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Autore: gattina04    20/09/2015    10 recensioni
Due tempi, due storie: un futuro neanche troppo lontano e un presente.
Cosa accadrebbe se all’improvviso comparisse una bambina convinta di essere la figlia di Emma e Killian? Come reagirebbero i due scoprendo che presto la loro vita cambierà drasticamente?
E se dall’altra parte due genitori fossero alla disperata ricerca della loro piccola scomparsa? Cosa faranno per ritrovarla, come potranno reagire di fronte a quella che sembra una missione impossibile?
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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5. Confessioni e amare verità
 
Present day
Era giunto il momento di affrontare la verità con la piccola. Era una cosa che dovevamo fare, ma era anche una questione delicata. Quella mattina Edith aveva già capito che qualcosa non andava: si era svegliata sulla Jolly Roger e subito mi aveva chiesto dove fosse sua madre. Inventare una scusa così su due piedi non era stato semplice; quella notte avevo pensato a tutto, tranne che a una scusa plausibile per lei. Fra i mille pensieri che si erano affacciati nella mia mente, non mi aveva minimamente sfiorato l’idea che Edith avrebbe sicuramente notato la differenza di abitudini rispetto alla sua quotidianità.
La seconda domanda era stata anche peggio. «Che ore sono? Devo andare a scuola». Avevo impiegato molto a convincerla a saltarla, almeno per quel giorno, anche perché aveva argomentazioni molto convincenti. Perché mai doveva marinare la scuola al suo secondo giorno? Beh almeno avevo capito che aveva iniziato le elementari lo stesso giorno del suo salto temporale.
Mentre ci avvicinammo di nuovo al tavolo dove era seduta Edith, Emma intrecciò la sua mano alla mia, probabilmente godendo come me di quel minimo contatto, dopo la nostra breve ma intensa separazione. La piccola fu felice di vedere me ed Emma mano nella mano. Aveva percepito sicuramente la tensione e probabilmente anche il mio umore nero.
Non avevamo mai litigato così e per una volta non ero io quello che doveva scusarsi. Anche se ero partito con l’intenzione di non parlarle, ero stato contento che avesse insistito e che si fosse messa a nudo. Certe volte mi sembrava di sbattere contro un muro, tanto che riuscire a farla uscire dalla sua corazza sembrava un’impresa da titani. Nonostante io arrivassi a capirla forse meglio di quanto faceva lei stessa, quel giorno si era completamente esposta mostrandomi quanto tenesse a noi due.
«Avete fatto la pace», esultò Edith felice mentre Ruby si allontanava ed io ed Emma ci sedevamo davanti a lei.
«Sì», ammise Emma, voltandosi poi verso di me. «Gli hai detto che abbiamo litigato?».
«No, l’ho capito da sola», rispose la bimba al mio posto. «Era ovvio visto che non siamo andati a dormire a casa ma siamo tornati sulla nave».
«Giusto…». Emma cercò in vano di iniziare quello che doveva essere il discorso più complesso mai rivolto ad una bambina di sei anni.
«Tesoro», intervenni. «Noi dobbiamo dirti una cosa importante».
«È per questo che non mi hai fatto andare a scuola papà?». Sentirmi chiamare in quel modo suonava così strano. Mi ritrovai con la bocca secca e il cuore che batteva all’impazzata.
«Beh sì», balbettai. Per fortuna Emma vene in mio soccorso.
«Che ne dici se andiamo in un posto più tranquillo? Qui c’è un po’ troppa gente Killian». Quella era un’ottima idea: avremo avuto più privacy, più calma e soprattutto un altro po’ di tempo per riuscire ad elaborare un discorso che sembrasse credibile.
«Certo. Andiamo sulla Jolly, va bene?».
«No, andiamo a casa. Mia madre dovrebbe essere già uscita stamattina». Accettai la sua proposta e, una volta finito di far colazione, ci dirigemmo verso il loft. Edith insisté per tenerci entrambi per mano; forse riusciva ad intuire qualcosa, come se capisse che ciò che le dovevamo dire avrebbe potuto cambiare tutto.
