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Autore: evelyn80    21/09/2015    7 recensioni
Dopo aver espresso il desiderio di poter salvare Boromir dalla sua triste fine, Marian si ritrova catapultata nella Terra di Mezzo grazie ad un gioiello magico che la sua famiglia si tramanda di generazione in generazione. Si unirà così alla Compagnia dell'Anello per poter portare a termine la sua missione. Scoprirà presto, però, che salvare Boromir non è l'unica prova che la attende.
Ispirata in parte al libro ed in parte al film, la mia prima fan fiction sul Signore Degli Anelli.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boromir, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La mia Terra di Mezzo'
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Una notte indimenticabile


Fui risvegliata dal suono di una voce calda e dal tocco di una mano delicata. Aprii gli occhi e vidi Aragorn.
"Re Elessar!" esclamai senza riflettere, la voce ancora impastata dal sonno.
"Non chiamarmi così, non sono ancora stato incoronato. Per ora sono ancora Aragorn, il Dùnedain del Nord” rispose, serio. “Sono venuto a controllare la tua spalla. Gandalf mi ha chiesto di lasciarti venire a cena nel Palazzo dei Re, stasera."
Sciolse le bende, controllando sia il taglio provocato dalla scimitarra sia la lacerazione lasciata dalla freccia, la ferita che lo preoccupava di più.
"Per tua fortuna quel dardo non era avvelenato” rifletté a voce alta, sfiorando la pelle intorno al piccolo squarcio rotondo. “I tessuti si stanno rimarginando bene. Ti farò un altro impacco con l’Athelas poi ti benderò di nuovo, ma questa volta lascerò libero il braccio."
Si fece portare un catino pieno di acqua calda in cui immerse alcune foglie. Non appena entrarono in contatto con il liquido, sprigionarono un aroma intenso e fragrante che mi fece sentire subito meglio. Le mani di Aragorn massaggiarono la mia spalla con cura, tamponando le ferite con una pezza di cotone intrisa di acqua aromatizzata. I suoi polpastrelli scorrevano delicati sulla mia pelle, provocandomi un lungo brivido. Oltre alle varie proprietà curative, riflettei, le foglie di Athelas dovevano essere anche afrodisiache. Se, in quel momento, ci fosse stato Boromir al posto del Ramingo, probabilmente non avrei risposto di me stessa.
Una volta finito il bendaggio, Aragorn mi concesse di andare a cena con gli altri, perciò chiamò una delle inservienti perché mi aiutasse ad indossare un abito adatto. Una volta vestita lo raggiunsi nel corridoio e con lui uscii per la prima volta dalle Case di Guarigione, diretta verso la Cittadella.
Sopra Minas Tirith le stelle brillavano come piccoli diamanti mentre, ad Est, il cielo era ancora completamente coperto. Ogni tanto le nubi nere si tingevano di rosso, illuminate dai bagliori del Monte Fato.
L’albero bianco di Gondor, secco e contorto, svettava davanti al Palazzo dei Re, nel Cortile della Fontana. Il vento teso della sera fischiava tra i suoi rami morti. Mi fermai ad osservarlo, incantata, allungando una mano per sfiorarne la corteccia, ormai resa completamente liscia da tutte le intemperie che aveva dovuto sopportare.
“È un vero peccato che anche l’ultimo dei figli di Nimloth il Bello sia oramai morto” mormorò Aragorn, avvicinandosi al tronco per carezzarne a sua volta la superficie.
"Non è l’ultimo. Ne troverai un germoglio sul monte Mindolluin, quando tornerete dal Nero Cancello" gli risposi senza neanche riflettere, continuando a sfiorare il legno.
Il Ramingo si immobilizzò, voltandosi lentamente a guardarmi.
"Credo che tu sappia molte più cose di quanto non ci abbia mai fatto credere" sentenziò, per poi incamminarsi di nuovo, andando a bussare al portone.
