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Autore: gattina04    13/09/2015    9 recensioni
Due tempi, due storie: un futuro neanche troppo lontano e un presente.
Cosa accadrebbe se all’improvviso comparisse una bambina convinta di essere la figlia di Emma e Killian? Come reagirebbero i due scoprendo che presto la loro vita cambierà drasticamente?
E se dall’altra parte due genitori fossero alla disperata ricerca della loro piccola scomparsa? Cosa faranno per ritrovarla, come potranno reagire di fronte a quella che sembra una missione impossibile?
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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3. Azioni e reazioni
 
Present day
Vidi Emma correre fuori dalla stanza schiacciata dal peso di quell’imminente verità. Di certo, anche se io avevo capito prima di lei che la piccola era davvero nostra figlia, non mi aspettavo che la cosa fosse così incombente. Facendo due calcoli, praticamente Emma sarebbe dovuta rimanere incinta, al massimo, entro un paio di mesi.
Uscii anch’io dalla stanza, per andare a vedere dove fosse andata. La trovai vicino alla porta del bagno, con le mani appoggiate contro il muro e lo sguardo rivolto verso il pavimento. Stava facendo dei profondi respiri nel tentativo di calmarsi.
La notizia sembrava averla shockata più di quanto avesse fatto a me. Di certo ero turbato, non mi aspettavo proprio di diventare padre così da un giorno all’altro. Se mi avessero detto che nel giro di un anno mi sarei dovuto occupare di un neonato, di mia figlia, beh probabilmente sarei scoppiato a ridere. Ero spaventato all’idea di dover crescere una bambina, io un pirata che aveva per secoli pensato sempre e solo a sé stesso! Ma per quanto potessi essere terrorizzato da quel nuovo ruolo inaspettato che avrei dovuto svolgere, pensavo che quella comunque fosse una bella notizia. Io ed Emma avremo avuto una bambina, avremo formato, anche se prima del previsto, la nostra famiglia.
Il mio cigno però non pareva altrettanto lieto all’idea. Sembrava talmente spaventata da non considerare gli aspetti positivi di quella faccenda.
«Emma ti senti bene?», azzardai dopo un po’.
«Secondo te come posso stare bene?».
«Emma tesoro…». Feci per abbracciarla ma lei si scansò. Fu un gesto improvviso ma che mi impedì anche solo di accarezzarla. Mi diede le spalle e fece un profondo respiro.
«Okay», iniziò. «Direi che dobbiamo dirle la verità, non può certo credere ancora per molto di essere nel 2022. Adesso la portiamo a prendere quel gelato che le abbiamo promesso e dopo le parliamo. Poi dovremo trovare un modo per rispedirla a casa, deve aver usato un portale un po’ come abbiamo fatto io e te. Se capiamo come è riuscita ad arrivare, potremmo tentare di invertire il processo o cose del genere». Era entrata in modalità sceriffo, segno evidente che non voleva parlarne, non in quel momento almeno.
«Se lei è qui, vuol dire che la staranno cercando e saranno preoccupati».
«Certo, però affrontiamo una cosa per volta. Prima capiamo come è arrivata e prima potrà tornare da dove è venuta». Feci una smorfia: il tono che aveva usato era tutto fuorché materno. Non volevo pensare negativo, ma Emma non sembrava minimamente intenzionata a considerare quella futura gravidanza come cosa certa, come era ovvio che fosse.
Lasciai perdere quelle idee e la seguii di nuovo nell’altra stanza, mettendo in atto il suo piano di azione. Portammo Edith a prendere il gelato, non aggiungendo più nulla sulla nostra identità. La piccola sembrò un po’ calmarsi e tranquillizzarsi, anche se continuava a lanciare strane occhiate a quella che credeva essere sua madre.
Decidemmo di portarla a casa per parlare con più tranquillità, anche se il loft probabilmente non era quella che lei definiva la sua casa. Sicuramente io ed Emma avremo avuto una casa tutta per noi e avremo lasciato alla coppia Azzurra la loro privacy, anche per ottenere un po’ la nostra.
Durante il tragitto Edith iniziò a sbadigliare e quando giungemmo a destinazione, la piccola si era appisolata sul sedile posteriore del maggiolino.