Quando giungemmo alla porta di casa Edith ci fissò perplessi. «Perché siamo a casa dei nonni? Mamma aveva detto di voler andare a casa».
«Beh rientra credo tra le cose di cui dobbiamo parlare», tentai di aggirare la sua domanda.
Fu solo quando ci fummo tutti seduti intorno al tavolo che l’iniziare il discorso tornò ad essere un’impresa impossibile. Non potevamo sapere come avrebbe reagito ad una notizia tanto sconvolgente ed io non volevo che potesse sentirsi rifiutata come era accaduto subito dopo la sua comparsa. Sarebbe scoppiata a piangere? Ci avrebbe capito e soprattutto creduto?
«Piccola», iniziò Emma, «ti ricordi cosa mi hai chiesto quando ci siamo viste ieri sulla nave?». La fissai perplesso non capendo dove volesse andare a parare.
Edith ci pensò su, cercando di ricordare. All’improvviso i suoi occhi si illuminarono trovando la risposta a quella domanda. «Sì, ti ho chiesto quando eri arrivata e come avevi fatto ad avere i capelli lunghi». Iniziai a capire la strategia di Emma: voleva insinuarle un minimo di dubbio in modo tale che poi ci credesse più facilmente.
«Esatto, me l’hai chiesto perché il giorno prima io avevo ancora i capelli corti, giusto?».
«Sì con il caschetto. Invece adesso ce l’hai come nella foto».
«Quale foto?», chiedemmo contemporaneamente.
«Come quale? Quella che tieni sulla nave, quella di cui ti sei stufato di raccontarmi la storia». Fissò lo sguardo su di me, aspettando un mio cenno di comprensione che però non arrivò.
«Quella di te e la mamma abbracciati», continuò, volgendosi poi verso Emma. «Mamma tu hai capito vero?».
Il volto di Emma passò dal dubbio alla comprensione. «Edith stavi guardando quella foto ieri?».
«Sì poco prima di andare sul ponte», rispose come se fosse una cosa ovvia.
«Aspettaci qui un secondo». Emma mi prese per l’uncino e mi trascinò verso la scala in modo tale da non poter essere sentiti. «Parla della foto che ci stavamo scattando. Probabilmente tu l’hai davvero tenuta sulla tua nave».
Finalmente capii cosa aveva intuito. «Quindi stava pensando a quella quando deve essere cascata in un portale temporale».
«Già per questo è apparsa in quel preciso istante. Adesso ci resta solo, per così dire, da capire come diavolo ha fatto a cascare in un portale senza accorgersene e magari chi lo ha aperto. Dubito, visto i precedenti, che Storybrooke sia libera di nemici nel futuro».
«Beh forse potrà dircelo lei una volta compreso la situazione». Emma annuì e tornò verso il tavolo. Io la seguii e mi rimisi a sedere al mio posto. Edith ci fissava perplessa: avrei dato qualsiasi cosa per riuscire a sentire i suoi pensieri. I suoi occhi, così uguali ai miei, non erano per me così esplicativi.
«Tesoro ascoltami bene», iniziò. «C’è un motivo se io sono uguale all’Emma della foto: io sono lei». Edith la fissò perplessa non riuscendo ad afferrare il senso delle sue parole.
«Certo», balbettò. «La foto l’hai scattata tu».
«Ascolta piccola», intervenni. «Ciò che Emma vuole dire è che noi siamo fisicamente quelli della foto di cui parli. Noi non siamo i tuoi genitori, cioè siamo loro ma prima che arrivassi tu».
«Non capisco». I suoi occhi si piantarono su di me, come a volermi scrutare fino in fondo all’anima. Non riuscii più a distogliere lo sguardo da quel profondo oceano, soprattutto quando nel suo volto cominciò a comparire un accenno di paura.
