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Autore: _only_ hope_    17/09/2015    1 recensioni
Alex è da poco paraplegico, allontana tutti da sé, soprattutto la sua fidanzata.
E lei, anche se non vorrebbe, sta piano piano cedendo.
[questa storia partecipa al contest "Non esiste rimedio all'amore se non amare di più" indetto da aturiel sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Micro-nota iniziale:
Le parti in corsivo sono dei flashback, e sono in ordine cronologico, mentre le parti non in corsivo si riferiscono al presente.
Buona lettura!




L e lacrime cominciano a scorrere sul suo volto quando si rende conto che il gran mal di testa che l'ha colpita non appena ha aperto gli occhi è dovuto al post-sbornia: si copre gli occhi con le mani e si dà mentalmente della stupida, perché ce l'ha fatta solo per trenta giorni, e, di conseguenza, ora dovrà ricominciare tutto daccapo. Poi improvvisamente ricorda di essersi addormentata in auto, mentre si è risvegliata in un letto caldo: il profumo di Alex la circonda e la fa sorridere per un nanosecondo, finché non sente i suoi passi entrare nella stanza ed avvicinarsi al comodino.

"Sono un fallimento." sussurra quando lui appoggia un bicchiere sul piano di legno.

"Non lo sei."

"È la sesta ricaduta in tre mesi."

"Beh, sei migliorata: la prima volta non sei durata più di tre giorni." commenta, mentre ripensa a quando l'ha trovata a vomitare l'anima nel giardino del condominio.

"Mi sei venuto a cercare." la donna cambia volutamente argomento.

"Non tornavi."
"Non è la prima volta."

"Ieri mattina mi ha promesso che saresti tornata: volevi tornare, questa è la differenza."

Il punto è, però, che era ricorsa all'alcool proprio perché aveva sentito il bisogno di tornare.



Musica a volume altissimo, alcol a fiumi e luci piuttosto soffuse e colorate: questo è il bar "Da Ludovico", aperto e pieno zeppo quasi tutte le sere.

Al bancone il proprietario, un uomo sulla quarantina, ma dai capelli già brizzolati, sta servendo una donna mora, sua coetanea: i capelli lisci e sciolti volano a destra e a sinistra mentre lei scuote la testa e sorride ad una frase detta dall'uomo seduto di fianco a lei.

"No, non ballo!" esclama con un tono di voce piuttosto alto a causa della musica.

"Suvvia, ti divertirai!" risponde l'altro, avvicinandosi pericolosamente a lei, che si scansa prontamente.

"Ho detto che non ballo." ribatte improvvisamente seria, la voce ferma.

"Fai la preziosa, vedo... che ne dici di venire da me in albergo?"

Lei tenta di sorridere cordiale mentre gli mette le mani sulle sue spalle, lo spinge ad allontanarsi di una cinquantina di centimetri e gli riferisce di essere felicemente fidanzata, ma il suo volto presto si rabbuia.

"Non mi sembri molto convinta..." osserva l'altro, mentre lei tortura il povero anello con brillante che porta al collo, appeso ad una catenina d’argento, e sospira a sentirlo parlare.

"Crisi? Ripensamenti? Posso essere un buon scacciapensieri: una notte con me e sarai come nuova!" a quell'ultima affermazione lei alza un sopracciglio e realizza che lui non vuole affatto aiutarla, solo approfittarsi di lei e della sua debolezza, come la maggior parte degli uomini.

"Ripeto: felicemente fidanzata." sbotta, poi si alza ed attira l’attenzione di Ludovico per pagare il conto.

"Tutto ok? Ti molesta?"

"No, non ti preoccupare: sono solo stanca."

"Vuoi che ti chiami un taxi?" ribatte lui, gentile, ma lei declina l'offerta scuotendo la testa.

"No, grazie: è un bella serata, vado a piedi." aggiunge, mentre l'altro fa spallucce: "Perfetto, allora ti faccio il conto."

