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Autore: CassandraBlackZone    14/09/2015    3 recensioni
Tutto accade il 29 giugno del 2016, data in cui viene ritrovato il cadavere di Slenderman, leggenda metropolitana reputata da sempre una mera invenzione di Internet. Questa scoperta non può far altro che suscitare una curiosità tale da spingere un gruppo di scienziati a studiare il corpo della Creepypasta; curiosità che portò alla rovina la razza umana. Bastò una sola incisione e un potente virus si diffuse indisturbato in tutto il mondo confondendosi con l'ossigeno. Esso venne denominato CRP. Le conseguenze? Quando una Creepypasta muore, essa rinasce successivamente in un qualsiasi individuo in cui il virus si è ben sviluppato. Pur sapendo la sorte che l'attende, l'umanità è tenuta a proteggersi dai soggetti infetti, i quali sono destinati a seguire il loro istinto di uccidere.
Genere: Azione, Fluff, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Jeff the Killer, Nuovo personaggio, Slenderman
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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Rodrigo ricontrollò i risultati e sbuffò per l’ennesima volta, deluso. Tutto combaciava alla perfezione: Annabelle e il signor Kuro erano veramente padre e figlia. Con la scusa di aver visto una grinza su una delle maniche della camicia del generoso investitore, il generale Martinez riuscì a prelevare un capello adagiato su di essa, ma che purtroppo non riportò l’esito desiderato.
«Accidenti. E io che ne ero convinto…» si maledisse a denti stretti.
«Convinto di cosa. fratello?»
Preso alla sprovvista, il generale si spostò di lato lasciando cadere l’intera cartella di cartoncino, per alzare la guardia. Appena vide Itaca appoggiata alla parete, si rilassò frustrato. «Dannazione, Itaca! Quante volte ti ho detto di non farmi certi scherzi?!»
«Non era mia intenzione, credimi» disse sarcastica la sorella minore. «Piuttosto. Ti ho visto sbuffare almeno un sei o sette volte da quando sei uscito dal laboratorio. Qualcosa non va?»
L’uomo si grattò la nuca nervosamente. «Non sono affari tuoi.»
«Sbuffavi per questi, vero?» di nuovo senza preavviso, Itaca aveva preceduto Rodrigo nel raccogliere i risultati del test del DNA.
«Ma cos-… dammeli subito, Itaca!» ringhiò lui.
«Come sei permaloso.  In qualità di fratello maggiore dovresti comportarti in modo più matur-…» Itaca sgranò gli occhi appena lesse il nome di Annabelle e squadrò il fratello visibilmente furiosa. «Che diamine significa questo?»
«Quello che hai letto. Ho voluto fare un test del DNA» rispose lui sinceramente.
«Ma perché? Ne dubitavi forse?»
«Tu non lo faresti? Insomma, lui è sempre venuto qui e proprio quando Annabelle compie il suo quindicesimo compleanno decide di rivelarle di essere suo padre? C’è sicuramente qualcosa sotto.»
«Forse volevi dire che c’era, visto che hai le prove» Itaca sventolò i fogli ancora alterata. «Senti, so bene che vuoi bene ad Annabelle e al generale, poiché lo hai sempre trattato come un fratello, ma non possiamo farci niente. Il signor Kuro avrà avuto le sue ragioni.»
Il generale Martinez schioccò la lingua frustrato. Odiava avere torto, ma sua sorella aveva ragione su tutto, compreso l’affetto che aveva nei confronti sia della piccola Annabelle che del generale Cherubi.
Dal giorno del suo arruolamento, lui e Joey divennero migliori amici e rivali: si allenavano e andavano in missione sempre insieme, il tutto accompagnato da della sana competizione. Rodrigo lo aveva sempre considerato non solo come un fratello, ma come un esempio da seguire date le sue incredibili abilità in qualsiasi disciplina, che contribuirono a renderlo il grande generale stimato che era.
La fortuna volle che egli stesso, qualche anno dopo, diventasse generale e lavorasse al suo fianco.