All’interno della piccola sala da pranzo riservata, i pochi ospiti erano già seduti a tavola. Legolas e Gimli ne occupavano il lato sinistro, con Pipino accanto a loro. Boromir sedeva al centro con a fianco suo zio il Principe Imrahil di Dol Amroth, fratello di sua madre. Davanti a loro si trovavano due scranni vuoti, su uno dei quali Aragorn mi fece accomodare prima di sedersi a sua volta. Al lato destro sedevano Éomer e Gandalf. All’appello mancavano Merry, Faramir ed Éowyn che, purtroppo, non avevano avuto il permesso di lasciare le Case di Guarigione.
Non appena l’Elfo ed il Nano mi riconobbero fui sommersa dalle loro domande: persino Legolas non fu in grado di trattenere la sua curiosità. Entrambi chiesero a gran voce di conoscere le mie peripezie ed io li accontentai, raccontando loro la mia storia tra una portata e l’altra. Mentre parlavo percepivo lo sguardo di Boromir che, seduto di fronte a me, tentava evidentemente di ascoltare ciò che stavo narrando, fingendo però disinteresse.
Durante la cena un garzone si presentò a Palazzo, trafelato. Il suo padrone, il miglior orafo di tutta la città, aveva appena riparato la catena d’oro del magico gioiello di Dama Marian Tingilindë, e gli aveva ordinato di riconsegnarlo subito alla sua proprietaria. Si era recato nelle Case di Guarigione, dove era stato informato che la Dama si trovava a cena al Palazzo dei Re.
“Per tale motivo ho avuto l’ardire di interrompere il vostro pasto, mia signora” balbettò, rosso in faccia. “Se non vi avessi reso subito il vostro gioiello, il mio padrone mi avrebbe sicuramente preso a bastonate…” tentò di giustificarsi.
Aragorn lo rincuorò: nessuno lo avrebbe rimproverato per la sua irruzione. Dopo aver ricevuto i miei più sinceri ringraziamenti il garzone batté in ritirata, senza smettere di balbettare e di inchinarsi.
Non appena la indossai, tutti i presenti ammutolirono per lo stupore: la “Stella” brillava come un vero astro, ed ora che avevo le sembianze di un Elfo sembrava emanare ancora più potere. Riuscivo a percepirne il calore, che mi riscaldò l’animo ed il cuore.
Alla fine della cena, quando tutti si alzarono per andare a riposare in vista dell’imminente partenza per il Morannon, mi avvicinai a Boromir chiedendogli di poter parlare in privato. Le parole di Gandalf e quelle di Faramir avevano finalmente fatto breccia dentro di me. Avrei detto al Gondoriano che ero a conoscenza di tutto quello che aveva passato, e gli avrei rivelato i miei timori riguardo alla mia ultima missione.
L’Uomo annuì e mi accompagnò fuori del Palazzo, nel Cortile della Fontana. La luna stava sorgendo dalle pendici del Mindolluin ed il vento si era fatto piuttosto freddo sulla sommità della rupe. Rabbrividii, avvolgendomi ancor più strettamente nello scialle leggero che mi copriva le spalle. La stoffa era talmente sottile, però, da non riuscire a proteggermi dalla brezza pungente. Boromir se ne accorse: si slacciò il mantello di velluto verde scuro bordato di pelliccia che indossava e me lo posò sulle spalle. Avvertii subito il suo calore sulla pelle ed il suo odore mascolino nelle narici. Alzai il viso per guardarlo negli occhi, ma lui tenne lo sguardo fisso in direzione di Mordor mentre si avvicinava al muro esterno che cingeva la rupe.
"Di cosa volevi parlarmi?" mi chiese in tono rude, non appena ebbe posato il piede destro sul basso muretto, appoggiandosi con l’avambraccio al suo stesso ginocchio.
"Volevo chiederti scusa per non averti creduto" mormorai, dopo aver tratto un lungo sospiro.
Chinò lo sguardo verso di me, inarcando un sopracciglio.
"E cosa ti ha fatto cambiare idea?" chiese ancora, senza riuscire a mascherare un accenno di rabbia velato appena da un pizzico di curiosità.
