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Autore: Duncneyforever    21/09/2015    5 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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- Certo, puoi chiedermi quello che desideri. - Incrocia le gambe, battendosi i pantaloni con i palmi, come se si stesse preparando psicologicamente per le domande a cui dovrà rispondere. Cercherò di aver tatto, ma immagino l'imbarazzo di dover subire un'interrogatorio da parte di una ragazzina del futuro, che conosce poco niente del mondo al di là delle quattro mura domestiche. 

Trovo davvero unica questa sua capacità di mostrarsi così calmo anche nelle situazioni più impegnative. Io, al posto suo, non avrei accettato di condividere le mie più intime memorie con un estraneo. 

- Unico - sussurro, cercando il più possibile di non farmi sentire. Si vede proprio che sto sognando... Nel mondo che conosco io non esiste nessuno come lui! Sono stati sostenuti innumerevoli processi per far luce sul lato più oscuro del Terzo Reich, mentre io dispongo di un testimone oculare, tutto per me e, per di più, disposto anche a parlare. - Come dici? - Un sorriso sincero gli illumina il viso.

Ha sentito tutto?! In questo momento vorrei sprofondare dalla vergogna; ma che figuraccia! Scommetto di essere pure arrossita come un'ebete!

Mi giro verso di lui e... Sì, si è accorto del cambio di colore. Se si aspetta una giustificazione, si sbaglia di grosso, perché non gli darò mai questa soddisfazione, dovessi risvegliarmi con il rimorso! 

- Niente, non ho detto niente - cerco di girarmi dall'altra parte per nascondere il rossore sulle gote, arricciando la bocca in una smorfia a dir poco infantile.

- Beh, vogliamo continuare? - Chiedo, fingendo distacco. 

- Gut, gehen wir weiter. / Bene, continuiamo. - 

Ci saranno almeno mille cose che vorrei chiedergli e lui lo sa. Apprezzo molto il suo coraggio... non dev'essere facile e anche se non ottenessi qualche informazione, certo non glielo farei pesare. 

- Tecnicamente mi sono arruolato pochi mesi fa, o almeno questa è la versione ufficiale. In realtà, io ero un normale studente, fin quando mio padre non fece pressione affinché facessi domanda nelle Schutz Staffeln. È un corpo particolarmente ambito da molti giovani, meno che da me, che non mostrai mai alcun interesse verso il militarismo o il nazismo in se. Sapevo che le idee che venivano promosse dal regime avrebbero portato sangue e devastazione e il giorno in cui varcai quei cancelli, mi vergognai profondamente di essere tedesco. - Non sono nemmeno riuscita a formulare una possibile domanda, che lui ha già risposto a molte di queste con un breve riassunto. 

Per la prima volta nella mia vita, provo davvero pietà per chi ritenevo un " nemico ". Lui si è prostrato davanti a me, come se chiedesse perdono e... Accidenti! Ma quando mai mi sono sentita pizzicare gli occhi? 

- Quindi tu non hai avuto scelta... - 

- No, non sono nazionalsocialista. Mio padre ha la tessera del partito ed è fedelissimo al Führer: ha obbligato me ad entrare nelle SS e mia madre a seguirlo nelle sue scelte. Non mi riteneva un vero uomo, credeva che uccidere mi avrebbe reso più forte e che l'unico rimedio per curare la mia " debolezza " fosse spingermi tra le braccia di quella gente. - 

Si ferma per un attimo, volgendo lo sguardo ceruleo verso il pavimento.

- Non sei tu ad essere debole - contesto, volendolo rassicurare. Gli faccio segno di accomodarsi sul divano e di mettersi più comodo, così che possa proseguire seduto e non sdraiato sulle fredde piastrelle della cucina. 

- Sono stato mandato ad Auschwitz in qualità di soldato semplice, per imparare. - Infosso la testa tra i cuscini, rifiutando di sentire oltre. Vorrei urlare; non contro Friederick, bensì contro tutto il sistema del Terzo Reich. 
Mi sto infervorando a tal punto per questo ragazzo mai esisisto, che mi pare quasi di averlo realmente davanti a me. 

- È ingiusto, è così ingiusto... - Commento, lasciandogli accarezzare i miei capelli. Avverto distintamente il suo corpo, il suo calore, sento bene la sua voce... 

- Hai mai... Ucciso qualcuno?! - Sono titubante, dato che ho paura della risposta. 

- No. - Alzo di scatto il viso e lo guardo meravigliata e contenta allo stesso tempo. Anche lui abbozza un sorriso. 

- Mai, mai? - Non riesco ancora a crederci... Un'SS buona, che non ha mai nuociuto a nessuno? Ho sempre pensato che questa combinazione non potesse esistere.