"Grazie." risponde e, mentre attende, si concede di dare un'ultima occhiata al suo compagno di bevute della serata, che era talmente tanto ubriaco quando ha cominciato a rivolgerle la parola da non accorgersi neppure che ha bevuto a malapena un sorso della tequila che lui le ha offerto. Era un tipo simpatico: se si fossero conosciuti fuori da un bar è sicura che avrebbero potuto diventare buoni amici.

L'aria autunnale le rinfresca il volto non appena mette piede fuori dal locale e la fa rabbrividire per un attimo: sospira e comincia a camminare in direzione di casa sua cantando sottovoce una canzone per scacciare la paura di trovare qualche malintenzionato per strada. Giusto ieri ha incontrato un uomo che aveva molta voglia di stuprarla, ma fortunatamente per lei era talmente tanto imbottito di droga che è caduto a terra al primo tentativo di difesa della donna: è arrivata all'appartamento con il fiatone e si è accorta che stava tremando, ma si è resa conto anche del fatto che non avrebbe potuto chiamare nessuno per confortarla un poco. Oggi, invece, quando arriva trova Lorenzo, il fisioterapista, che si riempie un bicchiere di birra in cucina:

"Ne vuoi un po'?" le chiede, alzandolo nella sua direzione.

"No, grazie." ribatte lei, tentando di sorridere: povero illuso, non sa che lei non accetterà mai né i drink serali del mercoledì né le sue avances. Sono due mesi che tenta di flirtare con lei, comincia anche ad essere stanca, anche perché questo si somma alla lista di tutto quello che sta mettendo a dura prova i suoi nervi negli ultimi tempi.

"Sicura sicura?"

"Certo." ribatte lei, mentre si riempie un bicchiere d'acqua al lavello: trova una montagna di piatti da lavare che le sbatte contro ad una mano e sospira, nessuno le dà una mano neppure su quel fronte.

"Progressi?" chiede invece, ma il tono di voce non è speranzoso come quello di qualche settimana fa.

"I muscoli non si atrofizzano." beh, questa non era proprio l'informazione che sperava di ricevere, ma se ne accontenta: almeno ha sue notizie. Sta per uscire dalla stanza, quando una domanda non espressa troppo a lungo esce involontariamente dalla sua bocca:

"Quante coppie si separano?" sussurra.

"Come scusa?" chiede l'altro, al che lei ripete, senza avvicinarsi o voltarsi verso di lui:

"Tu tratti persone paraplegiche da anni: quante coppie resistono alla crisi?"

"Vuoi la verità, immagino." ribatte lui, al che lei annuisce e il fisioterapista continua. "Alcune non vanno in crisi, semplicemente lottano assieme, trovano un nuovo equilibrio, altri ci mettono anche mesi a ritrovarlo, altri, però, più o meno il 50%, non riescono a trovarlo."

"Si separano."

"Già."

"E tu che dici di noi?"

"Non ne ho idea, Angela: è ancora presto." lei sospira e si allontana: in cuor suo sa che Lorenzo ha dato quella risposta in modo poco convinto, che anche lui la pensa come lei. Entrambi sanno che manca poco perché la situazione tra lei ed Alex scoppi. Le lacrime comincino a scorrere sul suo volto mentre si infila il pigiama, troppo stanca anche per farsi la doccia, e si fanno più copiose quando affonda la testa sul cuscino del suo fidanzato: non controlla neppure che Lorenzo se ne vada e chiuda a chiave la porta. Ripensa a quel lungo mese trascorso in ospedale ad aspettare che il suo fidanzato si risvegliasse, si rivede sdraiata al suo fianco, lotta nuovamente assieme alla madre di lui con sua sorella, la quale voleva spegnerei macchinari che lo tenevano in vita: lui, però, alla fine si era risvegliato, solo che non era più l'Alex sorridente e premuroso che aveva avuto la pessima idea di innamorarsi di lei, quello che non l'aveva abbandonata neppure quando lei lo cacciava via, quello che la aspettava invano alla stazione quando ritornava dalle sue missioni da medico dell'esercito, mentre lei si stava ubriacando in qualche locale: no, il nuovo Alex è scorbutico, ha allontanato tutti da lui, Angela in primo luogo. Avevano fatto uno stupido incidente d'auto una settimana prima del loro matrimonio: stavano ridendo ad una stupida battuta di lui quando un furgone pieno di giovani ubriachi li aveva coinvolti in uno scontro frontale. Di conseguenza, lei si era fratturata il polso ed aveva affrontato una brutta commozione cerebrale, mentre lui aveva subito un intervento chirurgico al cervello ed era rimasto paralizzato dalla vita in giù: si rivede stringere la sua mano mentre erano imprigionati in quella maledetta auto, si rivede a supplicarlo di non lasciarla, e piange ancora più forte. Solo che lui dorme nella camera degli ospiti da ormai due mesi, non può sentirla.



