But
You Didn’t
Remember the day, I borrowed your brand new broomstick and dented it?
Ricordi il giorno in cui presi in prestito la tua scopa nuova di zecca, e la danneggiai?
Era una decisione stupida, ed Hermione ne era perfettamente consapevole.
Abituata com’era, da sempre, a pretendere il massimo da
sé stessa e conseguirne
un risultato quantomeno eccellente, trovarsi dinanzi ad un ostacolo che
non le
riusciva di superare era per lei fonte di inesauribile irritazione.
Poco
importava che si trattasse di eseguire un incantesimo particolarmente
complesso
oppure, come in quel caso, di cavalcare il manico di una scopa.
Da anni
sopportava pazientemente i ben poco velati commenti sarcastici di Harry
e Ron sulla
sua incapacità nel volo, e il suo orgoglio non era
più in grado di sopportare
oltre.
Inoltre, anche se non sarebbe mai disposta ad ammetterlo, in fondo
aveva
sempre guardato con meraviglia e un pizzico d’invidia
all’espressione estatica
dei giocatori di Quidditch quando,
a cavallo delle loro scope, fendevano le
nubi e squarciavano la vastità del cielo veloci come lampi
di luce.
Mentre si allontanava dagli spalti, sui quali avrebbe di gran lunga
preferito
leggere un interessante tomo che aveva portato con sé,
già cominciava a
rimpiangere l’idea. Come diavolo le era venuto in mente?
Era stato un pomeriggio incredibilmente piacevole; aveva passeggiato a
lungo
con Ginny per le strade di Hogsmeade, dopodiché
l’aveva lasciata in compagnia
di alcuni Corvonero del suo anno, decidendo di tornare al castello per
un
ripasso dell’ultimo minuto.
Aveva scelto uno dei sentieri meno frequentati,
anche perché più lunghi, per poter godere della
tranquillità del momento e
dello splendido paesaggio autunnale che accompagnava il suo sguardo
ovunque si
posasse.
Costeggiando il campo di Quidditch, aveva deciso poi di attardarsi
sugli spalti in legno per poter leggere qualche ora in compagnia del
più
assoluto silenzio,
ovviamente finché Fred Weasley non aveva fatto il suo
ingresso, armato di scopa e vestito di tutto punto per un allenamento
in piena
regola.
Inutile era stato ogni tentativo di concentrarsi nella lettura,
perché
senza tregua il ragazzo le aveva rivolto tristissime battute sui Troll
di
montagna o sconsiderate considerazioni a voce alta sulla professoressa
Umbridge
che, sotto sotto, condividevano entrambi.
La discussione, infine, si era risolta con una sfida: se Hermione
avesse
accettato di salire a cavallo della sua scopa e fosse riuscita a
compiere un
giro completo del campo, Fred l’avrebbe lasciata finalmente
libera in compagnia
del suo libro.
La ragazza aveva accettato, pur consapevole delle sue limitate
capacità e delle conseguenze derivanti da una scelta simile,
decidendo di
mettere da parte anche solo per una volta la sua
razionalità.
Più i secondi
passavano più desiderava tornare indietro, ma ciò
avrebbe costituito un’ulteriore
offesa al suo orgoglio, una scelta codarda e inaccettabile — magari, però, sono ancora in tempo a
cambiare idea, si disse,
subito dopo essere riuscita a sistemarsi sul
manico di scopa, forse Fred capirà
che
insomma, sono un prefetto e certe sciocchezze non dovrebbero
—
Se anche avesse voluto fermarsi, non avrebbe potuto. La scopa
partì ad una
velocità incredibile, sollevando una nuvola di polvere e
suscitando le grida di
terrore di Hermione, finché non si scontrò a
media altezza contro una tribuna,
spezzandosi a metà e lasciando scivolare a terra la ragazza,
d’un pallore
cadaverico ed in preda ad un attacco d’isteria.
« Per le mutande di Merlino- »
Oh, no, pensò Hermione.