«Dorme profondamente», sussurrai prendendola in braccio. «Le parleremo domattina, almeno riuscirà a capire tutto più facilmente se è riposata».
«Già», aggiunse soltanto Emma. Anche se non parlava sapevo che la sua mente andava a mille. Avrei solo voluto comprendere cosa le passava per la testa.
Nel loft trovammo un po’ troppe persone. David, Mary Margaret con il piccolo Neal, Regina, che era venuta ad avvertire Henry della situazione, Henry, che non stava più nella pelle e voleva conoscere la sua futura sorella.
«Allora?». Mary Margaret ci assalì appena entrati.
«Shh», facemmo io ed Emma contemporaneamente. Lei indicò la piccola che continuava a dormire con la testa sulla mia spalla. Era strano, ma sembrava avere un forte attaccamento nei miei confronti. Questo dimostrava che dovevo essere un buon padre, una cosa che non avrei mai creduto di poter diventare. Sin da subito avevo capito che Edith mi amava incondizionatamente ed era stato strano sentirmi così amato da una bambina che neanche conoscevo. Avevo provato un sentimento del tutto nuovo, che non riuscivo ancora a spiegarmi. Era come se non potessi fare a meno di ricambiare tutto quell’amore e quella fiducia di cui la piccola mi inondava.
«Si è addormentata e non abbiamo avuto occasione di spiegarle». La voce di Emma mi riportò alla realtà.
«Forse dopo una bella dormita riuscirà a capire meglio ciò che le è successo», suggerii.
«Certo», acconsentì David.
«Povera piccola», sospirò la moglie.
«Mamma puoi farla stare sul mio letto, per ora. Io dormirò dalla mamma», propose Henry.
«Sì ottima idea ragazzino». Annuii anche io ed andai a sistemarla nel letto di Henry. Doveva essere molto stanca, perché non si svegliò neanche quando la distesi sul materasso e le rimboccai le coperte. Mi fermai un attimo ad osservarla prima di tornare dagli altri. Dio! Sarei stato davvero il padre di una bambina così bella? Sembrava impossibile.
Quando tornai di là era rimasta solo Mary Margaret. «Emma è in camera sua, Regina ed Henry sono andati già via e David è tornato un attimo in centrale».
«Allora vado da lei». Sapevo che potevo approfittare dell’assenza del padre per salire da lei senza problemi. Non che la presenza del principe avrebbe potuto fermarmi, ma avrei sicuramente ricevuto due o tre occhiatacce, come minimo.
Trovai Emma seduta sul letto, con la fronte appoggiata sui palmi delle mani.
«Ehi». Mi sedetti accanto a lei.
«Ho la testa che mi scoppia», mormorò. Le passai un braccio attorno alle spalle e le scostai una ciocca di capelli con l’uncino. A quel gesto, di solito normale, la sentii irrigidirsi.
«Andrà tutto bene Swan». Feci per posarle un bacio sulla testa quando lei si alzò di scatto.
«Come fai a dirlo?». Mi fissò con uno sguardo sconvolto. I suoi occhi verdi mi scrutavano terrorizzati.
«Beh affronteremo anche questa. Ne abbiamo passate tante».
«Killian, non so se ti rendi conto ma tra un mese dovrei rimanere incinta. Tra un anno dovremmo avere una neonata di due mesi a cui badare».
«Lo so, ma non è una tragedia». Non era di certo la fine del mondo.
«No infatti è molto peggio».
«Emma». Mi alzai in piedi cercando di trovare le parole più adatte per spiegarle il mio punto di vista.
«Killian», mi fermò ancor prima che potessi aprire bocca. «Io non voglio un figlio, non ora sicuramente».
«Sì certo è troppo presto, ma…».
«Io ho già avuto Henry senza averlo programmato, non voglio ripetere la stessa storia».
«Ma non sarà così. Io sono qui e non sarai sola».
«Henry è già grande ed io non so neanche da che parte iniziare per crescere un bambino; non ne ho idea e non voglio di certo affrontarlo adesso. Tu non sei minimamente spaventato al pensiero di diventare padre?».
