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Autore: MardukAmmon    08/09/2015    1 recensioni
"Ahriman così, sporco dalla barba fino ai piedi di sangue umano, uscì fuori, presentandosi al suo popolo come un orso, che con la preda tra le fauci si esibisce davanti alla sua prole.
Alzò la lancia al cielo e disse: Non esiste Deywos , ne Dei del cielo, che può avvicinarsi alla mia potenza, non esiste forza che non può incarnarsi in me."
Queste furono le parole dette dal Re senza scettro, signore della pianura solcata dai tre fiumi. Il suo sangue era nobile, ma non il suo animo, che ambizioso e scellerato lo portò a mettere in ginocchio la terra dove lui stesso nacque, soggiogandola con eserciti stranieri alla ricerca di gloria. Solo due luminose stelle, protette dallo sguardo degli Dei, potranno ridare agli uomini la speranza perduta, in quella lunga notte, alla fine dell'età dell'Argento.
Genere: Fantasy, Guerra, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Violenza
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Yamhpur ed il trono.

 

Il principe riaprì gli occhi, il sole era già alto nel cielo e gli illuminava il volto appena destato, la testa mosse per guardarsi intorno e notò il bambino ancora assopito sotto la maglia di lana, coperti entrambi dalla pelliccia pesante di pecora. . Poggiata la mano destra sul terreno del tumulo cominciò ad alzare il busto, tenendo con il palmo sinistro stretto a se il bambino, che continuò a dormire imperterrito, si mise in piedi e cominciò a guardare i due gruppi intenti a smontare le tende ed i bivacchi, il principe allora rivolgendosi al guerriero di Ahriman, disse: Stiamo già andando?.

Ma il guerriero non gli rispose, indaffarato nel legare le tende ripiegate al corpo del cavallo, il nobile allora scese dal tumulo e raggiunse i fratelli intenti smontare i bivacchi, esordendo verso il guerriero fedele più vicino: Fratello, mi tieni il bambino?Che devo legare il panno da mettergli intorno al bacino. Il guerriero di Xshathra prese allora l’infante che cominciò ad aprire gli occhi, celesti ed assonnati, il principe, non meno sveglio rispetto al bambino si tolse il manto di pecora e lo buttò sul terreno, prese la maglia di lana e la legò con attenzione per ricavarne un drappo, che lo mise intorno al lattante, che però cominciò a sbraitare tra le braccia del guerriero. . Il principe , rimessosi sulle spalle nude il mantello di pecora prese a camminare verso il capo dei guerrieri di Ahriman e gli chiese: Hai altro latte di giumenta?. La risposta arrivò dopo alcuni attimi di silenzio, lo sguardo chiaro dell’uomo si poggiò su quello del principe e scosse il capo: No era l’unico che avevo, ora però andremo a Yamhpur, li ne troverai sicuramente, sistemeremo il malinteso tra le nostre genti e ritornerete alla vostra tribù.
Il principe l’ascoltò e spostò lo sguardo:Se fosse solo la colpa della vostra accusa a ferirmi, allora potrei ritenermi già in pace con voi, perché conosco la verità, ma sia io che tu sappiamo cosa mi hai detto, una colpa che non perdonerò facilmente al tuo Re. Il guerriero di Ahriman non rispose e gli negò lo sguardo fiero, Xshathra non potè far altro che ritornare dal fraterno guerriero e riprese il bambino tra le braccia, cominciando a cullarlo per calmare la sua fame. Gli occhi del principe, inconsapevoli del sogno scaturito dalle oscure cavità dell’oltretomba rimasero fermi sul pargolo che lamentoso continuava a piangere: Se rimarrai con me, ti tratterò come un giovane principe, sarai famoso tra tutti i popoli te l’assicuro. Dopo che disse ciò all’infante spostò nuovamente lo sguardo verso il tumulo, guardò la collina del famoso Ohrmazd e poi quella della sua famiglia, a sua insaputa sepolta in quel luogo così sacro, una lacrima gli scese ancora lungo le guance, finendo sul viso del bambino, tra le labbra, placando così la sua sete e la sua fame, il principe stupito dal silenzio strinse a se il bambino ora placato.

