2. Il palazzo reale
-Tarìc-
Re Tarìc entrò in
camera sua e si sdraiò sul letto sfinito.
In una sola mattina
aveva avuto tanto da fare che aveva l’impressione di essere in piedi da almeno
tre giorni.
Aveva ascoltato i
rapporti di tutti gli incaricati di valutare i danni, degli incaricati di
sorvegliare i lavori di ricostruzione, di chi si occupava dei feriti, di chi
teneva il conto delle provviste e di tanti altri funzionari che non ricordava
neanche più di aver visto.
La mole di lavoro
necessario al suo regno era immane.
La disgrazia che li
aveva colpiti era durata pochi minuti, ma era stata sufficiente a creare danni
che avrebbero necessitato di mesi interi per essere riparati. Forse anni.
Una delle sue
preoccupazioni maggiori, era che, con il regno in quelle condizioni, qualcuno desideroso di espandere i propri territori
avrebbe potuto approfittarne.
Immaginava uno
qualunque dei re confinanti intento ad organizzare un attacco a sorpresa.
Magari da sud dove le
conseguenze del terremoto erano state peggiori.
Ma erano solo
pensieri, fortunatamente, non c'era nulla di fondato.
Aveva la certezza che
qualcuno quella mattina gli avesse detto che ai confini non c'era niente di
sospetto, anche se non ricordava più chi avesse pronunciato quelle parole.
Re Tarìc sospirò.
Per colpa del
terremoto adesso si ritrovava ad affrontare da solo questioni che prima avrebbe
suddiviso con i suoi aiutanti più fidati. Avrebbe messo la sua vita nelle loro
mani in qualunque momento, sicuro della loro lealtà verso di lui e verso il
regno e certo delle loro competenze. Sapeva che si sarebbe potuto allontanare
anche per anni lasciando loro al governo e quando sarebbe tornato avrebbe
trovato tutto come alla sua partenza, se non meglio.
Il terremoto che
aveva quasi distrutto il suo regno aveva messo in ginocchio anche la sua corte.
Tanet, il comandante
delle guardie, era indaffarato almeno quanto lui e usciva dal palazzo la
mattina all'alba con i suoi uomini per fare ritorno solo a notte fonda per
riposare qualche ora prima di partire di nuovo il giorno seguente. I suoi
soldati dovevano assicurare tutto l’aiuto possibile alla popolazione, anche
controllare giorno e notte le zone in cui le mura esterne erano crollate e
tenere a bada le risse che scoppiavano con troppa facilità in casi come quello.
La Nobile Ismene,
Prima Sacerdotessa del Tempio della Nascita e della Ragione, cugina del suo
nobile e defunto padre, era stata trovata a terra nella grande sala del tempio
priva di sensi e non si era ancora ripresa. Sembrava non avesse niente di grave
e non aveva ferite addosso che non fossero semplici lividi, ma il suo sonno
andava avanti ormai da sette giorni e nessuno era riuscito a svegliarla. Non
aveva mai neanche dato segno di percepire la presenza di suo marito Olen accanto a lei e il pover’uomo, in quanto gestore dei
bilanci reali, dopo due giorni di disperazione si era dedicato anima e corpo al
suo lavoro. Tornava da lei solo a sera tarda e la mattina all’alba ricominciava
il suo lavoro.
Nessuno aveva avuto
il coraggio di muovere una sola critica contro quell’uomo che sembrava
disinteressarsi della moglie. Erano sposati da prima che Tarìc nascesse e non
c’era una sola persona in tutto il palazzo che non sapesse quanto teneva a lei.
Era solo il suo modo
di sfogare la tensione e Tarìc ringraziava Dio ogni minuto per aver lasciato
almeno Olen ad aiutarlo, per quanto si rendesse
perfettamente conto di essere enormemente egoista nel pensare una cosa del
genere in un momento come quello.
Aaren, fratello di
suo padre, al momento del terremoto era fuori del palazzo per questioni private
e per due giorni non avevano avuto nessuna notizia di lui.