«Itaca, tu venisti in questo campo una decina di anni fa, giusto?»
Annuì, confusa.
«Bene. Perciò, non hai assistito all’assalto dei CRP» Rodrigo si avvicinò alla finestra con le mani dietro la schiena e fissò la Black Forest, rievocando quel giorno di quindici anni fa, ma concentrandosi non sull’atroce scontro fra i CRP e i soldati, bensì sul miracolo che baciò il campo e soprattutto l’infelice generale Cherubi. «Ritrovare Annabelle qualche giorno dopo nella brughiera è stata una benedizione per il gener-… per Joey. Quei bastardi avevano ucciso la sua amata moglie, ma il cielo ha voluto donargli una figlia.»
«Sì. Lo so» sorrise la donna rattristata. «Ho sentito la storia.»
«Da allora non ha mai smesso di sorridere o di scherzare, ma era pur sempre consapevole della sua carica di generale. Adesso ti chiedo questo», si girò severo verso Itaca, «come pensi che si senta lui, in questo momento, visto che quella luce di speranza non gli è più accanto?»
Incapace di rispondere, Itaca rimase con la bocca aperta senza parlare. Quando la chiuse, non poté far altro se non abbassare lo sguardo, sconfitta.
«In qualità di suo assistente, ma soprattutto di amico, ho voluto fare questi test per avere una conferma. In caso contrario, sarei andato a riprenderla io stesso per lui.»
«Non dico che sia sbagliato, Rodrigo. Lo so, Annabelle ha vissuto fino ad oggi qui, assieme a noi e quindi per lei siamo stati la sua famiglia, ma prova pensare anche ai sentimenti del signor Kuro. Sia te che io, anzi, tutti noi non sappiamo come ci sia finita nella brughiera, probabilmente non lo sapremo mai, ma se fosse sospetto il generale non l’avrebbe mai affidata a lui, non credi?»
«Questo è vero, ma…»
«Ieri mi avevi parlato di una strana sensazione dopo averlo visto a lungo al telefono nel suo studio, giusto?»
«Sì. E allora?»
«Be’, è semplice. Io penso che il generale avesse valutato già in precedenza se credere o meno al signor Kuro e, visto ciò che è accaduto oggi, non c’è niente di cui preoccuparsi.»
«Non è… quello che intendevo» ribatté insicuro  Rodrigo.
«Oh , invece sì. Il problema è anche il signor Kuro. Non ti è mai piaciuto. Dal giorno in cui si presentò qui per fare la prima donazione.»
«Vuoi dire che non ti fa venire i brividi o comunque dei sospetti?!» chiese alquanto sorpreso il generale.
«Non mi fa né caldo né freddo. Solo perché porta un vestito completamente nero e una maschera giapponese non vuol dire che sia pericoloso.»
«Dimentichi i due mocciosi in bianco.»
«Semplici servi, no?»
«Tu proprio non… ah, pazienza. Ormai mi arrendo. Sarà perché ho passato la mia vita a stare sempre all’erta o…»
«O semplicemente ti da' fastidio che ad ogni sua visita, lui e il tuo caro generale si rinchiudano nello studio senza di te?» disse Itaca quasi cantando.
Rodrigo arrossì imbarazzato e urlò:«Ma sei impazzita?! C-che cosa ti viene in mente?!»
«La mia era un’ipotesi» rispose ridendo. «Malsana, ma pur sempre un’ipotesi.»
«Tu… non stai bene.»
«Malsana, ricordi?»
«Lasciamo perdere e cambiamo discorso… ho già detto che mi arrendo.»
«Io… spero che Annabelle stia bene» Itaca si appoggiò sulla spalle del fratello.
«Sì. Anche io» ricambiò lui, accarezzandole i capelli dolcemente, ma senza smettere di pensare al dolore silenzioso del suo superiore.
 
«Be’, siamo alla fine della foresta, a quanto pare» disse Liu affaticato, scrutando la distesa di vegetazione rada. «E lui non c’è. Maledizione.»