Il paesaggio calmo sconfinato, interrotto solo da boschi radi e torrenti mal si univa al sentimento furente dentro il corpo del principe, ancora però senza una reale motivazione o pensiero, la vita in quella parte della radura era lussureggiante aiutata dalla primavera mite. Aironi, aquile e nuvole di uccelli si stagliavano all’orizzonte, ma nulla sembrò placare l’animo triste e desolato del principe, neanche la voce del guerriero di Ahriman lo destò da quell’amara contemplazione della realtà, solo al terzo richiamo l’uomo con in grembo il bambino si destò e volse lo sguardo dietro di se, spostando poi tutto il corpo:Stiamo andando?. Il guerriero annuì solamente e si mise a cavallo insieme al resto del gruppo. Costeggiato il fiume a cavallo i due gruppi continuarono a muoversi verso nord est diretti alla cittadella fortificata ormai visibile all’orizzonte, lungo il cammino i primi abitanti alla vista dei cavalieri chiudevano le porte delle abitazioni di fango e legno, spaventati, il principe notò quel comportamento e chiese: Perché fanno così?. Ma non ci fu risposta alla domanda, il corteo de cavalieri, diviso in due, gli scortati e le guardie non si fermò avvicinandosi impietosamente verso quelle mura lontane, passando tra sentieri deserti e spogli di presenze umane, nascoste dentro le case e nelle stalle. l’aria, il cielo e la terra erano cariche di terrore e silenzio, la sola vista dei cavalieri per gli occhi degli abitanti sembrava una sentenza di morte, il suono degli zoccoli risuonavano come tetri rintocchi in quel polveroso sentiero, costeggiato da costruzioni basse, di fango, ovoidali e larghe, solitarie.
Quel vento tiepido, mosse alcune ciocche del crine lungo e biondo del principe sopra i suoi occhi, come a voler celare le immagini che si sarebbero rivelate da li a poco, difatti lungo al sentiero, oltre alle mura ottagonali sfocate e lontane all’orizzonte divennero visibili due lunghe schiere di pali, che ad ogni passo del cavallo si facevano sempre più vicini, incombenti e minacciosi alla vista di tutti, maestose ed accompagnate da uccelli appollaiati sul punto più alto.

Xshathra alla vista di quello spettacolo macabro ed orrendo rimase sbigottito, senza parole, già da lontano si potevano vedere i corpi senza vita di uomini e donne appesi con corde a gli alti pali, alcuni dei cadaveri erano solo scarnificati ammassi di ossa legate per il collo a quei pali sovraffollati e carichi. I cavalli nitrirono alla vista di quello scempio, ma il guerriero di Ahriman disse: Forza non fermatevi. E spronando il cavallo con i talloni lo costrinse a muoversi ora in quel sentiero alberato, dove frutti maturi aspettavano solo il momento in cui sarebbero caduti sul fertile terreno, il principe fece lo stesso, si mosse con il suo gruppo sul sentiero ma non riuscì a rimanere in silenzio: Perché avete ucciso così tante persone?.

Chiese senza nessuna remora e la risposta gli arrivò altrettanto schietta, il fedele guerriero di Ahriman ribattè fiero: Alcuni sono le vittime del Echsvamedha, altri sono ladri, stupratori, guerrieri senza nobiltà e padrone, essi sono monito per la mia gente. Il principe socchiuse gli occhi e domandò nuovamente: Ma per l’Echsvamedha non si usano vittime umane, ma solo cavalli e piante sacre, perché il tuo Re è così malvagio sulla sua gente?. Il guerriero non rispose ed imperterrito continuò il tragitto verso le mura e la grande porta. Attorniati dalle viste spettrali dei cadaveri, dai guaiti del branco affamato di cani, in attesa della caduta di qualche osso da poter spolpare, alcuni uomini, poco avvezzi a queste scene sporgendosi dal destriero vomitarono o spostarono lo sguardo sopra le mura delle città che ora sorte imponenti davanti a loro s’ergevano, in una vista maestosa e severa; fiere e decorate da disegni zoomorfi e colorati, stonando con la vicina presenza di quella palizzata dalle due file costeggianti il sentiero, palizzate maleodoranti e solitarie.

