Buona lettura!
“Non
ho avuto mai un dolore
che
un’ora di lettura non abbia dissipato.”
Charles Montesquieu
Primo capitolo
C’erano
molti tipi di dolore, Eris ne conosceva la maggior
parte, vivere più di ottant’anni permetteva di conoscere molta gente. Mentre
accarezzava Morte rilasciò il terribile dolore che, privo di un ospite da
prosciugare, si aggrappò alla gatta. Trattenerlo anche solo pochi minuti aveva
richiesto alla donna moltissime energie e se lo avesse tenuto su di sé il
terribile peso l’avrebbe distrutta in poco tempo. Morte invece, completamente
indifferente ai dolori umani, ne analizzò il contenuto e poi senza pensarci due
volte se lo scosse via di dosso. L’indifferenza uccideva il dolore e non c’è
nulla di più indifferente di un gatto. Il dolore si rattrappì, riducendosi fino
a sparire.
Eris
sospirò mentre continuava ad accarezzare Morte che emetteva un suono
soddisfatto. Era vecchia per tutto quello, le era sempre più difficile lottare
con quei terribili dolori. Esausta si appisolò sul divano fino a quando Fame non
venne a svegliarla per reclamare la cena.
“Va
bene, va bene”. Mugugnò mentre si alzava, le ossa che le dolevano per la
scomoda posizione in cui si era addormentata. Sì, era decisamente troppo
vecchia.
L’indomani
indossò un vecchio cappotto marrone e uscì per andare a fare la spesa. L’agente
di polizia era seduto sulla panchina e come ogni mattina mangiava la sua
ciambella, cioccolato questa volta. I ragazzi non la degnarono di uno sguardo,
gli occhi insonnoliti fissi sugli schermi dei loro smartphone.
La
ragazza fumava una sigaretta, passandole accanto Eris
sentì l’odore forte di un uomo su di lei e arricciò il naso. Non c’erano dubbi
su quale fosse la sua occupazione. La giovane prostituta le fece un sorriso ed Eris le rispose con un brusco cenno della testa.
Quando
rientrò a casa, con le sue borse, i gatti la attorniarono curiosi e speranzosi.
“Via
via, avete già avuto la vostra colazione”. Quando ebbe sistemato i suoi
acquisti scese nel negozio.
Quel
mattino vennero due clienti, entrambi uscirono con un bel classico tra le mani.
Il ritratto di Dorian Grey per la
donna estremamente vanesia. Cuore di
tenebra per il bell’uomo in giacca e cravatta, ossessionato dal potere.
Poi
entrò un giovanotto, doveva avere tra i quindici e i sedici anni. Era un
cliente atipico.
“Posso
far qualcosa per voi?”, chiese Eris mentre lo fissava
per cogliere il suo animo.
“Guardo
soltanto”, rispose lui, le mani in tasca, uno zainetto sulla schiena e un
cappello da rapper in testa. Si aggirò per alcuni minuti tra gli scafali e poi
si fermò davanti ai classici dell’horror.
Eris
non era nata ieri e anche senza il suo potere avrebbe capito al volo le
intenzioni del ragazzo.
Mentre
lui infilava in fretta un libro sotto la grossa felpa gli piombò alle spalle.
“Questo
si chiama rubare”, disse con voce calma. Il giovane sobbalzò nel trovarsela
così vicina.
“No…
io…”
“Chiudi
la bocca se è solo per balbettare”
“Aspetti…”
“Spiegherai
tutto all’agente Derill”. Guardò l’orologio e annuì.
“E’ quasi l’ora di pranzo, sarà qui a minuti”. Il giovane ladro guardò la
porta. “Non ci pensare neppure, ho chiuso a chiave mentre tu gironzolavi con
fare innocente”. Non era vero, ma lei riuscì a farlo sembrare assolutamente
probabile.
“Aspetta
nonna”
“Nonna?
Se fossi tua nonna ti sculaccerei! Piccolo delinquentello!”
“Scusi,
signora…”
“Ecco,
ora va meglio. Sono la signora Schmerz”
“Cos’è,
sei una crucca?”
“Ragazzo,
vuoi renderti la vita ancora più difficile?”, rispose lei, stringendo le
palpebre con fare minaccioso. Il giovane alzò le mani e scosse la testa.
“No,
scusi, davvero… ehm… signora Schmerz”
“Bene,
bene. Comunque non cambia niente”, disse lei mentre si voltava a guardare
attraverso la vetrina. La macchina dell’agente di polizia parcheggiò proprio in
quel momento. “Eccolo qua, puntuale come ogni giorno”, disse lei con un
sorriso.
“Signora,
aspetti, mi dispiace, non mi denunci! Non lo farò più”
“E
cosa me ne importa? Lo hai fatto una volta e questo, nel nostro paese, basta”
“Farò
qualsiasi cosa! Le posso portare la spesa o… la aiuto ad attraversare la strada…”.
Nel vedere gli occhi di Eris farsi piccoli e
minacciosi il ragazzo alzò di nuovo le mani. “Non che lei ne abbia bisogno, è
chiaro! Solo per… solo per evitarle un fastidio!”, disse sorridendo, poi sul
suo volto apparve uno sguardo disperato, “La prego, mia madre non sopporterebbe
di vedere un altro figlio in prigione…”. Eris
oltrepassò l’aspetto puramente fisico del ladro e sondò il suo animo. Era
sincero, c’era già un grumo di dolore, uno di quelli necessari e che lei non
toglieva, ma che le permettevano di cogliere molti aspetti della persona che
aveva davanti.
“Non
lo so…”, disse, fingendo di pensarci.