Lo credevano tutti
morto finchè Tanet non era piombato nella sala del trono due giorni dopo il
nefasto evento urlando che lo aveva trovato in una delle tende allestite per dare
aiuto alle persone rimaste senza casa. Nessuno sapeva come fosse arrivato lì,
né come si fosse procurato la brutta ferita che aveva sulla fronte, né tanto
meno se si sarebbe ripreso, ma almeno era ancora in vita e poteva contare sulle
migliori cure.
Quanto a suo cugino,
il Nobile Neithel, Primo Sacerdote del tempio della Guarigione e del Perdono, non
si muoveva dalla stanza del padre se non in caso di estrema necessità.
Tarìc sospirò
esausto.
Almeno Neithel era
rimasto illeso dal terremoto.
Non aveva trovato il
coraggio di portarlo via dalla stanza del padre in pericolo di vita, né di
imporgli di portare avanti i suoi doveri nemmeno per poche ore al giorno perché
se, per disgrazia, la chiamata di Dio per suo zio fosse arrivata in un momento
in cui era da solo o con la compagnia di un servo sconosciuto, Tarìc non se lo
sarebbe mai perdonato.
Il re sospirò di
nuovo.
Era il grande e
potente sovrano e non aveva il potere di aiutare le persone a lui più care.
Si passò una mano
sulla fronte nella speranza di fermare quell'incessante pulsare alle tempie.
Sarebbe stato facile restare a letto dicendo di avere mal di testa e alzarsi il
giorno dopo fresco e riposato. Qualche funzionario avrebbe sicuramente preso il
suo posto combinando più o meno disastri e....
I suoi pensieri
furono interrotti da una serie di colpi alla sua porta.
Il
grande e potente re, a quanto pareva, non poteva permettersi neanche un mal di
testa
<< Avanti! >>
A differenza di quello che aveva pensato, fu
felice quando si affacciò alla porta la sua amica Nora
<< Ti disturbo? >>
<< No, vieni pure. Che succede? >>
La
figlia del cugino di suo padre si sedette sul suo letto sbuffando come se
niente fosse. Poco importava che lui fosse il re e che i servi non aspettassero
altro che qualcosa di cui spettegolare. Nora era sempre stata troppo ribelle
per stare alle regole
<< Non avevo più voglia di studiare e
sono venuta a interrompere i tuoi vaneggiamenti sulla distruzione del regno e
lo sterminio della tua gente impedendoti di passare un altro pomeriggio con
l’emicrania >>
Era
l'unica che quando era con lui lo trattava da amico e non da sovrano.
<< Sto bene, ho solo un leggero mal di
testa >>
La
ragazza assunse un'aria stupita <<
Leggero?! Sarai anche il re, ma, dopo
una mattinata come la tua, il resto della gente prenderebbe a testate una
colonna per stordire il dolore! Me esclusa, è ovvio >>
<< Perché tu no? >> chiese curioso
<< Perché io avrei perso la pazienza
dopo la prima mezz'ora di lamentele e avrei mandato alla forca i più petulanti
salvaguardando la mia salute >> concluse fiera della sua improbabile e cruenta soluzione
Il
re scoppiò a ridere << Nora, sei
troppo violenta >>
La
ragazza non si offese, anzi rise con lui << Piano con le offese e torna al
lavoro. La guardia mi ha detto che una straniera vuole parlarti >>
<< Una straniera? >> chiese
dubbioso. Che i nemici fossero già pronti?