«Ma non è possibile. Abbiamo seguito le tracce. Dov’è sarà andato?»
«Lo dici sempre anche tu, no? Nonostante lui perda sempre il controllo, lui è comunque consapevole di quello che fa. In poche parole: siamo stati fregati dal mio fratellino.»
«Merda...»
«E adesso? Cosa suggerisci di fare?»
Jane si guardò attorno alla ricerca di una pista da seguire, ma suoni e odori sembravano essersi confusi e la scia di sangue di Jeff non era più d’aiuto, poiché probabilmente le ferite si erano ormai rimarginate.
«Una cosa è certa, Jane. Dobbiamo allontanarci da qui. Qualche soldato potrebbe trovarsi nelle vicinanze.»
«Hai ragione. Ultimamente stanno migliorando la loro tecnica per nascondere la loro presenza.»
«Già» Liu si ricordò della ragazza dai capelli rossi che l’attaccò il giorno prima. Solitamente, per loro che erano CRP, era facile distinguere loro stessi dagli esseri umani a cui non si era ancora sviluppato il virus; un po’ come per gli speciali occhiali per la visione notturna, ma invece del calore corporeo, essi percepivano la quantità di sangue infetto attraverso l’olfatto o l’istinto.
Purtroppo, in quel momento, sia Jane che Liu non sentivano niente, perciò significava una cosa sola.
«Deve essere ritornato indietro» disse Jane alterata.
«Be’, meglio, no? Caccia finita.»
«No, non va affatto bene, invece.»
«E perché, scusa?»
«Non dirmi che non lo senti? Concentrati e focalizzati sulla villa.»
Controvoglia, Liu ubbidì e chiuse gli occhi. Inspirato profondamente, lasciò che i suoi sensi lo guidassero verso casa e in pochi secondi la percepì: una presenza umana. «Chi diamine c’è assieme a Masky?»
«Non lo so. Ma almeno non è pericoloso. Ciò che mi preoccupa è…»
«Cazzo… c’è anche Jeff» disse allarmato Liu. «E non ha buone intenzioni nei confronti dell’ospite.»
 
Se l’esterno dell’enorme magione aveva stupito Annabelle, l’interno non era da meno. La prima cosa che attirò l’attenzione della ragazza, fu l’enorme quercia al centro dell’ingresso circolare, che a prima vista sembrava essere il pilastro principiale di sostegno dell’intera fortezza, dato che gli enormi rami nodosi erano saldamente conficcati nel soffitto, affrescato da splendidi paesaggi naturali. Ai lati dell’arbusto, vi erano due rampe di scale in marmo bianco che portavano ai piani superiori e seguivano perfettamente le pareti rivestite di velluto rosso bordeaux. Il parquet, perfettamente lucido, rifletteva l’immagine del proxy e della ragazza così nitidamente da sembrare irreale.
«Ma… come è possibile…»
«Questa è l’unica zona, diciamo, decente. Il signor Slenderman ama questo albero» iniziò a raccontare Masky. «Nessuno, a parte lui e le Creepypasta più anziane, sa il perché. Non ce l’hanno mai voluto dire.»
«È davvero bello» disse Annabelle accennando un sorriso.
«Sì, lo è» Masky si avvicinò all’albero. «Di tanto in tanto il signor Slenderman rimane qui fermo o a fissarlo o ad accarezzare la corteccia. Spesso, quando rimango in contatto con lui, sento una profonda tristezza.»
«Tristezza?»
«Sì. Evidentemente questa quercia è carica di ricordi, per lui.»
Sorpresa e confusa, Annabelle si mise al fianco del proxy, immaginando il padre delle Creepypasta ai piedi dell’albero per contemplarlo, da solo. «Io… non avevo idea che le Creepypasta potessero provare emozioni.»
«Annabelle, tu sai come noi CRP siamo nati, vero?»