«Certo che lo sono. Credimi anch’io sono terrorizzato, io non sono mai stato padre: sono un pirata. Però tu sei un’ottima madre con Henry e da quel poco che ho visto di Edith so che ce la caveremo».
«Tu credi davvero?». Il suo tono era sarcastico. «Se fossimo stati dei bravi genitori Edith forse non sarebbe arrivata da noi così tra capo e collo».
«Questo non puoi saperlo», protestai. «Non puoi sapere cosa è accaduto realmente».
«Beh sta di fatto che lei è qui e non con i suoi veri genitori».
«Emma». Mi avvicinai a lei. «Io capisco che la notizia possa averti sconvolta, fa paura lo so, ma non è peggio di altre situazioni in cui ci siamo ritrovati. Noi avremo la nostra famiglia».
«Hook non è il momento», proruppe. «Non adesso». Il mio cuore iniziò a tremare per quelle parole.
«Ma che differenza fa se avviene adesso oppure tra un paio di anni?».
«Davvero me lo stai chiedendo? Fa tutta la differenza del mondo. Io non voglio un figlio, ho già Henry».
Feci una smorfia. «Sì tu hai Henry, ma io cosa ho?».
«Tu hai me». Senza dubbio, eppure non era la stessa cosa. Non avevo mai creduto che mi sarebbe importato di avere un figlio, ma dopo come mi aveva guardato Edith era cambiato tutto. Era bastato un attimo ed io avevo cambiato prospettiva.
«Lo so Emma ma alla fine accadrà comunque. Non puoi cambiare il futuro se questo è già scritto».
«Beh forse posso provarci». La fissai sbigottito: non aveva detto veramente quelle parole?
«Cosa vorresti dire?», domandai titubante.
«Non sono ancora rimasta incinta, questo è quello che so. E voglio che la cosa rimanga tale».
La fissai sconvolto a bocca aperta. «Tu vuoi impedire che Edith venga al mondo?».
«Io non lo so Killian…».
«Quello che hai detto non è da te. Tu non sei così».
«Io sono sconvolta e terrorizzata, va bene? Quante volte te lo devo ripetere: non voglio dover crescere una bambina adesso».
«Ma sarà la nostra bambina». La mia voce uscì con una nota sconvolta che non avrei voluto rivelare.
«Non mi importa». L’aveva detto senza riflettere ma era riuscita lo stesso a ferirmi. Voleva dire che l’amore che c’era tra di noi faceva la differenza per me ma non era abbastanza per lei.
«Certo», mormorai. «Come potresti mai volere un figlio da me?». Solo in quel momento sembrò rendersi conto di quel che aveva detto, tuttavia ormai era andata troppo oltre. Ero arrabbiato e ferito: avrei sopportato quell’affermazioni da chiunque ma non da lei.
«Non int…». La zittii impedendole di rimediare alle sue parole.
«No. Non puoi rimangiarti ciò che hai appena detto».
«Io…», balbettò. La fulminai con lo sguardo e uscii dalla stanza, non volendo più ascoltare ciò che aveva d’aggiungere. Aveva detto tutto con solo tre parole: “non mi importa”. Non faceva la differenza che io l’amassi, che sarei stato io il padre, che nonostante quanto potessi essere spaventato avrei comunque scelto di restarle accanto, che l’avremo affrontato insieme. Per lei in quel momento contava solo il fatto che aveva troppa paura. Purtroppo sapevo anche di cosa: Emma era spaventata non solo dall’idea di crescere un figlio, ma soprattutto dal fatto che quella bambina l’avrebbe indissolubilmente legata a qualcuno e non sarebbe più potuta scappare. Un conto era dirle che l’avrei seguita anche in capo al mondo, un altro era impedirle di andarsene da me perché Edith non sarebbe stata solo sua figlia ma anche mia. Questo avrebbe contribuito a formare un legame inscindibile tra di noi.
Scesi le scale di corsa dirigendomi verso la stanza dove avevo messo a riposare la piccola.
«Killian», mi chiamò inseguendomi. «Killian aspetta, dove stai andando?».
Non risposi ed entrai nella stanza dove Edith continuava a dormire profondamente.