<< Una sacerdotessa o roba simile. L'ho
incontrata venendo qui e ho provato a parlarci >>
<< Per quale motivo? >>
<< Perché ero curiosa, non è ovvio? Mi
ha detto che deve assolutamente parlare con te perché sei buono e saggio e
capirai la sua situazione >> disse
imitando un accento che non aveva mai sentito << Non ho niente contro gli stranieri, e so
benissimo che gli ospiti sono sacri a Dio >> continuò la sua amica << ma credo che questo sia il momento meno adatto
per avere gente sconosciuta fra i piedi. Dovresti mandarla via senza neanche
ascoltarla >>
<< Non credi che sarebbe un po’
sgarbato? >>
<< Che ti importa? Sei il figlio
prediletto di Dio Potente! Nessuno si sognerebbe mai di alzare un dito su di
te. Puoi essere sgarbato quanto vuoi. Il rischio più grosso che corri è che
qualcuno ti sputi nel piatto, ma non si muore per quelle cose. Te lo posso
garantire >>
<< Hai sputato nel mio piatto, Nora? >>
chiese sinceramente preoccupato dalle sue parole
<< Non lo farei mai! Tu non mi sbatti le
porte in faccia e non mi tratti da stupida, non avrebbe senso farti dispetti
così grandi >>
Da quelle allusioni a
vecchi episodi, capì subito a chi era toccata la punizione di Nora
<< Dirò a Neithel di trattarti meglio,
stai tranquilla >>
<< Non ce n’è bisogno, grazie. So
difendermi da sola >>
<< Lo so benissimo, non è te che voglio
difendere >> le assicurò .
Arrivato nella sala
del trono, si sedette e sospirò. Neanche il tempo di riposarsi e doveva già
ricominciare. Fece entrare la donna e, al suo saluto, dovette trattenersi dal
ridere al ricordo dell'imitazione di Nora. Aveva lo stesso, identico, accento.
Anni
di addestramento lo avevano abituato a mostrarsi serio ogni volta che
l'occasione lo richiedeva, perciò non fece fatica a nascondere i suoi pensieri.
Decise comunque che avrebbe cercato Nora appena possibile per complimentarsi
con lei della sua imitazione perfetta
<< Chi sei? >> chiese secco e sgarbato.
<< Vostra Altezza, io sono Dalia, Somma
Sacerdotessa della Potente Dea. Io e le mie ragazze siamo venute nella Vostra
nobile terra per implorarvi di concederci la Vostra generosa ospitalità e
insegnarci i segreti delle vostre arti magiche allo scopo di utilizzare al
meglio i poteri che la Potente ci ha concesso >>
<< Di quali poteri parli? >>
Appena
pronunciata la domanda, si rese conto che la donna cercava di attirare la sua
attenzione proprio su questi sconosciuti poteri perché sorrise compiaciuta
<< Ognuna di noi ha poteri e capacità
diverse, maestà. Noi le chiamiamo Arti.
Prendiamo l'energia necessaria ad esse dagli elementi intorno a noi e abbiamo
diverse capacità: l'arte di dominare il fuoco, l'acqua, il vento, l'arte di
dominare le piante e altre cose. Siamo tutte in grado di combattere e qualche
ragazza conosce l'arte medica, ma le nostre, purtroppo, sono solo conoscenze
superficiali. La nostra terra è stata devastata da una guerra, vorremmo aiutare
il nostro re a riconquistarla ma, con le conoscenze che abbiamo adesso, non
abbiamo speranza, altezza. So che il Vostro maestoso regno è molto potente in
fatto di arti magiche e oggi sono qui a implorarvi di aiutarci. Senza il vostro
aiuto, saremo condannate a non rivedere mai più le nostre case >>
<< Che genere di aiuto chiedi? >>
<< Ospitalità e la possibilità per le
mie ragazze di imparare da voi a usare meglio il loro potere >>
Tarìc
non sapeva cosa pensare. Se quella donna avesse chiesto ospitalità in nome di Dio,
non avrebbe potuto negargliela, a meno che non fosse stata pericolosa per il
suo popolo, ma non lo aveva fatto. Aveva solo chiesto aiuto.