Non solo
aveva acconsentito ad una simile idiozia, ma aveva anche perso la
scommessa, fallendo
miseramente, per lo più distruggendo la scopa di Fred, e
chissà quanti galeoni
gli sarebbe costato comprarne una nuova…
Ecco, si disse, questa
è la punizione divina per aver fatto una simile sciocchezza.
E ancora: non ne uscirò viva.
Mentre
il ragazzo correva nella sua direzione con gli occhi colmi di
apprensione – per
la sorte della sua povera scopa, ovviamente – la Grifondoro
desiderò
ardentemente sprofondare almeno dieci metri sotto terra.
Credevo che mi avresti ucciso…
« Fred, mi dispiace, io- non avrei mai dovuto accettare
quella stupida
scommessa, accidenti a te, guarda che disastro ho combinato! Stupida,
sono
stata così stupida e-
»
« Hermione, santo cielo, stai bene? »
« Fred, la tua scopa,
è completamente
inutilizzabile ora- »
« La mia- oh, per le mutande di Merlino, Hermione
– aveva imprecato due volte nel nome di Merlino in pochi
secondi, annotò
mentalmente lei – non m’importa della scopa,
insomma,
ne avrei comunque dovuta
comprare una nuova, prima o poi.. tu, piuttosto, cos’hai sul
braccio? Devi
esserti tagliata.. non avrei mai dovuto proporti una scommessa
così idiota… su,
andiamo, non vorrai di certo rimanere lì? Hai bisogno di
Madama Chips »
… ma non l’hai fatto.
Ricordi quel giorno in cui ti trascinai al Lago Nero, e pioveva davvero come tu avevi detto che sarebbe successo?
Hermione aveva insistito per
giorni, confutando ogni sua motivazione contraria
e senza mai arrendersi alla sua apparentemente irremovibile decisione.
Merlino
solo sapeva quanto quel periodo fosse difficile per la famiglia
Weasley: dopo l’attacco
al signor Weasley, tutto l’orrore e la paura che ognuno di
loro a lungo era
riuscito a sopprimere,
lasciandolo fuori dalle porte di Hogwarts così come dai
loro cuori, sembrava pronto ad infilarsi in ogni fessura ed infettare
ogni
cosa.
Fu così che, il giorno prima dell’inizio delle
vacanze natalizie – che tutti
loro avrebbero trascorso a Grimmauld Place – la Grifondoro
trascinò Fred
Weasley in riva al Lago Nero per un pic-nic senza voler sentire
ragioni.
Ginny
era riuscita a procurarle un cestino pieno di prelibatezze che nulla
avevano da
invidiare al sontuoso banchetto in Sala Grande, e appena giunti a
destinazione
la ragazza si prodigò a stendere una tovaglia a quadri sul
prato e rendere
perfetto quel momento.
Il cielo gonfio di nuvole non la preoccupava più dello
stretto indispensabile — dopotutto quel clima permeava da
giorni, e il suo
immancabile ottimismo non suggeriva alcun motivo per cui dovesse
piovere
proprio in quel momento.
Di tutt’altra idea era, invece, Fred Weasley; tuttavia,
almeno all’inizio, tutto sembrò andare per il
meglio.
Seduti l’uno
accanto all’altra, il braccio di lui attorno alla sua vita e
il suo profumo, Merlino, il suo profumo,
ad impregnare
ogni cosa, erano sul punto di aprire il cestino del pranzo quando il
primo
tuono squarciò il silenzio.
Subito dopo, un lampo illuminò a giorno il cielo
plumbeo, ed Hermione non ebbe neppure il tempo di aprir bocca,
perché rade ed
innocue gocce di pioggia si tramutarono ben presto in un acquazzone
senza
precedenti.
Tutta l’acqua trattenuta per giorni dalle nuvole violacee
che, durante l’ultima
settimana, avevano oscurato il sole, sembrò riversarsi in un
attimo su Hogwarts
e sulla campagna circostante, inondando ogni cosa senza tregua.