«Edith non ti stiamo mentendo, questa è l’assoluta verità», continuò Emma. «Sei in qualche modo tornata indietro nel tempo, siamo nel 2015». La vista di Edith cominciò ad appannarsi, mentre le sue ciglia si bagnavano delle prime lacrime; le sue labbra cominciarono a tremare.
Quello che accadde dopo fu del tutto imprevisto: Edith scoppiò a piangere a dirotto, senza farci capire se credeva o meno alle nostre parole. Però la cosa più sconcertante fu che, nello stesso istante in cui esplosero i suoi singhiozzi, le luci di casa si accesero iniziando a tremolare; e non solo: la scatola magica iniziò a parlare e a mostrare uno dei tanti programmi, la sirena di un allarme nelle immediate vicinanze cominciò a strillare, la teiera sul piano cottura iniziò a sibilare. Sembrava che tutte le moderne tecnologie di quel mondo si fossero azionate e fossero impazzite tutte insieme.
Mentre Edith continuava a piangere sempre con più foga, faticando anche a respirare,  io ed Emma ci alzammo in piedi per capire cosa stesse accadendo.
«Oh mio Dio! È lei», urlò puntando lo sguardo sulla piccola. Era sconvolta esattamente come tutto quello che ci circondava.
«Credi che sia Edith?», domandai anche se era piuttosto evidente. Provai a concentrarmi nonostante il frastuono: come poteva una bambina così piccola riuscire a creare tutto quel caos?
Edith sembrava piangere sempre più forte e infatti a tutto quel rumore, si aggiunse anche il trillo del telefono, e di qualche altro strano oggetto, di cui probabilmente ancora non conoscevo la funzione.
«È ovvio che sia lei», rispose Emma tappandosi le orecchie con le mani. «Riconosco quando qualcuno non riesce a controllare la sua magia».
«Puoi fare qualcosa? Magari riesci a sovrastarla con la tua», urlai.
«Non è così che funziona, bisogna calmarla». Si avvicinò alla piccola sfiorandole il braccio. «Edith… Edith fermati ti prego». L’unica cosa che ottenne fu l’aumentare dei suoi singhiozzi.
Dovevamo riuscire a confortarla prima che combinasse qualche serio danno, anche a sé stessa, o che spaccasse i timpani a tutti e due. Non ero esperto di bambini e non mi ero ritrovato mai a doverne calmare uno; però già il giorno prima si era rifugiata sconvolta tra le mie braccia riuscendo a tranquillizzarsi. Non era così tanto sconvolta come in quel momento, ma potevo fare un tentativo.
«Tesoro». Mi avvicinai a lei inginocchiandomi accanto alla sua sedia. «Ehi piccola, non fare così». Provai a prenderle una manina che teneva chiusa a pugno premuta contro l’occhio. Riuscii a spostarla e ad intravedere un suo occhio rosso e pieno di lacrime. Fu allora che l’istinto prese il sopravvento: la sollevai di peso prendendola in braccio e la strinsi forte a me, cercando di farle appoggiare la testa sulla mia spalla. All’iniziò sembrò opporsi a quel mio gesto, ma poi aprì le braccia per aggrapparsi meglio al mio collo.
«Tranquilla. Ci sono io qui», sussurrai vicino al suo orecchio. Improvvisamente il rumore cessò esattamente come era cominciato proprio mentre iniziavano a placarsi anche i singhiozzi di Edith. Alzai lo sguardo e trovai quello di Emma che mi fissava sbigottita per quel mio gesto paterno. Non era quello, però, che mi sorprendeva: era l’attaccamento incondizionato che la piccola dimostrava per me, o meglio per il me del futuro.
Nessuno dei due ebbe il coraggio di dire una parola, finché Edith non si fu del tutto calmata. Non avevamo nessuna intenzione di metterle fretta poteva prendersi tutto il tempo che desiderava. Quella che le avevamo appena dato era una notizia più che traumatica.
Mi sedetti sul divano tenendola stretta aspettando che la sua tempesta interiore si placasse. Emma si sedette accanto a me e iniziò dolcemente ad accarezzarle i capelli.