<< Quante siete? >>
<< Venti sacerdotesse e trenta schiavi,
ma di loro potete farne ciò che volete, vostra altezza. Considerateli un dono
per ringraziarvi della vostra accoglienza, qualunque sia la vostra decisione e
sappiate che, se ci accetterete, saremo pronte a mettere a Vostra disposizione
i nostri umili servigi senza indugio >>
<< Ti ringrazio >>
Venti persone in possesso di poteri magici nel
suo regno quasi privo di difese potevano essere un pericolo. E se fossero state
mandate lì da qualcuno per distruggerli dall'interno?
Ma se quella che
aveva davanti era davvero una donna in cerca di aiuto, avrebbe potuto fare un
patto con lei offrendole i loro insegnamenti in cambio del loro aiuto a
ricostruire il regno.
Il
re capì che non poteva trovare una risposta immediata alle sue domande. Doveva prendere
tempo e osservare meglio quella donna e le sue seguaci.
<< Voglio sapere quali sono le effettive
capacità delle tue sacerdotesse prima di prendere una decisione >>
<< Naturalmente, Vostra Maestà! Le ho
già fatte preparare , possono venire anche adesso se lo desiderate >>
<< Portale qui tra un'ora. Voglio solo
le migliori, donna, mi hai capito? Solo quelle che sono in grado di farmi dire
di sì appena le vedo. Per le altre ci sarà tempo in seguito di esaminarne le
capacità >>
La donna fece un inchino con un enorme sorriso
sul volto e lo salutò ringraziandolo nuovamente prima di uscire dalla sala.
Tarìc si avviò a passo veloce verso le stanze
di suo zio << Neithel! >>
Come sempre, suo
cugino era immerso in uno dei tanti libri presi dalla biblioteca reale.
Da quando era
successo quel disastro, passava le giornate a cercare rimedi per suo padre o
per Ismene ma, nonostante fosse il più esperto dei guaritori e la sua
biblioteca non li avesse mai delusi, non era ancora riuscito a trovare niente
che li aiutasse davvero.
Alla
vista del re chiuse il libro e scattò in piedi inchinandosi << Mio re, posso fare qualcosa per voi? >>
Tarìc sospirò
<< Sono anni che ti ordino
di smetterla con i convenevoli, se proprio vuoi fare qualcosa di utile comincia
da lì >> poi si rese conto di quello che aveva detto << Scusa, giornata pessima. Ho bisogno
del tuo aiuto >>
Mentre attraversavano
gli immensi corridoi del palazzo reale diretti alla sala del trono, il re gli
spiegò la situazione
<< ...quindi vorrei il tuo parere sulle
loro capacità visto che sei molto più esperto di me per queste cose >>
<< Perché dovremmo dare loro le nostre
conoscenze? Potrebbero essere qui solo
per spiarci o per imparare e poi allearsi con qualcuno che vuole prendersi le
tue terre. Ti hanno detto subito che hanno dei poteri che derivano dagli
elementi, non sono tante le persone in grado di farlo. L'ultimo tempio che
aveva quelle conoscenze è stato distrutto quasi cento anni fa e si dice che
nessuno sia sopravvissuto al massacro >>
Ecco
una cosa che non sapeva. Sapeva che la capacità di governare gli elementi era
molto rara e nessuno nel suo regno la possedeva, ma non sapeva niente di altri
popoli in grado o meno di dominare le forze della natura.
<< Potrebbe esistere qualche altro posto
sperduto da qualche parte del mondo di cui non sappiamo niente. Ho intenzione
di chiedere loro un giuramento nel caso in cui dovessimo ritenerle all'altezza
di imparare le nostre conoscenze >>
<< Pensi che un giuramento basterebbe
per fermare delle spie nemiche? >> gli chiese scettico
<< No di certo. Quella donna è convinta
che, una volta che le avremo viste, non potremo fare a meno di chiedere loro di
restare e io voglio che capisca che non contano niente. Staranno qui solo per
un periodo di tempo stabilito da noi e si impegneranno a darci il loro aiuto in
caso di bisogno >>
<< Intendi sfruttarle quindi? >>
dal tono di voce che aveva usato, Tarìc capì che sapeva che non l'avrebbe mai
fatto
Un’occhiataccia del
sovrano bastò a farlo inchinare serio << Ai tuoi ordini >>
***************************************************************************************
-Elydet-
Sulla loro isola il
tempio della Dea e il palazzo reale erano le costruzioni più imponenti e
maestose in assoluto. La ricchezza che faceva da padrona al loro interno era
sempre stata ben visibile anche dall’esterno, sia per gli isolani che per gli
stranieri che sbarcavano sulla loro terra per cercare i servizi delle
sacerdotesse o per semplice curiosità.
