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Autore: CinderNella    18/09/2015    4 recensioni
Si sentiva un po’ stalker a guardarlo e ad annotare ogni suo comportamento da dietro un muro delle rovine di Christ Church Greyfriars – se si fosse trovata dietro a un cespuglio avrebbe potuto trovarci dell’ironia nella situazione che stava vivendo da qualche tempo – ma era parte del suo lavoro anche quella. [...] Ma, diversamente dal solito, e non perché fosse venerdì, lui si era separato dal suo gruppo di colleghi per dirigersi all’interno del giardino che portava dritto alle rovine dov’era casualmente lei: si stava proprio dirigendo verso di lei.
Resasene conto, si catapultò alla panchina più vicina per dare l’idea di essere davvero impegnata a fare qualcosa che non fosse spiarlo da lontano, ma dalla sua espressione non doveva esserci riuscita: «Mi scusi, ma lei mi sta spiando?»
Era davvero come a scuola. Stesso portamento arrogante, stesse fattezze e modo di presentarsi elegante e capelli impossibilmente biondi: eppure era completamente diverso.
«Ehm...» non sapeva che scusa formulare.
«È la quarta volta che la vedo in una settimana e in zone diverse della città. Perché mi segue?»
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Daphne Greengrass, Draco Malfoy, Hermione Granger, Theodore Nott | Coppie: Draco/Hermione, Luna/Theodore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Ed eccomi nuovamente! Questo primo aggiornamento arriva prima di una settimana esatta, ma perché in questi giorni sono stata molto prolifica e ho scritto circa tre capitoli. Spero questo vi piaccia, buona lettura!
Ps. se doveste aver bisogno di chiarimenti su alcune cose (tipo tutta la cosa sui subprime, che dopotutto non è troppo chiara, non almeno come la tratto qui), non esitate a chiedermelo nei commenti!






 
A white blank page and a swelling rage, rage
You did not think when you sent me to the brink, to the brink

Era il giorno che meno aspettava della settimana: tutta l’umanità, babbana e non, non vedeva l’ora che arrivasse il Sabato; lei, invece, da qualche mese a quella parte si svegliava a malavoglia: ed era tutto dovuto all’incontro che ogni settimana avveniva quel giorno alle undici di mattina.
«Devi davvero andarci? Che può cambiare ogni settimana nella testa di quel furetto demente?» perlomeno adesso Ron le aveva dato un motivo per farla alzare dal letto: pur non avendo molta stima per Malfoy, aveva almeno la decenza di non trattarlo da menomato. Quello che aveva subito era stato devastante e sconvolgente, e quell’insensibile del suo fidanzato non aveva neanche la capacità di ammettere che forse, forse, i suoi genitori avevano più che il diritto di sapere che cosa stesse succedendo e a che punto lei fosse.
Non amava incontrarsi con Lucius e Narcissa, ne avrebbe volentieri fatto a meno, ma era inevitabile: perlomeno se avesse voluto fare in modo che ci fosse qualche miglioramento nella sua condizione.
«Sì, sì Ron. Hanno diritto di sapere cosa sta succedendo.»
«Sembri un investigatore privato ingaggiato da loro per pedinarlo.»
«No, sono stata ingaggiata dal San Mungo e dal Ministero, non c’è bisogno che me lo chiedano loro.»
«Sì, certo, lo so... ma non potete sentirvi per lettera?»
«Si meritano almeno un aggiornamento di persona.»
«Ma che avranno mai fatto per meritarlo?»
«Sono i genitori di un mio paziente!»
«Non sei un medimago, non è il tuo paziente.»
«Preferisci che lo chiami cavia da laboratorio? È un paziente, per quanto possa non andarti giù!»
«Beh, di tutti i menomati di guerra dovevano affibbiarti proprio quello che ti ha sempre tormentato...»
«Non è menomato.» ripeté per l’ennesima volta, ormai innervosita «E si dà il caso che secondo il Ministero e il San Mungo contemporaneamente sia un caso così difficile che solo io, secondo loro, posso risolvere.»
«Potevi rifiutare...»
«Non voglio rifiutare e non voglio arrendermi! Non pedino Draco Malfoy da cinque mesi per arrendermi ora!»
«Perché smettere di lavorare su questo caso proprio quando il menomato ti chiede di uscire, giustamente...»
«Non continuerò a parlare di quest’argomento. E vado a farmi una doccia.» cercò di passarsi una mano tra i capelli – che si incastrò irrimediabilmente, considerando la loro ulteriore indomabilità mattiniera – e andò a chiudersi in bagno.
Ron sbuffò pesantemente: non riusciva a capire perché diavolo lei si ostinasse a dedicare tutta se stessa per un caso irrisolvibile.