Impiegarono pochi
minuti a recuperare tutto ciò che avevano portato con
sé e salvare il
salvabile, ma nonostante la loro velocità e la protezione,
seppur limitata,
offerta loro dai rami dell’albero sotto il quale si erano
momentaneamente
riparati, in breve tempo furono zuppi d’acqua da capo a piedi.
Come se non bastasse, l’ovvia mancanza di un ombrello non
facilitava il ritorno
al castello, né tantomeno il sentiero in terra battuta
diventato, a causa dell’acqua,
null’altro che un torrente di fango.
Ad ogni passo entrambi rischiavano di inciampare nel pantano fangoso e
rovinare
a terra, e a nulla erano valsi i tentativi di tenere
all’asciutto il cestino
del pranzo — finché, dandosi mentalmente della
stupida, sei una strega o cosa, dannazione,
Hermione mormorò un Impervius
che a stento reggeva la portata incredibile dell’acqua e che,
poiché ormai già
zuppi, non avrebbe di certo migliorato la situazione, ma che permetteva
loro di
avere una visuale abbastanza definita della strada.
« Dammi la mano! » urlò Fred ad un certo
punto.
« Cosa? »
« Dammi la mano, fidati di me! »
Ed eccoli lì, due matti che correvano fra il fango e la
pioggia tenendosi per
mano, Fred che la guidava e si assicurava che tenesse il passo delle
sue gambe
lunghissime,
fino a raggiungere la Sala d’Ingresso in condizioni pietose e
sgattaiolare
via verso la Torre di Grifondoro eludendo lo sguardo vigile di Gazza e
di
qualunque altro studente.
Credevo che avresti detto “Te l’avevo detto”.
Era a pronta a scusarsi. Davvero, avrebbe dovuto essere più
razionale e
rendersi conto che un’escursione all’esterno non
era esattamente la scelta
migliore, in quel frangente,
avrebbe dovuto rendersi conto che, magari, Fred
avrebbe voluto metabolizzare da solo quella situazione… era
pronta a chiedere
il suo perdono, almeno finché non lo sentì
ridere.
Si voltò e lo vide ridere
come non faceva da giorni, gli occhi accesi d’entusiasmo e i
capelli
scompigliati zuppi d’acqua, le pieghe della pelle attorno
alle sue labbra come
quando sorrideva davvero, e lo
trovò
bellissimo.
E d’improvviso lui le mise le mani sui fianchi e la
sollevò in
aria, facendola girare in tondo ignorando le sue proteste divertite.
Appena
toccò nuovamente terra, le labbra di lui furono sulle sue.
Ma non l’hai fatto.
Ricordi quel giorno in cui flirtai con tutti i ragazzi soltanto per farti ingelosire, e tu ti ingelosisti davvero?
Non avrebbe dovuto neppure essere lì. In qualità
di prefetto, e soprattutto in
qualità di persona corretta e di una certa etica, avrebbe
dovuto condannare per
principio quelle feste sconsiderate e di dubbio gusto.
Nell’ultimo anno, forse in una specie di collettivo moto di
ribellione contro
le direttive approvate dalla Umbridge, feste di ogni tipo si erano
moltiplicate
in ogni angolo del castello, celate agli occhi di Gazza e dei
professori;
Hermione Granger aveva ormai rinunciato al suo proposito di sradicare
quest’insana
tradizione, ma mai, mai avrebbe
pensato di prendervi parte.
Si era lasciata trascinare da Ginny con insolita mitezza, rifiutandosi
di
puntare categoricamente i piedi come suo solito, e accettando il calice
che
qualcuno doveva avergli porto contenente un liquido ambrato di
provenienza
sospetta.
Saranno state le continue pressioni a cui, mai come
quell’anno, era
sottoposta.
Saranno state l’angoscia e la tristezza per
l’infida presenza di una guerra,
alle porte del castello, che ormai era impossibile evitare; la
frustrazione per
non essere creduti da coloro che detenevano il potere e che, per
definizione,
avrebbero dovuto garantire la protezione ed il benessere del Mondo
Magico, sarà
stato il peso di mantenere il segreto dell’ES, contrapposto
all’ardente
determinazione nel tenerlo vivo e attivo.