Piange, piange tutte le lacrime che ha trattenuto nelle ultime settimane, perché lui ora è qui con lei, dopo mesi e mesi di lontananza, e ne è sollevata: ha avuto paura che lui non tornasse, che rimanesse ucciso sotto le bombe mentre tentava di salvare delle vite. Non ha mai pianto, neppure quando lo ha fatto la madre di lui: doveva essere forte.

Lo sente alzare le coperte dal suo lato del letto, percepisce il materasso abbassarsi sotto al suo peso e poco dopo le su braccia forti la cingono da dietro: lei si volta, affonda la testa nel suo petto e finalmente si addormenta sentendosi bene.



La mattina dopo Angela si sveglia di soprassalto quando il rumore delle padelle che cadono quasi la assorda: si tira a sedere, chiedendosi se qualcuno si sia introdotto in casa, ma quando percorre il corridoio e spunta in cucina trova semplicemente il suo uomo chino a terra a raccogliere quello che ha fatto cadere. Alex sta per seguire le pentole cadendo a ruzzoloni, quindi lei decide di accucciarsi sul pavimento per dargli una mano: rabbrividisce per un attimo quando il suo braccio da poco uscito da sotto le coperte calde si scontra contro le piastrelle gelide, e la canottiera dalle maniche a spalline sottili di certo non è d'aiuto. I pantaloni lunghi a righe del pigiama sono ormai bagnati dell'acqua calda che era dentro al pentolino, quando il suo fidanzato interviene:

"Ce la faccio, torna a dormire."

"Ti do una mano: non preoccuparti, non mi scoccia." ribatte lei tranquilla, mentre solleva il viso nella sua direzione accennando un sorriso. Sorriso che si spegne non appena i suoi occhi incrociano l'espressione piena d'odio del fidanzato.

"Vattene." ribatte lui a denti stretti, al che lei si alza, sbatte il pentolino nell'acquaio ed esce dalla stanza, stanca di sentirsi trattare come uno zerbino quando cerca semplicemente di dargli una mano.



Il rumore di padelle che cadono la sveglia di soprassalto: si tira a sedere con il fiatone e si guarda attorno, rendendosi conto del fatto che si trova ancora sul divano, dove si è addormentata ieri sera dopo essere tornata a casa alla fine di un turno di trentasei ore alla centrale. Alex non c'era, era ancora in ospedale, ma ora lo sente borbottare qualche imprecazione in direzione delle padelle e si mette a ridere.

"Che fai?" gli grida, cercando di rimanere seria, ma fallendo miseramente.

"Ferma lì, non alzarti: è una sorpresa."

"Dimmi un po', la sorpresa è che vuoi distruggere casa cosicché ci liberiamo finalmente di questo appartamento?"

"Potrebbe essere!" ribatte lui ridendo. "O forse sono solo appena tornato da un turno di notte." propone poi, portandola a sorridere: invece che dormire si sta prendendo cura del loro amore.

