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Autore: civia93    08/02/2009    7 recensioni
E se Bella, dopo l'abbandono di Edward non avesse mai sentito la sua voce nella mente?
Non si sarebbe buttata dallo scoglio e alla fine si sarebbe messa con Jacob. E quando Edward sarebbe tornato, l'avrebbe vista felice tra le braccia di Jacob e se ne sarebbe andato via di nuovo.
Passano 10 anni. Bella è diventata un avvocato ed è prossima alle nozze con Jacob. Insomma, conduce una vita serena.
Ma a volte basta un piccolo ricordo per farla cadere di nuovo nel baratro del dolore.... e sarà proprio il ricordo di Edward che la spingerà a compiere un viaggio importante, nel quale scoprirà tante cose...
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Isabella Swan
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao ciao!!!
Allora, il debutto di questa nuova fanfiction non è andato tanto male...

ringrazio 0207pantera, aquizziana, Benjamina, federob, Lovely_Dayi per averla aggiunta ai preferiti...
e ringrazio Dunkel PrinzesschenBalenotta franci_cullenper avermi commentato la prima puntata...spero ke continuerete a farlo...

e ora un nuovo capitolo!!

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2. Un nuovo abbandono


La luce del sole filtrò attraverso la finestra del mio studio, inondando completamente il mio ufficio. Aprii leggermente gli occhi, e fui costretta a richiuderli subito per la luce troppo forte. Poi mi misi seduta si spalle alla finestra, mi stirai e sbadigliai. Mi alzai in piedi e andai nella piccola cucina a prepararmi un caffè, mentre risistemavo il mio ufficio, dopo l’ultima crisi di ieri.
Ormai ci ero quasi abituata a queste crisi isteriche: erano dieci anni che le avevo, ed erano dieci anni che non riuscivo ad evitarle. Bastava un niente per scatenarle, un semplice ricordo, una semplice parola, una semplice frase. Ed infatti, non potevo più avvicinarmi a Port Angeles, vedere un qualsiasi tipo di Volvo, sentire Debussy, vedere e sentire qualcuno che suonava al piano, osservare i leoni nei documentari o allo zoo, aver a che fare in qualsiasi modo con il ghiaccio e evitare tinte per capelli color castano ramato. E naturalmente, evitare assolutamente storie e film sui vampiri: la notte di Halloween ero costretta a starmene chiusa in casa, evitando anche di dare le caramelle ai bambini. Certo, la mia vita era un po’ limitata con queste restrizioni, ma era necessarie per evitare una crisi isterica pari a quella della serata prima.
Forse sarei dovuta andare da uno psicologo: forse mi avrebbe aiutato di sicuro ad evitare queste crisi, ma non potevo andare da uno strizzacervelli e dirgli che non riuscivo a dimenticare il mio ex-ragazzo vampiro. E poi non volevo dirlo a nessuno, non volevo parlarne: era un mio dolore personale, mio e solo mio. E proprio per nasconderle a tutti, ogni volta che avevo una crisi isterica mi nascondevo da qualche parte, e il mio ufficio mi è sempre sembrato accogliente e adatto per contenerle e sopportarle. Ma soprattutto era distante da LaPush, e quindi anche da Jacob: ci mancava solo che Jacob sapesse che soffrivo ancora per lui, come se ci fosse bisogno di un altro motivo per farglielo odiare.
Cosa per me impossibile: non potevo odiare EdwardIo lo amavo ancora, ma non lo ammettevo. Ma lo sapevo.
Quando ci pensavo, ricadevo nel baratro vuoto nel quale mi aveva lasciato, e riemergere era sempre più complicato. Ma quando riuscivo a confinare quel vortice di pensieri e dolore in angolo della mia mente, non ci facevo neanche caso a questa consapevolezza, e continuavo a vivere la mia vita normalmente.  Gran parte del merito era di Jacob, che prima d’amico, ora da fidanzato, prossimamente da marito, riusciva a farmi dimenticare tutto il resto oltre e noi due. Ero innamorata di Jacob ed ero pronta ad essere sua moglie. Non l’ho mai preso in giro: Jacob era la mia anima gemella, Edward l’amore della mia esistenza. Due cose tanto diverse e tanto distinte per me.
E poi, uno mi ricambiava, mentre l’altro mi aveva lasciata.