Il guerriero di Ahriman raggiunte le porte alzò lo sguardo ai camminamenti, tenne strette le redini e poi tenendole con la sinistra alzò la mano destra in un saluto militare: Ti saluto fratello, sono venuto a riportare le armi insanguinate di Vilkas, morto ucciso da un lupo durante una pattuglia lungo il fiume Dnpr, li abbiamo visto questi cavalieri, con a capo Xshathra, Mahavir di Kuhburg, intenti a cacciare una mandria di cavalli nella nostra terra, violando i patti di alleanza militare tra i nostri villaggi.
Nessuna parola venne pronunciata dall’alto delle mura, che placidamente si aprirono alla vista dei due gruppi mostrando così la gloriosa città dall’interno, senza più la timida copertura delle mura, ai lati del portone due guardie fecero un saluto militare con le lance in mano, non dissero nulla e lasciarono procedere i due gruppi di cavalieri, all’interno della città c’era una vita totalmente diversa da quella delle abitazioni del circondario, persone, uomini e donne svolgevano la loro ordinaria vita, per nulla turbate dalla vista delle armi. Quando le porte si chiusero dietro i cavalieri, il guerriero di Ahriman scese da cavallo e con lui anche il principe ed i suoi guerrieri, che disarmati rimasero fermi, fino all’arrivo di un guerriero di alto rango, più anziano, vestito con pelli di pecora e con una placca di rame sul petto che subito chiese al guerriero: Alun, dov’è il tuo capo,Vilkas? Perchè ci sono le sue armi insieme alle tue legate al cavallo?.
Il guerriero portando la destra chiusa a pugno sul cuore disse: Mentre stavamo pattugliando il fiume Dnepr abbiamo avvistato questo gruppo di cavalieri intenti a cacciare una mandria di cavalli nel nostro territorio, li abbiamo fermati, ma Vilkas è sceso da cavallo per parlare con il Mahavir Xshathra a ,capo del gruppo che abbiamo bloccato, ma è partita una rissa e mentre i due guerrieri stavano combattendo, un lupo dal manto nero uscì dal canneto e lo uccise.

I due guerrieri uno davanti all’altro si fronteggiarono con lo sguardo, uno il più giovane, l’altro maturo e truce, sembravano pronti ad alzare le mani, solo il guerriero più maturo sopprimendo la visibile rabbia sul viso disse: E tu non sei andato a prenderlo ed a strapparlo dalle fauci del lupo?.
Il guerriero di Ahriman non rispose, sentendosi urlare contro il viso un’altra sentenza: Chiederò al Re la punizione che riceverai per aver lasciato Vilkas sul terreno tra le fauci di una bestia feroce. Il principe sceso da cavallo insieme ai suoi fratelli rimase a guardare la scena tra i due, mentre con le braccia non faceva che cullare con calma il bambino ancora sazio, gli occhi azzurri stanchi da quei discorsi cominciarono a mirare la città e le sue capanne, alcune grandi e ovoidali, altre costruite da giunchi e legni a forma quadrata e dal tetto spiovente, altre rotonde e fatte di legno tra cui la più grande; la Capanna del Tempio, dove suo padre Bhagavad amministrava i sacramenti antichi, mirò i vari visi votivi messi sulle travi delle entrate, i vari volti umani e non, che imperterriti scrutavano e giudicavano chi oltrepassava la soglia del tempio, il principe ricordò così il padre, ed ancora scosso da quella notizia spostò ancora lo sguardo sull’ultima tenda, quella più grande fatta di legno e pelli, coltri di pellicce e trofei di caccia legati tra loro in una ostentazione di forza; tra la tenda del sacerdote e quella del Re, così grandi e maestose, però s’ergeva fiero anche un tronco mozzato ed ampio, con due lance fissate ai lati del ceppo, quello era il trono di Yamhpur ottenuto dall’abbattimento di un grosso faggio solitario, un trono senza velleità lussuose e per questo dimenticato, senza un Re giusto, seduto a vegliare il suo popolo.

Xshathra rimase impassibile tenendo a se il bambino, continuò a guardare quel sacro ceppo, poi una voce gli fece alzare lo sguardo:Cugino! Che ci fai qui?. Chiese Pauksta vedendo il principe, lei vestita con lane intrecciate e pendagli di rame e d'ambra ostentava ricchezza e nobiltà, i suoi occhi fieri e verdi sembravano calmi e amichevoli, il giovane nobile rispose subito a quella domanda: Mi hanno bloccato ai confini mentre cacciavo una mandria di cavalli con i miei compagni, li ho trovato un bambino di qualche mese che per il momento sta dormendo tra le mie braccia.
La donna non tardò a guardare quell’infante stretto dal principe e scrutandolo attentamente disse: A chi pensi possa appartenere? Comunque lascia qui i tuoi fratelli, sono sicura che sia stato un equivoco. Detto questo si avvicinò prima al principe e poi al guerriero veterano di Ahriman che sentite le parole della regina si allontanò con il resto dei suoi compagni alla sala dell’idromele lasciando soli i guerrieri del principe, che notato ciò disse:Bene ragazzi preparate i caval.. le parole della Regina infatti lo bloccarono nuovamente: Non posso lasciarti andare così presto, devo dirti così tante cose, permettimi di invitare te alla tavola con il Re Ahriman, lascia liberi i tuoi.
Il principe allora disse: Compagni siete liberi di andare dove volete, ci vediamo alla porta dopo pranzo. E detto questo non chiuse le labbra, respirò a fondo e disse ancora: Vorrei che invitassi anche i tuoi zii e tua cugina magari con i suoi figli.