Oh, non merita affatto un uomo così: l'ha conosciuto quando l'ha difesa da un drogato che la stava molestando un anno fa, e da quel momento l'ha sempre aiutata. È grazie a lui se ha smesso di ubriacarsi da qualche mese, grazie a lui che l'ha sostenuta mentre vomitava l'anima, che le ha gridato che con l'alcol non avrebbe risolto i suoi problemi, che l'ha accompagnata ad un gruppo di alcolisti anonimi e che le ha impedito di vivere ancora nella sua automobile, ospitandola a casa sua. Quando è assente per qualche mese a causa di una missione per l'esercito lei si sente un'intrusa lì dentro, le prime volte se ne è anche andata, ma la madre di Alex l'ha sempre spinta a ritornare ed è andata più volte a trovarla e ad aiutarla. Laura e Joseph sono ormai diventati la madre e il padre che lei non ha mai avuto, l'hanno subito accettata come una figlia, nonostante il suo passato.

Tutto è cominciato con un molestatore, ed ora ha una famiglia ed un compagno fantastici: no, non li merita.



Alcune ore dopo Alex sta spingendo la sedia a rotelle per il corridoio quando sente dei singhiozzi strozzati provenire dal bagno: si ferma davanti alla porta socchiusa ed osserva Angela piangere addossata alla lavatrice. L'ha sentita spesso singhiozzare negli ultimi mesi, l'ha vista fin troppe volte con gli occhi rossi, quasi sempre a dire il vero, ma non ha mai avuto né il coraggio né la forza di avvicinarsi.

Questo, però, non vuol dire che non gli strazi il cuore sentirla o vederla in quello stato: ci ha provato, ha provato fin troppe volte a ferirla, ma lei è sempre rimasta stoica davanti a lui, ha continuato ad aiutarlo anche quando lui non voleva, non si è arresa. Eppure tutto quello che lui vuole è che si arrenda anche lei, così come a lungo andare hanno fatto sua madre, suo padre e sua sorella, vuole che lei trovi un altro uomo, che sia felice: non vuole pesarle, non vuole che lei alla fine si guardi indietro e veda tutto ciò che non ha potuto fare a causa del suo stupido compagno paraplegico.

"La dovresti piantare di piangere per me: non ne vale la pena." sussurra, e subito gira la carrozzina, ma lei è più veloce e gli impedisce di andarsene cominciando a ribattere:

"Non tutto gira attorno a te, sai? Potrei anche piangere per me, perché sono così stupida da lasciare che quell'idiota continui a provarci con me, solo perché è il tuo fisioterapista, perché sono stata talmente tanto debole ieri sera da bere la tequila che uno stupido ubriacone mi ha offerto da Ludovico. Oh, e perché non riesco più a salire su un'automobile da mesi. Senza contare che dopodomani mio fratello sarà operato per un'ostruzione alla carotide e non mi vuole in sala d'attesa. Sei l'ultimo dei miei problemi, Alex." conclude, abbassando il tono di voce mano a mano che si sfoga, poi si alza in piedi, apre del tutto la porta e lo guarda negli occhi. "In due mesi mi sto abituando ai tuoi scatti e ad aiutarti anche quando mi urli contro." conclude, rassegnata, per poi andarsene e lasciarlo in mezzo al corridoio a bocca aperta.

Solo quella sera, distesa a letto mentre legge un libro su cui non riesce a concentrare l'attenzione, Angela si rende conto del fatto che lo sta lasciando andare: si sta arrendendo al comportamento scorbutico di Alex, non insiste più per spingere la sua sedia a rotelle fino al parco, non lo aiuta più con le punture, non passa più le giornate seduta accanto a lui sul divano a guardare un film che nessuno dei due guarda davvero, non gli porta neppure più il telefono e urla perché lui chiami i suoi genitori. Probabilmente tra qualche settimana sarà talmente tanto stressata da lasciarlo e andarsene di casa, mentre prima dell'incidente pensava che avrebbero trascorso assieme la loro vita intera: rigira l'anello tra le mani e decide che non vuole arrendersi, perché nonostante tutto lo ama ancora e perché aveva quasi promesso di stare al suo fianco sia in salute che in malattia.