Oppure il litigio con Fred. Battibecchi vari erano all’ordine
del giorno, ma
mai avevano avuto una discussione di quelle proporzioni — un
dibattito iniziato
con un tu non puoi capire e finito
con un assordante silenzio e porte sbattute con violenza disumana.
Ad ogni modo, nessuna di quelle motivazioni avrebbe potuto giustificare
le sue
azioni – i capelli appositamente sciolti, il parlare
lentamente come se ogni
parola fosse d’estrema importanza, il casuale sfiorarsi di
mani.
Aveva la testa
leggera, Hermione, a causa di chissà quale diavoleria
bevuta, ma dentro sé
sentiva ancora scottare la rabbia e il rancore per aver litigato in
quel modo
con la persona che più amava, per quella porta sbattuta in
faccia al sapore
amaro della solitudine. Comportarsi in quel modo non avrebbe cambiato
le cose,
ma l’avrebbe distratta. Almeno era ciò che
credeva, finché non incontrò il suo
sguardo.
Credevo che mi avresti lasciato…
Fu un gesto del tutto casuale: incrociò i suoi occhi
– credeva di potersi perdere, santo
cielo, ogni volta guardava i suoi
occhi e si sentiva morire – nel mezzo di una frase,
nel mezzo di una
risata, e dimenticò all’improvviso tutto
ciò che aveva intenzione di dire.
Qualunque motivo ci fosse per sorridere sembrò spegnersi in
fondo alla gola, e
lei si alzò in silenzio, ignorando lo sguardo confuso del
suo interlocutore, e raggiungendo
Fred.
Non aveva perso il contatto visivo con lui, affrontando a viso aperto
le
conseguenze delle sue azioni, uno sguardo che urlava scusa
scusa scusami. Perché sapeva di averlo ferito.
L’aveva visto nel modo in cui era rimasto immobile, solo il
respiro a tradire
la vita che scorreva nelle sue vene, l’aveva percepito quando
la sua mano,
tremando, si era posata sulla sua guancia, quasi timorosa di quel
contatto.
La
Grifondoro si appoggiò lievemente sul suo palmo, rimanendo
in silenzio.
« Sei in grado di tirar fuori il peggio di me, sai?
» mormorò lui a mezza voce.
E sospirando, aggiunse: « Ma a quanto pare, ci siamo
comportati da idioti
entrambi »
Lei l’abbracciò d’istinto, soffocando
nel suo petto e nel suo profumo mille
parole di scuse e lacrime trattenute troppo a lungo.
… ma non l’hai fatto.
Si, ci sono state molte cose che tu non hai fatto…
Se ne rese conto una sera d’inizio primavera, Hermione, e fu
una realizzazione
talmente improvvisa e totalizzante da toglierle il respiro.
Si rese conto di
non avere parole, non abbastanza, almeno, per esprimere quanta
importanza
rivestisse Fred Weasley, ormai, nella sua vita.
Dopo qualche secondo di apnea,
prese a respirare piano come se il minimo rumore potesse spezzare per
sempre
quella consapevolezza meravigliosa che le aveva riempito il cuore, e si
raggomitolò fra le lenzuola sorridendo al buio che la
circondava.
Lei era innamorata. Completamente, pazzamente, profondamente e
assurdamente
innamorata di Fred Weasley. E lui era innamorato di lei.
E ciò bastò a
lasciarla senza parole, perché la sua vita a lungo non era
stata altro che una
somma incredibile di insicurezze, una messa in scena senza tregua di
finte
maschere d’indifferenza a celare la paura di non essere
abbastanza;
mai troppo
bella, mai troppo buona, mai troppo brava. All’inizio, aveva
quasi temuto di
non essere all’altezza neppure di lui, di non esserne
abbastanza innamorata.
Eppure lui era rimasto.