La Regina si fece scura in viso e con voce più bassa rispose: Vieni con me in tenda, ti devo proprio parlare di questo, non posso dirtelo qui davanti a tutti, per rispetto verso di te e della famiglia. 

Xshathra annuì solamente e seguì la cugina dentro la capanna larga e grande, quella del Re della città, entrato dopo la donna stringendo a se il bambino rimase a guardare estasiato tutti i trofei di caccia, gran parte appartenuti ad Ohrmazd, poi spostato lo sguardo su Ahriman non lontano si fermo, tenne con la sinistra il bambino in braccio ed alzando la destra esordì: Ti saluto Re Ahriman, signore di Yamhpur, fratello dei Mahavir della pianura e grande guerriero. Il Re, dallo sguardo tagliente e rilassato si alzò dalla stuoia di lana e guardò il principe: Ti saluto Mahavir di Kuhburg, perché sei qui?E perché tieni un infante tra le braccia?. Il Principe con altrettanta schiettezza rispose: Ero a caccia vicino al fiume, una mandria è andata nel tuo territorio ed io ho continuato a cacciarla, i tuoi uomini hanno attaccato il mio gruppo mentre io cercavo riempire la borraccia nel fiume e li trovai questo infante allattato da una lupa. Ahriman annuendo non lo interruppe anzi disse: Continua, sento che hai altro dal dirmi, ti ascolto. Allora il principe continuò: Uscito dal canneto dove m’ero rifugiato e dove ho scoperto l’infante mi sono ritrovato un tuo uomo, che appena ha visto il bambino lo ha voluto ad ogni costo e mi ha attaccato, io armato di lancia riuscii malamente a difendermi, rischiando anche la vita, ma gli Daeywas sono stati misericordiosi, Una lupa uscì dall’alta vegetazione ed uccise il tuo uomo, che prese con se nella sua tana tra i giunchi.

Il Re ascoltato ogni cosa sospirò e rispose: Mi dispiace che sia successo tutto così per una battuta di caccia, sarai d’accordo con me che quello che ha fatto il mio guerriero è stato un atto giusto, probabilmente quel bambino che hai trovato appartiene a qualche donna delle nostre genti, si sarà sentito obbligato a prenderlo anche senza la tua volontà, comunque ora siediti e mangiamo. Il Principe annuì e si sedette vicino alla moglie di Ahriman e cugina, prese con la destra la carne di uro e portandola alle labbra prima di dare un morso esordì: Come sono morti i miei Genitori?Com’è morta mia sorella? E perché mia nipote la stai allevando tu? Hai già tolto tutto a tuo fratello, persino la vita, ed ora vuoi togliere a me ed alla mia la famiglia la possibilità di crescere come gli Daeywas vogliono mia nipote? Rimasta senza genitori?. Ahriman tolse allora le mani dal cibo e pulendole sulle proprie vesti rispose: Si sono lasciati morire di fame dopo che tua sorella è morta di parto, non volevano mangiare ne bere, ma almeno uno dei due bambini rimase in vita, l’ho chiamata Yami e mi sono preso cura di lei.

Il giovane con un nodo alla gola aggiunse subito: Perché non mi hai avvertito!.
E senza timore alcuno alzò la voce dentro la tenda dei Re.

