la signorina Mode.»

«Mi dispiace, si ricevono visite solo per ap...»

Eccola, come sempre. Da quando si poteva ricordare ogni visita in quella villa iniziava sempre così.

Sotto lo sguardo perplesso di Steve e Melanie e quello divertito e rassegnato di J.J., l’uomo venne allontanato dallo schermo a bacchettate, mentre una vocina stridula diceva: «Fatti in là, tu, ci penso io!»

Un occhio enorme apparve sullo schermo: «Chi c’è? Chi sei tu? Cosa vuoi?»

J.J. fece un sorrisino imbarazzato: «Ciao Edna

«Oh! Il piccolo Jejè

Il ragazzo arrossì, ma la donna parve non farci caso: «E il resto della famigliola?»

«Sono qui da solo. Vedi, c’è...»

Edna lo interruppe immediatamente: «Bravo, fai bene, apprezzo gli uomini indipendenti, quelli che non stanno attaccati alle gonne di mammà. Entra, entra.»

I cancelli si aprirono, mentre Melanie diede una gomitata a J.J. picchiettandosi la testa con il dito. Il ragazzo sorrise imbarazzato.

«L’avevo detto che era un tipo originale.»

«È una supereroina?»

«Credimi, lei non ha bisogno di superpoteri. Basta e avanza così.»

Steve ridacchiò: «Posso chiamarti anch’io Jejè

J.J. rise mostrando un pugno: «Provaci e ti ustiono.»

I ragazzi entrarono titubanti in quella che sembrava una dimora enorme e ultratecnologica, bizzarra e originale come la sua proprietaria. L’attesa non durò a lungo, perché subito una donnina piccolissima ma con un enorme paio di occhiali entrò camminando velocissima nella sala.

Edna allargò le braccia, accogliente: «Jèjè! Ma quanto sono contenta che mi sei venuta a trovare... bacio-bacio.»

Con una forza insospettabile, la stilista aveva tirato un braccio di Jack-Jack fino a portare il volto alla sua altezza per poterlo baciare. Il ragazzo aveva un’espressione imbarazzata ma rassegnata, come se avesse vissuto quella scena moltissime volte.

«Scusami, Edna, se salto i convenevoli, ma ci sarebbe...»

Ma la donna non lo stava già più ascoltando: «Oh, ma vedo che abbiamo altri ospiti. Siete gli amici di Jèjè, bene! Lo vedo sempre piuttosto asociale, il ragazzo, il che è un gran peccato...»

Jack-Jack si sentì di nuovo ribollire di rabbia, ma cercò di mantenere la calma: «Edna, per favore, ascoltami, è importante.»

«Oh, anche fare gli onori di casa lo è.»

«EDNA!»

Fu un attimo. Il ragazzo sbatté un piede a terra dalla frustrazione e improvvisamente una profonda crepa si allargò su tutto il pavimento. Steve e Melanie gridarono, mentre Edna balzò di lato con una piccola e lenta piroetta, quasi con nonchalance, con una classe che indubbiamente poteva appartenere a lei e a lei sola. Spaventatissimo, Jack-Jack s’inginocchiò sul pavimento e, non sapendo neanche lui perché lo stesse facendo, mise le mani sui due lati della crepa e fece il gesto di avvicinare i due lembi. Il terreno, obbedendogli, si richiuse, come se nulla fosse successo. Il ragazzo rimase lì, immobile, terrorizzato da quanto aveva appena compiuto. Edna, invece, lo osservava con un sopracciglio alzato, come se lo stesse analizzando ai raggi X.

«Inizio a farmi un’idea del motivo per cui sei giunto da me, Jèjè...»

Il ragazzo gli rispose con una vocina stridula: «Meno male, perché io non riesco a capirci nulla da un pezzo...»

La stilista fece un cenno con la mano: «Venite, ne parleremo di fronte a un tè. Sempre che tu non preferisca altro, Jèjè, nel caso dimmelo a voce e non spaccarmi il servizio buono, caro. Sai, farmene mandare un altro da Hong Kong non è impossibile, ma una gran scocciatura, quello sì...»

