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Autore: Asgard458    11/09/2015    0 recensioni
Il Signor Jacques ha nel suo ufficio il prossimo erede delle famosissime D. Industries, multinazionale che produce sistemi di teletrasporto. L'erede, però, non ha legami con i De' Vil, la famiglia fondatrice, ed è molto confuso; ma grazie al Signor Jacques, il quale gli mostrerà il prodotto dell'azienda, firmerà il contratto per diventare il successore... Peccato che il contratto gli toglierà qualcosa di molto prezioso. Troppo prezioso.
Genere: Avventura, Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Signor Jacques mi guardava soddisfatto:
“Grazie, amico mio; ora potrò esistere di nuovo”
“Che cosa… che cosa sta dicendo, Signor Jacques?”. Rise e si diresse verso il teletrasporto:
“Le spiegazioni te le darò alle D. Industries… sempre che tu faccia in tempo a tornare indietro”. Lo presi per il collo e lo fermai:
“Che diavolo mi hai fatto?”
“Attento a non sprecare energie – mi disse – potrebbero tornarti utili. Anzi…”. La mia mano lentamente passò attraverso il suo collo, scendendo dentro al suo petto.
“Vedo che è già iniziato… faresti meglio a sbrigarti allora”.  Tentai di riprenderlo, ma la mano gli passò attraverso; con tranquillità, entrò nel teletrasporto e, con un sorriso sulle labbra, sparì. Guardavo le mani, cercando qualcosa che non andasse; guardavo tutto il mio corpo alla ricerca di un errore, uno sbaglio, però non trovai nulla. Era tutto a posto. Ero stranamente calmo. Mi avvicinai al comò in legno e provai a passarci la mano sopra: la destra ci scorreva sopra normalmente, riuscivo a sentire il duro legno di noce sulla punta delle mie dita; quando passai la mano sinistra vidi l’effetto di prima: la mano ci passava attraverso. Non sentivo nulla, era come se la mano avesse cessato di esistere. Un arto fantasma, letteralmente. Non sapevo a cosa stavo andando incontro, e non sapevo neanche se tutto il corpo sarebbe scomparso, e a che velocità. Decisi di dare un calcio al comò, un po’ per disperazione, un po’ per stress. Mia sfortuna, il piede esisteva ancora, e riusciva a sentire il dolore. Mi venne il dubbio con l’altro piede, ma conclusi solo con altro dolore. Rimasi lì qualche minuto ad analizzarmi, facendo attenzione ad ogni piccolo dettaglio che potesse scomparire, ma nulla. Dovevo chiedere direttamente al Signor Jacques; mi diressi nel teletrasporto e, con la mia unica mano esistente, impostai la destinazione. In pochi secondi, mi portò nella sede centrale delle D. Industries. Aperte le porte di vetro, tutti gli addetti si misero a guardare dentro la capsula:
“Ma… si è attivata da sola?” dicevano.
“Non c’è nessuno dentro… che sarà successo?”. Non riuscivo a credere alle mie orecchie, era una sensazione orribile, indescrivibile. Stavo lentamente uscendo dalla scena dell’esistenza. Corsi verso l’uscita della stanza, ma sentii un addetto chiamarmi:
“Signore! Lei non può stare-“. Mi fermai, e si fermò anche la sua frase. Lo guardai sbalordito, aspettando che continuasse, ma mi accorsi che stava, ormai, guardando il vuoto.
“Me lo sarò immaginato?” sussurrò. Mi sentii uno schifo, ma dovevo capire cosa mi stesse succedendo, prima che fosse troppo tardi. Corsi per i corridoi cercando di ricordare dove fosse l’ufficio del Signor Jacques. Però sembrava tutto diverso. O meglio, sembrava che qualcosa fosse cambiato. Era tutto uguale, però qualcosa non andava:
“Quella è la tua esistenza che se ne va!”. Dalle mie spalle, arrivò camminando il Signor Jacques. Non aspettai un suo secondo saluto e gli diedi un pugno; peccato che gli attraversò la faccia senza recargli danno.