«Sì. Successe cinquant’anni fa, dopo un fatto assolutamente incredibile: il ritrovamento del corpo di Slenderman» disse lei con sicurezza.
«Esatto. Decisi a scoprire la verità, diversi scienziati lo esaminarono, ma un semplice taglio fu fatale per l’intero pianeta. Un virus sottoforma di gas si confuse con l’ossigeno e fu così che il genere umano venne infettato, virus che prese il nome di CRP. Da allora, dopo la morte di una Creepypasta originale, essa rinasceva in qualunque individuo e in qualunque momento.»
«Sì, lo so.»
«Allora se lo sai, hai già capito la risposta al tuo dubbio.»
«Come?»
«È vero, noi siamo tutti degli assassini. Noi uccidiamo, ma siamo pur sempre stati degli esseri umani e quindi non abbiamo dimenticato cosa significa provare emozioni. O almeno… questo vale per noi.»
«Che vuoi dire?»
Realizzato che stavano perdendo troppo tempo, Masky prese le valige e iniziò a salire le scale, seguito da Annabelle. «Vi sono delle eccezioni.»
«Di che tipo?»
«Noi Creepypasta che viviamo nella Black Forest assieme a Slenderman, siamo stati fortunati, poiché grazie a lui abbiamo imparato a seguire un determinato codice di comportamento, che ci permette di vivere al meglio.»
«Cioè… in che senso?»
« Ovviamente qui non vivono tutte le Creepypasta. Nel mondo ve ne sono altre, qui ci sono solo quelle che Slenderman riesce ad ospitare.»
Arrivati al primo piano, Annabelle rimase incantata dai due eleganti corridoi, in cui le pareti erano tempestate da splendidi quadri di famosi artisti di almeno duecento anni fa, che mai si sarebbe sognata di poter vedere dal vivo. Difatti, non potendo uscire dal campo, Annabelle doveva accontentarsi dei libri o delle visite guidate online, ogni volta che veniva programmata una gita. Gli enormi specchi antichi con le cornici in avorio e i mobili di legno, trasportarono momentaneamente la giovane soldatessa al tempo a cui essi appartenevano; era decisamente meglio degli occhiali della realtà virtuale.
«Diciamo che esistono due tipi di Creepypasta.» riprese il proxy. «Da una parte ci siamo noi, che siamo coloro che hanno avuto la possibilità di scampare al rigetto del CRP e al tempo stesso di controllarlo. Dall’altra, coloro che superano il rigetto, ma non hanno il pieno controllo di loro stessi. Mi segui?»
«No. Non molto» disse Annabelle, visibilmente infastidita, ma ancora ammaliata da quella bellezza antica. «Perché voi dovreste essere diversi? Uccidete lo stesso.»
«Sì, noi uccidiamo, ma lo facciamo con moderazione, secondo ciò che ci ha insegnato e tuttora ci insegna il signor Slenderman. Devi sapere, che uccidere per noi è come la necessità di mangiare e di bere. Se non lo facciamo, moriamo.»
«È… assurdo. Non è quello che mi hanno insegnato.»
«Be’, il signor Slenderman non si aspetta di certo che tu ci comprenda già dal primo giorno. Bene, credo che oggi questa infarinatura di base possa bastare. Avrai molte domande, ma per le risposte dovrai aspettare.»
«Di base, dici? Per me… è stato più un brainstorming.»
«Chiamalo come vuoi. Eccoci, siamo arrivati.»
Senza accorgersene, Annabelle si trovò davanti alla porta dell’ultima stanza del corridoi, posta vicino ad una splendida vetrata con motivi floreali. Diversamente dagli altri usci color panna, quello che stava per aprire il proxy, era di un bel viola acceso.
«E questa sarebbe…»
«La tua stanza, da oggi in poi» girata un’ultima volta la chiave, un delicato profumo di lavanda investì la ragazza che la calmò incondizionatamente. L’enorme camera era arredata con armadi che ricoprivano un’intera parete, una spaziosa scrivania e uno splendido letto a baldacchino che lasciò senza parole Annabelle, sicché non ne aveva mai visto uno di persona. L’ipnotico mandala raffigurato sulla finestra accanto ad esso, le diede un’inaspettata sensazione di sicurezza e di serenità.