Sbatte la padella dentro al lavello, frustrata: per una volta voleva fare qualcosa di buono, voleva cucinare per lui, voleva semplicemente non essere di peso, perché, diamine, stanno assieme da quasi due anni e lei non ha praticamente mai fatto niente per lui. Le lacrime cominciano a scendere sul suo volto ed Alex la trova singhiozzante e con la testa contro al mobiletto che è sopra ai fornelli: si avvicna lentamente e le chiede cauto se va tutto bene, sperando che lei non si volti di scatto con il tipico sguardo inceneritore che utilizza quando è arrabbiata.

"Ho riottenuto il mio posto in polizia." la sente sussurrare in risposta, e un sorriso spunta automaticamente radioso sul suo volto: Angela ha studiato tanto per quel concorso, e gli ha tirato talmente tanti cuscini perché lui la distraeva che ha perso il conto ormai da qualche mese, e, di conseguenza, è felicissimo che lei sia riuscita a riscattarsi dopo il periodo buio che ha trascorso. Sapeva che ce l'avrebbe fatta dalla prima volta che ha messo piede in casa sua ed ha borbottato un grazie dopo essersi fatta una doccia.

"E perché non saltelli da tutte le parti, allora?" commenta, ma il suo tentativo di farla sorridere fallisce miseramente.

"Perché volevo cucinare qualcosa per festeggiare, questa sera, ma sono così imbranata da bruciare tutto quello che metto sul fuoco!" esclama lei in risposta, la voce stridula e allo stesso tempo spazientita, e solo allora lui nota la montagna di padelle che giace bruciacchiata nel lavabo: ne afferra una e la risciacqua pazientamente, poi si volta verso Angela, che ora lo sta fissando incuriosita.

"Ti insegno io, che dici?"

A quelle parole un timido sorriso spunta sul suo volto: "Che io non ti merito: sei troppo speciale."

"Sono speciale solo perché tu sei con me." ribatte lui, avvicinandosi e cingendole la vita, mentre lei si asciuga le lacrime: quella frase non l'ha del tutto convinta, ma le è piaciuto sentirsela dire.



La sera dopo Angela rientra a casa stanca morta: il direttore l'ha mandata a dirigere il traffico del centro per l'intera giornata e le scartoffie che deve compilare entro dopodomani sono rimaste in bella vista sulla scrivania, pronte per essere prese in mano domani: non appena infila le ciabatte, però, sente la televisione accesa e in sottofondo la voce spazientita di Loredana, l'infermiera del venerdì, al che avrebbe solo voglia di ritornare in ufficio e compilare anche i rapporti e i moduli dei suoi colleghi. Si rimette le scarpe e sta per infilarsi la giacca, quando le tornano alla mente i pensieri della sera prima, così si reca in soggiorno:

"Loredana, dici che potrei portarlo a fare quattro passi?" esordisce, attirando l'attenzione di entrambi: la donna le sorride, grata perché è ritornata prima del previsto, ed esclama felice che sarebbe un'ottima idea.

"E se io non volessi?" borbotta a quel punto Alex.

"Ti porto lo stesso." ribatte lei con noncuranza, avvicinandosi e cominciando a mettergli il cappotto: lui si dimena, ma lei è ormai diventata più forte di lui, quindi dopo cinque minuti buoni di lotta, la spunta.

Sono in corridoio quando lui blocca la sedia a rotelle chiudendo le mani sulle ruote: Angela quasi cade a causa della fermata inaspettata, ma si limita a sospirare. Quando lui blocca la porta, però, lei sbotta:

"Ma si può sapere che cazzo di problema hai?!"

"Non voglio uscire." ribatte lui, secco.

"Non è solo questo, diamine! Mi urli sempre contro, ogni volta che provo solo ad aiutarti: ma lo sai quanti lividi ho a causa tua?!"

"Allora vattene!" urla Alex in risposta, facendola ammutolire. Lo fissa nei suoi occhi color smeraldo, delusa, mentre capisce il perché di tutto quello che lui ha fatto negli ultimi due mesi.

Sospira, poi risponde con un tono di voce tornato normale. "Tu non te ne sei andato neppure quando io ti urlavo contro, ubriaca marcia, tu non ti sei mai arreso: perché dovrei farlo io?"