Jack-Jack non osò prendere in mano nulla, anzi, non osò neppure sedersi. Raccontò quanto accaduto lentamente, cercando di comprendere lui stesso alcuni punti che non gli erano chiari. Steve e Melanie si limitarono a sorseggiare il tè, mentre Edna, stranamente, rimase in silenzio ad ascoltare, in un atteggiamento rispettoso quanto innaturale per lei che agitò ancora di più J.J. .

«A proposito, Edna, volevo chiederti una cosa... da quanto tempo mi trucchi gli abiti?»

La stilista fece un gesto di nonchalance con la mano: «Ma da sempre, Jèjè. Certo, quando era tua madre a comprarti i vestiti, era più semplice, potevo anche permettermi di aggiustare un pochino lo stile di quegli straccetti, ma ora che ti compri gli abiti da solo, tua madre mi ha imposto con irripetibili minacce di non modificare nulla... il che, ragazzo mio, per il mio povero cuore di stilista è ogni volta un martirio. Sei un bravo ragazzo, nulla da dire, ma il tuo stile è... perdonami, non mi viene in mente il superlativo di orrido.»

Jack-Jack arrossì: «E perché non mi avete mai detto nulla?»

«Per evitare che reagissi come stai reagendo ora...»

Il ragazzo stava per rispondere alla provocazione, quando fu assalito da un raccapricciante sospetto: «Edna... non hai messo anche nei miei abiti i rilevatori che metti in tutte le tute delle mia famiglia, vero?»

«Ma certo che sì, tesoro. Sei un adolescente a ruota libera, dopotutto, per di più probabile supereroe, era il minimo...»

«Cioè... vuoi dire che i miei controllano ogni mio movimento?»

«Questo non lo so, Jèjè. Posso solo dirti che io a loro ho fornito solo un rilevatore di posizione.»

J.J. sbiancò. Conosceva Edna abbastanza bene da sapere cosa voleva dire quel solo.

«Qualcun altro è in possesso di qualcosa di più di un rilevatore di posizione?»

La donnina alzò le spalle: «Mi piace la vita giovanile... anche se devo essere sincera, la tua è un po’ monotona...»

Il ragazzo improvvisamente s’infuocò, facendo saltare i suoi amici sulle poltrone: «EDNA! MAI SENTITO PARLARE DI LEGGE SULLA PRIVACY??? CHI TI HA AUTORIZZATO A SORVEGLIARMI???»

Edna lo guardò con calma serafica: «Rilassa i bollenti spiriti, Jèjè, non cambierai la situazione.»

J.J. si rese conto di aver perso di nuovo il controllo e si sedette a terra, nel tentativo di calmarsi. Solo dopo alcuni minuti di respiri profondi riuscì nuovamente a spegnarsi.

«Non posso andare avanti così...»

«Sono d’accordo.»

«Puoi aiutarmi?»

La stilista sospirò, per poi tirare fuori la sua adorata bacchetta e puntarla sulla fronte del ragazzo: «Jèjè, sono una persona molto impegnata, dovresti saperlo... potrei anche aiutarti, ma solo se tu aiuterai me.»

J.J. fece una smorfia: «Devo di nuovo falciarti il prato?»

«Ma che prato e prato! Cosa vuoi che m’interessi del prato, ho i giardinieri per questo!»

«E allora quella volta perché...»

Di tutta risposta J.J. ricevette un paio di dolorose bacchettate in testa: «Basta pensare al passato! È il momento di guardare cosa dobbiamo fare ora! E ora abbiamo parecchio da lavorare. Vuoi che ti aiuti a controllare i tuoi poteri? Sta bene, ma anche io ho una proposta da fare.»

Steve e Melanie si sentirono sempre più di troppo nella discussione, che ormai era diventata da un pezzo un dialogo a due.

«E sentiamo, quale sarebbe il tuo prezzo?»

La donnina sorrise: «Semplice... voglio la completa esclusiva per la tua tuta.»

Il ragazzo la guardò in un misto di sorpresa e perplessità: «CHE? Di che tuta stai parlando? Edna, io non voglio mettermi a fare il supereroe. Vorrei solo evitare di prendere fuoco ogni due minuti, o spaccare terreni, o chissà quali stranezze!»