“Per
favore signora Schmerz, mi dia una possibilità”
“Vediamo
cosa hai rubato e perché, se non sei sincero lo saprò subito”. Il ragazzo annuì
deciso e porse il libro alla donna. Si trattava di Stagioni diverse di Stephen King.
“Non
ho i soldi, altrimenti lo avrei pagato”. Disse lui.
“Potevi
chiedere alla biblioteca”. Il ragazzo arrossì.
“Non
potrei restituirlo…”
“Perché?”,
chiese allora lei.
“E’
per mio fratello…”. Il giovane si interruppe.
“Sì…?”,
disse allora Eris per sollecitarlo.
“E’
in prigione e c’è questo racconto... le ali della libertà e… mi sono detto che
potevo portarglielo come regalo di compleanno… però non potevo chiedere i soldi
a mia madre… allora…”. Era un fiume in piena.
“Allora
lo hai rubato”, concluse lei fermandolo. “O almeno ci hai provato”. Il ragazzo
abbassò la testa vergognoso e Eris annuì.
“Va
bene, non ti denuncerò, per ora”. Gli occhi del giovane sfavillarono di gioia.
“Ma…”, continuò lei alzando un dito ammonitore, “Dovrai aiutarmi qua al negozio
per tutto il mese”.
“Certo!”
Il giovane la sorprese accettando senza la minima esitazione, “Grazie babushka!”
“Non
farmene pentire!”
“Su
con la vita signora Schmerz! Si faccia una risata!”
“No,
altrimenti mi cade la dentiera”. Il giovane rimase interdetto dalla risposta
poi scoppiò a ridere.
“Grande!
Mi piace, signora Schmerz”
“Sì.”
Eris scosse la testa, non voleva essere una battuta.
“A che ora finisci la scuola?”. Il ragazzo si strinse nelle spalle. “Vai a
scuola vero?”
“Sì…”,
disse lui, ma aveva tutta l’aria di essere un no.
“Molto
bene, da domani andrai regolarmente a scuola e quando finirai verrai qui ad
aiutarmi per due ore, poi tornerai a casa e darai una mano a tua madre con la
cena”
“Ehi
ehi!, avevamo un accordo diverso”
“No,
semplicemente non avevamo ancora fissato i dettagli”
“Ma…”
“Nessun
ma, hai una bella spada di Damocle sulla testa”
“Cosa?”
“Ti
sto minacciando ragazzo!”, lo informò lei con veemenza.
“Oh…
certo… capisco…”
“Ecco,
bravo, farai quello che ti dico per tutto il mese, poi tornerai a buttare via
la tua vita come meglio vorrai”. Eris guardò il
giovane con sguardo fermo e lui sospirò.
“E
va bene nonn… signora Schmerz”,
si corresse in tempo.
“Allora
a che ora finisci la scuola?”
“Alle
quattro”
“Eccellente,
vai alla Roosevelt?”
“Sì”
“Allora
alle quattro e dieci ti voglio in negozio, sono stata chiara?”
“Sì”
“Ottimo”.
Il ragazzo gettò un’occhiata al libro di King e sospirò di nuovo. “Quand’è il
compleanno di tuo fratello?”, chiese allora Eris.
“Tra
dieci giorni, io e mamma andiamo a trovarlo”
“Se
ti comporterai bene per dieci giorni avrai quel libro, ma sai bene cosa
succederà se poi non ti presenterai più qui”. Gli occhi del ragazzo brillarono
di nuovo.
“Lei
è una grande, grazie, vedrà che non potrà lamentarsi di me, sarò perfetto!”. Le
fece l’occhiolino mostrando entrambi i pollici all’insù. Eris
scosse la testa.
“Inizia
a tirarti su quei pantaloni o tra pochi minuti vedrò le tue mutande, spettacolo
di cui, alla mia età, farei volentieri a meno”. Il ragazzo arrossì, tirando su
i pantaloni. “Ora fila a scuola, sei ancora in tempo per le lezioni del
pomeriggio!”
Quando
il ragazzo fu alla porta si voltò verso di lei.
“Comunque,
quel libro era nella sezione sbagliata”
“Sparisci!”
Gli rispose lei fintamente irritata, lui sorrise e poi se ne andò.
Mentre
lo guardava correre via sorrise a sua volta, forse c’era una possibilità. La
sua mente corse a ricordare un’altra aspirante ladra.
Il freddo era pungente e il suo
ventre gorgogliava per la fame. Aveva mangiato solo una minestra composta più
di acqua che di verdure e di certo non le era bastata che per poche ore. Ora
però aveva trovato un rimedio, o almeno lo sperava. Con difficoltà si inerpicò
sullo scafale poi si aggrappò alla trave del tetto e scivolò nello stretto
sottotetto. Doveva solo strisciare per un po’ e sarebbe arrivata nella casa con
cui condividevano il tetto. Ancora un po’ di fatica e sarebbe arrivata nella
soffitta della sua vicina. L’aveva osservata dalla sua finestra, salire in
soffitta con del pane e un pezzo di carne salata, a volte della minestra. Era
sicura che nascondeva del cibo lassù. Lei non doveva fare altro che
intrufolarvisi passando dalla soffitta di casa sua. Aveva scoperto quel passaggio
anni prima, giocando. Ora le sarebbe tornato utile. Mentre passava nel
sottotetto con fatica, non ricordava che fosse così piccolo, immaginava lo
spettacolo che avrebbe trovato dall’altra parte. La fantasia di un bambino non
ha limiti e lei poteva già sentire il profumo di tortini di carne, dolcetti
all’uva passa e succo di mele.