"Questa" risposi, sfiorando la “Stella”. "Non appena l’ho stretta tra le dita, dopo che me l’hai restituita, ho visto tutto quello che ti è successo, come se fossi stata lì con te” spiegai. “Ho scoperto cosa è accaduto realmente la sera della festa a Rohan. Ho visto cosa è successo a tuo padre…"
Mi interruppe bruscamente, voltandosi di nuovo verso Est.
"Non voglio parlare di lui, adesso!" ringhiò.
"D’accordo…” annuii, prima di riprendere, incerta. “Bè… volevo dirti che mi dispiace per non averti creduto subito, ma tu, con le tue allusioni… prima a Gran Burrone e poi a Lòrien, quando mi hai rifiutato… ho creduto che non ti saresti certo lasciato sfuggire l’occasione…” balbettai.
Lo sentii grugnire pieno di sdegno e quel suono, più di mille parole, mi fece avvilire. Trassi un altro profondo respiro, lottando contro le lacrime che minacciavano di uscire, poi ripresi a parlare.
“Ma la “Stella” mi ha mostrato la verità! Avrei voluto mandarti subito a chiamare per scusarmi con te, ma prima che potessi farlo il gioiello mi ha ricordato che ho ancora una cosa da fare. Una cosa che credo impiegherà la maggior parte delle mie forze e che temo non mi lasci scampo…” spiegai. “Non volevo farti soffrire ancora, illudendoti per pochi giorni e poi magari morire davvero e… lasciarti solo per sempre! Poi, ho parlato con tuo fratello e con Gandalf ed entrambi mi hanno convinto a dirti la verità.” Mi interruppi ancora per un istante, fissando insistentemente il suo profilo. “Io ti amo, Boromir!” esclamai, infine. “Sono arrivata fin qui, dal mio mondo, perché ho espresso ad alta voce il desiderio di salvarti dalla morte per mano degli Uruk-Hai! Io… ti amavo ancora prima di conoscerti!"
A quelle parole l’Uomo si voltò a guardarmi, posando di nuovo il piede a terra.
"Se non mi conoscevi, come facevi a sapere che sarei morto?" mi chiese, in un misto di incredulità e collera mal celata.
"Nel mio mondo esiste un libro che narra le vostre avventure. Io sapevo già tutto quello che sarebbe accaduto!” gli spiegai, in tono accorato. “È stata Dama Galadriel ad accogliere la mia supplica ed a farmi arrivare fin qui grazie alla “Stella di Fëanor”."
"Quindi sapevi anche che mio padre sarebbe morto…"
"Sì" ammisi, chinando il capo.
"Ed allora perché non me lo hai detto?!" mi gridò contro, rabbioso, incapace di trattenere ulteriormente il suo furore.
"Perché avendo modificato la storia in questo modo non credevo che sarebbe successo! Non ho mai immaginato che si sarebbe tolto la vita!” esclamai, la voce resa acuta dalla paura della sua reazione, giungendo le mani davanti al petto. “Nella versione originale della storia tu, che sei il suo figlio prediletto, muori! Quando Faramir viene ferito mortalmente, a Osgiliath, tuo padre si rende finalmente conto di quanto sta perdendo. Convinto che anche tuo fratello morirà, benché Faramir non abbia ancora esalato il suo ultimo respiro, Denethor prepara la loro pira funebre, si stende al fianco del suo secondogenito e si da fuoco con essa!” raccontai, narrando le vicende del libro, incurante delle conseguenze che quelle rivelazioni avrebbero potuto avere. “Pipino, che ha seguito Denethor nel suo delirio fino alle Case dei Morti, si rende conto che Faramir è ancora vivo e corre a chiamare Gandalf! Tuo fratello si salva, ma tuo padre muore tra le fiamme! Visto che tu adesso sei ancora vivo, non avevo certo previsto che si sarebbe piuttosto suicidato prima di accettare l’autorità di Aragorn… Mi dispiace…"
Mentre pronunciavo quelle ultime parole la mia voce si incrinò: le lacrime, a lungo trattenute, infine sfuggirono al mio controllo. Scoppiai a piangere, le spalle scosse da singhiozzi sempre più forti.

