Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Conodioeamore    12/09/2015    2 recensioni
Non è facile vivere in una famiglia che ti guarda ogni giorno come se fossi un pericolo. Un fratellastro talmente odioso che ti bullizza sempre. Una madre che ogni volta che posa lo sguardo su di te è per ricordarti che sei frutto di una notte passata con un angelo nero. Eppure, questa è la mia famiglia. Sono angeli dalle bianche e candide ali, hanno successo in qualsiasi cosa facciano, mentre io no. Per questo motivo, verrò sempre guardata con disprezzo da loro, perché non sarò mai quello che sono loro: un angelo bianco.
Il mio nome è Senja, che in greco antico sta a significare un'estraneo. Ed è proprio quello che sono io: un'estranea in una famiglia di angeli. In un certo senso è ironico, non siete forse d'accordo con me?
© (Copyright 2015 by Martina Carlucci)
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Avevo qualche dubbio, su di lui. Non ero del tutto sicura di volergli raccontare tutto e, per un istante, il pensiero di fuggire mi passò per la mente. Ci incamminammo dentro la foresta, dove la vegetazione era più fitta. Le foglie degli alberi impedivano quasi del tutto ai raggi del sole di filtrare. Ci sedemmo sopra un grande tronco caduto. Micka incrociò le mani e tenne lo sguardo fisso a terra. «Posso parlare ora?» gli domandai scontrosa. L'angelo alzò lo sguardo e mi guardò con i suoi occhioni enormi. In quel momento mi ritornò alla mente il sogno che avevo fatto in macchina. Il ricordo di quel giorno sarebbe stato per sempre impresso nei miei ricordi. La principessa e il suo cavaliere non sarebbero più stati uniti come prima. Volevo di nuovo mio fratello, perché sapevo che quello che avevo davanti non era realmente lui. «Avanti, parla» mi rispose, con tono piatto. «Voglio saperne di più su di te e sul tuo passato.» Mickael continuò a fissarmi un altro po', per poi alzare la testa verso gli alberi. «Lo conosci già il mio passato. Siamo cresciuti insieme, Sen.» Una risatina breve e molto aspra precedette la mia frase. «Mi riferisco al tuo vero passato, Michele.» Mio fratello spalancò gli occhi e si voltò di scatto a guardarmi. «Voglio che mi racconti di tuo fratello Samael.» «Lui... preferisco non parlarne, se non ti dispiace.» A quel punto sbottai. Mi alzai in piedi e lo fronteggiai. «Sì che mi dispiace. Ho il diritto di sapere con chi vivo. Ho il diritto di sapere chi si è impadronito del corpo di Mio Fratello!» gli urlai, andandogli contro. L'angelo non ebbe il coraggio di ribattere. Abbassò lo sguardo e non aggiunse una parola. «Sai, sono felice di essere dell'altra sponda. Almeno non mi devo preoccupare che qualcuno prenda il mio corpo. Siete solo dei ladri!» Gli diedi le spalle e corsi verso la fine del bosco. Non era più Mickael da tanti anni ormai, solo che non volevo ammetterlo a me stessa. Credevo che alcune azioni che facesse fossero opera di mio fratello e che Michele non fosse in grado di opporsi. Ci avevo davvero sperato, ma mi sbagliavo. «Senja, aspetta!» mi chiamò Michele, precipitandosi da me. Mi bloccò il braccio e mi costrinse a girarmi. Strattonai via il braccio. «Stammi lontano!» gridai. «Credimi se ti dico che tuo fratello sta bene ed è consenziente della sua scelta.» «Perché hai dovuto prendere proprio il suo corpo?» «Lui appartiene alla mia Dinastia. Sin da bambino, si è sempre distinto dagli altri. Era forte.» Non potevo obbiettare, in fondo era la volontà di mio fratello. «Perché hai deciso di reincarnarti? Qual è il tuo obbiettivo, Michele?» gli chiesi, incrociando le braccia. Il vento iniziò a soffiare più di prima e l'aria si fece molto più fredda. «Sono qui per un motivo ben preciso. Eliminare il male che c'è su questa terra.» Scoppiai in una risata fragorosa. «Ancora con questa missione di pace, ma non vi siete stancati? Non avete ancora capito che il mondo non può essere salvato?!» Era ridicolo starlo ad ascoltare. Mi stava facendo venire la nausea. «Forse hai ragione tu. Ma noi continueremo a lottare, finché l'altra sponda non sarà distrutta e l'umanità sarà salva.» L'altra sponda... Era così che definivano allora noi angeli neri. Volevano vederci strisciare a terra come vermi. Ci volevano distruggere. Beh, mi facevano solo schifo. «Beh, allora saremo nemici. Fratello.» Diedi maggior enfasi all'ultima parola. Doveva capire quanto mi facesse schifo stare in sua presenza. Feci per andarmene, ma mi voltai un'ultima volta. «D'ora in poi non immischiarti più nella mia vita privata, Mickael. Hai scelto da che parte stare. Hai scelto di dare le spalle a tua sorella, quindi non ti aspettare più nulla da me se non indifferenza totale.» Non lo facevo da anni e francamente non ricordavo nemmeno come si facesse, ma ci provai lo