Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: evelyn80    14/09/2015    8 recensioni
Dopo aver espresso il desiderio di poter salvare Boromir dalla sua triste fine, Marian si ritrova catapultata nella Terra di Mezzo grazie ad un gioiello magico che la sua famiglia si tramanda di generazione in generazione. Si unirà così alla Compagnia dell'Anello per poter portare a termine la sua missione. Scoprirà presto, però, che salvare Boromir non è l'unica prova che la attende.
Ispirata in parte al libro ed in parte al film, la mia prima fan fiction sul Signore Degli Anelli.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boromir, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'La mia Terra di Mezzo'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A





Un triste risveglio

 

Dal buio più completo vidi spuntare un chiarore, una lama di luce sempre più intensa, al punto da diventare quasi fastidiosa. Poi, giunse la consapevolezza di essere sdraiata a pancia in giù su qualcosa di morbido, odoroso di bucato. Ed, infine, avvertii una sensazione di calore sul viso.
Aprii lentamente gli occhi, senza riuscire ad immaginare cosa avrei visto, ma fui costretta a richiuderli di nuovo, abbacinata. Spostai leggermente la testa e ritentai. Ero stesa su un comodo letto, avvolta fra lenzuola di lino e coperte; il sole che entrava dalla finestra mi colpiva direttamente in faccia. Tentai di alzarmi ma, subito, avvertii un dolore lancinante alla spalla destra che mi fece ricordare all’improvviso tutto quello che mi era successo. Cercai di tastare il mio corpo rendendomi conto, in quel modo, di avere il braccio destro immobilizzato dentro una grossa fasciatura che mi copriva anche gran parte del busto. Il secondo ricordo che mi sovvenne fu quello della mia giumenta, che avevo lasciato morente sul campo di battaglia.
"Freccia…" mormorai, cercando nuovamente di alzarmi.
In quella, udii uno scalpiccio di piccoli piedi alle mie spalle ed una vocina, allo stesso tempo allegra ed accorata, esclamò:
"Marian! Finalmente ti sei svegliata! Oh, sapevo che non potevi essere morta! Non sei morta la prima volta, figuriamoci la seconda! Ero così in pensiero per te! Sei qui da un giorno intero e anche Aragorn cominciava a temere che non ti saresti più ripresa! Hai perso un sacco di sangue, sai! Non preoccuparti per Freccia, anche lei sta bene, ora è nelle scuderie! Oh… Ma fai piano, fai piano! Sei ancora debole!"
Pipino aveva pronunciato quelle parole alla stregua di un fiume, interrompendosi solo quando si era reso conto che cercavo faticosamente di girarmi su un fianco e di mettermi seduta. Corse immediatamente dalla mia parte del letto, aiutandomi a sedermi e ad appoggiare con cautela la schiena ai cuscini che ricoprivano la testiera.
"Dove… dove sono?" chiesi, debolmente, guardandomi intorno con aria confusa.
"Nelle Case di Guarigione!” mi rispose prontamente l’Hobbit. “Sei stata molto fortunata, sai? Se a Boromir non fosse venuto in mente di fare un nuovo giro di perlustrazione, in cerca di feriti, non ti avremmo mai trovata!"
Al sentirlo nominare, il mio cuore fece un balzo.
"Boromir! Come sta, lui?" domandai, con urgenza.
"Benissimo! Non ha neanche un graffio, e tutto grazie alla tua Stella!” ridacchiò Pipino. “Aspetta, ora lo vado a chiamare! Non ha fatto altro che fare la spola tra te e suo fratello Faramir, in attesa del vostro risveglio!” mi spiegò, incamminandosi verso la porta. “Ora è da lui, si è ripreso circa un’ora fa! Aspettami qui, non muoverti, mi raccomando!"
L’Hobbit mi lasciò da sola e, nonostante il movimento mi facesse sentire male ovunque, non potei trattenermi dallo scoppiare a ridere per il suo sproloquio logorroico.