 
* * *



Boromir aveva ascoltato le parole di Marian con stupore sempre crescente ma mai, nemmeno per un attimo, aveva dubitato della loro veridicità. Quella fanciulla si era sacrificata per salvargli la vita: per quale motivo avrebbe dovuto mentirgli proprio adesso? Nel vederla scoppiare in lacrime anche la sua collera di sciolse. Lei non aveva alcuna colpa di quanto era successo. Si fece avanti e la strinse tra le braccia, facendole poggiare il capo sul suo petto.
"Non piangere, Marian” le sussurrò, le labbra a sfiorare i suoi lunghi capelli castani. “Perdonami se sono stato così rude nei tuoi confronti. Tu non hai nessuna colpa."
"Boromir…” mormorò lei, tra un singhiozzo e l’altro, “lo so che hai sofferto tanto quando è morta tua madre… e che hai sofferto altrettanto quando hai visto morire me… non voglio farti soffrire ancora…"
La baciò sul capo poi, prendendole il mento tra le dita, la spinse ad alzare lo sguardo su di lui.
"Ti amo, Marian. E non smetterò mai di farlo, qualunque cosa accada" le disse, guardandola negli occhi.
Si chinò lentamente verso di lei, verso le sue labbra socchiuse e tremanti. La vide chiudere gli occhi, un’espressione di aspettativa dipinta sul volto. Sorrise lievemente prima di poggiare la bocca sulla sua.
 
* * *


Quando vidi Boromir avvicinarsi lentamente non potei fare a meno di chiudere gli occhi, nell’attesa di quel bacio che, oramai, temevo non sarebbe arrivato più. Poi, finalmente la sua bocca si poggiò sulla mia, leggera come una piuma. Le sue labbra, lievemente screpolate per via delle privazioni subite in battaglia, erano calde e morbide. Il cuore prese a battermi all’impazzata mentre le mie mani salivano a carezzare il suo viso ruvido di barba. Dopo pochi istanti si allontanò un poco, ma soltanto per cambiare posizione e mettersi più comodo. Incapace di resistere dischiusi le labbra, invitandolo così ad approfondire il bacio. Con un gemito appena trattenuto Boromir rispose prontamente, facendo scivolare lentamente la lingua verso la mia. Intrecciai le mani dietro al suo collo, come per impedirgli di allontanarsi ancora mentre lui, allo stesso tempo, mi cingeva la vita. Le nostre lingue presero subito a muoversi dolcemente insieme, in una lenta e sinuosa danza che continuò fino a che non fummo costretti a riprendere fiato.
"Ora è meglio che tu torni alle Case di Guarigione" mormorò Boromir fissandomi negli occhi, ansimante ed accaldato nonostante il vento freddo. "E’ tardi ed hai ancora bisogno di riposo."
Trattenni a stento un moto di delusione. Avrei voluto sinceramente che quel bacio durasse molto di più, ma non mi opposi alla sua richiesta.
"Anche tu hai bisogno di riposarti, in vista della nuova marcia” gli risposi, carezzandogli dolcemente la guancia, “ma… vorresti almeno accompagnarmi? Così posso restituirti subito il mantello."
Sorrise porgendomi il braccio, scendendo con me al livello inferiore ed accompagnandomi fin dentro la mia stanza. Una volta all’interno, tolsi il morbido e pesante manto e glielo porsi. Invece di indossarlo ed andarsene, però, lo appoggiò lentamente sulla sedia di fianco al letto. Lo guardai con aria curiosamente interrogativa e lui, ancora sorridendo lievemente, si avvicinò di nuovo con il volto al mio chiedendomi un altro bacio.
"Perché mi porti fortuna" mormorò, prima di unire le nostre labbra.
Complice l’aroma delle foglie di Athelas che ancora aleggiava nella stanza in breve il bacio, da tenero e casto, divenne focoso ed appassionato. Le nostre mani cominciarono a esplorare i nostri corpi con sempre maggior desiderio. Insinuai le dita tra i suoi capelli mentre i polpastrelli di Boromir percorrevano con impazienza la mia schiena. Ebbe persino l’ardire di posare la mano a coppa sul mio seno sinistro, massaggiandolo dolcemente, facendomi mugolare di piacere contro le sue labbra. A quel punto, forse timoroso di correre troppo, l’Uomo si staccò da me, ansimante e tremante.
"No… Non voglio trattarti come una concubina…" balbettò, trattenendo a stento la bramosia.
"Shh…" lo zittii, posandogli un dito sulle labbra. "Non mi importa niente di ciò che penserai di me ma, semplicemente, non posso fermarmi proprio ora. Ti voglio, Boromir…" sussurrai, fissandolo negli occhi.