«Killian ti prego ascoltami». Era alle mie spalle ma io non mi voltai. Non avevo la forza di guardarla negli occhi, volevo solo andarmene per cercare di dimenticare quelle parole pesanti che erano volate tra di noi.
Senza parlare, presi Edith tra le braccia che mugolò per protesta ma continuò a dormire.
«Hook che stai facendo?», mi domandò.
Per tutta risposta la superai e mi avviai verso la porta di ingresso.
«Killian ti prego cosa vuoi fare? Dove vuoi andare?».
Mi voltai prendendo coraggio e la fulminai con lo sguardo. I suoi occhi erano disorientati e spauriti, sembrava sull’orlo delle lacrime ma per una volta non mi importava. Mary Margaret osservava la scena sbigottita, non capendo cosa stesse realmente accadendo.
«Me ne vado. Qui a quanto pare lei non è la benvenuta ed io non ho intenzione di restare un minuto di più».
«Killian…». Il mio nome suonò come una supplica a cui però io non volevo rispondere.
«Vai al diavolo». E così dicendo aprii la porta e mi allontanai con la bambina in braccio.
 
Future time
Avevamo perlustrato ogni angolo di Storybrook ma di Edith non c’era traccia. Sembrava essere sparita nel nulla e questo avvalorava ancora di più la tesi di Regina. Ma non volevo credere a quella terribile ipotesi, o meglio non potevo crederci.
L’unico modo veloce per sapere in quale mondo fosse finita Edith era di chiedere aiuto a Gold. Mi era subito tornato alla mente il mappamondo con il quale ci aveva aiutato a trovare Henry quando era stato rapito dagli scagnozzi di Peter Pan. Per quanto Killian detestasse l’idea di chiedere aiuto a Tremotino, non avevamo scelta. Ormai era sera, presto sarebbe scesa la notte ed Edith era già sparita da diverse ore. Visto che le ricerche per la città proseguivano lente ed infruttuose non ci restava altro che rivolgerci all’ultima persona con la quale avremo voluto fare un accordo.
Entrammo nel negozio di Gold titubanti, ma con la speranza almeno di capire da dove poter iniziare le ricerche.
«Coccodrillo», lo chiamò Killian. Gli strinsi la mano sapendo quanto fosse difficile per lui chiedere aiuto al suo nemico giurato. Ma Hook era disperato e sconvolto almeno quanto me e avrebbe fatto di tutto pur di ritrovare nostra figlia.
«Signori Jones, che cosa vi porta da queste parti?». Gold comparve da quello che era il retrobottega.
«Gold abbiamo bisogno del tuo aiuto», lo pregai. «Edith è scomparsa. Pensiamo che possa aver usato la magia per andare in un altro mondo».
«Se è davvero così, quella bambina racchiude in sé il più grande potenziale magico mai visto».
«Beh in questo momento non ci interessa quanta magia ha Edith», proruppe Killian.
«Dovrebbe interessarti pirata, se vuoi che tua figlia impari a controllarla. Comunque perché vi serve il mio aiuto? Non vedo come potrei aiutarvi».
«Ci serve il tuo mappamondo», lo implorai. «Ti prego Gold, per favore. Dobbiamo capire dove è finita». Odiavo supplicare, soprattutto una persona come lui, ma non c’erano alternative.
«Ovviamente. Lo vado a prendere».
«Cosa?». Hook non riuscì a celare la sua sorpresa; anch’io mi ero trattenuta a stento. «Non può essere così semplice, ti conosco. Cosa vuoi in cambio?».
«Beh niente; diciamo che voglio investire sul futuro di una stella così rara. Non è da tutti riuscire a racchiudere tanto potere ed ha solo… quanti anni?».
«Sei», balbettai.
«Immaginate cosa potrà mai fare una volta adulta». Quella frase mi fece rabbrividire. Quella era l’incombente incognita che aleggiava su di noi fin dalla prima volta in cui Edith aveva usato la magia. In quel momento, però, tutto passava in secondo piano, anche quello.
Killian mi strinse più forte la mano mentre Gold spariva nel retro bottega. Ci saremo occupati poi di Tremotino e di ciò che avrebbe voluto. Edith aveva la priorità assoluta.