Erano passati solo pochi minuti quando udii bussare alla porta. Non feci in tempo a dire "avanti" che Boromir era già entrato, buttandosi in ginocchio accanto al letto e prendendo la mia mano sinistra tra le sue, con le lacrime che gli roteavano negli occhi.
"Marian… amore mio…" mormorò, quasi timoroso di potermi far male anche solo parlando a voce troppo alta. Mi sfiorò dolcemente il viso, poi rimase in silenzio, guardandomi a lungo senza riuscire a parlare. Alla fine, dopo un’ultima carezza, si decise.
"Sei ancora tu, eppure sei così diversa… Cosa ti è successo?" mi chiese, fissandomi negli occhi.
Gli raccontai cosa era accaduto, di come la piccola imbarcazione elfica mi avesse riportato a Lothlòrien e di ciò che mi aveva rivelato dama Galadriel riguardo alla mia doppia natura: umana ed elfica. Gli spiegai che il sacrificio aveva permesso, a ciò che di elfico rimaneva in me, di prendere il sopravvento, e che Sire Celeborn in persona aveva curato le mie ferite.
Mentre parlavo lui continuò ad accarezzarmi, percorrendo tutto il mio viso con lo sguardo. Poi, prima di pronunciare la domanda che più gli premeva, lo vidi aggrottare lievemente le sopracciglia.
"Quando ti sei unita ai Rohirrim? E perché ti sei finta uomo?"
Rimasi per un attimo in silenzio, prima di rispondergli a mezza voce.
"Sono giunta ad Edoras la sera della festa, dopo la battaglia del Trombatorrione."
"Undici giorni fa!” pronunciò, con sorpresa. “Perché sei rimasta nascosta? Perché non sei venuta subito a dirmi che eri ancora viva?" domandò poi, il dubbio che si insinuava sul suo volto.
Distolsi gli occhi fissando le coperte, incapace di sostenere il suo sguardo accusatorio.
"Stavo per farlo, ma non ne ho avuto la possibilità…" mormorai, un moto di delusione che mi scoppiava dentro al solo ricordo di quanto era accaduto quella sera.
"Cosa intendi dire?" Il suo tono non era più dolce ed amorevole; era divenuto aspro, e quasi imperioso.
"Avevo quasi raggiunto il tavolo cui eri seduto ma, quando stavo per gridare il tuo nome, sei stato avvicinato da…” mi interruppi per un istante, in cerca della parola adatta. “Da una fanciulla…” infine sputai, con asprezza, “che era curiosa di vedere da vicino il corpo del Capitano Generale di Gondor; e tu l’hai accontentata” spiegai, in tono cupo. “E’ per tale motivo che ho deciso di fingermi un uomo: in quel momento, non volevo che tu potessi riconoscermi in qualche modo…" conclusi con un sospiro, lo sguardo ancora rivolto ai piedi del letto.
Con la coda dell’occhio lo vidi scuotere la testa prima di replicare.
"Non è andata come pensi!"
Rimasi in silenzio e lui riprese.
"Ed allora, perché non ti sei rivelata a Dunclivo, quando mi sono fermato a parlare con te, credendoti un altro, e ti ho confessato che ti amavo e che avrei voluto sposarti?" mi chiese, con voce rabbiosa. Non seppi cosa rispondergli, così rimasi immobile a fissare le coltri.
A quella mia reazione, lui mi lasciò la mano.
"Non mi hai creduto…" mormorò e, dato che continuavo a tacere, si alzò in piedi. "E non mi credi nemmeno adesso!" sibilò, furibondo, fissandomi con astio e livore.
"Boromir, io…" balbettai, tentando infine di spiegare quali erano stati i miei sentimenti e le mie emozioni ma, quando alzai finalmente gli occhi sui di lui, il suo sguardo, divenuto di ghiaccio, mi trapassò come una lama.