La stilista fece roteare la sua bacchetta: «E io voglio superare me stessa creandoti una tuta in grado di adattarsi ad ogni tuo potere. Usala per questa volta, poi non m’interessa cosa ne farai: indossala, abbandonala in un cassetto, regalala, non m’importa, ma ti cucirò la tuta perfetta per te. Allora, Jèjè, siamo d’accordo?»

Jack-Jack impiegò qualche secondo a rispondere. L’idea di doversi adattare alle stranezze dei supereroi gli faceva venire un sincero moto di repulsione, ma dovette ammettere con se stesso che il patto che gli stava proponendo Edna era molto conveniente per lui. La stilista era una pazza furiosa a piede libero, e più che mai in quel momento ne aveva avuto la conferma, ma era anche la più grande esperta sui superpoteri che conoscesse. Aveva creato gli abiti di centinaia di supereroi, e per farlo aveva dovuto studiare a fondo tutti i loro poteri. Senza contare che dandole uno stimolo come il dovergli creare un costume su misura sicuramente si sarebbe impegnata molto di più nell’aiutarlo, e lui aveva un disperato bisogno di aiuto in quel momento.

Con un profondo sospiro, J.J. allungò la mano: «E va bene.»

Edna gliela sfiorò appena, per poi saltare sulla sedia in preda all’entusiasmo: «Perfetto! Dovremo andare subito in laboratorio, fare dei test, e poi dovrò sistemare tessuto, misure, colore e...»

Il suo sguardo passò di colpo agli altri due ragazzi presenti: «... e voi cosa avete intenzione di fare?»

Melanie rispose senza esitazione: «Vogliamo aiutare anche noi.»

Steve annuì: «In città ci sono le nostre famiglie e i nostri amici... senza contare J.J.! Non possiamo lasciarlo solo.»

Il ragazzo non ebbe tempo di dire nulla, perché Edna fece un sorriso tutto fuorché rassicurante: «Ottimo, era quello che volevo sentire... andiamo, allora, abbiamo poco tempo e una marea di lavoro da fare, avevo proprio bisogno di due aiutanti.»

Steve deglutì e commentò con un filo di voce: «Aiutanti? Di quella pazza?»

Jack-Jack gli diede una manata sulla spalla: «Auguri... e consolati. Almeno tu non sei la cavia...»

Il terzetto seguì la donnina attraverso vari corridoi sotterranei. Pur conoscendo il laboratorio segreto di Edna, J.J. non era totalmente tranquillo. Fino a quel momento ci era entrato solo un paio di volte, per accompagnare qualche suo familiare a vedere i miglioramenti dei vari costumi. Era la prima volta che ci entrava senza di loro, e sapeva bene quanto Edna potesse essere pericolosa, se eccitata da qualche esperimento. E la donna in quel momento era particolarmente eccitata, lo poteva vedere da quel luccichio che le brillava negli occhi. Si chiese per un attimo se era ancora in tempo per cambiare idea, poi gli venne in mente suo padre e cercò di mettere a tacere la paura.

Si fermarono davanti a una porta blindata ed Edna iniziò la sua classica trafila di sicurezza, che fece impallidire Steve e Melanie: inserimento di un codice numerico, controllo delle impronte digitali dell’intera mano e della retina, controllo del dna tramite un capello, scannerizzazione a raggi X dello scheletro e infine controllo dell’impronta vocale.

«Edna Mode.»

Steve e Melanie saltarono praticamente addosso a un indifferente Jack-Jack quando dalle pareti uscirono armi di ogni sorta pronte a sparare.

J.J. si limitò a sospirare e a scimmiottare sottovoce Edna mentre diceva al microfono: «Sono ospiti.»

Immediatamente le armi si ritirarono e le porte di aprirono, ma la stilista si voltò verso i ragazzi: «Jèjè, ti consiglio di moderare la lingua, d’ora in poi. Qui siamo nel mio mondo... e potresti rimpiangere molti dei tuoi scherzetti passati.»

Il ragazzo cercò di non pensare a come la donna avrebbe potuto vendicarsi di tutte le volte che da bambino le aveva nascosto tessuti e strumenti ed entrò mostrandosi molto più spavaldo di quanto si sentisse.