Alla fine Edith alzò la testa e ci fissò tirando su col naso. «Io…», balbettò non sapendo cosa dire.
«Tesoro non vorrei turbarti di nuovo ma dobbiamo sapere se hai capito». La voce di Emma era solo un sussurro. Le sistemò una ciuffo ribelle dietro un orecchio e le asciugò una lacrima.
«Io non lo so», singhiozzò.
«Pensi ancora che siamo i tuoi genitori?». Fece cenno di no con la testa.
«Credi a ciò che ti abbiamo detto?». Mentre formulavo la domanda sentivo lo stomaco sottosopra. Edith questa volta annuì.
«Io non so controllarli», aggiunse in un soffio.
«Ce ne siamo accorti». Emma le sorrise cercando di tranquillizzarla ulteriormente.
«La mamma e Regina hanno cercato di insegnarmi ma non ci riesco. Non so perché mi sposto…».
«Perché ti sposti?», domandai non capendo il senso della frase.
«Sì mi teletrasporto da una stanza all’altra; io mi ritrovo semplicemente da un’altra parte, non capisco come lo faccio». Un momento: stava forse dicendo che poteva andare e venire nello spazio? Poteva allora farlo anche nel tempo?
«Edith tu sei caduta in un portale o no?». Il suo sguardo confuso mi portò a formulare una domanda più generale. «Tesoro potresti raccontarci cosa è successo prima che tu ci trovassi nella cabina?».
«Tu sei venuto…». Si fermò lanciandomi uno sguardo sconsolato. «Papà è venuto a prendermi a scuola», si corresse. «Mi ha portato sulla nave per darmi un regalo. Siamo andati nella cabina del capitano ed io mi sono messa a guardare la foto sul letto. Poi, mentre andava a prendere il mio regalo, gli ho chiesto di raccontarmi la storia. All’improvviso sono finita sul ponte e…». Ed era arrivata da noi. Fissai Emma che era stupita quanto me: davvero quella bambina aveva così tanto potere da essere riuscita ad apparire sul ponte di sette anni prima? Era la prima volta che sentivo parlare di qualcuno che sapesse spostarsi non solo nello spazio ma anche nel tempo.
«Credi che…». Non aggiunsi altro ma Emma aveva già capito. Annuì, troppo sorpresa per riuscire a parlare. Beh se era davvero così, era un bel problema. Primo, l’Emma e Killian del futuro avrebbero capito cosa era accaduto alla loro figlia? Secondo, se non riusciva a gestire la sua magia come poteva riuscire a fare la stessa cosa per tornare a casa? Terzo, sarebbe potuto accadere di nuovo? Se era così Edith correva il pericolo di disperdersi nel tempo e allora ci sarebbero stati due genitori in eterna sofferenza.
«Io pensavo alla foto», aggiunse Edith poco dopo. «Pensavo di essere solo uscita sulla nave». Era logico: l’avrei pensato pure io, figurarsi lei che era solo una bambina. Invece era tornata indietro di sette anni, dandoci molte più responsabilità di quelle che il giorno prima ci saremmo aspettati di avere.
 
Future time
La prima tappa, di quella che si prospettava essere una lunga giornata, fu dalla fata Turchina. Ci eravamo alzati presto, visto che alla fine non eravamo riusciti a dormire e ci eravamo subito diretti dalle suore di Storybrooke sperando di ottenere delle risposte il prima possibile.
Avevamo appena esposto la situazione alla madre superiora e stavamo aspettando il suo verdetto.
«Mi dispiace», sospirò. «Non conosco nessun incantesimo che possa aiutarvi». Il mio cuore si strinse ancora di più: mi ero immaginato quella risposta ma sentirla dire ad alta voce faceva più male di quanto avessi creduto. Emma strinse più forte la mia mano, come per aiutare entrambi a sostenere quelle parole.