“Calmo, amico mio! Va tutto bene!”. Mi risparmiai le cattiverie che si meritava e passai al succo della questione:
“Che diavolo mi sta succedendo?!”
“Come sei ingenuo… Lascia che ti spieghi:”. Ancora una volta, camminammo per i corridoi di quella maledetta multinazionale.
“Vedi, amico mio, io non esisto da parecchio tempo, sono intrappolato in queste quattro mura dove ancora conto qualcosa. Appena esco fuori, puff! Sparisco! Nessuno mi vede o mi sente. Sono incorporeo”. Mi venne in mente New York, quando la macchina gli prese la gamba. Proprio come me quando lo afferrai.
“Da quando mio padre è morto, ho iniziato a scomparire. Sempre meno persone mi sentivano; poi non mi vedevano, e poi si scordavano di me. Avevo molti amici, ero molto felice”. Mi venne in mente la ragazza nel parco; in verità non aveva visto il Signor Jacques, non sapeva che era il capo delle D. Industries.
“Perciò ho pensato: ‘mio padre ha sempre avuto tantissimo potere, perché non usarlo a mio vantaggio?’. Così ho cercato la persona adatta: una persona senza troppi legami e senza aspirazioni, una persona dalla vita sotto la media…”. Mi rivenne in mente la moglie del Signor Jacques: l’incidente di sei anni fa, era incinta di sei mesi, e lo lasciò dopo sei settimane… sei, sei, sei.
“E ti ho scoperto! Ho letto tutto su di te: non hai moglie, anzi mai stato fidanzato, hai perso la verginità per il rotto della cuffia; ora sei disoccupato, ma hai lavorato part-time nella bottega di un vecchietto per tutta la tua vita, guadagnando una miseria; vivi in un monolocale mangiando cibi precotti, e non riesci neanche a pagare l’affitto; i tuoi genitori sono deceduti odiandoti e disprezzandoti. Sei il candidato perfetto, avrei solo dovuto far pressione sulle tue debolezze: la ricchezza… il potere… la lussuria… Sei il candidato perfetto…”. Sei, sei, sei… De’ Vil… De’ Vil… De… vil… oh mio Dio…
“In fondo… nessuno sentirà la tua mancanza… soprattutto se sarà il Diavolo a cancellare la tua esistenza”.
“Jacques Devil”. Applaudì.
“Bravo, bravo, ma troppo tardi. Hai firmato il contratto: la tua esistenza in cambio delle D. Industries. È bastata una storia triste per farti cedere. Che peccato, pensavo fossi più forte di così…”. Non ci vidi più dalla rabbia. Presi la rincorsa per caricarlo di botte. Gli avrei cancellato io l’esistenza, con le mie stesse mani.
“Sei anche molto stupido…”. Non arrivai mai al Signor Jacques. Gli passai attraverso. Il mio corpo attraversò il suo e poi uscì fuori dalla finestra. Il panorama della città ed il tramonto rossastro furono le ultime cose che vidi, peccato che non riuscivo più a sentire il calore del sole sulla mia pelle. Lo sentii, ridere di me, e pronunciare le sue ultime parole:
“Addio, amico mio”. Nero. Vuoto.
Mi svegliai sulle strade di New York, in un marciapiede pieno zeppo di persone. Mi calpestavano, mi passavano sopra, senza neanche degnarmi di uno sguardo. Il problema non era loro, ero io che avevo smesso di esistere. Mi alzai in piedi e vidi l’enorme palazzo sede delle D. Industries di New York. Sussurrai, tra me e me:
“Benvenuti alle Devil Industries”
Non mi restava altro da fare; misi le mani in tasca, e vagai. Tra gli innumerevoli newyorkesi che andavano al lavoro frettolosamente. Guardando a terra, camminavo, rimuginando sulla mia passata esistenza, che stava lentamente svanendo, anche dalle mie mani.
   
 
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