Steve e Melanie rimasero a bocca aperta nel vedere il laboratorio di Edna: si erano aspettati una sorta di sartoria, invece quello che avevano davanti era più simile a un laboratorio scientifico. Steve aveva la mascella quasi a terra.

«Uao...»

Edna avanzò nella stanza: «L’hai detto, ragazzo...»

Indicò un tavolo con tre sedie, con l’implicito ordine di accomodarsi. Steve e Melanie si avviarono, ma J.J. venne immediatamente afferrato per la maglia.

«Tu no, Jèjè. Il tuo posto è là dentro.»

«Dietro al vetro dei test?»

La donna lo guardò con un ghigno: «L’hai detto tu, caro, oggi sei la nostra cavia...»

Con pochissima convinzione, il ragazzo entrò nel tunnel laterale che lo condusse davanti al suo piccolo pubblico.

Edna gli sorrise, in modo un pochino più rassicurante: «Non ti preoccupare, Jèjè, il vetro serve a noi, non a te.»

«Non voglio farvi del male.»

«Invece è proprio quello che voglio che tu faccia.»

«Eh?»

Edna si accese una sigaretta, tirò una lunga boccata e lo guardò con lo stesso luccichio che aveva avuto negli occhi molti anni prima, quando aveva preparato per J.J. il primo costume formato bèbè: «Incendiati come prima, ragazzo, e dacci dentro. Voglio vedere qual è il tuo limite.»

Jack-Jack scosse violentemente la testa: «Non so farlo a comando, Edna, è proprio questo il problema! Non so fare nulla a comando!»

«Ma ci dev’essere un interruttore che ti fa scattare...»

«Non so quale sia!»

Melanie, che fino a quel momento era stata innaturalmente silenziosa, improvvisamente parlò: «Non è vero che non sai come fare. La verità è che hai solo paura.»

Steve la guardò preoccupato e fece per zittirla, ma la ragazza continuò: «Hai paura di tutto, sei sempre stato un fifone. Non hai mai avuto il coraggio di dirci nulla fino ad oggi, avevi paura persino di entrare là dentro! Vuoi salvare il mondo? Vuoi fare l’eroe, J.J.? Mettiti il cuore in pace, non potrai fare nulla finché non troverai un po’ di coraggio.»

Jack-Jack improvvisamente prese fuoco: «IO NON VOGLIO FARE L’EROE! NON VOGLIO ESSERE CORAGGIOSO! NON VOGLIO SALVARE IL MONDO! VOGLIO SOLO AVERE UNA VITA NORMALE, CHIEDO FORSE TROPPO?»

Melanie rivolse un sorriso soddisfatto alla stilista: «Voleva che premesse l’interruttore?»

Edna le sorrise di rimando: «Il tuo stile mi garba parecchio, ragazza... e ora vediamo cosa fa il nostro Jèjè...»

Quella torcia umana che fino a poco prima era stato Jack-Jack Parr quasi non ricordava nemmeno più il motivo per cui si era arrabbiato. Aveva solo in mente la frase di Edna.

Doveva darci dentro per mostrare il suo limite.

Sorrise, in un sorriso che assomigliava tremendamente a un ghigno.

Quale, limite?

Allargò le braccia e il fuoco si diffuse per tutta la teca. Gli avevano chiesto di bruciare al massimo? Lo avrebbe fatto più che volentieri, perché in quel momento era il suo solo e unico desiderio: bruciare tutto, qualunque cosa lo circondasse, e trasformare quella stanza in un inferno di fuoco e lava.

Edna osservava la scena senza battere ciglio e senza più dire una parola. Di tanto in tanto buttava giusto un occhio allo schermo di un computer, controllando la temperatura all’interno della piccola stanza, che aumentava vertiginosamente.

Per J.J. faceva ancora troppo freddo. Non si stava nemmeno avvicinando alla sua temperatura ideale. Fece scorrere un piede sul terreno e questo divenne di pura lava. Così si iniziava a ragionare. Ma ancora non bastava. Non bastava per niente.