* * *


Al sentire quella frase non seppe più cosa pensare. Rimase semplicemente allibito. Nessuna delle fanciulle che aveva conosciuto, nemmeno le concubine più esperte, avevano mai avuto l’ardire di pronunciare parole simili. Si mettevano semplicemente a sua completa disposizione, senza bisogno di dire alcunché. Si immobilizzò, incapace di reagire, il corpo e la mente vittime del profondo turbamento che provava.
Deglutì a vuoto, senza riuscire ad aprire la bocca per parlare. Marian alzò lentamente le braccia, spingendolo dolcemente verso il letto. Si lasciò guidare da lei, lasciandosi cadere seduto sul materasso.
Rimase a fissarla, a bocca aperta, mentre la fanciulla lo spogliava, uno strato dopo l’altro, fino a rivelare il suo torso muscoloso e possente, dove le tre cicatrici circolari apparivano come monetine bianche sulla pelle dorata dal sole.
A quel punto, Marian alzò le mani a scostare le sottili spalline del lungo vestito grigio che indossava, facendole scivolare di lato fino al punto in cui, vinto dal suo stesso peso, l’abito non scivolò a terra con un tenue fruscio. La vide slacciarsi il corpetto che indossava al di sotto, sciogliendone il nastro che lo fermava sul petto con un unico movimento fluido.
Per la prima volta, vide le sue stesse cicatrici sul corpo di Marian e adagio, quasi con devozione, le sfiorò con le dita che tremavano. Infine, con lentezza estenuante, la fanciulla calò lentamente le lunghe brache di tela, rimanendo completamente nuda di fronte a lui, fissandolo negli occhi con uno strano sguardo, carico di amore e desiderio.
Deglutì ancora una volta poi, finalmente, si riscosse. Si alzò in piedi, finendo di svestirsi in fretta. Una volta nudo egli stesso si stese lentamente sul letto, prendendola per le mani ed attirandola verso di sé. Lei non si ritrasse ed, anzi, accolse con piacere il suo invito, sdraiandosi sopra di lui. La contemplò ancora per alcuni istanti poi, forse ricordando che toccava a lui condurre il gioco, con un'unica rapida spinta del bacino invertì le loro posizioni, facendola stendere supina sulla morbida coperta.
La guardò ancora, percorrendo lentamente il suo viso con lo sguardo.
"Sei così bella…" le mormorò, sfiorandole una guancia con le dita.
Lei gli sorrise in risposta, alzando il viso per baciarlo lievemente.
"Prendimi, Boromir…” gli soffiò infine sulle labbra e, con un gemito strozzato, il Gondoriano accolse l’invito.
 