"Perché non posso più fare niente: non sono autosufficiente in niente, non potrò più neppure salvare delle vite."

"Puoi fare tutto se decidi di volerlo."

"Non ti merito, sai?"

"Anche io una volta dicevo lo stesso."



"La odio!"

"Chi odi? Mia sorella o mia madre?!" stanno ritornando a casa in auto dopo una braciolata a cui ha partecipato la maggior parte dei parenti di Alex, e lui sta cercando di tirarle su il morale, ma lei continua imperterrita il suo monologo, senza ascoltare la sua pessima battuta.

"Mi chiede se voglio bere, poi esclama il suo sfacciatissimo: 'Ah, già, che tu sei una ex alcolizzata!'" borbotta, imitando il tono di voce della sorella del suo ragazzo: "Non serve che me lo rinfacci ogni volta, diamine! Lo so che non approva il fatto che io ti stia 'rovinando', ma sono sobria da tre anni, TRE cazzo! Ed ho il mio cazzo di stipendio per il mio cazzo di lavoro; e sì, forse mi hai mantenuta per qualche mese, ma ora ti sto restituendo tutto, TUTTO!"

Lui ride tra sé e la lascia sfogare: le parole che utilizza sono sempre le stesse, ma oggi lui ha intenzione di prenderla in contropiede: "Dovrà farci l'abitudine, visto che ho intenzione di sposarti." ribatte tranquillo, sperando solo di non farla fuggire a gambe levate, mentre lei si ammutolisce di colpo.

"Che hai detto?" sussurra poco dopo.

"Hai sentito."
"E se ti dicessi di no?"

"Ti lascerei all'angolo della strada e ti rincorrerei con un coltello fino al tuo sì."
"Con la forza: mi piace! Comunque non servirà, perché io voglio sposarti." a quella risposta lui frena di colpo, facendo suonare qualche clacson di conseguenza, poi accosta e si volta, incrociando i suoi occhi color cenere:

"Dici davvero?"

"Tecnicamente non mi hai neppure fatto una proposta decente, ma io dico di sì lo stesso. E non voglio un ane-" si blocca quando lui posa la mano destra nella sua ed un piccolo oggetto rotondo si scontra contro il suo palmo: lui sa meglio di lei che, anche se non lo dà a vedere apertamente, ama quei piccoli gesti romantici, 'da coppie smielate'.

"Ti amo." sussurra: ci è voluto tempo, ma alla fine ha avuto il coraggio di pronunciare quelle due parole che ha pensato per tanti anni, quelle parole che la dichiarano apertamente una donna innamorata con una stramaledettissima paura che il loro amore fallisca. Dalla donna indipendente che non accettava alcun aiuto si è trasformata piano piano nella Angela 'persona comune' che è ora.

"Ti amo anche io." ribatte lui, che, a differenza sua, quelle parole le ha pronunciate tante volte: ogni volta, però, il cuore di Angela, emozionato, perde un battito.



Venerdì alla fine riesce a portarlo a passeggiare, ed il silenzio regna sovrano per il resto della serata. Il giorno dopo, però, quando lei è seduta sul divano con il volto tra le mani e il cellulare sul tavolino, con lo schermo ricolto verso l'alto, a pochi centimetri da lei, lui si avvicina lentamente e posa una mano sul suo ginocchio: lei alza la testa ed incrocia il suo sorriso confortante, quello stesso sorriso che non vedeva ormai da troppo tempo, quel sorriso che l'ha fatta innamorare di lui, e lì capisce che ce la faranno a riemergere dal baratro.





I don't care if it hurts
I want to have control
I want a perfect body
I want a perfect soul
I want you to notice
When I'm not around
You're so fuckin' special

But I'm creep, I'm a weirdo

(Creep-Radiohead)

Angoletto di Hope-barra-Gio:
Questa storia è nata di getto: è un po' triste ed ha delle situazioni che si ripetono nel corso della narrazione; spero non sia risultata noiosa...
E ricordate... una recensione è gratis, ed ha un'unica controindicazione: fa sorridere incontrollabilmente chi la riceve :)

  
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