Edna mantenne un’aria molto seria: «Va bene, Jèjè, puoi smettere, stai raggiungendo i limiti di resistenza della stanza...»

Ma invece che fermarsi, Jack-Jack aumentò ancora di più l’intensità delle fiamme.

Edna chiuse gli occhi, sospirando: «Come temevo...»

Steve stava iniziando a sudare, nonostante il vetro protettivo, che però in qualche punto sembrava sul punto di sciogliersi. Melanie deglutì a vuoto: voleva stuzzicarlo un po’, vero, ma non immaginava di averlo provocato a tal punto.

Con una calma a dir poco serafica e una grazia innata, Edna si mise in piedi sulla sedia e respirò profondamente. Poi, senza preavviso, lanciò il suo bocchino contro il vetro.

«JACK-JACK, TI HO CHIESTO DI PIANTARLA, MI SENTI?»

La torcia umana sbarrò gli occhi di scatto.

«Edna?»

La donna fece un gesto di stizza: «No, guarda, la fata turchina... e chi sennò?»

Il ragazzo si spense, di colpo: «Ma... mi hai chiamato con il mio nome! Non ti ho mai sentito chiamarmi con il mio nome completo!»

«C’è sempre una prima volta, Jèjè

J.J. tirò un sospiro di sollievo. Era tutto a posto.

«Ti sei reso conto di cosa hai combinato, ragazzo?»

Solo a quel punto Jack-Jack si guardò intorno con orrore. Stava in piedi in un mare di lava infuocata, senza nemmeno una goccia di sudore. Si morse un labbro.

«Ho... ho perso il controllo. Di nuovo.»

«La trovo una definizione piuttosto riduttiva. Mi stavi per fondere la sala test... che è tarata per resistere a 3500 gradi kelvin. Eppure te ne stai lì, tranquillo, come se nulla fosse successo. Meno male, da una parte, una persona comune si sarebbe già sciolta.»

J.J. strinse gli occhi e i pugni, cercando di trattenere le lacrime che sentiva pronte a scendergli copiose.

«Io... io non voglio... tutto questo...»

Lentamente, come se qualcuno avesse tirato indietro le lancette dell’orologio, la lava si ritirò, il vetro tornò normale, il pavimento si ricompose e la temperatura calò di botto. Rimase solo un ragazzo, in piedi, che cercava disperatamente di non piangere.

Edna sorrise soddisfatta: «Eccellente. Ora è tutto chiaro, Jèjè, puoi smettere di lagnarti e tornare a fare l’uomo.»

Il ragazzo aprì un occhio, perplesso: «Eh? Cosa...»

Incredulo, Jack-Jack mise una mano sul vetro, intatto e gelido: «Quando hai aggiustato la stanza? È incredibile...»

La stilista gli rispose con un ghigno: «Per quanto amo sentirmi adulare, no, Jèjè, stavolta non è merito mio... hai fatto tutto tu.»

«Io? E quando?»

La donnina tornò a sedersi, premendo qualche pulsante su una tastiera: «In compenso, puoi iniziare a farmi i tuoi più sinceri complimenti su come abbia risolto il mistero sui tuoi poteri...»

Il vetro scomparve e apparve invece una poltrona, che con un brusco movimento costrinse J.J. a sedersi: «Hai capito cosa mi succede?»

«È a dir poco elementare, tesoro, mi stupisce piuttosto che non ci sia arrivato tu.»

Il ragazzo era più che impaziente: «No, Edna, non ci sono arrivato. Dopotutto, il genio sei tu, non io.»

«Mi fa piacere che lo riconosci, Jèjè, ma non giustifica la tua ignoranza. Quando mai un supereroe è dovuto andare da qualcun altro a farsi spiegare cosa è in grado di fare? Il tuo potere, poi, è tanto semplice quanto straordinario... probabilmente potresti essere il più grande supereroe mai esistito. Se solo lo volessi, naturalmente...»

J.J. sbuffò: «Me lo sento dire da tutta la vita, ma a me non interessa. Vorrei solo capire cosa mi succede.»

La stilista lo guardò con aria annoiata: «D'accordo, d’accordo, cercherò di spiegarlo in modo che persino tu possa capire...»