«Se Edith è riuscita a tornare indietro nel tempo», continuò Turchina, «ha davvero un potere immenso. Purtroppo noi fate non possiamo violare le leggi del tempo, non ci è concesso e non sapremmo neanche come fare. Non conosco incantesimi che possano fare al caso vostro, mi dispiace davvero».
«Eppure Zelena…», balbettò Emma.
«Certo, ma era un incantesimo oscuro ed io non posso aiutarvi in questo».
«Grazie lo stesso». Mi alzai non volendo più perdere tempo. Era ovvio che lei non voleva o comunque non poteva aiutarci. Restare lì era inutile: era il momento di passare alla fase successiva. Anche Emma si alzò facendomi capire che era della stessa opinione.
La seconda tappa prevedeva che ci recassimo da Zelena. Dopo aver dato alla luce il bambino di Robin viveva nella sua casa di campagna, dove senza poteri, non poteva più nuocere a nessuno. Avevamo parlato con Regina, per avvertirla delle nostre intenzioni. Era fondamentale riuscire a parlare con Zelena e di certo l’avremmo fatto anche senza l’accordo del sindaco. Emma, però,  aveva insistito per avvertirla per una questione di pura amicizia tra di loro.
Quando giungemmo dalla strega Perfida, Regina ci aspettava lì davanti.
«Cosa ci fai qui?», le domandò sorpresa Emma.
«Credevi che vi avrei lasciato da sola ad affrontare la mia cara sorellina? Conosco i tasti giusti da toccare per convincerla ad aiutarvi». Bene, ma non sarebbe stato di certo quello il problema. Nella mia vita da pirata avevo imparato a far cantare parecchi prigionieri, ci sarei riuscito di nuovo, in qualsiasi modo.
Zelena fu sorpresa di vederci, ma non si scompose più di tanto.
«Sorellina non posso dire che sia un piacere vederti, soprattutto in compagnia di questi due».
«La cosa è reciproca, ma sarà bene che tu ci offra una tazza di tè, dobbiamo parlare. Non c’è bisogno che ti dica che sono io a tenere il coltello dalla parte del manico».
Così cinque minuti dopo eravamo tutti seduti al tavolo con delle tazze fumanti davanti. Quella per me era una stupida e inutile formalità, ma se avrebbe facilitato la collaborazione di Zelena potevo anche sopportarlo.
«Bene a cosa devo la visita del pirata e dello sceriffo di Storibrooke?». Voltò la testa verso Emma, che era seduta alla sua destra. «Scusami cara se utilizzo l’appellativo di questo mondo, ma non è facile capire il tuo ruolo. Adesso sei la Salvatrice o il Signore Oscuro?».
La vidi fare una smorfia e reprimere qualsiasi moto d’indignazione cercasse di uscire. «Non ha importanza», rispose gentilmente. «Noi siamo qui perché vogliamo informazioni su come tu sia riuscita ad aprire un portale temporale».
«Oh e perché? Forse ti sei stancata del pirata e vuoi cambiare la tua decisione?». Strinsi il pugno sotto il tavolo cercando di restare impassibile a quelle frecciatine. La mano di Emma mi accarezzò l’uncino, in un tacito “non te la prendere”.
«Non ha importanza il motivo», intervenne Regina. «Dicci tutto quello che sai sui viaggi nel tempo».
«Ed io cosa ci guadagno sorellina? Non sono nella condizione di perdere molto».
Regina sembrò riflettere sulla cosa. Ovvio che potesse ricattarla con la storia di suo figlio, ma era altrettanto ovvio che Zelena non aveva molto potere decisionale sulla propria prole. Regina aveva imposto regole molto ferree a Zelena sulla possibilità di stare con il figlio.
«Cosa vuoi?», mormorò infine.
«Mio figlio è ovvio, desidero essere parte integrante della sua vita». Era una richiesta pericolosa, ed ero convinto che Regina non avrebbe ceduto. Beh avrei comunque trovato un altro modo per farla parlare: potevo tornare anche ai miei metodi da pirata pur di riuscire a riabbracciare mia figlia.