"Non c’è altro da aggiungere!” disse, guardandomi dall’alto in basso. “Credo sia giunto il momento di restituirti questa!" e, con un gesto secco, si strappò la “Stella di Fëanor” dal collo, spezzandone la catena d’oro e lasciandola poi cadere sul comodino di fianco al letto. Infine, si voltò e percorse a grandi passi il breve spazio che lo separava dalla porta.
"Boromir, aspetta…" tentai di richiamarlo, alzando il braccio verso di lui, ma le mie parole furono smorzate dal tonfo della porta che si chiudeva alle sue spalle.
Appoggiai lentamente la testa ai cuscini, tentando inutilmente di frenare le lacrime. Attirata da uno strano bagliore mi voltai lentamente verso il comodino: la “Stella di Fëanor” brillava fulgida, proprio come se fosse stata un astro vero e proprio. Seguendo un misterioso richiamo allungai faticosamente la mano sinistra, stringendola tra le dita, per poi tornare ad appoggiarmi nuovamente ai guanciali, chiudendo gli occhi.
Sulle mie palpebre chiuse presero subito a scorrere delle immagini, così nitide da sembrarmi perfino reali. Mi resi conto che stavo assistendo a ciò che era successo a lui: la “Stella” mi stava mostrando il punto di vista di Boromir.

 
* * *



Lo vidi correre con Aragorn, Legolas e Gimli all’inseguimento degli Uruk-Hai, per salvare Merry e Pipino; lo vidi incontrare Éomer prima e Gandalf poi; lo vidi arrivare a Edoras, dove lo Stregone liberò Théoden dalla schiavitù di Saruman.
Lo vidi partire alla volta del Fosso di Helm in compagnia degli altri; lo vidi combattere nella battaglia del Trombatorrione; lo vidi giungere ad Isengard dove, finalmente, i membri rimanenti della Compagnia poterono riunirsi.
Lo sentii raccontare agli Hobbit che ero morta per salvarlo, e lo udii confidare loro che mi amava più della sua stessa vita, ma che non aveva mai avuto il coraggio di ammetterlo.
E, finalmente, lo vidi alla festa, seduto al suo tavolo: non aveva toccato cibo e non riusciva a lasciarsi andare alla gioia liberatoria della vittoria. Troppo dolore albergava ancora nel suo animo. Continuava a giocherellare con la “
Stella”, fissando il vuoto davanti a sé. Ed ecco arrivare la concubina, che gli si sedette a fianco.
Udii nuovamente le parole che tanto mi avevano ferito.
"Mi è stato riferito che avete combattuto molto valorosamente al fianco del nostro Re, durante la battaglia del Trombatorrione" gli disse la donna, la voce languida e carezzevole.
Lui rimase in silenzio, continuando a rigirarsi il mio gioiello tra le dita, ed allora lei insisté.
"Dovete essere veramente un uomo coraggioso."
Lo udii grugnire in risposta, lo sguardo fisso nel vuoto. Dopo pochissimi istanti di attesa, la concubina tornò alla carica.
"Siete un Capitano di Gondor, non è vero?” gli chiese all’orecchio, sfiorandogli il petto con la mano. “Non avevo mai conosciuto un Capitano di Gondor, prima d’ora” continuò, lascivamente, strofinando il seno prosperoso contro il suo avambraccio. “Mi piacerebbe molto poter guardare da vicino il vostro corpo…"
Lo vidi voltarsi verso di lei, lo vidi alzarsi ed afferrarla per il polso, attirandola a sé a tal punto da far sfiorare i loro nasi.
"Vuoi vedere da vicino il corpo del Capitano Generale di Gondor? Bene, ti accontenterò!" le disse con voce roca, sfiorandole le labbra con le sue.
Lo vidi trascinarla fuori della sala e lungo un corridoio, fino a raggiungere un angolo appartato. Lì, la lasciò andare, cominciando a sbottonarsi con rabbia la lunga casacca.