Ma il Re non tollerò ciò, alzò gli occhi al cielo e puntandoli subito dopo sul principe disse: Se vuoi essere sgozzato ora dimmelo, Non mi faccio molti scrupoli a togliere o donare vita, davanti a simili oltraggi. Poi respirando più profondamente con una certa calma azzardò: Non volevo dirtelo con i messaggeri, non sono così crudele come invece si dice dalle vostre parti. Il principe scosse il capo: Sei solo un uomo, non mi faccio scrupoli a dichiarare guerra alla tua gente, avrai anche mura alte, ma non sei l’unico. E sputò sul piatto del Raja buttando la carne di Uro su di esso aggiungendo ancora: Savitri doveva partorire i bambini un mese fa, gli altri Bhagavad l’avevano predetto. La voce si fece grave: Perché a quattro giorni dalla data prescelta dal cielo per il parto, arrivò il tuo messaggero con il timbro di mio padre? Per avere un’alleanza, proprio mentre io ero alla sacra capanna ad interrogare l’oracolo e leggere vaticini sui miei nipoti? Sai prima di saperlo ho dovuto aspettare quasi una settimana e prima di accogliere il messaggero in quel luogo sacro e lei, mia sorella, come dici tu era già morta, potevi almeno chiedermi di venire.

Ahriman rispose con crudele realismo nel tono: Le ultime decisioni di tuo padre erano quelle di riunire finalmente tutti i popoli, sotto il mio stendardo e per fare questo serve un’alleanza che ci faccia comportare come popoli fratelli, ciò che siamo realmente, ma vedo che tu non hai recepito molto il messaggio, dato che hai sputato sul mio piatto e sul cibo che ti ho offerto. La Regina non parlò, rimase in silenzio ad ascoltare. Ma Il principe ascoltato le sue parole rispose solo: Un grande discorso, mio Re, hai dimenticato solo il fatto che mio padre ti detestava per come trattavi sia lui che il suo genero, tuo fratello e non vedeva in te la scintilla dei Regnanti, ma quella dei Tiranni, quindi racconta le tue menzogne a qualcun altro e dammi mia nipote, non bisogna essere intelligenti come Vohu Manah per capire che mi nascondi qualcosa. Mentre i due discutevano con ardore l’infante si destò dal sonno e riprese a piangere affamato, ma nessuno su curò di lui, tranne il principe che accorgendosene disse a Pauksta: Hai del latte di giumenta?O qualche levatrice.. magari quella che ti aiuta con i tuoi figli. La donna sembrò aprire bocca, ma Ahriman la bloccò dicendo: Zitta, vuole solo sapere dove si trovano mia nipote e mio figlio, No, Xshathra non l’avrai, è nata nel mio suolo, come probabilmente quel bambino, quindi entrambi sono miei e non puoi negare quanto io abbia ragione. Il principe non rispose subito, si mise in piedi e disse: Se solo toccherai me e questo bambino, ricorda, che avrai contro tutti i villaggi, tutti e sei i Mahavir, compreso mio fratello che mi succederà se mi toglierai di torno, non ti conviene.
Ahriman si mise in piedi anche lui, il viso fiero, freddo e adirato come quello di un lupo, fissò prima il principe e poi il bambino e mostrando i denti in una smorfia, buttò fuori l’aria, riprendendo subito il discorso: Non potete fare niente contro di me, dalla mia parte ho gli uomini del nord, il Re dei Vyria dell’est, Turanshid e tanti popoli che dovresti temere per la loro origine. 


Il viso del principe sconvolto mostrò una smorfia di disgusto: Tu oseresti chiedere aiuto contro i tuoi fratelli, portando nella pianura genti estranee? Sei un folle, uno scellerato!.

E detto questo stringendo a se il bambino strillante gli volse le spalle: Ti lascio mia nipote, con una promessa, ritornerò a riprenderla quando gli astri lo vorranno con o senza la tua benedizione, non mi faccio nulla di parole menzognere, campate in aria e di alleati che non avvisano, anzi tengono nascosto per mesi la morte di quasi tutta la mia famiglia, non traggo nessun vantaggio con te come alleato e neanche l’intera regione ha da guadagnarci qualcosa, sempre se c'è da guadagnare.
E dopo aver voltato solo parte del corpo e del viso verso di lui aggiunse: Considera l’alleanza voluta da mio padre decaduta, incontrerò gli altri Mahavir per far bruciare anche i loro trattati e poi vedrai , eccome se lo vedrai che cosa accadrà, adesso viene la parte interessante.
Ahriman, non parlò, rimase sbigottito da tutto l’odio suscitato e lo osservò uscire, il Re allora spostati i lembi della tenda seguì fuori il principe, si guardò intorno e gli disse: Ringrazia che non ti ho fatto tagliare la testa, per le tue insolenze, questo per rispetto dei Bhagavad e di tutti gli uomini che tu rappresenti, feccia!. Ma il principe non si volse indietro e disse ai fratelli vicini tenendo sempre stretto il bambino sbraitante: Ritorniamo a Kuhburg, lo so che per alcuni di voi questo è un posto nuovo, ma ci ritorneremo e potrete bere l'idromele della capitale.