La donnina si alzò e iniziò a girare per la stanza parlando e gesticolando, in preda a una frenesia tale che era impossibile capire se fosse data dall'entusiasmo o dall'estenuazione.

«Ho incontrato nella mia lunga carriera molti supereroi in grado di trasformarsi, ma al massimo assumevano due, tre forme. Anzi, no, ho avuto un’eccezione. Siete troppo giovani, immagino, per ricordarvi di Animalboy, il supereroe che diventava ogni sorta di animale. Poverino, un giorno non si è più ricordato come tornare umano e ha finito i suoi giorni in una gabbia dello zoo dell’Oklahoma. Jèjè, saresti in grado di trasformarti in un animale?»

«Non lo so, non ci ho mai pensato...»

Edna sfoderò nuovamente la sua adorata bocchetta, per poi darla sulla testa del malcapitato Jack-Jack: «Ovvio, non che me lo fossi aspettato. Te lo dico io, Jèjè, no, non ne sei capace. Non così almeno. Ma se ti dessi un piccolo aiutino, lo faresti senza problemi.»

«Io?»

La stilista gli sorrise in modo falsissimo: «E chi sennò, il cane dei vicini? Ragazzo mio, alle volte sei così lento...»

Steve alzò la mano: «Veramente, non ho capito nemmeno io.»

«E non per nulla sei amico suo. Jèjè, tu non hai tanti poteri, ne hai uno solo, tanto potente quanto pericoloso.»

«COSA? È assurdo, non posso aver fatto tutta quella roba con un solo potere!»

Edna gli diede una serie di bacchettate sulla testa, una per ogni parola che stava pronunciando: «E allora non mi stai ascoltando, Jèjè, eppure l'ho detto: Hai. Un. Solo. Potere.»

Jack-Jack sembrava confuso: «Aspetta, aspetta un attimo: mi stai forse dicendo che posso usare qualunque superpotere esistente?»

Edna, ormai presa dall'entusiasmo, diede un'ultima bacchettata a J.J. e volteggiando per la stanza iniziò a spiegare: «Alleluia, ragazzo, ci sei arrivato! Semplice quanto incredibile, vero? Quando hai bisogno di qualcosa... puff, hai esattamente il superpotere che ti serve, e lo sai usare perfettamente, d’istinto, senza che nessuno te lo debba spiegare. Poi, appena non ti serve più, scompare e non ricordi più nemmeno come lo hai usato. Meglio così, o impazziresti.»

Jack-Jack non rispose ma rimase lì pensieroso. Era assurdo, incredibile, inconcepibile, eppure era l'unica spiegazione che avesse senso. Edna aveva spiegato con una semplicità disarmante quello che lui non era stato in grado di spiegare a voce, e che probabilmente non sarebbe mai stato in grado di spiegare davvero. Ecco perché non riusciva a usare i suoi poteri a comando e perché invece quando lo faceva sapesse perfettamente come usarli.

Ma la stilista aveva fatto molto di più: inserito nel discorso, come se nulla fosse, gli aveva anche spiegato perché ogni tanto perdesse il controllo.

«Sono come quel tizio finito allo zoo. A volte dimentico come tornare indietro.»

Edna gli ridiede una bacchettata: «Non traviare quello che dico, Jèjè, ti ho forse detto che diventerai un sacco di pulci? No! Il tuo problema non è la memoria, per quella basterebbe solo una buona cura di fosforo. No, ragazzo mio, il tuo problema è molto più semplice e molto più serio. Ti farò una sola domanda, e vedi di rispondermi con molta attenzione.»

Edna gli si avvicinò di scatto, arrivando a pochi millimetri dal suo naso e lo guardò dritto dritto negli occhi: «Chi sei tu?»

Il ragazzo la guardò molto perplesso: «Jack-Jack Parr, che io sappia.»

Edna non sbatté neppure le palpebre: «E se ti avessi fatto questa domanda poco fa, quando eri tutto un fuoco? Cosa mi avresti risposto?»

Il ragazzo abbassò lo sguardo. Si rese conto di non avere una risposta. In quel momento, come quando si era trasformato nel demone nero, si era reso perfettamente conto di non essere più Jack-Jack, ma di essere diventato una persona completamente diversa.