- Giuro. - Mi sento così sollevata! In uno slancio d'improvvisa contentezza, lo abbraccio. Forse un gesto che lui non si aspettava ma, presto, ricambiato.

- E loro cosa vorrebbero insegnarti esattamente? Sono loro che dovrebbero imparare da te! - 

- Più sono giovani, più sono sadici e arrivisti. Di sicuro, mio padre mi vorrebbe più come loro, che come Friedrick. - Nella sua ironia vi leggo altro, un dolore profondo e non ho cuore di prenderla alla leggera. 

- Ma cosa c'entrano i giovani? Non è agli ufficiali che dovrebbero affidarti? - Questi avranno sicuramente una certa età. Il " lavoro sporco " lo eseguivano gli altri, solitamente.

- Beh, il tenente mi pare che abbia ventitré anni, mentre il capitano ne ha più o meno ventisette. In ogni modo, da un po' di tempo a questa parte, siamo sotto il comando di un colonnello, giovanissimo, che ha preso le redini del campo, accentrando il potere su di sè. Non è di stanza ad Auschwitz... Lui è un mistero, persino per noi. Il capitano, invece, si occupa delle scartoffie, come il maggiore Höss... È quasi il suo secondo. La gerarchia non viene sempre rispettata, regna il caos. - 

Come?! Allora sì... Non c'è dubbio, me lo sto immaginando. 

- Ma è impossibile! - Il tono della mia voce è salito minimo di mille decibel.  

La mia espressione scandalizzata è sempre molto divertente e Fried trattiene a stento una risata imbarazzata, evasiva. Da un lato, sono felice, perché ha di nuovo quel bel sorriso sul volto, ma dall'altro...

- Non sto mentendo, sono il primo ad esserne sorpreso. - Replica, perplesso, stupendosi della mia stessa reazione.

- Ma come hanno fatto ad ottenere l'incarico? - Non gli permetto di rispondere alla domanda; prima ho un favore da chiedergli...

- Finiscila di guardarmi come se fossi matta! Guarda in che razza di situazione ci troviamo! - Dovrei dimostrarmi arrabbiata, ma la sola impressione che riesco a dare in questo momento è esilarante; nel giro di poco, perdo la pazienza, tirandogli un pugno sulla spalla. Lui, temendo che volessi realmente colpirlo, si sbilancia, cade dal divano ed io, che mi ero aggrappata al suo braccio per aiutarlo, gli atterro sullo stomaco... 
Lui avverte la botta e si rialza di scatto, guardandomi con uno sguardo allucinato. Lo riconosco! La stessa espressione che feci io quando notai la posizione del mobile! Possibile che lui stia pensando che sia io sia parte del suo sogno?

- Fried, tutto bene? - Domando, allarmandomi per questo suo scatto improvviso. 

- Certo, ma... Perché non mi fai vedere cosa avete scoperto negli ultimi settantatré anni? Sono curioso... Cos'è quell'affare? - È agitato e prova a sdrammatizzare, anche se non gli riesce così bene. Decido di far finta di nulla e di spiegargli cosa sia un microonde. 

- Qui ci puoi scaldare il cibo, senza accendere i fornelli. Se vuoi riscaldarti, chessò, un piatto di pizza, un minuto dentro questo aggeggio ed è pronta, bella fumante. - 

- Prodigioso! - Si avvicina con aria circospetta, schiaccia un paio di pulsanti a caso, fin quando il piatto all'interno non inizia a ruotare. - Posso vedere qualcos'altro? - 

Ed è così che gli mostro il freezer, la lavastoviglie, l'asciugacapelli e l'oggetto che, sopra tutti gli altri, lo lascia più entusiasta... La " famosa " televisione. 

- Possiamo guardare qualcosa? - Io gli faccio vedere come si accende, dopodiché Fried resta impressionato nel vedere le immagini in alta definizione e, soprattutto, a colori. Scorre tra i canali, soffermandosi su un programma di cucina, uno tra i tanti. 

- " Masterchef  "? - Ripete, dopo aver letto il titolo. - Questo da voi me lo aspettavo. - Aggiunge, ridacchiando. Poi, si fa improvvisamente serio. - Sara, a te piacerebbe vedere il mio mondo, non è così? - Questa frase appena percepibile mi fa quasi sobbalzare. Non so cosa dire, io ho sempre voluto... Ma rispondere a questa domanda si rivela più difficile del previsto. 

Lui è stato così sincero con me ed io non voglio mentirgli.

- Fried io... - Sto cercando una possibile giustificazione, ma nessuna mi sembra veramente adatta. Potrebbe ancora trattarsi di un sogno, quindi cosa ci sarebbe di male? In tal caso, non potrebbe neanche accadermi qualcosa di brutto, poiché mi risveglierei immediatamente.

- Credo di poterlo fare, basterà che mi concentri. Tu vorresti venire con me? -  

 

  
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