"Non qui, mio Capitano… potrebbero vederci…" esalò lei guardandosi attorno, ma la sua voce tradiva l’attesa. Non le importava minimamente di dove si trovavano: tutto ciò che desiderava era dargli piacere, e riceverne in cambio.
Lo vidi gettare lontano i vestiti, fino a rimanere a torso nudo davanti a lei. Allora, la prese di nuovo per il polso, stringendoglielo a tal punto da strappargli una smorfia di dolore, attirandola nuovamente contro di sé.
"Guardami…" le sibilò.
Lei cominciò ad avere paura. Quello che aveva davanti non era un uomo carico di desiderio, bensì un guerriero furibondo. Tentò di sfuggire alla sua presa, ma lui fu implacabile.
"GUARDAMI!" le gridò rabbioso, strattonandola. “Le vedi queste?" e, nel pronunciare quelle parole, indicò le tre cicatrici circolari che gli marchiavano il petto. "Lo sai cosa me le ha procurate?" Lo vidi scuoterla ancora, visto che lei, piena di spavento, non rispondeva. "Sono stato colpito in pieno petto da tre frecce degli Uruk-Hai!” ringhiò. “Sarei dovuto essere morto ed invece sono ancora vivo, e lo sai perché? Perché una donna, l’unica donna che abbia mai amato veramente dopo la morte di mia madre, si è sacrificata per salvarmi!” Si interruppe per un attimo, ansimando furente, gli occhi che parevano lanciare dardi infuocati. “Mi ha fatto dono della sua vita per permettermi di continuare a vivere!” riprese, “ ed io non ho nemmeno mai avuto il coraggio di dirle che la amavo! Ho giurato a me stesso che non toccherò mai più una donna che non sia lei! Ed ora vattene…VATTENE!" gli gridò, infine, quando lei tentennò, troppo spaventata persino per andarsene. Non appena rimase solo, lo vidi rivestirsi e tornare poi nella Sala del Trono.
Quanto ero stata ingiusta nel giudicarlo. Ma non ebbi tempo per fare altre considerazioni, poiché la visione continuava, inesorabile.
Lo vidi marciare con i Rohirrim fino a Dunclivo; lo vidi parlare con Hirgon prima e con me stessa, vestita da uomo, poi. Sentii nuovamente le sue parole, così dolci ed amare allo stesso tempo.
Lo accompagnai nella sua marcia verso Minas Tirith a fianco di Re Théoden; seguii la sua folle cavalcata nella Battaglia dei Campi del Pelennor ed udii ancora la sua accorata preghiera al giovane cavaliere Ennòn, affinché quest’ultimo non si lasciasse andare e continuasse a combattere per vendicare la sua cavalcatura..
Assistei, attraverso i suoi occhi, all’arrivo dell’Esercito dei Morti ed alla fine della battaglia. Lo vidi riabbracciare i compagni e suo zio, il Principe Imrahil di Dol Amroth e, con loro, entrare nella cittadella.
Vidi Pipino informarlo che suo fratello era stato gravemente ferito, e che Denethor si era chiuso nel suo palazzo, deciso a contrastare il ritorno del Re con tutte le sue forze. Assistei alla sua battaglia interiore quando, in compagnia di Aragorn, si recò dal padre, cercando di fargli intendere ragione.
"Padre, questi è Aragorn, figlio di Arathorn, erede di Isildur…" disse, mentre introduceva il futuro Re di Gondor al cospetto del Sovrintendente.
"So benissimo chi è!” lo interruppe con astio il genitore. “Quando ero giovane si faceva chiamare Thorongil, ma già allora sapevo cosa voleva e cosa era venuto a cercare, qui!"
Lo vidi voltarsi verso Aragorn, con sguardo interrogativo.
"Ti dissi a Lothlòrien che avevo già visto Minas Tirith, tempo fa” gli spiegò il Numenoreano, in risposta alla sua muta domanda. “Ho vissuto qui per un periodo di tempo, quando ero giovane. Tuo padre ha sempre creduto che tuo nonno, Echtelion, mi preferisse a lui, ma ciò non era vero."