Invece Regina ci sorprese tutti. «Ovviamente devo parlarne prima con Robin, ma vedrò cosa posso fare».
«No!». Emma proruppe senza neanche accorgersene. «No, non puoi fare questo Regina… tu e Robin e il bambino…». Ma perché diavolo si intrometteva se per una volta la sua amica aveva preso la decisione più conveniente per noi? Le lanciai uno sguardo intimandole di tacere, ma Emma era un’eroina fino alla fine e non avrebbe permesso ad un innocente di andarci di mezzo.
Per fortuna fu Regina ad insistere. «Emma avete bisogno di tutte le informazioni possibili, e credimi io e Zelena riusciremo a raggiungere un accordo che soddisfi entrambe, è suo figlio in fondo». Si voltò verso la sorella e proseguì. «Hai la mia parola, adesso dicci tutto quello che sai».
«Bene». La Strega Perfida si sistemò più comodamente sulla sedia. «Ho studiato a lungo tutti i tipi di incantesimi che prevedevano un viaggio nel tempo prima di trovare il sortilegio giusto. Alcuni erano semplicemente stati inventati da ciarlatani, altri non erano mai riusciti perché mancava in essi un ingrediente fondamentale. Studiando i vari incantesimi sono riuscita ad individuare quattro elementi indispensabili: il coraggio di un eroe, un cuore resistente, un cervello brillante, e un neonato frutto del vero amore. Non sapete in quanti sortilegi occorra l’utilizzo di un neonato!».
Ci scrutò in volto uno per uno per poi continuare. «In più ci vuole qualcuno di potente per scagliarlo, è ovvio. Richiede molto più potere di quanto possiate immaginare».
«Non ci sono altri modi per viaggiare nel tempo?», domandò Emma in un sussurro.
«No o almeno io non li conosco. Questo è l’unico sortilegio che ha avuto successo».
«Questo incantesimo, ci permetterebbe di tornare esattamente nel momento in cui vogliamo?».
«Beh questo dovreste dirmelo voi, siete voi che siete saltati nel portale. Immagino che funzioni come qualsiasi altro portale».
«E non esiste», domandai, «un qualche oggetto magico che ci permetta di viaggiare nel tempo senza dover lanciare questo incantesimo? Che ne so qualche oggetto di Oz…».
«Non credi pirata che se l’avessi avuto, l’avrei probabilmente usato prima ancora di fare la vostra malcapitata conoscenza?». Beh in effetti aveva ragione, ma lanciare quel sortilegio… Il solo recuperare gli ingredienti, trovarli tutti, era difficile e poi come avremmo fatto per tornare indietro una volta arrivati? Oltre ad andare a riprendere Edith dovevamo anche pensare ad un modo per poter tornare a casa.
«Non possiamo farlo», sospirò Emma una volta fuori. «Anche se riuscissimo ad avere tutti gli ingredienti ci vorrebbe troppo tempo».
«E non avremmo una via di fuga», le feci notare. «Rischiamo di rimanere bloccati».
«Regina mi dispiace che tu ti sia dovuta sacrificare per nulla».
«Non preoccuparti ormai so tenere a bada mia sorella, e poi te l’ho detto è pur sempre suo figlio. Saprà essere ragionevole».
«Dobbiamo chiedere a Tremotino», mormorai a bassa voce.
«Già non abbiamo scelta purtroppo». Presi la mano di Emma nella mia e la strinsi preparandomi ad affrontare il coccodrillo.
 
Quando entrammo nel negozio di Gold, lui era dietro il bancone, intento a lucidare uno dei suoi gingilli. Alzò lo sguardo su di noi e non fu per nulla sorpreso di vederci.
«Immagino che siate qua per lo stesso motivo di ieri».
«Sì. Per nostra sfortuna sei l’unico che possa aiutarci», sputai tra i denti.
«E come volete che vi aiuti questa volta?».
«Ci serve la bacchetta», intervenne Emma, «quella con cui io ho riaperto il portale durante il nostro viaggio nel tempo».