«È… bellissima.»
«Ti piace, vero? È stato il signor Slenderman a scegliere tutto. Compresa la decorazione della finestra.»
«È davvero magnifica. Sai cosa significa?» chiese Annabelle, senza volgere lo sguardo dalla complessa figura geometrica e multicolore.
«Spiacente. Non lo so.»
«Posso chiederti una cosa, Masky?»
«Se non c’entra con tutto ciò che siamo appena detti, sì.»
«Perché io… mi sento al sicuro?»
Masky soffocò una risata davanti all’innocenza della ragazza e le posò una mano su una spalla.«Ribadisco il per le risposte dovrai aspettare. Oh, prima di lasciarti riposare un po’, devo fare un’ultima cosa.»
«Eh?»
Per l’ennesima volta, la ragazza venne colta di sorpresa ritrovandosi improvvisamente tra le braccia di Masky. «Da parte del signor Slenderman», iniziò a sussurrare lui,«buon quindicesimo Compleanno. Annabelle.»
Lei arrossì, incapace persino di ringraziare, lasciando che la sua bocca farfugliasse solo frasi incomprensibili.
«Bene. Sarà il caso che tu ti riposa. Sei fortunata, sai? A quanto pare siamo solo io e te. Il resto della famiglia deve essere uscito per un’escursione.»
«Famiglia?»
Staccatosi da Annabelle, Masky annuì. «Sì. È questo che siamo. Una famiglia. Ti ci abituerai.»
«Che… cosa devo fare, ora?»
«Penso che loro non torneranno prima di cena. Riposati, sentiti a casa. Verrò io stesso a chiamarti appena sarà pronto. A dopo.»
Non appena il proxy uscì dalla stanza, la prima cosa che fece Annabelle fu inginocchiarsi sul pavimento rivestito di velluto rosso. Le girava la testa per quante informazioni aveva ricevuto nel giro di una ventina di minuti e per un momento, anche se per poco, pensò che tutto ciò che aveva appreso al campo era tutta una farsa. Una villa? Un codice di comportamento? Come poteva credere a tutto questo? Ma d’altronde… come poteva anche negare l’evidenza?
Annabelle inspirò profondamente, cercando di rimanere calma e razionale, pur avendo assistito a qualcosa fuori dal comune. «È tutto così… anormale.»
«Anormale? Tu… ci definisci anormali… quando tu stessa sei anormale?»
Un brivido di freddo percorse la schiena di Annabelle fino alle ossa, non appena sentì una voce profonda alle sue spalle e, assieme ad esso, il terrore le accelerò il battito cardiaco in un istante. Nessun campanello da parte del suo istinto, nessuna percezione del pericolo imminente: chiunque fosse, era riuscito a non farsi sentire.
«Ma… chi?» per Annabelle fu inutile girare di scatto, poiché la sua bocca venne subito bloccata da una mano sporca di fango e sangue, mentre l’altra le agitava davanti al viso un coltello. Del tutto paralizzata, Annabelle non riuscì a sfuggire alla presa e ad evitare quegli occhi alienati privi di palpebre, che la fissavano assetati di sangue.
Pelle biancastra e deturpata, capelli corvini lunghi fino alle spalle e un innaturale sorriso scarlatto, intagliato e largo fino agli zigomi: tutto corrispondeva a Jeff the Killer, una delle Creepypasta più temute dai soldati, e Annabelle si trovava proprio nelle sue grinfie, impotente.
«Anormale… Anormale…. Sì, noi lo siamo. LO SIAMO TUTTI!» la folle risata del ragazzo graffiava le orecchie della povera Annabelle che, schiava della paura, iniziò a piangere e ad urlare attraverso la mano sudicia dell’assassino.
 
Aiuto Masky! Aiuto! 

   
 
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