Avrebbe potuto andare via, mandare al diavolo i suoi
comportamenti odiosi, il suo essere puntigliosa e tremendamente
orgogliosa,
avrebbe potuto abbandonarla a sé stessa o dimenticare di
proposito i loro
appuntamenti,
le date importanti, reputarla nient’altro che una
bambina… e
invece si era ricordato del suo compleanno, l’aveva portata a
vedere le stelle
quando aveva scoperto quanto l’universo
l’affascinasse, l’aveva fatta ridere
quando era arrabbiata con sé stessa e con il mondo, e aveva
trovato il mondo di
farsi perdonare ogni sciocca bravata. Restavano i suoi baci, le sue
mani sulla
pelle, i regali nascosti in fondo ai cassetti, i vestiti che sapevano
di lui e
le pagine piene del suo nome.
Lui restava, sempre. Lo aveva promesso.
… ma tu mi hai sopportato…
« A cosa devo questo bacio, Weasley? »
« Da quando non posso baciarti così
all’improvviso, Granger?
»
« Non nel bel mezzo di una frase! »
« Eri odiosa, semplicemente- »
« Ma cosa- »
« Fammi finire di parlare! Eri odiosa, quindi ho deciso di
chiuderti quella
boccaccia con estrema dolcezza, perché ho promesso di
restare al tuo fianco,
quindi di sopportarti,
ed è davvero difficile quando dai fondo a tutta quella
insopportabile testardaggine… quindi ti ho baciato, Hermione, perché tengo alle
mie promesse »
… mi hai amato…
« Fred? »
« Mh? »
« Qualcosa non va? »
« Oh, no, perché non dovrebbe? »
« Non so, è solo che- io sono felice.
Incredibilmente felice. E credo che…
credo che se non fosse tarda notte non avrei il coraggio di dirtelo,
perché sai
quanto sono impacciata con le parole,
ma c’è che sono felice di essere qui, qui
con te, mi sembra tutto così assurdo, e vorrei davvero che
lo fossi anche tu.
Che, insomma… questo non sia un bel momento soltanto per me.
Lo so, è stupido,
ma ti ho visto quello sguardo strano e- »
« Hermione »
« … sì? »
« Ti amo »
… mi hai protetto.
« Ehy, dove stai andando? »
« Lasciami andare, Fred, ho bisogno di stare un po’
da sola… ti prego »
« Hai bisogno di parlarne »
« No, invece! Non ho bisogno di nulla! Non vedi? Stanno tutti
bene, nessun
danno permanente, no? Tranne per Tonks, lei è al San Mungo,
e poi c’è Sirius
che- »
Tacque, Hermione, perché la sua voce aveva preso a diventare
stridula ed
isterica e se avesse continuato, se non avesse smesso di tremare in
quel
preciso istante, sarebbe crollata rovinosamente senza potersi
più fermare.
« Continua » mormorò lui.
« Io- c’è una guerra lì
fuori, capisci? Una guerra! Qualcosa che non possiamo
evitare, un orrore senza fine che arriverà nelle nostre case
spalancando porte
e distruggendo finestre,
instillerà nei cuori solo paura e terrore e quanti,
quanti dovranno morire, Fred, quanti dovranno morire dopo Sirius e
Cedric ed i
genitori di Harry e mille altri omicidi senza nome, prima che tutto
questo
abbia una fine?
Ce l’avrà poi, una fine? Quanto possiamo esserne
certi? Nessuno
è al sicuro. Non c’è più
niente su cui fare affidamento, niente e nessuno,
tutto è in equilibrio precario ed io voglio combattere,
certo,
ma allo stesso
tempo la paura mi divora e vorrei solo scappare via da tutto questo,
non voglio
morire, non voglio perdere chi amo, io non voglio… non
voglio perdere te… »
Le lacrime presero a scendere silenziose, rigandole le guance come
gocce di
cristallo, e la ragazza si abbandonò al pianto senza poter
fare nulla per
evitarlo.
Sentì le braccia di Fred che l’avvolgevano e si
lasciò stringere e
cullare dolcemente, lasciandosi andare a quell’illusoria
parvenza di sicurezza
che, tuttavia, teneva insieme i pezzi in cui sentiva di essersi
spezzata.