«Non so di quale bacchetta tu stia parlando».
«Andiamo Coccodrillo, non giriamoci tanto intorno. Sai benissimo di cosa stiamo parlando». Emma mi tirò per la mano, facendo cenno di calmarmi. Aveva ragione ma non era facile: avevamo subito una sconfitta dietro l’altra ed io stavo perdendo la pazienza.
«Parliamo della bacchetta che è in grado di replicare qualsiasi incantesimo che sia stato lanciato», spiegò.
«E come la vorreste utilizzare?», ci domandò perplesso.
«Beh è ovvio: apriamo un portale, l’andiamo a prendere e poi lo riapriamo per tornare a casa». Era semplice e chiaro, non aveva bisogno di tante spiegazioni.
«Credo che stiate tralasciando un bel po’ di particolari». Si mosse da dietro il bancone venendo verso di noi.
«Quali?», chiese Emma titubante.
«Beh prima di tutto, anche se aveste la bacchetta non è detto che riusciate ad aprire il portale. La tua magia non è la stessa di allora. Secondo state dimenticando il fatto che probabilmente la bambina avrà incontrato i vostri voi del passato, e l’avrà in qualche modo modificato. Le conseguenze che potreste causare portandola via sono imprevedibili. È già tanto che noi non siamo già implosi. Sapendo di aver una figlia voi potreste reagire in modo tale da cancellare la stessa vita che avete creato e che state cercando disperatamente di riportare a casa».
«Vuoi dire che Edith potrebbe cessare di esistere?», balbettai. Era una prospettiva inimmaginabile. Potevamo davvero, venendo a conoscenza della gravidanza, decidere di scrivere un futuro diverso? D’altronde Edith era stata del tutto fuori programma, bastava semplicemente decidere di stare più attenti per eliminarla dalle nostre vite irrimediabilmente.
«In quanto a questo solo voi potete rispondere. Come pensate che avreste reagito sapendo della gravidanza, che se non sbaglio, era alquanto imprevista? Prima di affrontare quel viaggio dovreste premunirvi di un modo per poter cancellare la memoria di tutti coloro che hanno visto la bambina».
«Potresti creare una pozione della memoria?». Emma lo guardò fremendo.
«Potrei ma servirebbe a livelli industriali, occorrono tempo e soprattutto molti ingredienti per poterne creare in così grande quantità».
«Li troveremo quello non è un problema», acconsentii.
«Sì d’accordo. Mettiamo il caso che voi abbiate la pozione e con la bacchetta riusciate ad aprire un portale; si pone un altro problema. Siete proprio sicuri di riuscire ad arrivare nel tempo giusto? Ci sono infiniti tempi in cui potreste cadere. Anche se desiderate riabbracciare Edith ed avete più o meno capito in che periodo si trova la bambina, voi potreste tornare in un momento antecedente all’arrivo di Edith in quel mondo, o per meglio dire in quel tempo. Capite ciò che intendo? Voi ricordate il passato che avete vissuto ma questo è inevitabilmente cambiato da quando lei ci è tornata. Riuscire ad arrivare in un passato che voi non ricordate, perché non l’avete vissuto come tale, è quasi impossibile».
«Stai dicendo», sussurrò Emma, «che se noi usassimo un portale molto probabilmente finiremo in una dimensione in cui Edith non c’è?».
«Questo non lo posso saper con certezza, ma le probabilità di raggiungerla tramite un portale non sono dalla vostra parte». Fu come se il cuore mi si fermasse. Durante tutto il suo discorso avevo trattenuto il fiato non volendo credere al suo scetticismo. Il mio corpo urlava che non poteva essere vero, che lui stava mentendo. Solo alla fine, dopo aver ascoltato tutta la sua spiegazione, compresi l’amara verità delle sue parole.
«E allora come facciamo a portarla a casa?», domandai sull’orlo della disperazione.