Il principe, radunò i suoi uomini prese i suoi cavalli, portò con se il suo infante e spalancate le grandi porte scappò da quella città fondata dagli avi nell’estremo nord est, si allontanò con il gruppo fedele, diretto ad ovest oltre il grande fiume Dnepr, oltre alla ricca vegetazione nata lungo il suo corso.
Gli occhi di Ahriman osservarono i cavalli lontani dai camminamenti delle mura, stretto alla lancia fedele non si mosse per rincorrere il principe, non fece nulla, ma mormorò solo: Tutto ha un corso. Il grande spirito del male comprese i richiami dell’abisso, era ancora troppo presto, ma poi la rabbia umana ritornò in quel corpo fino a quel momento riempito dallo spirito del caos, una rabbia tale da fargli gridare: Portatemi qui Alun!. Disse dall’alto della sua posizione con grande e grave voce,: Portatemelo e consegnatemi le armi di Vilkas. Passarono pochi attimi fino a quando il grande spiazzo davanti alla porta si riempì di guerrieri, con a capo il più fiero ed onorevole. Il Re senza farsi attendere subito disse: Chi ha detto a Xshathra dei suoi familiari morti? Mi ero assicurato di non fargli arrivare nessuna notizia, tu, Alun.. che ora hai ereditato il potere dal tuo fratello Vilkas nell’esercito, perché non hai portato con te il suo cadavere?.

Il giovane guerriero di Ahriman non rispose subito, ingoiò la saliva e rispose: Sono stato io, perché quando il principe vide dei nuovi tumuli nella strada di ritorno volle sapere di chi fossero, ed uno era della sua famiglia e lo riferì senza temere nulla.. ne nessuno, inoltre sono stato io a non entrare nel canneto per riprendere il corpo, troppi segni mostravano le sue colpe sia contro gli uomini che contro il cielo e togliere la carne dai denti di un Deywa è una delle cose peggiori che un Vyr possa mai fare. Ahriman sospirò e disse: Mi fidavo di te, chi ti dice che quello fosse un Deywa? Era solo un lupo probabilmente, ed inoltre, per colpa di quello che hai detto al principe di Kuhburg, hai minato l’alleanza tra i nostri popoli. Il Re indicandolo con la lancia dai camminamenti continuò: Potevi inventarti ogni cosa, anche che fosse un tumulo per fieri cavalli, gli avrei detto tutto con calma, mentre con quello che hai fatto.. hai rovinato un legame antico tra villaggi fratelli, ed inoltre la Vedova di Vilkas non ha corpo ne indumenti su cui piangere, ma questo si può anche rimediare.

E dicendo ciò il Ahriman divenne assolutamente serio: Sia tu felice Alun, oggi ti sacrificheremo a Deywa Pytar, verrai impiccato ai pali dei guerrieri, ma non sarai senza onore, non ti lasceremo li ad agonizzare, premieremo la tua sincerità ed il tuo timore verso il cielo con delle picche che ti doneranno la morte ancor prima della corda intorno al collo. Il giovane guerriero disse solo a gran voce: Mio Re, non ho mai desiderato niente di più grande … Che non sia questo. Ma insicuro di queste parole pronunciate diede placidamente il via al sacrificio sacro, i suoi fedeli compagni infatti subito si adoperarono a legare l’uomo ad un ceppo vicino allo spiazzo usato per legare i cavalli, il più alto, il più giovane ed il più vecchio, s’armarono, il primo prese la propria lancia, il secondo quella di Alun ed il terzo prese la lancia di Vilkas, tutti e tre concentrati mirarono al corpo del guerriero, aiutati anche dalla irrisoria distanza tra i tre ed il condannato, che quasi contemporaneamente ricevette quelle ferite profonde e mortali.

Quando il sangue cominciò a riempire parte dello spiazzo Ahriman, disse: Slegatelo e portatelo al palo, prendete le scale e mettetelo molto alto, che sia da monito sia a uomini sia a spiriti maligni, deve dire chiaramente, che qui abito io, Re della pianura.

   
 
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