Lo udii replicare, in tono dubbioso ed incredulo.
"Aragorn… Ma, non è possibile! Non puoi essere così vecchio! Dimostri la mia età…"
"Dimentichi che sono uno dei Dùnedain, Boromir. Ho ottantasette anni” gli rispose con calma il Ramingo.
Il Capitano Generale lo guardò come se lo vedesse per la prima volta. Denethor ne approfittò per riprendere il suo discorso.
"Non lasciarti raggirare da questo straccione! La stirpe dei Re si è estinta ormai da tempo! Gondor appartiene ai Sovrintendenti! A te, figlio mio!"
Boromir guardò perplesso prima l’uno poi l’altro ed, infine, rispose risoluto al genitore.
"Ho giurato fedeltà al Re di Gondor, padre. Ho fatto la mia scelta!"
A quelle parole, il Sovrintendente si infuriò. Si alzò di scatto dal suo trono nero e si diresse verso il figlio, con sguardo minaccioso.
"Non… parlare… così… a tuo… padre!” sibilò scandendo le parole, tremante di sdegno. “Fino a prova contraria, sono ancora io a comandare, qui! Ed, a proposito di ordini: dov’è?!"
"Non so di cosa state parlando, padre!" lo udii rispondere, in tono cupo.
"Lo sai benissimo, invece!” replicò Denethor, pieno di rabbia. “Dov’è il Flagello di Isildur?! Ti avevo espressamente ordinato di portarlo a Gondor, di portarlo a ME!" gridò, furioso.
Aragorn guardò Boromir, ma l’Uomo non distolse lo sguardo dagli occhi del padre.
"Il Flagello di Isildur non può essere usato da altri che non sia l’Oscuro Signore! Io stesso ne ho avuto la prova” lo udii replicare, la rabbia trattenuta a stento. “Sarebbe stato un errore gravissimo portarlo qui! Sta viaggiando verso Mordor, adesso; verso la sua distruzione."
Le labbra del Sovrintendente si incurvarono verso il basso, in un’espressione di profondo disgusto.
"Sei un debole! Un vile! Proprio come Faramir!” sibilò. “Lui mi ha sempre deluso, ed un tale comportamento da parte sua non mi avrebbe meravigliato; ma, da te, questo non me lo sarei mai aspettato, Boromir! Ho messo al mondo due inetti!"
Quelle parole bruciarono come pece liquida nel cuore del Gondoriano. Lo vidi stringere i pugni e prendere le difese del fratello che, per cercare di innalzarsi nel giudizio del padre, ora giaceva ferito a morte nelle Case di Guarigione.
"Faramir vi ha sempre amato, padre. Ma voi non l’avete mai considerato” lo udii rispondergli, la furia pronta ad esplodere. “Tenevate soltanto a me: il vostro prediletto! Ed ora, ai vostri occhi anch’io sono un fallimento. Bene, ed allora lasciate che questo fallito vi dica che Gondor si inchinerà al nuovo Re. L’erede di Isildur è finalmente giunto a reclamare il suo trono e la mia spada sarà sempre al suo fianco, anche contro il vostro volere!"
"Nessuno potrà mai costringermi ad inchinarmi davanti ad un Ramingo! Il trono è MIO!” urlò Denethor, fuori di senno. “Preferisco morire, piuttosto che vedere il mio regno in mano ad uno straccione!"
Fece l’atto di estrarre la spada ma Boromir lo prevenne, sguainando la sua e puntandola verso il padre. Aragorn tentò di fermarlo, ma l’altro lo scansò con la mano, invitandolo a non intromettersi.
"Non costringetemi a fare ciò di cui poi dovrò pentirmi. Arrendetevi, padre. Consegnatemi la spada."
Per tutta risposta, Denethor si lanciò tra i due uomini, diretto verso la rupe – così simile alla prua di una nave – che sovrastava la città.