Si materializzò davanti all’ormai conosciuto cancello nero alle undici in punto: preferiva la materializzazione alle due ore – minimo – che avrebbe dovuto trascorrere in auto per raggiungere il Wiltshire da Londra; non capiva come Draco riuscisse a farlo tranquillamente ogni Domenica senza impazzire nel traffico che si trovava ogni volta per uscire dalla città.
Oltrepassò il cancello e attraversò il giardino leggermente grande per i suoi gusti: quando raggiungeva la porta di casa era sempre un po’ stanca dalla camminata. Fece per bussare ma qualcuno aveva già aperto: una donna sulla cinquantina, dal viso pallido e stanco e dai capelli chiari come quelli del figlio le aveva aperto la porta.
«Buongiorno, signora Malfoy.»
«Hermione, quante volte devo dirti di chiamarmi Narcissa?» era particolarmente stranita dal fatto che fosse atipicamente simpatica alla signora Malfoy: quello che era successo al figlio doveva averla completamente allontanata dalle vecchie credenze e avvicinata a una quasi santificazione della donna che avrebbe potuto aiutarlo, ecco spiegata l’incredibile posizione che Hermione possedeva nell’immaginario della padrona di Malfoy Manor.
«D’accordo, hm... Narcissa.»
La donna fece strada nel corridoio principale per poi svoltare a sinistra in un piccolo salottino: sulla poltrona padronale sedeva l’altro padrone di casa, che era completamente assorto nella lettura del Times. Quando si rese conto della presenza della loro puntuale ospite del Sabato, sollevò gli occhi dal giornale.
«Buongiorno, signorina Granger.»
«Buongiorno, signor Malfoy.»
«Cara, avevo pensato di avvicinarmi alle usanze della capitale oggi, così ho fatto preparare un brunch... lo faccio servire qui, o possiamo trasferirci in sala da pranzo?»
«Grazie!» avrebbe voluto aggiungere che non ce n’era bisogno, ma era più che certa che questo avvicinarsi alle usanze babbane fosse dovuto alla condizione del figlio: voleva avere quanto più in comune con lui ed era più che comprensibile «Sarebbe meglio mostrare le scartoffie subito, così possiamo trasferirci altrove per il... brunch.»
Non sapeva davvero cosa aspettarsi da un brunch improvvisato a Malfoy Manor: sicuramente qualche elfo ultra-sfruttato che li avrebbe serviti non sarebbe mancato.
Iniziò a tirare fuori dalla borsa la cartella contenente tutto il materiale in riferimento a Draco: prese il quadernetto contenente i suoi movimenti e lo porse a Narcissa, indicandole l’inizio della settimana appena passata, mentre passò a Lucius Malfoy tutti i documenti che erano stati prodotti quella settimana tra il San Mungo e il Ministero in merito alla peculiare condizione del figlio.
Solo dopo un’ora e mezza riuscirono a mettere via tutte le carte per spostarsi in sala da pranzo, dove un silenzioso Lucius Malfoy era pronto a far parte a malavoglia di una tradizione babbana, mentre Narcissa Malfoy era in attesa di un giudizio di qualsiasi tipo da parte di Hermione, che sicuramente sapeva molto più di loro in merito a faccende babbane.
«Dovrei riferirvi qualcosa prima, però.»
Lucius la guardò accigliato, mentre Narcissa bloccò tutte le sue faccende in quel momento: «Mi ha scoperta mentre lo spiavo, ieri sera. A quanto pare se n’era accorto anche altre volte.»
Narcissa aveva un’espressione preoccupata in viso: non potevano permettersi di perdere la strega più brillante del mondo magico, quel caso aveva bisogno di lei. Lucius, invece, aveva uno sguardo lievemente accusatorio: perché quella ragazzina – così sembrava, dai comportamenti poco astuti che aveva avuto in quella situazione – non aveva usato protezioni magiche per non farsi scoprire?
«Ho inventato una scusa, dicendogli che sono interessata a fargli un’intervista per sapere il suo parere sui mutui subprime e oggi pomeriggio ci vediamo per un tè al Claridge’s.»
Narcissa, che sembrava aver trattenuto fino a quel momento tutta l’aria nei polmoni, finalmente la fece uscire in un sospiro sollevato: Lucius invece si limitò a prendere un’altra fetta di bacon.
«Quindi avverrà il primo contatto?»
«Sì, anche se non era previsto. Ovviamente non è necessariamente controproducente: potrei osservarlo più da vicino se potessi instaurare un tipo di rapporto con lui.»
«Certamente. Quindi, anche se non intenzionalmente, si potrebbero fare dei passi in avanti...»
«Quella è la speranza.» rispose Hermione, portando alla bocca l’ultimo pezzo di pancake «Il pancake era davvero buono, comunque.»
«Dirò alla domestica di insegnarmi a cucinarli, allora!» esclamò sollevata Narcissa: era davvero strano vedere i coniugi Malfoy sempre più naturali e inseriti nelle loro routine babbane; era qualcosa di immensamente paradossale, ma terribilmente tenero, perché dimostrava quanto fossero disposti a fare per il figlio.