Sentii la porta che si aprì.
-Oh, signorina Swan! Già qui di prima mattina?
-Buongiorno Diana- era la mia segretaria -Veramente ho dormito qui: ieri sera ho fatto tardi con l’organizzatrice e visto che mi trovavo nei paraggi dell’ufficio, ho preferito dormire qui sul divano della sala d’attesa che tornarmene a Forks.
Diana storse la bocca. –Immagino che non sia stata una notte comodissima.
Alzai le spalle. –Non si preoccupi Diana, ne ho viste di peggiori.
Alzò gli occhi al cielo, e andò a sedersi sulla sua scrivania, accendendo il computer, controllando la mia posta e la mia agenda. La lasciai al suo lavoro e me ne andai nel mio ufficio, finendo di bere il mio caffè.
Diana era una persona efficiente, lavora duramente e si impegnava nelle cose che faceva. L’avevo assunta proprio per queste sue qualità e anche per la sua disponibilità ventiquattro ore su ventiquattro: questo anche perché si ritrovava ad avere 45 anni senza essere sposata. Una zitella, insomma.
Mi sedetti sulla poltrona della mia scrivania, sul quale c’erano un computer, un telefono, un barattolo con delle penne e matite, una cornice con una foto di me e Jacob, un’altra con la foto di mio padre, delle pratiche aperte, altre chiuse, e una pila di fogli bianchi pronti per prendere qualche appunto. Il minimo indispensabile: non volevo riempirla con abbellimenti inutili e ingombranti. Così come tutto il resto del mio ufficio: la stanza aveva una grande finestra, davanti alla quale c’era la mia scrivania e la mia poltrona. Così, mi ritrovavo ad avere alle spalle la finestra e davanti la scrivania con delle sedie per i clienti. Le pareti non erano decorate con una carta da parati particolare, ma con una neutrale tinta unita che dava sul beige, e non c’erano quadri, se non i miei certificati di laurea, che davano al cliente l’idea di avere a che fare con una persona di un livello superiore.
Anche la sala d’attesa non era molto arredata: era molto spaziosa, e la porta d’ingresso dava proprio al centro della stanza, e poi di fronte aveva la porta del mio studio. Quando ero seduta sulla mia poltrona e la porta era aperta, riuscivo a vedere senza difficoltà il divano e le due poltrone ai lati che stavano sulla sinistra, e la scrivania di Diana che invece si trovava dalla parte opposta. Non riuscivo però a vedere le due porte alle spalle della scrivania di Diana, cioè quelle del bagno e della piccola cucina.
Accesi il mio portatile e chiamai subito Diana per ricordarmi gli impegni del giorno: due appuntamenti nella mattinata, un pranzo di lavoro con un cliente e poi il pomeriggio libero. Forse avrei chiamato Mel e mi sarei messa d’accordo con lei per un altro incontro, magari in posto che sarebbe stato facile da raggiungere a piedi senza bisogno che prendesse la macchina… quella macchina…
Il mio telefonino iniziò a squillare. Diedi un’occhiata al display e sorrisi: Michelle. Michelle era mia cugina, la figlia della sorella di Renèe. Io e Michelle eravamo legatissime e stavamo sempre insieme, finché poi i suoi genitori sono morti in una rapina ad una banca, e i servizi sociali l’hanno affidata ad una famiglia in Australia. Quindi abbiamo perso un po’ i contatti, ma comunque ci sentivamo a Natale, Pasqua, compleanni e roba simile. E certamente, non potevo non invitarla al mio matrimonio.
-Ciao Michelle! Dove sei?
-Ciao Bella! Sono all’aeroporto. Tra dieci minuti prendo l’aereo e arrivo a Seattle per il pomeriggio. Ci vediamo all’aeroporto alle 5?
Addio al mio pomeriggio libero. –Si, va bene.
-Perfetto! Non ci posso credere che la mia cuginetta si sta per sposare! Non vedo l’ora di conoscere Jacob!
Sorrisi. –Sono sicura che ti piacerà.
-Ora è meglio che vada: hanno chiamato il mio volo e non voglio perderlo. Ci vediamo dopo! Un bacio!- e chiuse la comunicazione.
Sospirai e tornai al mio lavoro. Andai a controllare la mia posta elettronica, e tra varie e-mail pubblicitarie, trovai un’e-mail di mia madre. La aprii subito, curiosa e ansiosa. Ma invece della gioia, al suo posto c’era solo la delusione:

Tesoro che bella notizia! Sono contenta che ti sposi! Mi piacerebbe tanto essere presente al matrimonio della mia bambina, ma ci troviamo in Nuova Zelanda, e Phil è all’inizio del campionato. Mi dispiace tanto. Io e Phil ti facciamo gli auguri. E anche Tom. Devi vedere come sta crescendo: l’altro giorno gli abbiamo fatto una festa per i suoi 3 anni. Ti invio qualche foto così puoi vedere da te com’è il tuo fratellino. Nella prima si vede lui che…

E l’e-mail continuava così per almeno altre centinai di righe, in cui descriveva particolare per particolare le foto del mio fratellastro. Non ci potevo credere: mia madre aveva sprecato 3 righe per il mio matrimonio, il matrimonio di sua figlia, e 400 righe per il compleanno del suo nuovo figlio, di cui mi aveva anche inviato 4 foto nell’allegato. Per mia madre non contavo più, ormai si era dimenticata di me, della sua bambina.
Cacciai dentro le lacrime: piangere non mi sarebbe servito a niente. Ma non potevo ignorare il fatto che al mio matrimonio non ci sarebbe stato nessuno della mia famiglia. Fortunatamente avevo Michelle. E anche Jacob. Non ero sola.
 
-Allora, parlami un po’ di questa tua cugina…- mi chiese Jacob, mentre aspettavamo che l’aereo di Michelle atterrasse.
-Mmm… è simpatica, carina, estroversa, sicura di se, atletica, socievole…
-Insomma il tuo esatto contrario.
Alzai le spalle. –Più o meno… lei era sempre perfetta in tutto, e io ero quella che le stava dietro.
-Ah, capisco: quindi sei gelosa?
-No, questo no…- o forse si? –E poi lei stava sempre con me e non mi faceva mai pesare il fatto che lei era migliore di me… io le voglio bene come ad una sorella e lei ne vuole a me.
Poi ci fu l’annuncio dell’atterraggio del volo di Michelle. E poi vedemmo una ragazza sui venticinque anni, alta e magra, bionda e abbronzata, con uno zaino in spalla e una valigia in mano, che veniva verso di noi.
-Bella!- e mi abbracciò, lasciando cadere il suo bagaglio.
-Michelle!- ricambiai l’abbraccio: erano anni che non riabbracciavo la mia cuginetta. Era così bello poterla riabbracciare, sentire la sua risata. Erano passati 13 anni dal’ultima volta che ci eravamo viste, dall’ultima volta che mi ero confidata con lei, dall’ultima volta che avevamo giocato e scherzato insieme. Era sempre stata la mia migliore amica e la mia sorella gemella. Anche se sapevo benissimo che lei era migliore di me in tutto, non riuscivo a non volerle bene. Anche se a volte ero stata gelosa di lei.
Michelle si staccò da me. -È così bello rivederti dopo tanto tempo. Non sei cambiata per niente!
-Neanche tu!- io ero sempre la solita ragazza goffa e impacciata, lei la ragazza super atletica e spigliata –Michelle, ti presento Jacob, il mio futuro marito.
Lei diede un’occhiata a Jacob. –Complimenti Bella! Te lo sei scelto proprio carino! Piacere io sono Michelle, la cugina di Bella- e gli porse la mano.
Jacob era rimasto a fissarla, e non distoglieva lo sguardo dai suoi occhi.
Michelle lo guardava con aria interrogativa. –Jacob c’è qualcosa che non va?
Anch’io non riuscivo a capire, ma poi osservai meglio la sua espressione: sembrava un cieco che vedeva il sole per la prima volta.
No…no…no… i miei occhi iniziarono a riempirsi di lacrime, il mio piccolo mondo iniziò a frantumarsi, le mie gambe stavano per cedere. –No Jacob, no… ti prego, dimmi che non è vero… dimmi che non è vero…
Jacob si rivolse verso di me, con uno sguardo pieno di dolore. –Bella, io…