Aveva sentito molti
soldati di suo padre dire che, in tutti i viaggi che avevano fatto nella loro
vita, non avevano mai visto niente di paragonabile al loro palazzo e al loro
tempio e lei era sempre stata certa che avessero ragione.
Il palazzo dello
sconosciuto Re Tarìc aveva eclissato in un istante la bellezza dei palazzi che
ricordava.
Elydet aveva visto
anche Irmelin guardare le mura del palazzo reale a bocca aperta e perfino Keira
aveva interrotto il suo parlare incessante quando avevano varcato la porta delle
mura esterne.
Nessuna descrizione
poteva rendere giustizia a quello che avevano davanti.
Il portone esterno
aveva l’aria di essere la cosa più solida sulla faccia della terra.
Forgiato in una
pietra più nera delle notti senza luna e contornato da fregi cesellati così
finemente che neanche tutti gli scultori della loro isola e di tutto il regno
d’oltremare avrebbero saputo copiarne la precisione. Austero, solido e
imponente. Come tutto il resto del palazzo.
Non si sarebbe mai
aspettata di trovare dei giardini in un palazzo reale, eppure quello ne era
pieno.
Rigorosamente ben tenuti, con i fiori più
colorati che avesse mai visto.
Elydet dubitava
fortemente che il loro vecchio re avesse un qualche interesse per i giardini
reali. Erano cose da regina quelle. Ma la Somma Dalia aveva detto che non era sposato… forse se ne occupava la Regina Madre? O una
sorella… forse la progettazione dei giardini poteva essere una cosa da
principessa.
<< Eccola! >> bisbigliò Irmelin
strappandola ai suoi pensieri. Evidentemente la Somma Dalia aveva già concluso
il suo colloquio con il re
<<
Guarda con che aria cammina per i corridoi. Vuole fare la grande donna potente,
ma se cammina un po' più lenta per darsi le sue stupide arie, va a finire che
la vediamo camminare all'indietro >>
Elydet
sentì uno strano colpo di tosse da sua sorella. Si stavano di nuovo comportando
come due bambine stupide. Erano senza speranza. Dalia non avrebbe certo perso
l’occasione di sgridare Irmelin nel nuovo palazzo reale per metterla in cattiva
luce davanti ai loro ospiti, Selyan si sarebbe messe in mezzo e lei, per legame
di sangue, sarebbe stata screditata agli occhi di una corte che doveva ancora
conoscere. Doveva fermarle.
<< Basta. Se la prenderà di nuovo con te
se ci scopre e adesso siamo nel palazzo del re, devi dare l'impressione di
essere una vera sacerdotessa agli ordini di Dalia >>
La ragazza del vento storse la bocca in
un’espressione profondamente offesa << Tsk! Sai benissimo che sono finita
nel suo tempio per caso. Se si tratta della Dea posso anche servirla, ma lei
proprio non la sopporto! Altro che somma e somma, è solo una lurida
donnicciola- >>
Ma Selyan, come sempre, le tirò una poderosa
gomitata nelle costole e la zittì.
<< Quando sarete vecchie Irmelin avrà le
costole storte e tu, Sel, avrai il gomito eternamente blu dai lividi, lo sapete
vero? >> ridacchiò Elydet.