«Non lo so». Erano solo tre parole ma erano in grado di gettarmi nello sconforto più totale, soprattutto se erano dette da uno che sapeva sempre tutto. Notai la stessa tragedia anche negli occhi di Emma. Era la fine di tutte le nostre più rosee speranze.
«No!». Sbattei il pugno contro un armadio vicino a me, rischiando anche di romperlo. Ma non aveva importanza, in quel momento avrei solo voluto spaccare tutto.
«Killian». La mano di Emma si posò sulla mia, mentre i suoi occhi verdi mi squadravano. Come diavolo faceva a non crollare anche lei in un momento del genere? Forse quella era la nostra forza: almeno uno dei due riusciva a stare in piedi quando l’altro sprofondava. Ci sostenevamo a vicenda.
«Desidero solo far tornare Edith a casa. Io non voglio altro», sospirai. «Desidero solo riabbracciare nostra figlia». L’effetto che le mie parole crearono sul volto di Emma fu del tutto inaspettato. I suoi occhi si illuminarono e la sua bocca si spalancò.
«La stella dei desideri», sussurrò.
«Cosa?». La guardai non capendo. C’era forse un altro modo?
Si voltò verso Tremotino. «Hai detto che raggiungerla con un portale è impossibile. Però se ci fosse un modo per poterla riportare qua senza dover affrontare un viaggio nel tempo?».
«Cosa avevi in mente?». Almeno non ero l’unico a non capire cosa intendesse.
«Elsa quando è stata qui, ha usato la stella dei desideri per poter riabbracciare sua sorella. Anna e Kristoff sono stati portati del nostro mondo grazie al suo desiderio. Ora se noi potessimo esprimere il desiderio, non che Edith torni a casa perché comunque rischieremo di perderla lo stesso, visto che lei ha già modificato il passato, ma se desideriamo che non sia mai tornata indietro nel tempo?». Le sue parole uscivano con foga, tanto era lo slancio di entusiasmo che provava nell’esprimere quella idea.
«Potrebbe non essere mai scomparsa», mi illuminai. «Credi che la stella potrebbe essere così potente?».
Fu Gold a rispondermi. «Quella è magia di luce, non ne conosco la potenza ma potrebbe funzionare. Dovrete esprimere il desiderio in maniera molto precisa e dovrà essere intenso. Non posso darvi però la certezza che questo sia il metodo giusto, potrebbe risultare inefficace come gli altri».
«Beh non importa», tagliò corto Emma. «Tu ci stai dando una speranza, che certe volte è molto più potente di ogni altra cosa». Quando parlava così sembrava proprio uguale a sua madre.
«Allora cosa aspettiamo?», fremetti di impazienza. «Dobbiamo solo riuscire ad andare ad Arendelle e chiedere ad Anna di poter usare la sua collana. Non credo che ce lo vieterà se le spieghiamo la situazione».
«Non è così semplice», rifletté Emma. «Ovviamente il desiderio per essere intenso dovrà essere espresso da qualcuno che sia molto legato ad Edith; però ricordo come funziona la stella: solo un cuore completamente puro può usarla e purtroppo né io né te rientriamo in questa categoria».
«Ma io sì». Una voce alle nostre spalle ci fece voltare di scatto. Sulla soglia del negozio la figura di un ragazzone alto e magro si stagliava chiara ai nostri occhi.
«Henry! Che diavolo ci fai qui?».
 
 
Angolo dell'autrice:
Buona domenica a tutti! Ecco a voi un altro capitolo, che è anche venuto leggermente più lungo degli altri!
Nel presente Edith scopre finalmente capisce cosa è successo, così come Emma e Killian la scoprono la verità su di lei e sul suo arrivo. Nel futuro dopo tante risposte negative si riaccende la speranza di poter riabbracciare la figlia il più presto possibile.
Come sempre vi ringrazio di tutto l'affetto che dimostrate per la mia storia! Leggere le vostre recensioni o anche solo vedere quante persone stanno seguendo i miei aggiornamenti mi riempie di gioia!
A presto! Un abbraccio
Sara
 
  
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