Le lacrime iniziarono a scendermi lente sul viso. No…non di nuovo…
Michelle non capiva niente. –Bella che cos’hai? Perché hai iniziato a piangere?
Le rivolsi uno sguardo furioso. In fin dei conti avrei dovuto immaginarlo: chi poteva aver l’impriting con Jacob se non la mia perfetta e bella cugina? Che è l’esatto contrario di me? Che è meglio di me in tutto?
-Perché? Tu mi chiedi perché? Perché tu sei sempre stata migliore di me. Perché lo sei ancora. E perché lo sarai ancora e ancora.
Michelle rimase spiazzata. Non riuscivo più a trovare un minimo di sentimento benevolo verso di lei: tutto il veleno che ho provato verso di lei, mi stava uscendo spontaneamente dalla bocca.
Tutto questo era accaduto in due secondi… in due orribili secondi…. come 10 anni fa…
-Bella, aspetta,- mi disse Jacob tenendomi un mano sulla spalla –forse possiamo risolvere la cosa…
-Certo: tu spiegherai la faccenda a Michelle, vivrete felici e io me ne andrò. Non ti preoccupare per me Jake, in fondo ci sono già passata, no? Sicuramente riuscirò a superarlo, visto che non ti ho mai amato come ho amato… come amo Edward.
Jacob ritrasse la mano e rimase pietrificato.
-È meglio se non ci vediamo più, credimi…- gli dissi più fredda che mai.
Inizia a correre, a scappare, ad andare via da lì.
In macchina, in viaggio verso una meta indefinita, iniziai a piangere, a piangere senza inutili tentativi di fermare le lacrime. Un altro rifiuto, un altro rifiuto… Riuscirò a farcela questa volta? La risposta la sapevo forte e chiara:
SI. Avevo trovato anche il coraggio di dirlo a Jacob: io non l’avrei mai amato nel modo in cui amavo Edward… due cose distinte… una che vale più dell’altra… e poi comunque, avevo sempre saputo anche questo: che prima o poi Jacob avrebbe avuto l’impriting con un’altra ragazza. Ma non doveva essere mia cugina, non quella mia cugina, che amavo tanto nonostante tutto, ma che adesso odiavo dal più profondo del mio cuore, sia per il presente sia per il passato. Respirai profondamente: ormai non potevo più farci niente.
Ma il fatto per cui io continuavo a piangere non era il rifiuto, ma l’abbandono, un nuovo abbandono, definitivo. Un abbandono perché io non ero perfetta. Tutte le persone che amavano mi avevano abbandonato perché non ero perfetta, perché non andavo bene, perché non piacevo abbastanza…
Adesso sul serio non avevo più nessuno: mio padre era morto, mia madre si era dimenticata di me, i miei vecchi amici del liceo mi avevano tutti lasciato perdere dopo che avevo iniziato a frequentare LaPush, Jacob aveva avuto il suo impriting, l’unico membro della mia famiglia con cui ero rimasta in contatto aveva causato proprio l’impriting, e tutti gli amici del branco di Jacob avrebbero sicuramente preso le sue parti.
E il mio unico e vero amore, l’amore della mia esistenza, mi aveva abbandonato dieci anni prima e io continuavo ancora a soffrirci.
Chi mi era rimasto? Nessuno.
Ancora una volta, stavolta definitivamente ero rimasta sola.
Sempre e solo io.
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allora, questo capitolo a mio modesto parere è penoso....
ma serve per andare avanti con la storia!! =P

Comunque, cosa fara la nostra Bella ora che è rimasta sola e senza nessuno??? Il ricordo dell'abbandono di Edward tornerà a tormentarla???
Tutto questo nella prossima puntata....!!
Un bacio....
 
   
 
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