« Non sei da sola, d’accordo? Non lo sarai mai. Ci
saranno persone che
combatteranno al tuo fianco, che ti vogliono bene e che continueranno a
farlo,
e per quanto sia terrificante la prospettiva di poter perdere
così tanto in
questa guerra, non possiamo evitarlo. Combattiamo proprio per questo,
in fondo,
non è così? Per difendere ciò che
amiamo, le persone che amiamo e ciò in cui
crediamo. Perché abbiamo qualcosa che non siamo disposti a
perdere.
C’è speranza,
Hermione. La speranza è un’arma potente, e noi
possiamo farcela. Tutti insieme
possiamo. Così come tu ed io. »
C’erano tante e tante cose che avrei voluto fare con te…
« Aspetta un momento! »
« Cosa c’è, adesso? »
« Cosa c’è,
dici? Ti rendi conto di
quale accadimento assolutamente oltraggioso si sta consumando qui,
giorno dopo
giorno? »
« Ma che- »
« Ti sembra una cosa equa, signorina Granger, che i miei
genitori ti conoscano
fin troppo bene e che tu con cotanta maleducazione non ti sei ancora
decisa a
presentarmi ai tuoi genitori? »
« I miei genitori?
»
« Esatto! Credi forse di poterli mettere al corrente di un
evento di tanta
importanza tramite posta? O magari vorresti dargli la lieta notizia
direttamente con l’invito al nostro matrimonio?
Cosa che non mi dispiacerebbe,
naturalmente, ma lo troverei un tantino rude, ecco…
»
« Fred, i miei genitori non ricordano neppure la mia
esistenza e forse dovresti
ridimensionare un po’ i tuoi programmi, non credi? Insomma,
stavamo soltanto
parlando di vivere insieme, un giorno… »
« Un giorno molto prossimo, mia cara! E la casa? Santo cielo,
ovviamente ci
vorrà una casa molto grande, altrimenti dove metteremo a
dormire tutti quei
bambini?
Credo che qualche istituzione babbana sui diritti dei minori avrebbe
qualcosa in contrario se tutti i nostri figli dormissero stipati nella
stessa
stanza… dopotutto, son pur sempre esseri umani, anche se
terribilmente
capricciosi e, che Merlino ce ne scampi,
puzzolenti di muco e pappette… ehy, la
smetti di ridere e di guardarmi così? Dico sul serio,
soprattutto sui bambini
puzzolenti! »
« Ti amo, Fred Weasley
»
… quando fossimo ritornati dalla guerra.
« Promettimi che ce la faremo, ti prego »
« Abbiamo la pellaccia dura, noi Weasley! Tu sta’
attenta, mi hai capito? Non
te lo perdonerei mai, se- non essere avventata e basta,
d’accordo? Solo questo.
Ce la faremo, te lo prometto. »
Ma tu non l’hai fatto. Tu non sei tornato, Fred.
Angolo Autrice.
Innanzitutto, è doveroso dire che non si tratta
tutto di farina del mio sacco, ma che ho preso ispirazione da questa
poesia che si chiama, per l'appunto, "But you didn't."
E' stata scritta dalla moglie di un soldato americano morto in guerra
in Vietnam, e merita di essere letta, davvero,
perché è in grado di trasmettere tantissimo con
frasi semplici e concise.
L'amore dei piccoli gesti, che poi si esplica sotto forma di assenza,
di mancanze, dei progetti infranti a causa della guerra. Mi ha fatto
pensare a loro due.
Ovviamente, ho dovuto apportare delle modifiche (ovviamente
nell'originale lei non prende in prestito una scopa ma una macchina,
che è l'esempio più lampante) e saltato qualche
strofa, ma il succo è quel che è.
L'ho scritta in qualcosa come sei ore, questo pomeriggio, e la sto
ultimando stasera... quindi perdonate in anticipo errori vari di
battitura o ortografia ma voglio davvero pubblicarla e non lasciarla a
marcire sul computer.
Sperando che vi sia piaciuta, love you always,
— afterallthistime.