«La tua identità è la cosa più preziosa che hai, difendila ad ogni costo. Lo dice spesso mia madre a mio fratello, solo ora mi rendo conto di quanto sia vero.»

Melanie intervenne: «Vediamo se ho capito bene: quando usi i poteri di qualcun altro, ti fai prendere troppo dall'entusiasmo e... rischi di non riuscire più a tornare indietro, giusto?»

J.J. si limitò ad annuire, mentre Edna sbatté le mani: «Bene, ora che è tutto chiaro è ora di mettersi all'opera. Abbiamo tanto da fare e poco tempo per farlo.»

Il giovane Parr si alzò in piedi ed esclamò con tutta la voce che aveva in corpo: «E a cosa servirà? Anche se davvero imparassi a controllare i miei poteri, poi che cosa farò? Non riesco neppure a trovare di nuovo la città dove sono nato e cresciuto!»

La donnina sorrise, forse intenerita dall'ingenuità del ragazzo: «Sciocchino, se davvero impari a controllare i tuoi poteri, credo che sarà un giochetto da ragazzi ritrovare la tua famiglia. Tuttavia, se proprio hai ancora dei dubbi...»

Edna afferrò da un tavolo lì vicino un piccolo tablet e lo accese. Al centro lampeggiava un puntino luminoso, mentre in alto a sinistra sullo schermo ce n'erano altri quattro, tutti vicini.

Si lasciò sfuggire un sorriso molto soddisfatto: «... fidati almeno dei miei rilevatori, Jèjè

Il ragazzo prese l'apparecchio e lo guardò, pensieroso. Come aveva sperato, Edna gli stava dando davvero tutti gli strumenti per poter salvare la sua famiglia. Ne sarebbe stato all'altezza?

Melanie, intuendo cosa gli stava passando per la testa, lo cinse con un braccio e disse: «Ce la possiamo fare, tutti insieme! Nessuno pretende che tu diventi un supereroe in una notte, ma insieme possiamo fare molto, vedrai!»

La stilista diede una gomitata al ragazzo: «Invitami al matrimonio, Jèjè, pretendo di fare la damigella... e la testimone, ovviamente!»

Il ragazzo arrossì di colpo: «EDNA!»

Con nonchalance la donna prese sottobraccio Steve: «Ragazza, occupati tu del nostro eroe in erba... sai come farlo scattare, cerca anche di capire come calmarlo. Noi ci occuperemo del costume.»

Il ragazzo si aggiustò gli occhiali: «Noi? Come noi?»

«E cos’è, pensavi di essere qui per fare la bella statuina? Nossignore, tu lavorerai esattamente come tutti gli altri. E ora lasciamo i due piccioncini da soli e andiamo a lavorare al costume, che abbiamo molto da fare.»

Ignorando bellamente le proteste del ragazzo, Edna uscì dalla stanza e Jack-Jack e Melanie rimasero soli, a guardarsi sconvolti.

«Avevi ragione, J.J., è stramba forte...»

«Già...»

«Allora... te la senti di cominciare?»

J.J. annuì con una smorfia: «E tu?»

Prima che potesse rispondere, dall’alto calò uno schermo che proiettò il faccione di Edna in dimensioni enormi: «E non fate cose strane, che poi devo vedermela io con i vostri genitori! Dovete lavorare!»

I due ragazzi si guardarono e scoppiarono a ridere. Sì, forse era il momento di darsi da fare.

 

Ed eccola, la tanto attesa Edna! Spero di non aver deluso le vostre aspettative, ce l’ho messa tutta per renderla... unica, come nel film! È incredibile come questo personaggio abbia in realtà solo 8 minuti in tutto il film...

E cosa ne pensate dei poteri di J.J.? Vi soddisfa la mia spiegazione?

Spero proprio di sì, intanto ringrazio chi ha commentato lo scorso capitolo, ovvero mergana e Myrenel_Bea.

Vi aspetto tutti al prossimo capitolo... all’assalto della città scomparsa!

Alla prossima!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Hinata 92

 

  
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