"Denethor non si inginocchierà mai davanti ad un Ramingo!" gridò e, con quelle ultime parole, ormai completamente impazzito, si lanciò nel vuoto, precipitando ed andandosi a schiantare novanta metri più in basso.
Vidi Boromir tentare di bloccarlo, ma senza riuscirci. Oramai era troppo tardi. Poté solo seguire la caduta del padre dall’alto della rupe. Aragorn lo raggiunse subito dopo, stringendolo in un forte abbraccio per impedirgli di fare qualsiasi sciocchezza.
"Tuo padre era ormai completamente in preda alla pazzia, Boromir" giunse la voce di Gandalf alle loro spalle. "Forse non ne eri a conoscenza, ma tuo padre possedeva un Palantir. Era convinto di poter spiare il nemico a sua insaputa ed, invece, l’Oscuro Signore l’ha utilizzato per farlo impazzire ed indebolire Gondor” spiegò, lentamente. “Non sobbarcarti una colpa che non hai. Ora, come Sovrintendente Regnante, dovrai governare il tuo popolo fino a quando Aragorn non verrà incoronato!"
Le immagini si confusero per un attimo poi, come in un balzo temporale, la “Stella” mi mostrò il mio ritrovamento tra centinaia e centinaia di cadaveri.
Vidi Boromir chiedere a Pipino di accompagnarlo in un ultimo giro di esplorazione dei Campi del Pelennor, alla ricerca di qualche eventuale ferito rimasto anche se, oramai, era improbabile che qualcuno di loro fosse sopravvissuto. Li vidi percorrere, in lungo ed in largo, il vasto prato. Il sole stava tramontando quando Pipino indicò qualcosa alla sua destra.
"Boromir… là! Guarda!" esclamò, con voce accorata.
Lo sguardo dell’Uomo seguì la direzione del dito dell’Hobbit, fino a che non vide un cavaliere abbracciato al collo del suo cavallo. Lo riconobbe immediatamente.
"Ennòn… povero ragazzo” sospirò, “aveva abbandonato la battaglia per piangere il suo cavallo che, per ironia della sorte, gli è sopravvissuto" aggiunse, visto che l’animale nitriva ancora debolmente.
Ma Pipino insisté, puntando ancora l’indice con persistenza.
"Guarda bene, guarda la sua spalla! Non è una rosellina azzurra, quella?"
Boromir fece avvicinare ancora di più il cavallo e finalmente la vide: una macchiolina azzurro cielo che spiccava sulla pelle pallida. L’aveva vista solo una volta prima di allora, ma non avrebbe mai potuto dimenticarla.
"Marian… Non è possibile… NO!" gridò, disperato.
Lo vidi scendere di sella con un balzo e correre verso il mio corpo disteso. Non appena lo vide avvicinarsi, la cavalla alzò un poco la testa e nitrì ancora debolmente, in segno di saluto.
"Freccia d’Argento” mormorò, rivolto alla giumenta, “come ho potuto non riconoscerti prima?"
Lo vidi togliermi dolcemente l’elmo e sollevare delicatamente il mio corpo, stando attento a non spezzare la freccia: sarebbe potuta servire ad Aragorn per riconoscerne la provenienza e, quindi, la fattura della punta. Lo vidi avvicinarsi al mio viso ed osservarmi attentamente, con occhi pieni di angoscia, accostando il bracciale d’acciaio dell’armatura al mio naso. Quando lo ritrasse, questo era lievemente appannato.
"E’ ancora viva!” esclamò, senza riuscire a trattenere un singulto. “Pipino! Corri da Aragorn ed avvertilo che abbiamo trovato Marian in fin di vita! Chiama i barellieri e digli di venire subito qui!"
L’Hobbit annuì vigorosamente e, tenendosi saldo alle redini, galoppò via in sella all’enorme stallone.