Sarebbe dovuta essere in mezz’ora al Claridge’s e ancora non era uscita di casa: la scelta del posto l’aveva lievemente destabilizzata, dato che era fuori dalla sua comfort zone, e ora non sapeva bene come presentarsi. Sicuramente doveva essere più elegante della sua media, ma non sapeva se avesse fatto la scelta migliore nell’indossare quel tubino verde: non si sentiva molto a suo agio e non capiva se fosse eccessivo o troppo scialbo. Non era mai stata al Claridge’s e non sapeva davvero cosa aspettarsi.
Infilò le ballerine, senza permettere al suo cervello di iniziare anche solo a meditare sull’ipotesi di portare dei tacchi, prese la borsetta – con un taccuino e un registratore dentro, ma senza il suo solito quadernetto-prendi-appunti – afferrò al volo il telefono e il cappotto e uscì dalla camera.
«Stai indossando quello?!»
Hermione sussultò non appena udì la voce di Ron: non era a casa sua? Che ci faceva là?
«Sì, non penso di poter andare in jeans e maglione al Claridge’s.»
«È un appuntamento.» borbottò contrariato il rosso, non spostando gli occhi dallo schermo della televisione.
«No, pensa che io sia una giornalista stalker. Semplicemente è abituato ad alti standard, considerato il suo lavoro.»
«Ora lo giustifichi anche?»
«Sto semplicemente spiegando i fatti.» era esasperante discutere per ogni piccolo particolare del suo lavoro, dissezionato davanti ai loro occhi solo perché ne faceva parte Draco Malfoy.
Si avvicinò alla porta di casa e prese le chiavi, ma Ron aveva qualcos’altro da aggiungere: «Perché non ti vesti mai così quando usciamo noi?»
«Perché il massimo che facciamo è scendere al pub sotto casa, Ron, ecco perché.» si chiuse dietro la porta e si diresse alle scale: non aveva tempo da perdere, era già in ritardo.