«Bene signori ecco qua». Tornò qualche minuto dopo con il mappamondo che ricordavo fin troppo bene. «Siccome questo oggetto funziona grazie ai legami di sangue, chi di voi due vuole avere l’onore?». Feci per allungare la mano, ma Killian mi fermò.
«Io, voglio farlo io». Lasciai che le sue dita scivolassero dalle mie per poter permettere loro di compiere quel gesto che speravamo avrebbe portato un minimo di chiarezza in quella sera buia e desolata.
Killian avvicinò un dito all’ago; notai un leggero tremore nella sua mano. Entrambi sapevamo quanto la verità avrebbe potuto farci male. Come potevamo raggiungerla senza un portale? E se era finita in una terra di orchi o di streghe malvagie?
Il sangue fluì dall’ago al mappamondo quando Killian si punse il dito. Cominciò a creare strani disegni sopra quel globo bianco facendomi tremare ogni qual volta si incominciava ad intravedere una qualche forma particolare.
Alla fine il colore sembrò stabilizzarsi e sul mappamondo apparve una cartina. Sembrava che il fato volesse prendersi gioco di noi: quella che era appena apparsa era la cartina dell’America e il punto più brillante era esattamente nel Maine.
«Beh sembra proprio che vostra figlia non sia riuscita nell’impossibile. Si trova ancora a Storybrooke».
«Non può essere», ribattei. «Abbiamo già cercato e non c’è traccia».
«Provate a cercare meglio». Gold alzò le spalle e andò a rimettere il mappamondo al suo posto.
«Come è possibile?». Guardai Killian che aveva cominciato a camminare su e giù per il negozio.
«Se è ancora qua, perché lo zaino non l’ha trovata?», mi domandò.
«Non lo so. E neanche Ruby è riuscita a sentire il suo odore». Avevamo chiesto subito aiuto a Ruby per poter velocizzare le ricerche, prima ancora di pregare Tremotino. Purtroppo lei era riuscita solo ad arrivare sulla nave di Killian e non aveva fiutato il suo odore così forte da nessuna altra parte.
«Può darsi che sia fuori dal confine della città!». Killian si illuminò a quella ipotesi. «La pozione di localizzazione non ha funzionato perché si trova in un luogo senza magia. Ed è per questo che il mappamondo indica che è ancora qua». Poteva essere, ma il Maine comunque rimaneva uno stato molto più grande da perlustrare di una piccola cittadina e per di più senza poter essere aiutati dalla magia.
«Scusatemi se mi intrometto», intervenne Gold che era rientrato nella stanza. «Avete usato un incantesimo di localizzazione e non ha funzionato?».
«Sì. Ci ha portati alla centrale di polizia ma lei lì non c’era».
«Non penso che sia fuori dal confine», sentenziò.
«Che altra spiegazione puoi dare allora coccodrillo?».
«Se fosse uscita dal confine la pozione di localizzazione vi avrebbe portato fin lì e poi avrebbe smesso di funzionare. E poi è impossibile che sia riuscita a teletrasportarsi in un mondo senza magia».
«Tu che ne sai?», proruppe Killian brusco. «Ci hai appena detto che non conosciamo le potenzialità di Edith».
«Si ma non è probabile che sia fuori da Storybrooke».
«Ah certo!», ribatté Hook infervorandosi. «È probabile che lei sia così potente da andare in un altro mondo ma non così tanto da arrivare a fare qualche chilometro fuori dal confine?».
«Killian». Gli presi la mano cercando di calmarlo. Intrecciai i miei occhi ai suoi, facendogli capire che era inutile prendersela con lui. Non era facendo così che avremmo ritrovato Edith.
«Pirata devi capire che la magia è molto legata all’emozioni. Tua figlia va dove la mente la trasporta, non credo che stesse pensando intensamente al Maine quando è scomparsa. Il mappamondo non mente, ed è ovvio che conoscendo, in questo mondo, solo Storybrooke non può essere che da qualche parte nei meandri di questa pittoresca cittadina». Il suo ragionamento non aveva tutti i torti, ma allora perché non riuscivamo a trovarla?