stesso. Dispiegai le mie ali nere come l'oscurità e volai in cielo fin sopra le nuvole. Era come andare in bicicletta. Una volta imparato non lo dimentichi più. L'aria fresca che si infrangeva contro il mio corpo era rilassante. Avevo bisogno di rimanere da sola. Quando riatterrai era ormai sera. La città era andata praticamente a dormire. Le strade erano illuminate solamente dai lampioni e da qualche macchina che passava per la strada. Atterrai sopra il Golden Gate Bridge. Non c'era praticamente nessuno. Richiusi le ali e presi il telefono che avevo in tasca per cercare il numero di Gage. Avevo bisogno di parlare con qualcuno che fosse come me. «Senja?» mi rispose la voce assonnata di Gage. «Ehi. Scusa se ti chiamo a quest'ora ma ho avuto un problema con mio fratello e...» Non sapevo come terminare la frase. Il mio tono di voce era incerto, segno che di lì a breve sarei scoppiata a piangere. «Dove sei?» «Sul Golden Gate Bridge.» «Senja, come ci sei arrivata lì? Non dirmi che hai volato!» «Invece è proprio quello che ho fatto.» Cavolo, in quel momento un rimprovero era l'ultima cosa che volevo sentire. «Ti dico l'indirizzo di casa mia, così mi raggiungi.» «Okay, grazie.» Appena Gage finì di dirmi l'indirizzo, dispiegai le ali e mi alzai nuovamente in volo. Per fortuna che il punto dove abitava era abbastanza isolato da potermi permettere di atterrare senza che qualcuno mi vedesse. Andai difronte la casa di Gage. Era una villa molto grande, di colore bordeaux con le rifiniture delle finestre e della porta in nero. All'entrata risaltavano immediatamente due colonne anch'esse dipinte di nero, ispirate, evidentemente, all'Età Classica della Grecia. Notai che seduto sui gradini c'era Gage, con in mano due tazze. Avevo il respiro affannato ed ero molto scossa. L'angelo nero posò le tazze sul gradino dove era seduto e si affrettò a venirmi incontro. Gli saltai addosso, lasciando che i nostri corpi si toccassero come mai prima. «Sen, che ti è successo?» Finalmente potevo dare libero sfogo alle mie lacrime. «Ti prego, non dire niente. Abbracciami e basta» lo supplicai tra le lacrime e i singhiozzi. E fu quello che fece. Non aggiunse nulla. Rimanemmo lì per un bel po' senza dire una parola. Mi fece entrare dentro casa sua e con mia grande sorpresa scoprii che i suoi genitori non erano ancora rincasati. «Sono stati convocati» mi disse. Con una faccia sorpresa, esordii stupita: «Anche i tuoi?!» «Sì, c'è parecchio movimento in questi giorni. Pare che ci stiamo per avvicinare ad un altro scontro con gli angeli bianchi.» «A proposito di questo... c'è una cosa che devo dirti.» Mi sedetti sul divano e mi porse la tazza con la cioccolata calda. Il coccio al contatto con la mia mano fredda mi riscaldava. Chissà se, bevendola, avrebbe alleviato anche il mio dolore. Iniziai a girare l'indice intorno al bordo della tazza. «Dimmi.» Gage si sedette accanto a me, poggiando una mano sul bracciolo, mentre con l'altra teneva stretta la tazza di cioccolata calda. Mi mostrò un sorriso rassicurante. «Oggi ho parlato con mio fratello, o meglio quello che ne resta.» Gage non parve più di tanto stupito nel sentire quelle parole. Si limitò a seguirmi in silenzio, bevendo un sorso di cioccolata ogni tre/quattro parole. «Michele mi ha detto che gli angeli bianchi hanno intenzione di portare il bene nel mondo e per farlo devono estirparlo da ogni forma di male presente sulla Terra.» «Vale a dire: sterminare la nostra specie.» Bevvi un altro sorso di cioccolata, prima di rispondergli: «Esattamente.» «Quello che ha appena detto è un piano irrealizzabile, lo sai vero?» Abbassai lo sguardo sul tessuto del divano. «Quando me lo ha detto, sembrava sicuro del fatto di riuscirci. infondo, dipende tutto da lui.» Mi lasciai andare, poggiando la testa sullo schienale morbido del divano e chiusi per un paio di secondi gli occhi. Abbozzai un sorriso di beffardo. «Cosa pensi di fare?» Cosa pensavo di fare? Ancora non lo sapevo. Volevo parlare con il vero Mickael per chiedergli se potevo, in qualche modo, cambiare le sorti della guerra che stava per arrivare. Avevo delle domande da fare a Michele su suo fratello Samael. Volevo impedire la battaglia tra gli angeli. Sognavo di ristabilire l'equilibrio e che alla fine di tutto mi sarei ripresa mio fratello. Alzai la dal divano per avvicinarmi a Gage. «Ancora non lo so. Ma spero che tu sarai dalla mia parte.» L'angelo mi prese la mano e la strinse forte. Mi sorrise dolcemente, prima di rispondermi: «Sempre.» In un certo senso, saperlo al mio fianco mi rassicurava. Mi accoccolai addosso a lui e chiusi gli occhi. Quella sera, due angeli neri avevano, inconsciamente, sancito una promessa di fedeltà assoluta.
   
 
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