Riuscì ad arrivare con soli dieci minuti di ritardo unicamente grazie alla sua camminata veloce, che l’aveva condotta in meno tempo del previsto a Liverpool Street Station: non era proprio fresca come una rosa, ma sarebbe potuta entrare al Claridge’s senza destare scalpore e senza far svenire qualcuno.
«Mi sarei aspettato che una giornalista affamata di notizie come lei sarebbe perlomeno arrivata in orario.»
Non si era accorta della sua presenza all’ingresso, si aspettava di incontrarlo all’interno: le venne un terribile pensiero in mente «Non abbiamo perso il tavolo, vero?»
Draco non riuscì a trattenersi dal sorridere: «No, non abbiamo perso nessun tavolo, signorina Granger. Nonostante il suo imperdonabile ritardo.» ma non sembrava che lo pensasse sul serio.
«E non ho mai detto di essere una giornalista.» ci tenne a precisare Hermione non appena oltrepassarono la porta d’entrata, guadagnandosi un’occhiata perplessa dal suo accompagnatore.
«E allora a cosa le serve l’intervista?»
«Per il mio blog, ovviamente.»
«E si è scomodata così tanto solo per un blog e per amore della verità?» inquisì Draco, facendo strada nell’hotel.
«Beh... sì.» rispose semi-sinceramente lei: aveva davvero un blog, ma era personale. Non faceva interviste a businessman per indagare sui mutui subprime: ma era la migliore balla che le fosse venuta in mente il giorno prima, quindi avrebbe dovuto continuare a reggerla.
«...D’accordo.» terminò l’uomo, ancora perplesso dall’intera faccenda ma meno propenso a farci caso proprio in quel momento: erano appena entrati nell’atrio e, mentre lui sembrava particolarmente interessato allo champagne che aveva appena individuato su quello che credeva sarebbe stato il loro tavolo, Hermione era più presa dalla sala stessa; era luminosa, piena di tavoli ma non affollata, e un violinista produceva una melodia rilassante da un angolo dell’enorme stanza.
«Non frequenta spesso il Claridge’s, vero?»
Hermione scosse la testa, leggermente imbarazzata dall’affettata condotta del suo accompagnatore, che aveva appena spostato la sedia per farla accomodare, prima di occupare il suo posto dall’altra parte del tavolino.
«Dunque, cosa vuole sapere?» le rivolse la parola solo dopo aver approfonditamente consultato il suo BlackBerry: stentava a riconoscere il borioso mago purosangue che l’aveva tormentata per tutti quegli anni a Hogwarts.
«Oh, già ora?» non era pronta a parlare di un argomento che non padroneggiava bene come tanti altri: ma era sicuramente più informata a riguardo rispetto a chiunque altro che facesse parte del mondo magico «Bene: quando pensa inizieranno a manifestarsi le conseguenze della facilità con cui i mutui subprime sono stati concessi?»
Draco roteò gli occhi, come se quella domanda gli venisse fatta spesso durante la giornata: «Innanzitutto, il rischio effettivo qui dall’altra parte dello stagno non è come negli Stati Uniti: non mi pare che il mercato immobiliare si sia espanso in maniera eccessiva come in America, e neanche che qui siano stati così sconsiderati nel concedere prestiti a persone che non possono permettersi di ripagarli...»
«Davvero? Vogliamo parlare della Northern Rock? Hanno concesso mutui superiori del 25 per cento rispetto al valore della casa per un bel po’ di tempo...»
Malfoy sembrava esser stato preso in contropiede: «Pensa davvero che esploderà qualcosa?»
«Il mercato immobiliare non può crescere all’infinito. E dall’altra parte dello stagno hanno già iniziato i pignoramenti dei beni dei titolari dei mutui subprime incapaci di ripagarli...»
La conversazione – perché nessuno avrebbe potuto chiamarla intervista – animata proseguì per un bel po’, fino a quando i due disputanti non ammisero di esser d’accordo nel dissentire: il resto dell’appuntamento trascorse più tranquillamente, senza dibattiti accesi.
Quando finalmente uscirono dall’hotel il buio si era prepotentemente impossessato del cielo londinese, assieme a una fitta pioggia insidiosa che contrastava in pieno la tipologia di argomenti ora affrontati dai due dibattenti.
«Dove vivi?» chiese Draco, fermando un taxi nero con una semplice e veloce alzata dell’avambraccio. Doveva essere vantaggioso esser sempre vestito come un pinguino, tutti erano soliti prenderti con più serietà: anche i taxi.
«Oh, ehm... Arnold Circus.»
«Shoreditch. Non male, è una zona la cui gentrificazione ancora non si è fermata.»
Non sapeva davvero cosa rispondere a quell’affermazione, così si limitò ad entrare nel taxi.
«Oh, onde a evitare ulteriori episodi di stalking, ecco il mio biglietto da visita. Posso avere il tuo?»
Come erano arrivati al darsi del tu?
Hermione si limitò a prendere un foglietto cartonato che aveva nel portafogli proprio per quell’evenienza e a scriverci dietro il suo numero personale di telefono, porgendoglielo subito dopo: Draco diede un’occhiata veloce al nome e al numero scritti con una calligrafia modesta ma ordinata e si limitò a salutare con un cenno «Buona serata, stalker.»
«Arrivederci, businessman.»
Poi pagò in anticipo il tassista – se Hermione avesse avuto voce in capitolo avrebbe scelto di prendere la metro o comunque pagarlo lei, ma non sembrava avere molta scelta – e si limitò a osservare l’auto nera così simile a tante altre presenti nella capitale che si allontanava lentamente, nel traffico e nella pioggia.


Dopo una mezz’oretta scese di fronte a Marlow House e cercò le chiavi nella borsa: sperava davvero che Ron non fosse a casa o sarebbe stato capace di misurarle il tasso alcolemico se solo avesse saputo di che cosa si trattasse. E poi avrebbe dovuto lavorare: aveva scoperto diverse cose in più sul suo soggetto rispetto ai mesi precedenti nei quali si era semplicemente limitata a osservarlo, e avrebbe voluto annotare tutto su quadernetto e PC, quindi avrebbe preferito non avere nessuno tra i piedi. Magari, finite le annotazioni e l’analisi settimanale, avrebbe potuto chiamare Ginny per vedere come stesse gestendo la rottura con il più famoso aspirante auror di quei tempi: molto probabilmente si sarebbe ritrovata a casa la sua amica rossa e Luna in qualche ora, pronte a bere un bicchiere di vino insieme – o più probabilmente firewhiskey, per Ginny– e a raccontarsi gli avvenimenti della settimana.

 
  
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