Con la coda dell’occhio vidi Killian sbiancare. Qualunque cosa stesse pensando sembrava affliggerlo ancora di più.
«Allora perché secondo te la pozione ci ha portati in un luogo dove lei non c’era?», domandai. Magari riusciva a darmi una spiegazione plausibile anche per quello.
«Ogni magia ha la sua caratteristica e come tale nessuna magia è perfetta». Era quello che avevo pensato anch’io, ma non era una vera e propria spiegazione. Cercai di ragionare su dove non avessimo ancora guardato: mi sembrava di aver perlustrato ogni angolo, però potevo sbagliarmi.
«Hai detto che va dove la mente la trasporta». La voce di Killian era solo un sussurro.
«Sì certo. Anche se non riesce a rendersene conto è la sua mente che dice al suo corpo dove andare». Hook si appoggiò al bancone come schiacciato da quella affermazione.
«Killian». Mi avvicinai a lui e lo sguardo che mi lanciò mi fece gelare il sangue nelle vene. Se era stato spaventato, preoccupato, disperato fino ad allora, in quel momento sembrava come completamente distrutto e dilaniato dall’interno.
«Killian che c’è? Ti prego parla».
«Come ho fatto a non pensarci prima!», aggirò la mia domanda. «Sono uno sciocco».
«Hook». Il tono disperato della mia voce gli fece riportare l’attenzione su di me.
«So a cosa stava pensando quando è scomparsa».
«Cosa?», urlai. Perché diavolo non parlava allora?
«È tutto chiaro, il mappamondo, la pozione…». Sentii le lacrime pungermi gli occhi per uscire. Il suo tono di voce era fin troppo chiaro, molto più delle sue parole.
«Killian ti prego», lo supplicai, «dimmi dov’è nostra figlia».
«A Storybrooke. Solo che noi ci siamo preoccupati solo di cercarla nel mondo giusto, non abbiamo pensato che il tempo potesse essere sbagliato».
«Che cosa intendi dire?», domando Gold. Per fortuna l’aveva chiesto lui perché sentivo come un nodo alla gola che si sarebbe sciolto solo col pianto.
«Edith pensava a quando io e te abbiamo scattato la foto; quella che ho sulla nave».
«Stai forse dicendo che credi che tua figlia sia tornata indietro nel tempo?».
«Vorrei poter negare», sussurrò. «Ma così si spiega tutto, è ancora qui solo in un tempo diverso».
«Pensi che sia tornata indietro di sette anni?», riuscii infine a balbettare.
Annuì. La testa iniziò a girarmi sotto il peso di quella affermazione. Capii esattamente perché era sbiancato ed era apparso così straziato.
«Credi che sia possibile?», domandò a Gold.
«Sarebbe un potere unico e immenso quello che le dà la possibilità di muoversi nel tempo, ma direi che potrebbe essere davvero una spiegazione plausibile».
«Stava pensando a noi, quando avevamo scattato quella maledetta foto. Emma sono stato stupido: l’ultima cosa che mi ha detto è che avrebbe voluto esserci anche lei».
Sentii la terra tremare sotto i piedi. Mi appoggiai al bancone per non cadere. Non sentivo più il mio corpo, non sentivo più nulla. C’era solo troppo dolore, il mio cuore era stato strappato dal mio petto, spezzato, dilaniato, ridotto in polvere ed ancora riusciva a soffrire.
Se ci era sembrato difficile l’idea di trovare un portale per un altro mondo, quanto sarebbe stato difficile riuscire ad arrivare in un’altra epoca?


 
Angolo dell'autrice:
Buongiorno a tutti! Eccomi qua con il terzo capitolo!

Vorrei ringraziare ancora una volta tutte le persone che hanno recensito! Grazie davvero! Sono tanto contenta che questa mia pazza idea stia avendo un così grande apprezzamento!
In questo capitolo finalmente Emma ed Hook del futuro arrivano a comprendere l'amara verità, mentre nel presente vediamo le reazione dei futuri genitori!
Spero di continuare ad aggiornare con questa velocità!
Un abbraccio, a presto
Sara

 
  
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