La
Somma Sacerdotessa nel frattempo aveva raggiunto il loro gruppo e si era
schiarita la voce per attirare l’attenzione di tutte << Mie care figlie, il sovrano ha
chiesto di vedere le migliori di voi prima di decidere del nostro futuro e ha
promesso che, in un secondo momento, vorrà vedere anche le altre. Non siate
tristi per la sua richiesta e non giudicatelo male, per favore. È molto
impegnato e non ha tempo per tutte. Dunque, la scelta da fare è ardua dal
momento che, in quanto appartenenti al mio ordine, siete tutte molto dotate …
>>
Mentre
Dalia fingeva di riflettere Irmelin sfuggì al loro controllo e sussurrò << L’ha detto davvero? è ubriaca?
>>
Elydet
pregò con tutta sé stessa che la somma sacerdotessa non avesse sentito, ma
ormai aveva imparato che pregare non serviva a niente. Dalia stava guardando
male la sua amica.
<< Se mi avessero chiesto di lasciare
fuori le peggiori di voi sarebbe stato semplicissimo, ma, ahimè, pare che la
Dea abbia deciso di mettermi alla prova >>
Questa
volta Selyan era pronta a fare il suo dovere e afferrò il polso di Irmelin
stringendolo con tutta la sua forza distraendola e lasciando il tempo alla
somma sacerdotessa di riprendere a parlare << Bene, credo proprio di essere
costretta a portare con me la mia cara Keira. Voi tutte sapete bene che le sue
doti stanno migliorando notevolmente negli ultimi tempi e, inoltre, mi sembra
giusto che il re sappia che ci sono delle nobili di alto rango tra noi. Non
voglio che pensi di aprire le porte solo a un gruppo di contadine
indisciplinate e inadatte al suo regale palazzo. Solo Keira ha l’educazione
adatta a trattare con un re a mio parere >>
Si
diffuse un brusio di mormorii d’assenso e di commenti eccitati e Dalia
interruppe il suo discorso sicuramente per dare tempo alla nipote di godere a
pieno dell’approvazione delle altre, Elydet non si accorse neanche di parlare
finchè non sentì la propria voce bofonchiare un << Giuro, per la Dea, che
questa la paga! Si pentirà della sua arroganza! >>
Come si permetteva di
insinuare che solo Keira conosceva l’educazione consona a un palazzo reale?
Ma
non ebbe tempo di pensare altro perché la farsa era ricominciata
<< Dal momento che non mi sembra educato
portare una sola di voi, mi vedo costretta a sceglierne almeno un'altra.
Dunque, vediamo…
Mentre la donna fingeva di nuovo di
riflettere, fu Irmelin a esporre le reali intenzioni di Dalia
<<
Dal momento che la sua cara nipote è un impiastro incapace, cara Selyan, dovrai
metterci una toppa >>
Elydet annuì convinta << E fagliela pagare, per favore, o non
ti rivolgerò più la parola >>
Selyan
scosse la testa << Se è così, Irmy, giuro che me la paghi! Non voglio-
>>
Grazie alla Dea il balbettio inutile di sua
sorella fu interrotto dalla fastidiosa voce della Somma insultatrice << Bene,
ho deciso: Selyan, te la senti di venire con noi? Pensi di essere all'altezza?
>>
****************************************************************************************************
-Selyan-
<<
Bene, ho deciso: Selyan, te la senti di venire con noi? Pensi di essere
all'altezza? >>
Quella domanda la
spiazzò completamente.
Avrebbe tanto voluto
arrabbiarsi con Elydet e Irmelin in quel momento.
Non voleva andare. Non
voleva avere niente a che fare con quella donna, né tanto meno con sua nipote e
non voleva rappresentare le sue compagne davanti al re d quella terra.
Odiava sia la
situazione che le compagnia che avrebbe avuto, e aveva un desiderio smisurato
di rifiutare, ma sapeva cosa sarebbe successo in quel caso: Keira avrebbe fatto
solo un buco nell'acqua e il re le avrebbe mandate via.
Se non le avessero
accettate avrebbero dovuto viaggiare ancora e lei aveva scoperto che viaggiare
la faceva pensare a quello che era successo alla loro terra.