"Marian… Perché mi hai tenuto nascosto che eri ancora viva?” lo udii mormorare debolmente. “Non puoi morire adesso, non dopo che ti ho ritrovata…"
Lo osservai mentre mi cullava dolcemente, nell’attesa dell’arrivo dei barellieri. Vidi il mio corpo esanime trasportato fino alle Case di Guarigione ed, una volta lì, curato da Aragorn.
"È una freccia Haradrim…" spiegò al Gondoriano, non appena la vide. "Di solito, quei vili usano frecce avvelenate, ma non questa volta, per fortuna!"
Vidi Boromir fare la spola tra me e suo fratello Faramir ed, infine, vidi l’ultimo colloquio che avevamo avuto, fino al momento in cui lui aveva deposto la “
Stella” sul comodino.

 
* * *



Aprii gli occhi, ansimando come se avessi fatto uno sforzo sovrumano. Mi bastò un’occhiata alla finestra per capire che era passato molto tempo da quando la visione era cominciata, poiché il sole era ormai tramontato del tutto. Avevo visto molte cose e capito cosa aveva passato Boromir durante quei momenti: la mia morte, le battaglie, il ferimento di suo fratello, il suicidio di suo padre… e poi, infine, il mio ritrovamento. E, quando lui mi chiedeva perché mi ero tenuta nascosta, io che lo deludevo ancora, facendogli capire che non lo avevo creduto.
Ma, ora, la “Stella” mi aveva rivelato la verità! Potevo ancora rimediare! Potevo dirgli che il mio gioiello mi aveva mostrato tutto quello che gli era accaduto!
All’improvviso, la mia vista si oscurò ancora. Il monile aveva in serbo un’altra visione, per me. Per un istante, mi vidi camminare nella terra di Mordor, con la “Stella” tenuta alta davanti a me. L’erba alle mie spalle rinverdiva mentre avanzavo.
Ricordai che avevo un’ultima missione da compiere. Un compito che, di sicuro, sarebbe stato molto difficile, per non dire sfiancante. Sarei riuscita a portarlo a termine senza conseguenze? Oppure mi sarebbe accaduto qualcosa di irreversibile, come un’altra mutazione, o peggio? E Boromir, come avrebbe reagito? Avrei dovuto dirgli che conoscevo la verità, rischiando di farlo soffrire ancora di più se avessi perso veramente la vita, oppure avrei dovuto lasciarlo senza altre spiegazioni, ed eventualmente affrontarle nel caso di un mio ritorno?
Ero rosa dai dubbi, non sapevo cosa fare. Mi stavo ancora rigirando il gioiello tra le dita, pensierosa, quando un inserviente mi portò la cena. Passai il resto della sera a rimuginare su cosa sarebbe stato meglio per entrambi. Pensando che la notte mi avrebbe portato consiglio mi addormentai, sempre concentrata sul mio spinoso dilemma.
Era il sedici di Marzo, e fu così che mi risvegliai nelle Case di Guarigione.

Spazio autrice: Salve a tutti! Vi è piaciuto il nuovo capitolo? Personalmente, è quello che preferisco. Come avete visto, è composto principalmente da una sorta di flashback. Finalmente si sono chiarite molte cose, anche se la nostra protagonista ha adesso un altro bel dilemma morale da affrontare.
Spero, inoltre, che abbiate apprezzato il modo in cui ho modificato la storia per "togliere di mezzo" Denethor. Visto che Boromir non è morto, per me non aveva alcun senso farlo bruciare sulla pira che aveva preparato per Faramir. Il Sovrintendente, in questa versione, non ha perso il suo figliolo prediletto, e quindi ho pensato che, a lui, dell’eventuale morte di Faramir poco gli importasse. Così, mi sono presa la libertà di farlo buttare di sotto... Riguardo sempre a quella parte di flashback, se ricordate nel quarto capitolo avevo spiegato che, nella “extended version” del film, Denethor ordina a Boromir di portare l’Anello a Gondor. Qui, ho ripreso lo stesso concetto.
Fatemi sapere cosa ne pensate. Grazie a tutti! Bacioni!
  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: evelyn80