* * *


Non appena Boromir mi penetrò, un’infinita gamma di sensazioni mi invase: gioia, amore, desiderio, appagamento. Non era la mia prima esperienza, quella, ma nelle poche altre occasioni che avevo avuto non mi ero mai sentita totalmente coinvolta. Con lui fu completamente diverso. Stretta tra le sue braccia mi sentii di nuovo viva e niente sembrava esistere più. Eravamo soltanto noi due, persi entrambi nell’estasi dell’amore più profondo.
I nostri corpi danzavano all’unisono, come se fossimo stati fatti l’uno per l’altra, da sempre. Come se i nostri destini fossero sempre stati allacciati. All’apice del piacere lo serrai contro di me, sussurrando il suo nome, quasi invocandolo, come a chiedergli di non lasciarmi mai più. Lui rispose con enfasi, affondando per un’ultima volta, lasciandosi sfuggire un gemito di piacere mentre, tremante, si accasciava su di me, completamente svuotato.
Più tardi, quella notte, proprio mentre stavo per abbandonarmi al sonno con la testa appoggiata al suo petto e Boromir si divertiva ad intrecciare le dita tra i miei lunghi capelli, l’Uomo mi sorprese con una richiesta improvvisa.
"Vuoi essere mia sposa?"
Alzai il capo di scatto, chiedendogli di ripetere, convinta di aver frainteso le sue parole.
"Ho chiesto se vuoi sposarmi” mormorò di nuovo, sorridendo nella penombra. “Vuoi concedermi l’onore di diventare la moglie del Sovrintendente di Gondor?"
A quelle parole il cuore parve esplodermi nel petto. Stavo già per gridare il mio sì quando ricordai l’ultima missione che ancora mi attendeva.
"E se dovesse succedermi qualcosa? Se non dovessi tornare?" mormorai dubbiosa, più a me stessa che non a lui.
"Tu sei l’unica donna che amo. In qualsiasi condizione tu tornerai, io ti sposerò!” mi rispose, convinto. “E se non lo farai, se non ritornerai mai più da me, non sposerò nessun’altra!” aggiunse, accorato, un tono che gli era così poco usuale. “Mi lego a te sin d’ora ed onorerò la mia promessa, qualsiasi cosa dovesse succedere! Fai di me l’uomo più felice della Terra di Mezzo. Vuoi sposarmi?"
"Sì, Boromir… Sì, lo voglio!" balbettai, ebbra di felicità, buttandomi tra le sue braccia.
Mi strinse forte a sé, tempestandomi il viso di piccoli baci teneri ed affettuosi. Non appena le nostre labbra si sfiorarono di nuovo, però, la dolcezza lasciò subito il passo alla passione. Quella volta fui io a condurre il gioco, stupendolo ancora di più per la mia audacia, lasciandolo infine stremato e senza fiato.
"Ora sarà meglio dormire…" ansimò, steso supino sul materasso con le braccia spalancate, "o domani mattina non sarò nemmeno in grado di cavalcare…"
"Hai ragione, amore mio… Buonanotte…" gli risposi, accoccolandomi ancora una volta contro di lui, poggiando la testa nell’incavo della sua spalla, il naso contro la curva della sua gola per inebriarmi del suo odore mascolino.
Era il diciotto di marzo, e fu così che trascorsi la mia prima notte con Boromir.


Spazio autrice: Buongiorno a tutti! Ecco la seconda parte del vecchio capitolo precedente, ormai reso in tutto e per tutto un nuovo capitolo. In origine, in questa parte non c’erano cambi di punti di vista. Ho pensato di aggiungerli perché credo che migliorino un po’ la storia, mostrando i sentimenti di entrambi. Ho modificato molto quello che avevo scritto in principio, specialmente nella parte finale, sperando di averla migliorata e di avervi suscitato intense emozioni.
Fatemi sapere, mi raccomando! Qualsiasi cosa!
Anzi, vi dirò di più: c’è qualcuno/a eventualmente interessato a leggere, più nel dettaglio, cosa è successo tra Boromir e Marian? XD Se sì, posso provare a scrivere una one-shot molto, molto piccante…
Per finire, vi lascio con un’immagine, realizzata con il solito giochino dress-up di LOTR… Immaginate un po’ a cosa si riferisce?
Bacioni!
Evelyn
 
  
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