Era l'ultima cosa che
voleva.
Non voleva mettersi
in mostra, ma non voleva assolutamente essere costretta a passare altri mesi
senza nient'altro da fare che pensare al passato per colpa di un'incapace che
sapeva solo muovere il corpo con cui la Dea l'aveva mandata sulla terra
credendo di incantare tutti.
In quel modo si
abbindolano solo le persone poco serie e, se era vero che nel mondo la Dea
aveva mandato anche la giustizia, in quella terra le cose dovevano andare bene
anche per loro.
Quel re doveva essere
una persona onesta e saggia che non si faceva incantare dalla stupida Dalia. La
Dea doveva avere qualcosa di buono da offrirle se non l'aveva fatta morire in
tutte le occasioni che aveva avuto negli ultimi tempi.
Se davvero la Dea del suo ordine agiva con uno
scopo e, nella Sua infinita giustizia, ricompensava il male subito con un bene
di pari valore, che le mostrasse il modo in cui intendeva riparare ai torti che
le aveva fatto negli ultimi tempi!
Sapeva che era
sbagliato sfidare la Dea, ma aveva passato una vita a servirla fedelmente e ne
aveva ottenuto le peggiori disgrazie.
Se davvero le sfide
agli Dei portavano al male, lei poteva stare tranquilla.
Non aveva più niente
da perdere.
Elydet e Irmelin
avevano bisogno di ricominciare e non sarebbe stato giusto lasciare la loro
possibilità di essere felici nelle mani della stupida Keira.
Le sue sorelle
avevano bisogno di quel regno, lei aveva bisogno di smettere di viaggiare ed
era sicura che quel giorno le preghiere alla Dea fossero inutili come le doti
di Keira davanti al sovrano.
Poteva
solo rimboccarsi le maniche e fare del suo meglio.
Annuì
inchinandosi << Certamente, Mia
Signora. Sono onorata che me lo abbiate chiesto e vi prometto che farò del mio
meglio per tenere alto l'onore di tutte noi al cospetto del sovrano >>
La
donna fece uno dei suoi soliti sorriseti fasulli << Non preoccuparti, cara, non intendevo
darti un compito così gravoso. Dovrai solo farti vedere dal re e aiutare Keira
nel caso in cui avesse bisogno di te. Non credo che servirai a qualcosa. Mia
nipote non ha certo bisogno di aiuto per trattare con dei nobili suoi pari
>>
Selyan si aspettava una risposta del genere e
non ne fu sorpresa quanto Irmelin che aveva i pugni serrati, e neanche quanto
Elydet che bofonchiò un ‘stupida oca’.
<< Naturalmente, Madre. So benissimo
quanto Keira sia brava. Non avrà bisogno del mio aiuto, ma, se le sarà
richiesto qualcosa di troppo gravoso, vi prego di non esitare a mandare avanti
me al suo posto >>
Dalia sembrò apprezzare la risposta << Bene! Voi altre rimanete qui con un
comportamento dignitoso e non provate neanche a varcare la porta d'ingresso.
Non voglio che vi perdiate o che vi succeda qualcosa di brutto. Noi vi
raggiungeremo appena possibile >>
Selyan salutò con un cenno rassegnato le sue
due amiche.
“Falla vergognare” bofonchiò Elydet.
“ Quale vergogna? Deve
ucciderla” la corresse Irmelin prima di rivolgersi a lei
direttamente con quella che aveva tutta l’aria di una minaccia “Per favore, cerca di non fare cose stupide”
Sapeva che non si
riferiva all’impressione che avrebbe dato al re. Irmelin era solo preoccupata
per lei. Era sempre preoccupata per lei negli ultimi tempi.
Oltre all’affetto,
aveva un debito enorme nei confronti di quella ragazza.
Selyan avrebbe fatto
quanto era in suo potere perché quel re le accettasse.
E, purtroppo, sapeva
che potere ne aveva anche troppo.